sabato, 11 Gennaio 2025

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Latte: fa più bene intero o scremato?

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Non si sa veramente se il latte faccia bene o meno: sono tanti gli studi che si occupano di delineare un profilo ‘coerente’ di quello che è considerato uno degli alimenti più importanti per la crescita umana. Non a caso si tratta del prodotto ‘indicato’ e maggiormente consumato dai bambini di tutto il mondo ma che vede ogni anno un cospicuo aumento del numero di chi fatica ad assumerlo perché intollerante.
Tom Vilsack, segretario al ministero dell’agricoltura degli Stati Uniti d’America, questa settimana ha illustrato davanti alla Commissione agricoltura della Camera le linee guida dei prossimi Dietary Guidelines.

Il dibattito che lo tiene impegnato dentro e fuori dal Campidoglio verte sui benefici del latte a basso contenuto di grassi: secondo alcuni studi pare che i suoi pregi siano davvero significativi in termini di nutrizione.
Le linee guida che riguardano la corretta alimentazione vengono aggiornate ogni 5 anni e vengono rilasciate dal Dipartimento di Salute e Servizi Umani e dal Department of Agriculture (USDA). Essi prevedono una dieta a base di verdure, frutta, cereali integrali, legumi, noci, frutti di mare e prodotti lattiero-caseari a basso contenuto di grassi.
Ma non ci sono prove definitive che dimostrino che il latte magro è una scelta alimentare sana. Infatti un numero crescente di indizi sembra indicare che il latte intero grasso potrebbe essere una scelta migliore.

Il latte scremato, ovvero quello a basso contenuto di grassi, e quello intero sono entrambi trattati allo stesso modo negli Stati Uniti. La crema viene separata dal siero e poi nuovamente aggiunta in quantità diverse a seconda che si tratti di intero o scremato. I tipi di latte a basso contenuto di grassi possono contenere circa l’1% o 2% di grassi, mentre il latte intero contiene 3,25% di grassi. Di contro il latte intero ‘grasso’ contiene meno carboidrati rispetto a quello scremato perché più del suo volume si compone di grassi, che a sua volta non contengono lattosio. Secondo gli studi pare anche che abbia leggermente meno proteine. Qual è, dunque, la scelta migliore?

“Sfido la Nutella con la crema di Giffoni”: parole di Sal De Riso

Credits photo: alimentipedia.it

“Sfido la Nutella con la mia crema alle nocciole di Giffoni all’evo senza grassi idrogenati e olio di palma”: così esordisce Sal Del Riso, noto pasticciere salernitano ai microfoni di radio Club 91 durante l’intervista dal programma “Sapori di Sera”, attaccando e mettendosi in concorrenza con la conosciuta e amata crema della Ferrero. Ma questa è stata solo la prima di tante rivelazioni.

Molti lo avranno visto per la prima volta nell’edizione 2014/2015 della Prova del Cuoco, altri avranno assaggiato la sua Torta Delizia al Limone Salernitana o frequentato regolarmente la pasticceria di cui è proprietario a Minoti (Sa), Sal De Riso ha un lungo curriculum enogastronomico alle spalle e non lascia nulla al caso, nemmeno fuori dalla cucina.

Nel corso dell’intervista a Radio club 91, non solo ha testimoniato l’alta qualità della sua crema alle nocciole di Giffoni, ma ha anche rivendicato l’origine salernitana della sfogliatella e ha rivelato, come ultima cosa ma non per importanza, di aver collaborato con la Ferrero per il Gran Soleil. Ma andiamo con ordine.

Per chi non lo sapesse, la crema alle nocciole di Giffoni è nata nel 2006 e la sua composizione si distingue dalla nutella per l’utilizzo di ingredienti certificati e di origine protetta, quali la crema di nocciole giffoni IGP e l’olio extra vergine a marchio Dop. Quest’ultima però a differenza della sua concorrente, a causa dell’elevato costo degli ingredienti, ha ancora un minor riscontro positivo sul mercato, almeno su quello italiano.

