mercoledì, 17 Dicembre 2025

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Le stazioni metro di Parigi prese alla lettera (FOTO)

Ladro di Monnalisa alla stazione Louvre-Rivoli

Sono in bianco e nero, ma non per questo prive di immaginazione le foto di Janol Apin, che nel suo libro Métropolisson (letteralmente ‘Metropeste’) ha raccolto una serie fotografica sulla metro di Parigi in cui humour e poesia si sposano amabilmente. Uscito alla ribalta negli anni ’90, il fotografo francese porta a spasso l’obiettivo lungo i quais delle stazioni metropolitane per ritrarle letteralmente, cioè prendendo alla lettera i nomi di ciascuna fermata.

L’idea è nata durante uno dei miei viaggi in metropolitana – ha raccontato Janol Apin – alla fermata Richard Lenoir (letteralmente ‘Riccardo il nero’), mi sono accorto che c’era un tale delle Antille proprio sotto l’insegna. Mi dissi, perciò, che sarebbe stato troppo forte riuscire a trovare una corrispondenza umana per i nomi di tutte le stazioni“.
E, dopo 10 anni di lavoro, talvolta interrotto per portare avanti altri progetti, l’originale fotografo è riuscito a raccogliere 110 scatti ufficiali, sarebbe a dire quelli di un quarto di tutte le stazioni.

E così ecco apparire dei tangueros latini alla stazione Argentina o degli eschimesi alla stazione del Nord, Napoleone ad Austerlitz o un gruppo di rockettari alla stazione Duroc, dei fumatori di marijuana alla fermata di Malherbes (‘erbe cattive’, alla lettera) o addirittura un ladro della Gioconda alla fermata di Louvre-Rivoli: una collezione di immagini a dir poco esilaranti.

L’inventiva e la comicità di Janol Apin sono, del resto, servite da modello anche per l’organizzazione di concorsi fotografici al livello nazionale in cui sono stati i viaggiatori delle ferrovie di Stato francesi a dover ritrarre le varie stazioni. Assolutamente da imitare, soprattutto durante le lunghe attese che in molti abbiamo patito con Trenitalia.

Paura dell’aereo? Ecco cosa dicono gli esperti

paura dell'aereo

La paura dell’aereo è qualcosa di incontrollabile, se hai paura di volare niente o nessuno potrà mai farti cambiare idea. Chi invece non vive quest’ansia affronta qualsiasi viaggio in aereo con una naturale tranquillità. Ma cosa succede quando in quota attraversiamo delle turbolenze e l’aereo comincia a scuotersi violentemente? Anche i più coraggiosi non possono che provare un brivido di terrore. Ma è davvero qualcosa di cui dovremmo aver paura? Ecco cosa hanno rivelato alcuni esperti, come il pilota della British Airways Patrick Smith, esperto tra l’altro di sicurezza in volo.

Prima di tutto bisogna sapere che esistono due tipi diversi di turbolenze, quella cosiddetta clair-air che è la più diffusa e la wake-turbolence che invece è piuttosto rara. La turbolenza si crea quando una massa d’aria in movimento ad una certa velocità incontra un’altra massa che si muove a velocità differente come ad esempio un’aereo. Spesso sono causate da condizioni atmosferiche come temporali o correnti provocate da aerei più grandi. Il fenomeno è molto evidente quando si vola sopra le montagne.

Secondo gli esperti della British le turbolenze sarebbero scomode ma per niente pericolose. E se la vostra paura dell’aereo è data da questo inconveniente potreste superarla. La cliar-air è una turbolenza del tutto normale, molto tipica e che non deve suscitare minimamente preoccupazione. Durante una turbolenza è facile immaginare l’aereo come una barchetta indifesa durante una tempesta nell’oceano. Ma non è proprio così, perché un aereo non può capovolgersi in volo a causa di una turbolenza. E nemmeno può precipitare per una turbolenza.

