venerdì, 19 Dicembre 2025

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#IceBucketChallenge, ma quanti sanno cos’è la SLA?

La protesta dei malati di SLA in Italia risuona forte e chiaro in tutto il mondo: “Le secchiate? Solo ipocrisia”.
Loro sono i primi a riconoscere che l’iniziativa è partita bene, molto bene in America, ma che, strada facendo, si è dimenticato il reale obbiettivo dell’Ice Bucket Challenge.
Ormai le secchiate d’acqua non solo altro che l’ultima moda del momento: è sicuramente più comodo farsi riprendere con i capelli e gli indumenti bagnati piuttosto che tirare fuori il portafoglio e donare per una buona causa.

Personalmente ritengo che molti di quelli che hanno partecipato alla campagna #IceBucketChallange non sanno nemmeno di preciso cos’è la SLA.

Ecco una spiegazione.

La SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica – chiamata anche morbo di Lou Gehrig per via di un giocatore di baseball che attirò l’attenzione pubblica sulla malattia nel 1939 – è una malattia neurodegenerativa progressiva del motoneurone, che colpisce selettivamente i motoneuroni, cioè porta a una paralisi totale. La prima parte del corpo ad essere colpita da questa malattia è la corteccia celebrale, poi, in un secondo livello, il tronco encefalico e il midollo spinale.
La SLA è una patologia rara, colpisce 2 – 3 persone ogni 100 000 individui all’anno, principalmente uomini. È estremamente rara dopo gli 80 anni.

Attualmente non si conosce il numero esatto di malati di SLA in Italia, poiché non sono stati ancora completati i relativi registri, ma si stimano almeno 3.500 malati e 1.000 nuovi casi all’anno con una forte concentrazione il Lombardia, poi Campania, Lazio e Sicilia – anche se questo potrebbe dipendere in buona parte da una maggiore capacità di diagnosi delle strutture ospedaliere locali.

Esordio e decorso della malattia variano molto da individuo a individuo e dipendono dalla forma di SLA da cui si è colpiti. I sintomi iniziali sono: brevi contrazioni muscolari, detti anche fascicolazioni, crampi, rigidità e debolezza muscolare che influiscono sul funzionamento di un arto.
Questo tipo di esordio riguarda circa il 75% dei casi, mentre il restante 25% ha un esordio differente, detto bulbare, che si manifesta con difficoltà nella parola fino alla perdita della capacità di comunicare verbalmente e difficoltà di deglutizione. Le differenze di sintomi iniziali della malattia dipendono da quale dei motoneuroni viene colpito prima: se il primo è che si trova a livello della corteccia cerebrale si avrà un esordio bulbare, invece l’esordio sarà spinale se il motoneurone colpito si trova a livello del tronco encefalico e del midollo spinale.
E non si tratta della perdita progressiva della capacitò di muoversi, parlare, deglutire e spesso anche respirare autonomamente, la SLA colpisce anche il lobo fronte temporale, causando la demenza.

La diagnosi viene fatta per lo più in maniera sintomatica e avviene mediamente dopo un anno dall’insorgenza dei sintomi, anche se ci sono stati casi in cui la malattia viene diagnosticata in tempi molto più lunghi.

Ma quali sono le cause, i fattori che scatenano la malattia?

Attualmente si ritiene che la SLA sia una malattia con cause multifattoriali, cioè che il suo insorgere possa essere determinato da una serie di motivi di tipo sia genetico che ambientale.
Studi recenti hanno individuato tra le cause anche il mutamento di un gruppo di geni, che sarebbe un fattore predisponente.
Attualmente, però, maggior attenzione viene rivolta a cause ambientali e stili di vita che possono, nel soggetti predisposti, facilitare l’insorgenza della malattia. Tra questi fattori ambientali ci sono, ad esempio, il contatto con agenti inquinanti, o i traumi frequenti alla testa.

