mercoledì, 17 Dicembre 2025

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Nasce Ohlala, l’Uber del sesso a pagamento

Avete presente Uber, l’azienda che mette in contatto clienti e autisti privati?
Bene, il principio è lo stesso. Ma Ohlala è un portale che mette in contatto potenziali clienti e professioniste del sesso.
La creatrice è Pia Poppenreiter, manager austriaca di 28 anni, non uova in questo ambito. Ci aveva già riprovato ma fallendo miseramente ha deciso di apportare delle modifiche e ributtarsi in un settore in forte crescita.
Nulla di più facile, si entra nel sito, ci si crea un account e si inizia a cercare tra i profili delle ragazze quella che preferiscono. Una volta trovata, il potenziale cliente può mandare una richiesta di appuntamento. Ma attenzione, perché la donna in questione ha piena libertà di accettare come di rifiutare. E soprattutto qualora decidesse di accettare può fare il prezzo che desidera e comunicarlo a sua volta al cliente.
Inoltre, prima dell’incontro, il cliente e la escort hanno la possibilità di parlarsi attraverso una chat privata. E il tutto avviene in modo “discreto, sicuro e senza complicazioni”, come recita il sito di “Ohlala”.

Ma in realtà Ohlala non è solo un portale di sex-date. Infatti il sito è aperto anche a donne non professioniste, che vogliano solo un appuntamento o arrotondare lo stipendio con qualche prestazione sessuale. Chiaramente il sito è attualmente attivo solo a Berlino, dove la prostituzione è legale già dal 2002, a breve lo sarà anche a Monaco e Francoforte. In Italia neanche l’ombra, per ora. L’obiettivo della Manager Australiana è essenzialmente quello di eliminare dal mercato i cosiddetti intermediari del sesso ma soprattutto mettere in una condizione di sicurezza le varie prostitute che, in questo modo, possono scegliere a chi concedersi e a chi no.

Ad avvallare questa tesi c’è anche l’aspetto economico. Infatti, chiarisce la Poppenreiter che la start-up non prende alcuna commissione sugli appuntamenti combinati proprio perché la loro è solo una scelta etica e una responsabilità penale.

Una risata vi accoppierà

La risata: forse, dopo la parola, è il vero tratto distintivo degli esseri umani, soprattutto di quelli felicemente in coppia. Ad affermarlo è la psicologa americana Laura Kurtz, che proprio di recente ha condotto uno studio per l’Università del North Carolina, da sempre affascinata dal fenomeno del ‘ridere insieme’: “Tutti noi ricordiamo perfettamente il momento imbarazzante in cui siamo scoppiati a ridere accanto a un’altra persona che però se n’è rimasta muta come un pesceha spiegato la dottoressa al Time – ed è là che scatta il collasso. Cominciamo a domandarci perché l’altro non sta ridendo, cosa abbia che non va, o cosa abbiamo noi di strano, e che cosa significhi ciò per la nostra relazione“.

Durante lo studio, la Kurtz ha monitorato 77 coppie eterosessuali che stavano insieme da almeno 4 anni: a ciascuna di esse è stato chiesto di descrivere il proprio primo appuntamento. Nel registrare le loro dichiarazioni, la Kurtz e il suo team cercavano di individuare le risate spontanee degli intervistati, prendendo nota su quante volte ridessero insieme.

In seguito, ciascuna coppia ha compilato un sondaggio sulla propria soddisfazione e complicità di coppia: “In generale, le coppie che ridevano di più insieme tendevano ad avere rapporti più stretti. Possiamo asserire con certezza che la risata condivisa è indice di un rapporto di gran qualità”.

Eppure – continua la psicologa – per quanto scontato possa apparire questo dato, c’è davvero poca letteratura scientifica dedicata all’influenza della risata al livello sociale. Nella maggior parte degli studi esistenti ridere è considerato come un atteggiamento esclusivamente individuale, slegato tutto l’ambiente sociale circostante“. I momenti di divertimento condiviso in una coppia, invece, rafforzano il legame tra quelle due persone in maniera inimmaginabile: persino in culture dove non ci si scompiscia, come possono essere quelle orientali ad esempio, il riso è la chiave di tutto.

E non si tratta neanche della prima ricerca effettuata in questo campo: nel 2009, uno studio condotto dall’Università del Maryland dimostrò che ridere può ridurre il rischio di patologie cardiache. Mentre nel 2008, l’American Physiological Society Press Release scoprì che ridere porta a un significativo abbassamento dei livelli di stress. Perciò, è proprio il caso di prendersi più in giro e meno sul serio.