“Esporto in Corea, San Pietroburgo e Arabia Saudita” è quanto afferma infatti Sal De Riso, lanciando senza mezzi termini la sfida nei confronti del cult delle donne in crisi, la Nutella.

La sua, però, non è solo una rivendicazione versus il prodotto che più di altri si serve di olio di palma piuttosto che di vere nocciole (solo il 13%), ma anche nei confronti delle produzioni dolciarie locali che sono state esportate nelle provincie limitrofe.

Il riferimento è alla sfogliatella di cui non tutti conoscono la vera storia. “La sfogliatella non è napoletana. La sfogliatella è salernitana, dopo oltre un secolo è arrivata a Napoli. È nata prima la frolla e poi la riccia. Le sue origini risalgono al ‘600 sulla costiera amalfitana“: è quanto spiega Sal De Riso.

Più precisamente la sfogliatella è nata presso Conca dei Marmi nel Conservatorio di Santa Rosa e solo nell’800 è arrivata a Napoli, dove il pasticciere Pintauro l’ha trasformata in sfogliatella riccia.

La differenza maggiore è che la seconda risulta più leggera, senza crema pasticcera e amarene in superficie, ma per i veri salernitari, come Sal De Riso, la prima ricetta rimane pur sempre l’originale.

Ma che ci faceva allora Sal De Riso con la Ferrero? Il pasticciere salernitano ha collaborato per il Gran Soleil, dessert al limone che il consumatore doveva congelare e consumare a casa. Questo prodotto non ha raggiunto però i consensi necessari per rimanere nel mercato e dopo qualche anno è stato ritirato proprio dalla Ferrero. Chissà he ne penserà l’attento pasticciere.

Insalate pre-imbustate, da bocciare

Siamo portati a pensare che l’insalata pre-imbustata, già lavata e pronta da mangiare, sia la scelta migliore da fare: un pasto sano, veloce e nutriente. Eppure, gli esperti in fatto di alimentazione ci mettono in guardia: non solo le insalate pre-imbustate contengono una considerevole percentuale di un disinfettante chiamato clorina, ma – conservate in ambienti modificati – perdono anche le loro proprietà nutritive.

A lanciare l’allarm Diversi mesi fa, la scrittrice inglese Joanna Blythman: nel suo libro ‘Ingoia questo: i più oscuri segreti dell’industria alimentare’, l’autrice gettava luce sui processi di trasformazione dei prodotti alimentari messi in atto dalle grandi aziende. Il suggerimento della Blythman era dunque quello di lavare di nuovo le foglie delle insalate in busta, ma anche di quelle già pronte da consumare: in quest’ultimo caso, infatti, pare che l’acqua usata per disinfettarle contenga anche degli acidi della frutta aggiunti per impedire lo sviluppo di batteri. La clorina, nello specifico, è un disinfettante che porta l’insalata a perdere le sue proprietà nutritive, senza considerare la quantità di enzimi e vitamine artificiali, come là vitamina E ricavata addirittura dal petrolio.

Anche in Italia, Mauro Serafini, ricercatore del Crea e responsabile del laboratorio Alimenti e prevenzione stress metabolico, ha recentemente informato la stampa che all’oggi “Manca una sperimentazione aggiornata in grado di misurare l’apporto nutrizionale dei due tipi di prodotti, l’insalata fresca e l’insalata pre-imbustata, sull’uomo. L’unico studio risale al 2002 e fu condotto da un gruppo di ricercatori dell’allora Inran, l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione, e pubblicato sul British Journal of Nutrition“.

La ricerca aveva preso in esame 11 persone, a cui era stata data da mangiare della lattuga fresca e, dopo tre giorni, la stessa lattuga conservata in ambienti modificati. “Le rilevazioni avevano accertato che con la lattuga conservata in atmosfera modificata – dice Serafini – non si verificava alcun aumento di vitamina C, carotenoidi e flavonoidi, tutte sostanze bioattive ad azione antiossidante che invece venivano rinvenute negli stessi volontari dopo l’ingestione di lattuga fresca, con il conseguente miglioramento delle potenzialità che molto spesso sono la ragione di consumo della verdura“. Sostanzialmente, secondo lo studio, è proprio la conservazione in atmosfera modificata a far perdere i valori nutritivi e antiossidanti, non permettendo alle insalate di ‘respirare’.

