mercoledì, 17 Dicembre 2025

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Latte: fa più bene intero o scremato?

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Non si sa veramente se il latte faccia bene o meno: sono tanti gli studi che si occupano di delineare un profilo ‘coerente’ di quello che è considerato uno degli alimenti più importanti per la crescita umana. Non a caso si tratta del prodotto ‘indicato’ e maggiormente consumato dai bambini di tutto il mondo ma che vede ogni anno un cospicuo aumento del numero di chi fatica ad assumerlo perché intollerante.
Tom Vilsack, segretario al ministero dell’agricoltura degli Stati Uniti d’America, questa settimana ha illustrato davanti alla Commissione agricoltura della Camera le linee guida dei prossimi Dietary Guidelines.

Il dibattito che lo tiene impegnato dentro e fuori dal Campidoglio verte sui benefici del latte a basso contenuto di grassi: secondo alcuni studi pare che i suoi pregi siano davvero significativi in termini di nutrizione.
Le linee guida che riguardano la corretta alimentazione vengono aggiornate ogni 5 anni e vengono rilasciate dal Dipartimento di Salute e Servizi Umani e dal Department of Agriculture (USDA). Essi prevedono una dieta a base di verdure, frutta, cereali integrali, legumi, noci, frutti di mare e prodotti lattiero-caseari a basso contenuto di grassi.
Ma non ci sono prove definitive che dimostrino che il latte magro è una scelta alimentare sana. Infatti un numero crescente di indizi sembra indicare che il latte intero grasso potrebbe essere una scelta migliore.

Il latte scremato, ovvero quello a basso contenuto di grassi, e quello intero sono entrambi trattati allo stesso modo negli Stati Uniti. La crema viene separata dal siero e poi nuovamente aggiunta in quantità diverse a seconda che si tratti di intero o scremato. I tipi di latte a basso contenuto di grassi possono contenere circa l’1% o 2% di grassi, mentre il latte intero contiene 3,25% di grassi. Di contro il latte intero ‘grasso’ contiene meno carboidrati rispetto a quello scremato perché più del suo volume si compone di grassi, che a sua volta non contengono lattosio. Secondo gli studi pare anche che abbia leggermente meno proteine. Qual è, dunque, la scelta migliore?

Sei semplici mosse da seguire per un’alimentazione salutare (FOTO)

In America ogni cinque anni un’equipe di esperti medici modifica le linee guida alimentari al fine di informare la popolazione della “giusta” alimentazione da seguire. La costante rettifica delle linee guida che il governo americano propone crea però confusione, in quanto la persone si trovano a dover affrontare nuovi equilibri alimentari che trovano applicazione sia nella “giusta” porzione, che nella “qualità” del cibo da portare in tavola.

Lo stretto legame del binomio “alimentazione e buona salute” è supportato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la quale inserisce la nutrizione adeguata e la salute tra i diritti umani fondamentali. Seguire una dieta corretta è un ottimo strumento per la prevenzione di molte malattie e di cura per molte altre.

Gli studi scientifici dimostrano che la salute comincia a tavola, sulla base del cibo che scegliamo di mangiare. Imparare e far propri i comportamenti fondamentali per una “corretta alimentazione” è, quindi, molto importante perchè mangiare sano è direttamente proporzionale ad una buona qualità di vita.

Mangiare fa comunque parte dei piaceri della vita ed a questi non si può certo rinunciare, si dovranno solo porre dei piccoli accorgimenti non solo nell’equilibrio di un unico pasto o su un unico giorno ma su una continuità temporale.

Cosmopolitan estrae, dalle linee guida, i sei principi più rilevanti per poter mangiar sano, almeno fino ai prossimi cinque anni.
Eccoli di seguito:

1. Si può mangiare di più se si fa attività sportiva

Credits: www.cosmopolitan.com
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2. L’alimentazione deve essere varia e completa

Credits: www.cosmopolitan.com
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3. Se il piano alimentare descritto al punto 2 non fa per voi, ecco due alternative

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4. Le dimensioni delle porzioni sono rimaste uguali alle vecchie linee guida (anche se creano un po’ di confusione)

Credits:www.cosmopolitan.com
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5. Attenzione al sale nascosto negli alimenti

Credits: www.cosmopolitan.com
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6. Una novità: per la prima volta le linee guida menzionano e regolano l’assunzione di caffè

Credits:www.cosmopolitan.com
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Food app: la soluzione contro lo spreco di cibo

Credits photo: trccani.it

Secondo i dati Eurostat, sono 100 i kg di cibo sprecati ogni settimana, per un totale di 7 euro circa gettati direttamente nella spazzatura da famiglie e commercianti. Questi numeri hanno spinto giovani talentuosi ad ideare delle app che aiutino a conservare, scambiare e conoscere il cibo, concretizzando così anche le idee emerse dalla Fiera Expo.

