sabato, 6 Dicembre 2025

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Siccità cosa fare: un jeans costa 3.800 litri d’acqua

Torniamo a parlare del problema “siccità cosa fare?”. È doveroso perché in tv continuano a dirci che ci facciamo docce troppo lunghe, che sprechiamo tanta acqua e via dicendo. Ma come mai nonostante tutti i nostri sforzi la situazione non migliora mai?

È presto detto, abbiamo iniziato a parlarne nello scorso articolo: Siccità cosa fare una bistecca costa 4600 litri di acqua. Leggendolo scoprirete che in realtà il problema non è la durata delle nostre docce.

Dunque abbiamo scoperto che ruolo ha la carne, oggi parliamo di vestiti.

Siccità cosa fare: quanto costano i nostri indumenti in acqua?

Siccità cosa fare? Siamo portati a credere, soprattutto dai mass media, che con piccoli sacrifici quotidiani (come docce più brevi), si possa risolvere il problema della siccità.

E invece no, perché il problema è a monte.

Un esempio? Un jeans nuovo di pacca costa 3.800 litri d’acqua. Non male vero?

In Cile è stata scoperta un’enorme discarica a cielo aperto di vestiti. Tutta acqua e corrente sprecati, per non parlare dell’inquinamento ambientale.

Si stima che l’industria tessile consumi 79 trilioni di litri di acqua ogni anno, ovvero il 20% del consumo idrico mondiale.

Lo sapevi che per produrre una tonnellata di materia tessile sono necessari ben 200 tonnellate d’acqua? Adesso lo sai.

Una maglietta di cotone costa 2.700 litri di acqua dolce.

Per non parlare dei diserbanti utilizzati per mettere in piedi i campi di cotone, che hanno impoverito e distrutto la terra e della quantità colossale di energia che occorre per produrre i vestiti.

Siccità cosa fare: comprare meno vestiario

Siccità cosa fare? Comprare meno abiti. Ebbene sì. Compriamo vestiti con molta leggerezza e facilità, incuranti che si tratta di acqua consumata.

Abbiamo armadi stracarichi eppure continuiamo ad acquistare.

Sarebbe bene invece adottare una tecnica minimalista, meno vestiario, riparare un capo che si scuce piuttosto che buttarlo e soprattutto passare all’usato.

Storcere il naso non aiuterà a salvare il pianeta, vendere e comprare capi usati sì. Molta meno acqua ed energia sprecati.

A volte ritornano: Pennywaise è sempre vivo

Vi siete mai liberati di Pennywaise? Questo è il vero nome di It, il malvagio clown inventato da Stephen King.

Fu interpretato da Tim Curry in una miniserie degli anni ‘90, talmente bene che terrorizzò un’intera generazione scatenando la fobia dei clown nella maggior parte delle persone che lo hanno guardato.

Ma It è morto? Nella miniserie, e poi nel film, il clown alla fine muore sconfitto dai perdenti. Oppure no?

Dove abbiamo rivisto Pennywise?

In realtà Pennywise non è morto, per niente. È stato temporaneamente sconfitto.

Riappare in diversi romanzi di Stephen King, ad esempio ne Le creature del buio dove un personaggio incontra “un clown con occhi argentati e un mazzo di palloncini in una mano” che si suppone fosse It. In Later il protagonista effettua il rito di Chud per sconfiggere un’entità malefica che lo perseguita.

In altri romanzi, come L’acchiappasogni e L’ultima missione di Gwendy, compare Derry e compaiono riferenti sul fatto che It in realtà sia riapparso anni dopo esser stato sconfitto dai Perdenti ormai adulti.

In realtà It non può morire, in quanto la sua vera forma è i Pozzi Neri, ovvero un’entità oscura che vive in un altro mondo.

Quindi no, non è mai morto e non può essere sconfitto.

Pennywise che ha ispirato Stranger Things

Inutile negarlo, in Stranger Things, Pennywise è ovunque.

Partendo dai ragazzi in bici, che ricordano tantissimo i Perdenti per arrivare all’inizio della storia: un ragazzino viene rapito, come inizia la storia di It con il rapimento di Georgie.

La città di Hawkins subisce più o meno lo stesso destino di Derry, un mondo malvagio e parallelo è attaccato ad essa.

E poi c’è Vecna, che sfrutta gli incubi e le paure delle persone, proprio come It, facendo vedere loro cose terribili che però non stanno in realtà accadendo.