La Blythman stessa già aveva asserito, del resto, che il cibo la cui etichetta recita ‘imbustato in atmosfera protetta’, in realtà è stato ‘gassato’ in atmosfera modificata, così da posticiparne la data di scadenza. In più, stando ai dati raccolti dalla Health Protection Agency britannica nel 2007, i cibi pre-imbustati, e soprattutto le insalate, possono causare patologie come l’Escherichia coli e la salmonella, i cui batteri sono quasi impossibili da abbattere completamente.

Piatti cucinati con solo tre ingredienti (FOTO)

Credits: pillsbury.com

Quando la fame arriva, è impossibile fermarla. Che sia durante una lezione all’università, in pausa studio o durante il lavoro, gli ingredienti a disposizione sono davvero pochi a portata di mano. Come fare? A questo ci ha pensato Buzzfeed: il sito americano ha elencato una serie di alcuni deliziosi piatti preparati utilizzando solo tre ingredienti.

Le ricette sono semplici e veloci, quindi anche i meno esperti in cucina potranno approfittare e mettersi alla prova, perché ci sono piatti che accontentano tutti i palati. Pronti a prendere appunti?

Salsa di spinaci cotti in padella

Credits: pillsbury.com
Credits: pillsbury.com

Gli spinaci sono verdure e sono tra quei quei piatti che fanno bene alla salute. La preparazione di questo piatto è semplice: vi servono due pacchi da 255 grammi circa di spinaci tritati surgelati (li potete trovare al supermercato), due vasetti da 400 grammi circa di salsa Alfredo (che è a base di panna), e un barattolo di sfilatino francese. Mixate spinaci e salsa e metteteli in una casseruola, poi tagliate lo sfilatino in 24 pezzetti e distribuiteli a cerchio. Infornate per 25-30 minuti e poi servite il piatto caldo.

Cheesecake al caramello e alla mela

Credits: cookingclassy.com
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Per questo dessert vi servono: 56 grammi di crema di formaggio freddo, una tazza di gelato al caramello e una mela. Frullate la crema per un minuto e poi unitela al caramello. Completate il tutto tagliando a fette la mela e poi servite il piatto freddo.

Gamberetti di maionese

Credits: madefrompinterest.com
Credits: madefrompinterest.com

Snack semplicissimo: 400 grammi di gamberetti tritati, un barattolo di maionese e salsa piccante. Mescolate tutto insieme e mettete in frigo, poi aspettate 5 minuti e il piatto è pronto! Servite il tutto su dei salatini, da servire come aperitivo.

Crema di salsiccia

Credits: browneydbaker.com
Credits: browneydbaker.com

Prendete un paio di salsicce regolari, 450 grammi di crema di formaggio e 800 grammi di salsa piccante. Abbrustolite la salsiccia, rompetela appena si cuoce e sbriciolatela. Una volta cotta, rimuovetela dalla padella e immergetela nella crema e nella salsa. Mettete a forno per 30 secondi fino a quando il formaggio è diventato fuso. Servite con patatine e tortilla.

Caprese piccante

Credits: howsweeteats.com
Credits: howsweeteats.com

Di cosa avete bisogno per questo piatto? Tagliare il formaggio a cubetti, 3 foglie di basilico e pomodoro a spicchi. Fondete tutto insieme e lasciate cuocere al forno a 190 gradi per 15 minuti. Il risultato è delizioso con tanto formaggio fuso che fonde come mozzarella.

Crema al formaggio all’italiana

Credits: plainchicken.com
Credits: plainchicken.com

Uno dei piatti italiani che ci invidiano all’estero. Per questo vi serve: 230 grammi di crema di formaggio, 1 pacchetto di salatini ripieni, e mezzo barattolo di maionese. Combinate tutti gli ingredienti e mettete in frigorifero per un’ora prima di servire in tavola.

Buon appetito!