La maggior parte dei pazienti affetti da SLA alterna periodi di ricovero ospedaliero a periodi di assistenza domiciliare continua, sia di tipo medico che non. Non va sottovalutato l’altissimo impatto sociale della malattia che investe tutta la famiglia – ad esempio, capita spesso che il coniuge della persona malata lascia o riduce la propria attività lavorativa, per seguire costantemente il malato e adattare la casa alle esigenze di quest’ultimo. L’impatto psicologico non è da meno.

Ora come ora, non ci sono cure in grado di arrestare o prevenire la malattia. Per questo motivo era partita la raccolta fondi #IceBucketChallenge, per dare un contributo economico alla ricerca di una cura. Per dare la felicità a chi è, purtroppo, più sfortunato di noi.
La cosa però ci è sfuggita di mano, e le secchiate d’acqua ghiacciata non sono diventate altro che un modo per farsi vedere e mettersi in mostra sui social network. A voi, che fate i buffoni su in problema così grande, chiedo gentilmente di mettervi una mano sulla coscienza.

Risparmiatevi il ghiaccio e donate.

[Credit: osservatoriomalattierare.it]

Scandalo Zara: il brand realizza una maglia con la stella di David

Nelle ultime ore il noto brand d’abbigliamento low cost Zara sta facendo molto parlare di se a causa della vendita shock di una una t-shirt a righe con una grossa stella gialla che molto ricorda i pigiami a righe che erano costretti ad indossare gli ebrei durante il terribile regime nazista.

Nella descrizione della t-shirt, realizzata per il settore dell’abbigliamento bimbo dai 3 mesi ai 3 anni, c’è scritto “Sheriff Shirt” alludendo al fatto che la grande stella, gialla e a sei punte, riprende il distintivo degli sceriffi americani. Molti però ci hanno visto la stella di David, simbolo degli ebrei, e la scelta di inserirla in un capo a righe bianche e blu ha poco a che vedere con la divisa da cowboy, ma è senza alcun dubbio un richiamo alle divise dei deportati.

L’indignazione ha fatto il giro del web e la maglia è stata ritirata dal commercio sia online che nei vari punti vendita.

Vacanze rovinate: ecco come chiedere il rimborso

www.media2work.net

Siamo a fine agosto e – purtroppo – le vacanze sono quasi finite. Per tutti ricomincerà la vita di sempre e, tra lavoro, studio, sport ed impegni vari, si ricorderanno, con un pizzico di nostalgia, le serate con gli amici, gli aperitivi a bordo piscina e le giornate in giro per le spiagge.

Ma non sarà così per tutti: infatti c’è chi non ha proprio un bellissimo ricordo di queste vacanze estive. E sempre per i soliti e alquanto fastidiosi inconvenienti: smarrimento dei bagagli in aeroporto, voli cancellati o in ritardo e case vacanze mai esistite.

Fortunatamente ci sono dei rimedi: tutti coloro che non hanno passato delle vacanze con la v maiuscola possono chiedere un risarcimento. E anche se non è sempre così facile, ecco delle dritte per poter ricevere un rimborso adeguato.

Smarrimento bagagli

In aeroporto, quando il nastro trasportatore inizia a girare, attira l’attenzione di tutti. E, se dopo i primi giri, i viaggiatori non vedono arrivare il proprio bagaglio iniziano ad impallidire e a sudare. Ma come comportarsi se del bagaglio non si intravede nemmeno l’ombra?

Il primo passo è andare all’Ufficio oggetti smarriti con il biglietto e lo scontrino delle valigie. Lì si dovrà compilare un modulo, chiamato Property Irregularity Report, descrivendo tutti i bagagli. Ovviamente la denuncia deve essere effettuata entro 7 giorni per danni e entro 21 se si tratta di consegna ritardata.

Il massimo che si potrà avere dal risarcimento è 1200 euro, ma solo per i voli assicurati da compagnie europee.