Amalie Lee, da anoressica a star di Instagram (FOTO)

www.mirror.co.uk

Una volta tanto Instagram ci regala qualcosa di buono, ovvero il profilo di Amalie Lee, una ragazza norvegese di 20 anni che ha combattuto l’anoressia.
La sua pagina è pieno di immagini che ritraggono pietanze varie, che Amalie fotografa ogni giorno con estrema puntualità. Tutto ciò le ha permesso di costruire un profilo seguitissimo sul celebre social e un blog, ‘Letsrecover‘, il cui obiettivo è aiutare le persone che soffrono della patologia di cui era affetta.
Fortunatamente la sua esperienza ha avuto un lieto fine, dal momento che la ragazza ha combattuto definitivamente un disturbo alimentare che l’aveva fatta sprofondare in un tunnel di sofferenza difficile da abbandonare.

Questa la sua dichiarazione:
Ho attraversato una fase depressiva in adolescenza in cui volevo solo scomparire. Mi davo delle bizzarre regole, volevo tenere tutto maniacalmente sotto controllo, soprattutto il mio peso: la verità è che il controllo lo stavo perdendo. Ho iniziato a dimagrire, ho raggiunto un livello tale che mi si prospettava solo l’ipotesi di un ricovero. Non c’è stato un momento magico in cui ho pensato che dovevo farla finita, ma le piccole cose giornaliere mi stavano diventando impossibili e mi stavo isolando: il pensiero di passare il resto della mia vita da sola, del tutto consumata da una malattia, alla fine è diventato la paura più grande. Da lì è iniziato il mio recupero: non volevo essere “la ragazza anoressica”, volevo essere me stessa, ero malata ed ero stanca di esserlo.’


La bellissima Amalie ogni giorno fotografa e mostra al mondo i suoi progressi; la sua attività deve essere presa come esempio dai giovani che ogni giorno combattono disturbi dell’alimentazione o semplicemente sospirano sognando canoni di bellezza inarrivabili.
La moda lancia di continuo messaggi difficili da gestire per chi vive l’adolescenza; che la storia di Amalie sia un monito per tutti quelli che incoraggiano una magrezza estrema e, soprattutto, orribile.

Cicatrici, sì, ma di bellezza (FOTO)

Un’operazione, un incidente: è questo quello che le cicatrici ci fanno venire in mente. Non per forza, però, in chiave negativa. Le cicatrici che ci segnano il corpo raccontano molto di più: ci ricordano, ogni singola volta che vi posiamo lo sguardo, il coraggio che abbiamo avuto a vincere le nostre battaglie. E le donne, in particolare, possono avere un rapporto molto controverso con le proprie cicatrici, vuoi per una questione estetica, vuoi per la storia che c’è nascosta dietro.

È per questo che il fotografo Damon Dahlen ha realizzato per l’Huffington Post una serie di scatti a donne, al contrario, fiere di mostrare le proprie cicatrici, ognuna con una storia diversa: alcune sono frutto di goffaggine, altre dei veri e propri trofei di guerra. Ciascuna di queste modelle è la dimostrazione vivente che le imperfezioni non solo sono belle, ma lasciano anche intendere quanto forti e resilienti siano le donne.

Ad Alanna i medici avevano detto che non avrebbe più potuto praticare sport con un solo rene: lei invece è diventata la più competitiva del mondo. La sua cicatrice le ricorda che può fare tutto quello che vuole, anche quando le dicono che non può. Amanda, dal canto suo, mostra quella che ha in petto, il risultato di un’eruzione cutanea degenerata in psoriasi: presente in un punto chiave della femminilità, la sua cicatrice è una vera e propria rivincita sullo sguardo maschilista. Melanie, invece, ha scelto di sottoporsi a un’operazione per levarsi le ghiandole mammarie e adesso le sue cicatrici sono i suoi seni.

Zeba, che è di colore, lamenta il fatto che la maggioranza delle modelle afroamericane (pensiamo a Lupita Nyong’o o a Naomi Campbell) fanno sfoggio di una pelle perfetta, mentre la realtà è ben diversa: nonostante il suo corpo sia pieno di imperfezioni, Zeba indossa gli abiti che preferisce, anche se le scoprono le spalle e la nuca. Per altre ancora si tratta di nei rimossi, il cui segno si trova – in maniera significativa – esattamente nello stesso punto del corpo del fratello. Maja, invece, racconta di come le sue siano dovute a un incidente automobilistico avvenuto dieci anni or sono, che avrebbe potuto comprometterle fegato, spina dorsale e gabbia toracica: le sue cicatrici le ricordano che non importa la natura del problema del momento, dopo tutto quello che ha passato lei può farcela, perché è una guerriera.m

E ancora dita rotte a causa di palle da bowling troppo pesanti, deformazioni ossee congenite, profondi tagli con lamiere di lattina ai polpastrelli, malattie tumorali: grazie ai segni che portano sul corpo come medaglie al valore, ognuna di queste donne è diventata meravigliosa ma soprattutto invincibile.