venerdì, 19 Dicembre 2025

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Stop agli sprechi alimentari, anche l’Italia avrà la sua legge

credits photo: comunicareilsociale.com

Finalmente anche l’Italia avrà una legge che combatte gli sprechi alimentari. La proposta della legge antispreco, arrivata da alcune associazioni e presentata dalla deputata del Pd Maria Chiara Gadda, verrà votata entro mercoledì alla Camera e poi passerà al Senato. Ma i pronostici sono positivi, poiché gode di un forte sostegno bipartisan. Una legge di cui si sentiva l’assoluta necessità, considerando che, stando ai dati diffusi da Last Minute Market, solo nel nostro Paese si gettano via 8 miliardi di euro in cibo. Ma cosa prevede?

Lo scopo è quello di sensibilizzare ad un uso più sostenibile delle risorse e di favorire l’utilizzo di prodotti ancora di buona qualità (non solo cibo, ma anche farmaci) da parte di associazioni di volontariato. Si tratta di prodotti che oggi vengono gettati a causa delle lunghe procedure burocratiche.

La nuova legge prevede incentivi per chi decide di donare e l’eliminazione degli ostacoli che un donatore incontra. Ad esempio, al momento, chi intende donare eccedenze alimentari deve rilasciare una dichiarazione almeno 5 giorni prima dalla donazione. Con la nuova legge, invece, basterà una dichiarazione consuntiva a fine mese che possa garantire la tracciabilità dei prodotti donati. Qualcosa di diverso, insomma, dalla legge francese, che invece punta a penalizzare chi spreca. “Punire chi spreca serve a poco, la cosa importante da capire è che gli alimenti recuperati non sono rifiuti, ma il prolungamento del cibo buono. E questa legge lo dice chiaramente, perché si fonda sul concetto di dono“, ha affermato Maria Chiara Gadda.

Un obiettivo importante della legge è quello della responsabilizzazione del cittadino: “Ad esempio abbiamo voluto ribadire che i prodotti con la dicitura ‘da consumarsi preferibilmente entro’ possono essere usati anche dopo la scadenza, sottolineando la differenza appunto fra termine minimo di conservazione e data di scadenza. O che il pane invenduto entro le 24 successive alla produzione è ancora buono e può essere donato. Abbiamo poi introdotto la possibilità di donare beni alimentari confiscati – cosa che già avviene ma solo a discrezione dei magistrati – purché integri e sicuri dal punto di vista igienico-sanitario. Inoltre le associazioni di volontariato, accordandosi con l’imprenditore agricolo, possono recuperare i prodotti che rimangono a terra durante la raccolta. Infine la legge garantisce ad attività commerciali e produttive in genere uno sconto sulla tassa dei rifiuti proporzionale alla quantità di cibo donato“, ha infatti spiegato la deputata Gadda. Il testo della nuova legge, ovviamente, non è così semplice come può sembrare: deve occuparsi di normative sulla sicurezza alimentare evitando di facilitare la via della speculazione, del mercato nero e dell’evasione.

La marijuana è l’anticamera per l’eroina: mito o realtà?

Credit: http://www.independent.co.uk/

Una studio comparato recente ha dimostrato come l’alcol sia due volte più dannoso della marijuana per chi ne fa uso e cinque volte più devastante per chi marijuana non sa nemmeno come è scritto.
In sostanza, è molto più pericoloso farsi un drink al pub, che una canna al parco.

Inoltre non è assolutamente dimostrato che la cannabis sia il primo passo verso una vita fatta di delinquenze e abusi tossici poiché, se ci pensate bene anche voi, è difficile che gli adolescenti inizino la loro vita fatta di perdizione con uno spinello, quando sigarette e alcol sono perfettamente legali e raggiungibili ancora prima del compimento della maggiore età.
Uno studio – che abbiamo già analizzato qui – dimostrava come alcol e tabacco sono state classificate come droghe molto più invadenti e pericolose della marijuana stessa, che di per sé non è nemmeno riconosciuta come droga, poiché manca in termini di dipendenza e crisi di astinenza.

Paradossalmente, la legalizzazione della stessa per scopi medici condurrebbe a più crimini di quanti non ce ne siano già in giro per il mondo legati al giro della distribuzione.
Uno studio commissionato nel 2012 ha dimostrato come i dispensari di marijuana curativa siano strettamente legati al mondo della delinquenza.

Come già detto, la cannabis non dà dipendenza, a differenza di quanto sostenuto dalla maggior parte degli obiettori, che lo ritengono un problema sempre più dominante.
Quando, invece, di persone dipendenti dall’alcol ce ne sono abbastanza da cominciare a pensare che sia veramente una grana da risolvere. Perché nessuno se ne preoccupa?