Ricorrono anche la possessione e la levitazione delle vittime e la casa maledetta in cui si trova il mostro.

Pennywise: The Story of IT

It ritorna a vivere nel documentario Pennywise: The Story of IT dove vengono raccontati i retroscena della miniserie.

Il documentario è stato realizzato da John Campopiano (Unearthed and Untold: The Path to Pet Sematary) e Christopher Griffiths (Leviathan: The Story of Hellraiser and Hellbound: Hellraiser II), ed è stato prodotto da Gary Smart, Brady William Gorman e Laurance Gornall.

Hanno partecipato alcuni attori e lo stesso Tim Curry, che nonostante la malattia ha voluto dare il suo contributo.

Ci sono filmati inediti, dietro le quinte e interviste su come il team sia riuscito a rendere così spaventoso il personaggio creato da King.

Ma la domanda di sempre è: King scriverà mai un altro libro su It?

Estate 2022: I tormentoni musicali

estate 2022
estate 2022

L’estate con tutti i suoi tormentoni. Anche per il 2022 non ci sono state eccezioni anzi, sono moltiplicate le canzoni pensate per le spiagge piene di ombrelloni. Quali sono le HIT dell’estate 2022?

Abbiamo fatto una lista di tormentoni estivi italiani che hanno suonato per l’intera estate 2022, nella lista abbiamo deciso di non fare alcuna classifica basata su views o vendite, ma semplicemente una lista di nomi che hanno segnato l’estate

  • Bagno a mezzanotte – Elodie
  • Shakernado – Rhove
  • I love you baby – Jovanotti
  • 5 gocce – Irama e Rkomi
  • Mamma mia – Sfera Ebbasta
  • L’eccezione – Madame
  • No stress – Marco Mengoni
  • Bluf– ControPenna
  • Scossa – Sangiovanni
  • Supermodel – Maneskin
  • Essere liberi – Coez
  • Bandana – LDA

Social, come sta cambiando il mondo della rete

10 segnali per scoprire se sei dipendente dai Social Network
facebook

C’è un trend nuovo, pericoloso e inquietante, per quanto riguarda i social network, italiani e non solo. Un trend fatto di discussioni e parole chiave, di insulti e minacce a volte, di scambi e di impressioni all’apparenza neutri ma che sfociano spesso nel volgare, nell’intimidatorio. 

Il progetto romano

Lo ha dimostrato il Center of Data Science and Complexity dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” che ha deciso di porre sotto la lente di ingrandimento oltre 100 milioni di profili. L’obiettivo? Semplice ma allo stesso tempo all’avanguardia: misurare il livello di odio dei nostri social. In particolare si guarda alla Legge di Godwin, avvocato statunitense che negli anni Novanta ha formalizzato questa teoria secondo la quale le dinamiche dei commenti sulle bacheche virtuali sono portate per forza a degenerare, a snaturarsi, a guardare all’eccesso, all’estremo. In poche parole: basta che una discussione online sia sufficientemente lunga che verrà chiamato in causa il nazismo oppure Hitler. 

La legge di Godwin nel pratico

“La legge di per sé è al limite dell’ovvio. In una stanza che si affolla di persone, le probabilità che si incontri qualcuno esacerbato diventa certezza su base statistica – ha spiegato ai microfoni di Repubblica Matteo Cinelli, il curatore del progetto ed esperto di ingegneria gestionale – Ciò che è meno evidente sono le modalità con cui la legge di Godwin tende a manifestarsi, ovvero se esistono delle molle precise e un tempo medio per la comparsa dell’accusa di nazismo, che è un termine con un valore semantico perfetto per uno scontro verbale da tastiera. Soprattutto se tali variabili cambiano secondo la piattaforma e l’argomento. Studiare una tale dinamica speriamo possa portare ad avere un metro accurato per misurare il livello di tossicità di singoli social network”. 

Che sia quindi un gruppo di giochi o di gambling, i cui numeri sono incredibilmente in aumento, o che si parli di sport o di cibo, i due argomenti che, stando alle indagini di mercato, raccolgono le più alte interazioni tra gli utenti, la tossicità verrà a galla. L’obiettivo del progetto dell’Università romana è capire la ricorrenza di certe parole e il tempo necessario alla loro comparsa, in maniera tale da capire se un social è più “odioso” degli altri. Facebook, Twitter, Instagram, TikTok ma anche Reddit, YouTube, Gab, tutti sul banco degli imputati. Vediamo chi la scamperà, alla fine.