Informarsi su come si conserva al meglio ogni alimento, avere la possibilità di scambiarlo o donarlo a chi ha bisogno, mettere uno sconto sul cibo in scadenza: sono solo alcune delle soluzioni proposte da siti e applicazioni per intervenire a favore del nostro ambiente e dell’equilibrio nella distrubuzione di cibo.

Sembra impensabile leggere la parola spreco e cibo nella stessa frase, eppure, come tutti sanno, Expo non è stata solo un’occasione turistica per mettere in vetrina il nostro Paese, ma anche e soprattutto l’evento clou prima della Conferenza sull’ambiente di Parigi, che ha consentito di richiamare le coscienze delle persone su un problema mondiale e stilare la Carta di Milano: un documento che pone diversi e ambiziosi obiettivi per incrementare lo sviluppo sostenibile.

E se, dunque, da una parte abbiamo il presidente dell’Onu, Ban Ki Moon, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il commissario ufficiale dell’Expo, Giuseppe Sala, che intervengono sui grandi temi in qualità di istituzioni, dall’altra parte ci sono anche loro: giovani ambiziosi che usano le proprie abilità per mettere in moto la società contro lo spreco alimentare. Come?

Last minute sotto casa

Ebbene, nell’era della tecnologia, il mezzo più veloce per scambiare, rivendere e regalare cibo, piuttosto che gettarlo nella spazzatura è una semplice app. C’è, ad esempio, Last Minute sotto casa che permette ai piccoli negozianti di quartiere di mettere on line sconti sul cibo in scadenza a fine giornata all’interno del loro esercizio, in modo che tutti gli iscritti sul sito o sull’app possano usufruire di alimenti che altrimenti andrebbero nella spazzatura.

Equoevento e My foody

Stessa cosa avviene per Equoevento e My foody. Il primo è un sito nato dall’idea di quattro trentenni romani, che cerca di salvaguardare il cibo rimasto da grossi eventi, come matrimoni, convegni, cerimoni, partite allo stadio, ridistribuendolo a case famiglia ed enti di solidarietà. Grazie a questo, sono stati già ridistribuiti più di 150 mila pasti. Nel caso di My foody, invece, grossisti, negozianti e ristoratori, possono proporre sconti su cibi in scadenza o con difetti nel packaging.

Bring the food

Ad intervenire per raccogliere donazioni di prodotti c’è anche Bring the food, un sito ideato per stimolare la solidarietà dal basso: ogni persona può decidere di offrire cibo di sua spontanea volontà presso gli enti caritativi della propria zona. Basta scaricare l’app, inserire le caratteristiche del cibo e la zona in cui si trova per ricevere le prime richieste.

Breading e Ifoodshare

Nata a Milano, Breading, si rivolge al terzo settore: è qui, infatti, che grazie a questa app vengono reindirizzati pane e generi di prima necessità, mentre Ifoodshare geocalizza condomini, campus universitari, reti di vicinato mettendoli in contatto per condividere cibo in scadenza e favorendo così anche momenti di socializzazione.

Ubo

Infine c’è UBO: l’app, lanciata all’interno di un progetto della regione Valle d’Aosta e Piemonte, gode della supervisione di esperti dell’Istituto zooprofilattico di Piemonte e Liguria, che hanno dato il loro essenziale apporto per catalogare 500 alimenti e indicare come conservare al meglio la propria spesa. Sono persino state inserite delle ricette per riutilizzare gli avanzi ancora commestibili.

Dunque, non ci sono più scuse per lasciare nel frigorifero alimenti che non saranno mai utilizzati. Occorre piuttosto fare uno sforzo giornaliero per ridistribuire le nostre risorse ed entrare nell’ottica di condivisione del cibo. Se si continua a sprecare, un giorno, la fame sarà un problema non solo di particolari fasce di soggetti, ma del mondo intero. Proseguire verso questa direzione o lamentarsi senza mettersi in moto in prima persona è deleterio per noi stessi. Proprio voi, che state leggendo, siete voi, in prima persona, il motore centrale dello sviluppo sostenibile.

Le 10 cose che devi assolutamente sapere sul sushi

Credit: onehallyu.com

Sushi, sushi e ancora sushi; in tutte le salse, e anche in tutti gli all you can eat che abbiate mai provato. Come si può fare a meno del sushi? La risposta è una sola: non si può.
Ma dopo anni su anni, cene su cene, a perfezionare la tecnica di presa con le bacchette, siamo davvero sicuri di conoscere bene l’amato piatto a base di pesce e riso?