La turbolenza è parte del volare in aereo e non deve assolutamente spaventare, infatti la potenza che servirebbe a staccare o a piegare un ala di un aereo è qualcosa che in natura non può accadere. Consoliamoci però, anche i piloti non amano le turbolenze, ma solo perché le considerano una seccatura.

Grazie, la parola giusta per salvare una relazione

salvare una relazione

Grazie. Una parola semplice spesso scontata, che dovremmo imparare ad usare di più nella vita di tutti i giorni, ma soprattutto con le persone che ci sono più vicine, quelle che diamo per scontate. Come il nostro ragazzo. Dire grazie, infatti, può contribuire a salvare una relazione magari un po’ in crisi.

Quello che può sembrare ovvio è il risultato di uno studio realizzato dall’University of Georgia che ha scoperto come sentimenti di gratitudine possono combattere conflitti e negatività presenti nella coppia ed essere un rimedio efficace per salvare una relazione.

“Questo dimostra la potenza del grazie”, secondo Allen Barton, autore della ricerca che spiega come “anche se una coppia sta vivendo disagio e difficoltà in altri settori, la gratitudine nella relazione può contribuire a promuovere risultati coniugali positivi”.

Lo studio è stato condotto su 468 persone a cui sono state rivolte domande circa la loro relazione di coppia e il loro benessere inteso anche dal punto di vista finanziario. La gratitudine si è rivelata essere il fattore predittivo più importante per il miglioramento del rapporto tra i coniugi. Dire “grazie” ed essere riconoscente può anche interrompere un ciclo di comunicazione scadente nei periodi in cui i partner sono stressati e sotto pressione.

I risultati dello studio potrebbero quindi aiutare molte persone a salvare una relazione affrontando i conflitti e le negatività della vita quotidiana semplicemente imparando ad essere riconoscente con le persone che ci sono affianco.

Essere produttivi di mattina si può. Ecco come fare

credits photo: betraining.it

Ogni mattina, alzarsi dal letto è un vero e proprio supplizio. La sveglia suona una, due, tre, anche quattro volte ma niente, la tentazione di reimpostarla di nuovo per farla suonare solo 5 minuti dopo è altissima. E quando ci alziamo è difficilissimo essere produttivi. Anzi, è meglio evitare ogni contatto sociale per almeno mezz’ora e buttarsi subito sul caffè. Come si può evitare tutto questo?

Attraverso la tecnica del page-turner, che consiste, in poche parole, in una precisa scaletta da seguire per attivare il cervello e sintonizzarci sulla voglia di lavorare. Da cosa si inizia?

Dopo la doccia, la colazione e tutti i riti a cui non sappiamo rinunciare, si inizia a lavorare. Si parte con tre gesti molto semplici. Innanzitutto si controllano le e-mail, e questo può considerarsi un mezzo lavoro. Poi un po’ di divertimento: l’ideale sarebbe un video virale che riesca a strapparci qualche risata. In questo modo la voglia di lavorare dovrebbe già iniziare a farsi sentire. Infine, è un’ottima idea quella di socializzare con il prossimo. Via quel broncio.

A questo punto la tecnica del page-turner entra nel pieno della sua attività. Se siete impegnati in un progetto, prima di terminare la sessione di lavoro scrivete e programmate, in modo approssimativo, quelli che saranno i prossimi passi da compiere.

Insomma, il segreto è scrivere, o comunque pianificare, prima della fine della giornata, quello che si farà la prossima volta. Ad esempio, se dovete studiare un libro in una settimana potete pianificare quante pagine affrontare ogni specifico giorno. Inizierete con meno pagine il primo, per poi aumentare gradualmente andando avanti.

Per rendere pienamente efficace questa regola è importante avere chiaro in mente un obiettivo da raggiungere, creare dei buoni incentivi per se stessi e affrontare tutto in maniera graduale, senza grandi shock. Siete ancora perplessi? Provare per credere.