Chi fuma, tenderà a fumare sempre di più: un’altra bugia. Solo un numero minimo di utenti la consuma regolarmente, infatti la maggior parte delle persone che hanno provato tende a usarla non più di 12 giorni all’anno.

E infine, è stato provato che non esistono grandi differenze tra persone che ne fanno un uso abituale e quelle che invece hanno solo provato qualche volta.
Certo è stato dimostrato anche chi ne fa un uso costante abbia un’istruzione e un reddito più basso rispetto a chi non ne fa, ma di questi particolari bisogna dare “colpa” anche a fattori diversi.

Restaurant Map, un ristorante per ogni stazione

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Credit: Milanocittàstato.it

Abitate a Milano e siete sempre indecisi sul ristorante da scegliere? Niente paura, è arrivata la Restaurant Map. Una speciale cartina della metropolitana ideata dal portale milanocittàstato.it, dove per ogni fermata delle 4 linee presenti a Milano è indicato un ristorante.

La mappa è stata pubblicata anche sui diversi social network ed è qui che è arrivato il grande successo grazie a migliaia like e soprattutto a tantissime condivisioni tra i milanesi e non solo.

restaurant map
Credit: Milanocittàstato.it

E i vari commenti sulla Restaurant Map non si sono fatti attendere, c’è infatti chi propone di realizzarne un edizione ogni anno mettendo in concorrenza i ristoranti e quindi con l’entrata e l’uscita dai vari locali. O ancora chi propone partnership con l’ATM, l’Azienda dei Trasporti milanese per l’erogazione di speciali premi o la raccolta di punti per chi si recherà nei ristoranti indicati utilizzando proprio la metropolitana.

Un’iniziativa di cui sentiremo nuovamente parlare quindi, quella della Restaurant Map e da oggi sarà più facile scegliere il ristorante dove andare a cena.

Scoperto il batterio mangia plastica, per oceani più puliti

credits photo: farebio.it

Nel mondo ogni anno si producono circa 311 tonnellate di plastica, di cui un numero variabile tra 4,9 e 12,7 milioni finisce nei mari e negli oceani.
Queste cifre non lasciano sperare in nulla di positivo. Infatti, secondo alcune stime pubblicate lo scorso anno dalla rivista Science, effettuate dai ricercatori della Sea Education Association, questi numeri sono destinati a peggiorare se non interverremo quanto prima. La quantità di plastica nei nostri mari potrebbe aumentare di dieci volte entro il 2025.
Per evitare questo, bisognerà migliorare lo smaltimento dei rifiuti, soprattutto nelle zone costiere, e adottare sistemi di riciclo più efficienti.

Ma c’è una buona notizia: un’equipe di scienziati giapponesi, ha isolato un batterio in grado di ‘divorare‘ la plastica e utilizzarla come fonte di crescita. Il suo nome è Ideonella Sakaiensis, e i dettagli della scoperta sono stati pubblicati sulla rivista Science, dove gli autori della ricerca spiegano che: “Il batterio è particolarmente goloso di PET (polietilene tereftalato), una delle plastiche più diffuse al mondo. Se ne producono circa 50 milioni di tonnellate l’anno ed è utilizzata soprattutto per scopi alimentari (bottiglie, contenitori per cibi e bevande, pellicole). Dal punto di vita chimico, si tratta di una plastica molto resistente al processo di biodegradazione. Finora si conoscevano solo due funghi in grado di decomporre parzialmente il PET.“.

Il batterio è stato scoperto analizzando oltre 250 campioni prelevati da un sito di riciclaggio di bottiglie in PET, dai quali i ricercatori giapponesi hanno identificato i due enzimi responsabili della reazione di idrolisi (rottura, decomposizione) della plastica. Il primo enzima si chiama, PETase, ed è prodotto quando mil batterio aderisce alle superfici plastiche. Il secondo si chiama MHET idrolase, ed è quello responsabile della rottura delle catene di PET in molecole più piccole e innocue.
Il processo è abbastanza lento, ma nonostante questo, la scoperta potrebbe avere risultati molto importanti per il riciclo delle plastiche e per lo studio dei principi dell’evoluzione degli enzimi.

Il pericolo di inquinamento è molto concreto: la plastica che inquina gli oceani costituisce una grave minaccia per gli abitanti del mondo sottomarino, perché spezzettata dagli agenti atmosferici in particelle micrometriche, viene ingerita dal plancton, da dove si diffonde poi al resto dell’ecosistema.
Il problema è particolarmente sentito anche in Italia: come ha evidenziato il rapporto Marine litter 2015, pubblicato da Legambiente, il 95% dei 2597 rifiuti galleggianti in 120 chilometri quadrati di mare è fatto di plastica. Il mare più inquinato è l’Adriatico, seguito dal Tirreno e dallo Ionio.