1. Il sushi non ha origine giapponese

Molti dei simboli culturali giapponesi sono stati importati dalla Cina. Così come la scrittura, il buddhismo Zen e i bonsai, anche il sushi è di importazione cinese. Lì, già dal quarto secolo si usava abbinare al pesce il riso, per permetterne la conservazione tramite la fermentazione. Però, il sushi moderno – per intenderci, il classico nighiri che ordiniamo al ristorante – prende davvero vita nelle bancarelle di Tokyo.

2. Il wasabi non-wasabi

La salsa wasabi che ci troviamo nel piatto quando il cameriere ci porta le ordinazioni non è vera salsa wasabi, ma solo un fac simile: quella che in giappone chiamano western wasabi, un’imitazione composta da radice di rafano e colorante verde. Quello originale invece si chiama l’hon wasabi e viene prodotto con una rara piantina difficile da coltivare, e molto costosa: la Wasabia Japonica.

Un’accortezza: l’uso più corretto del wasabi è quello di associarlo direttamente al sashimi, e non aggiungerlo alla salsa di soia.

3. Lo zenzero

No, lo zenzero non è solamente decorativo. Ha funzioni reali, dimenticate le teorie più disparate che avete complottato durante le abbuffate con i vostri amici. La realtà è che lo zenzero serve per pulirsi la bocca quando si cambia tipologia di pesce. L’alta scuola del sushi, tra l’altro, prevede che questo cambio vada fatto in un preciso ordine: i vari tipi di pesce devono essere consumati dal più delicato al più deciso.

4. La salsa di soia

Per concludere il discorso salse, non poteva mancare la soia. Secondo la tradizione la salsa di soia era fatta con tre semplici ingredienti: semi di soia, sale e acqua; fermentati per mesi con muffe particolari. La soia di oggi è invece prodotta in pochi giorni con soia idrolizzata.

5. Niente salmone in Giappone

Ebbene si, in Giappone niente salmone; si trova solo nei ristoranti occidentali. Non essendo un pesce autoctono – il salmone viene infatti importato dalla Norvegia – difficilmente lo troverai nei ristoranti di Tokyo (soprattutto quelli di fascia alta), dove viene servito solo pesce fresco.

6. Il tonno non è tutto uguale

Vi siete mai accorti che il tonno sul vostro nighiri non è sempre identico? Questo perché con diverse parti del tonno si possono ricavare tre diverse pietanze: l’akami, cioè la parte più magra, scura ed economica del tonno; il chutoro, più chiaro, mediamente costoso e grasso; e infine l’otoro, la parte extra grassa, rosa, dolce e particolarmente costosa.

7. Il polpo perfetto

Un bravo shokunin – maestro di sushi – sa che ogni pesce va scelto, tagliato, composto e servito in modo estremamente preciso. Il polpo, che però richiede un trattamento particolare: la sua carne va massaggiata. E il trattamento può durare addirittura 45 minuti.

8. Le bacchette

Se per voi le bacchette sono un punto ostico, questa notizia vi rasserenerà. Tradizionalmente il sushi va mangiato con le mani – così si fa ancora nei ristoranti in Giappone, anche nei più esclusivi.

9. Quando ordinare la zuppa di miso

La tanto amata zuppa di miso non è un aperitivo: è indicata dopo il main course o alla fine del pasto.
Ma di cosa si tratta? Si tratta di una pasta fatta con semi di soia gialla giapponese, o con altri cereali, dalla consistenza simile a quella del nostro purè, con forte potere digestivo e alcalinizzante. È considerato uno dei segreti della longevità nella tradizione giapponese.

10. Indecisi sull’ordinazione? Omakase!

Non sei mai stato in un ristorante giapponese e non sai cosa ordinare? Sei un abitué dell’all you can eat sotto casa e non sai più cosa ordinare? Omakase è la risposta.
Letteralmente significa “mi fido di te”, questo permette allo chef di decidere per voi un percorso culinario, che tradizionalmente si divide in tre movimenti: si parte con i pesci dal gusto più delicato, come la platessa, la seppia o lo sgombro cavallo. Il secondo movimento consiste in un’improvvisazione durante la quale viene proposto il pescato del giorno come, per esempio, la vongola, il polpo o il mazzancolla. Infine, il terzo movimento è il tradizionale finale, include le anguille di mare, lo sgombro, le uova e il riccio di mare.

[Credit: wired.it]