Cancellazione e ritardo di voli

Quante volte è capitato di salire sull’aereo e non trovare il proprio posto o trovarlo già occupato? Anche in questo caso c’è la possibilità di avere un risarcimento, che sarà tra i 135 e i 600 euro, cifra che dipende dalla tratta e dai giorni passati prima della nuova partenza.

In caso di ritardo, di più di un’ora, in partenza, le alternative sono due: o si chiede il rimborso o si sceglie un servizio sostitutivo. Al contrario, in caso di ritardo in arrivo si potrà avere un bonus del 25% per un’ora di ritardo e del 50% per due ore.

La casa “fantasma”

A chi non è successo di prenotare un appartamento o una villetta per le vacanze, arrivare sul posto e non trovare nemmeno un mattone della casa? Eppure c’era tutto: indicazioni stradali, indirizzo e foto di ogni stanza. Ed era anche a buon prezzo.

Questo della casa fantasma è però uno dei casi più difficili – o meglio – quasi impossibili per poter ricevere un risarcimento: si fa una denuncia contro ignoti, che quasi mai diventeranno noti.

E se i viaggi sono organizzati?

Questo è l’unico caso nel quale si può chiedere un rimborso per iscritto, attraverso una raccomandata o una mail. E se il viaggio è stato prenotato con un’agenzia, essa può fare da intermediario per le lamentele del cliente. Se non si arriva ad una soluzione, l’alternativa è andare dal giudice di pace.

È importante, per fare una denuncia – entro 10 giorni dal rientro – avere tutto ciò che può documentare i danni: il consiglio è quello di conservare tutto ciò che riguarda il viaggio. Depliant illustrativo, copia del contratto, denunce, certificati medici, ricevute, scontrini e foto.

Addio occhiali da vista grazie all’impianto ‘gocce di pioggia’

Credit: boorp.com

Si chiama “Gocce di pioggia” ed è la nuova tecnica sperimentata dagli scienziati che potrebbe farci dire addio agli occhiali da lettura.
Si tratta di una piccola operazione indolore che prevede il posizionamento di un minuscolo impianto – goccia di pioggia, appunto – sotto la cornea nel tentativo di invertire la visione dei problemi associati con l’invecchiamento.
La procedura appena descritta dovrebbe combattere la condizione di presbiopia, cioè la difficoltà di mettere a fuoco gli oggetti vicini.

I problemi di presbiopia sono sempre più comuni introno ai 40 anni di età, periodo in cui si inizia ad essere costretti a portare occhiali per la lettura.
Con questa nuova tecnica si potrebbe sostituire la chirurgia laser, che fino ad ora è stata considerata l’unico trattamento a lungo termine, e che comunque potrebbe lasciare alcuni pazienti bisognosi di occhiali.

Si tratta di un intervento da poco più di 10 minuti, arco di tempo in cui il chirurgo posiziona queste “gocce” nell’occhio del paziente, più precisamente sotto un lembo della cornea, la parte trasparente dell’occhio: si corregge la vista da vicino, modificando la posizione della cornea.
Mark Wevill, un chirurgo oftalmico che ha completato l’intervento su una manciata di pazienti, ha detto al DailyMail: “Goccia di pioggia non può fermare gli occhi dall’invecchiamento, ma può aiutare a contrastare il deterioramento della vista causato dal processo di invecchiamento”.

Questo nuovo tipo di operazione è stato lanciato in America, ma ha fatto la sua strada attraverso l’Atlantico ed è ora usato allo Space Sanità a Royal Leamington Spa, Warwickshire. Infatti, la prima paziente ad essersi sottoposta alla nuova tecnica “gocce di pioggia”è Lynda Marenghi, 57 anni, proveniente proprio dalla Gran Bretagna.
La procedura costa £2495, e statisticamente offre speranza a 32 milioni di persone inglesi che portano gli occhiali per la lettura, con un risparmio in prodotti ottici – tra occhiali, visite e lenti a contatto – di 2.7 milioni di sterline.