Se pensate di essere dei veri intenditori di champagne e di averle viste tutte in fatto di mode e abitudini legati all’uso di questo pregiato vino, vi sbagliate alla grande.
Un nuovo modo di bere champagne è arrivato, veramente innovativo. Solo così potrete sembrare veramente snob, con il Chambong, il bong per bere champagne. La particolarità di questo modo di bere champagne è che il liquido ingerito arriva direttamente al cervello in meno di dieci secondi. Come? Attraverso il naso naturalmente.
Il Chambong nasce negli Stati Uniti in realtà per ovviare ad un esperimento fallito, quello di creare un super bong per fumare cannabis durante la finale del Super Bowl. I giovani ingeneri la cui primaria intenzione era quella di sballarsi con una notevole quantità di cannabis non si sono persi d’animo e hanno rimediato utilizzando la loro invenzione come oggetto di puro design per bere champagne.
Il costo per poter essere ubriachi di champagne nel minor modo umanamente possibile è solo di 25 dollari. Attenzione però, gli inventori non si prendono responsabilità. Infatti, sul retro della confezione è specificato che chiunque consumi alcol attraverso chambong lo fa consapevolmente dei rischi che questo può provocare.
Ad un tavolo della caffetteria Illium di Troy – New York – è seduta una famiglia, composta da padre, madre e due figlie. I quattro non parlano molto: infatti sia il padre che le due figlie tengono i loro smartphone in mano, mentre la madre – evidentemente in uno stato di tristezza e solitudine – guarda fuori dalla finestra, sconsolata. E, nonostante il padre, ogni tanto, condivida con gli altri qualche informazione scovata in rete, nessuno dei tre risponde o commenta ciò che dice.
Non si tratta di un film, e nemmeno di una scena di un libro: purtroppo è la realtà. Una situazione, questa, osservata da Eric Pickersgrill, un fotografo americano di 29 anni, che, partendo proprio da ciò, ha realizzato un progetto dal titolo “Removed Social” che fa riflettere sull’uso degli smartphone nella nostra vita quotidiana.
Negli scorsi mesi, infatti, Pickersgrill ha girato gli Stati Uniti scattando fotografie – tutte in bianco e nero – di persone comuni e situazioni normalissime che avevano a che fare con i propri cellulari – giocando, navigando sul web e mandando messaggi. Una volta in studio, però, il fotografo ha rimosso dagli scatti i telefonini, per mostrare l’effetto che faceva. Il risultato è impressionante: sulla scena restano persone con una mano che sembra tenere qualcosa che in realtà non c’è, facendoci capire quanto l’uso degli smartphone possa portare all’esclusione e all’alienazione dal mondo reale, quello che ci sta intorno.
Credit photo: frasideilibri.com
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Il fotografo non esclude il fatto che lo sviluppo della tecnologia abbia portato enormi benefici, come la possibilità di rimanere in contatto con persone a chilometri e chilometri di distanza, oltre a vantaggi sul piano sia professionale che personale. Il problema, infatti, non è tanto la tecnologia, quanto l’uso che noi ne facciamo: un uso spropositato, anche nei momenti più intimi della nostra vita. Siamo ossessionati dai nostri cellulari, tanto da tenerli sempre in mano, come se non averlo significasse non avere tutta la nostra vita sotto controllo.
Fidanzati che camminano insieme, mano nella mano, e nell’altra hanno lo smartphone, amiche sedute ad un tavolo di un bar che sorseggiano un caffè e controllano le notifiche su Facebook: ma perché invece che prestare attenzione ai dispositivi elettronici non interagiamo tra di noi? Meglio un abbraccio, un bacio e due chiacchere piuttosto che tenere in mano un cellulare: almeno quando si è in compagnia, i telefonini dovrebbero rimanere nella borsa o in tasca, per goderci al meglio ogni momento della vita reale.
“Quando cominceremo a reagire sul serio e tutte insieme alla costruzione di una simile idea di donna?” : si pronuncia così Michela Murgia di fronte alla copertina di novembre di Marie Claire che presenta una donna dalle forme non in linea con un sano rapporto tra bellezza e salute. Ma Marie Claire non ci sta ad essere imputata nè dal pubblico, nè dal mondo dei sindacati e neppure dalla nota scrittrice che nel 2013 si presentò alla presidenziali della regione Sardegna e non tarda a controbattere.
“Noi non abbiamo mai creduto in un solo ideale di bellezza femminile, ma al contrario crediamo nella consapevolezza di ogni donna di sentirsi bene nella propria pelle, compresa in una sana taglia 38!” – così risponde la Antonelli, direttrice della rivista Marie Claire dopo essere stata attaccata soprattutto sulle pagine facebook per aver permesso che la propria rivista pubblicizzasse la foto di una donna praticamente anoressica. “Marie Claire da sempre è una rivista molto attenta e sensibile alle tematiche femminili, evitando immagini che siano dei modelli negativi per le ragazze, evitando foto con sigarette per il cancro al seno o modelle anoressiche…o altro” – così prosegue la direttrice Antonelli.
Ma queste parole che sembrano cercare un tono diplomatico, paiono poco soddisfacenti soprattutto per chi vede le sue figlie crescere con i modelli di donna che si trovano sulle riviste.
“Se fosse tua figlia e si aggirasse per casa sempre con quell’aria da gatto bagnato, derelitto e incazzato, vorrei vedere se la giudicheresti ugualmente ‘sana'” – puntualizza una lettrice.
Tutto ciò accade dopo che proprio ieri la modella Charli ha detto no ai suoi managers che non erano ancora contenti della taglia 38 che portava con signorilità e naturalezza e le chiedevano di perdere 3 cm sui fianchi se desiderava il rinnovo del suo contratto.
Le pressioni maggiori derivavano dunque proprio da chi l’avrebbe dovuta guidare. Ma non tutte sono forti come Charli. Non tutte sanno quando è il momento di dire no all’immagine, al successo e alle passerelle per mantenere uno stile di vita sano. Dall’altra parte della medaglia ci sono migliaia di donne come quella sulla copertina di Marie Claire. E se neppure una rivista riesce a rispettare quel limite, sarà ancora più dura spiegare alle generazioni presenti e future che essere in forma non è sinonimo di pelle ossa, ma di star bene in un corpo voluminoso e visibile nelle sue forme, quelle che Madre Natura le ha consegnato come virtù.
L’ufficio non è casa nostra, anche se forse è il posto dove passiamo la maggior parte del nostro tempo. C’è chi è fortunato e fa un lavoro che adora o che considera una passione, ma per molti la realtà è molto più dura. Si condividono gli spazi con altre persone, i colleghi, che se a volte possono diventare dei grandi amici, o anche qualcosa di più, altre volte possono essere un vero e proprio incubo. Sia perché si tratta di persone insopportabili, ma anche perché nei luoghi di lavoro spesso manca del tutto la buona educazione.
Il galateo in ufficio diventa imprescindibile, bastano poche e semplici regole di buona educazione e buon senso. Vediamo quali.
Il cibo è uno degli argomenti che più crea disagio all’interno dei luoghi di lavoro. Mangiare rumorosamente è qualcosa di poco tollerabile non solo in ufficio, ma in qualsiasi luogo o ambiente ci si trovi. Capita spesso che ci si trovi a dover mangiare davanti al computer o insieme ai colleghi in aree adibite dell’ufficio, meglio però evitare cibi con odori troppo spiccati e non proprio gradevoli.
Le buone maniere sul posto di lavoro e il rispetto nei confronti dei colleghi si dimostrano anche con l’ordine e la precisione. Scrivanie cariche di oggetti e fogli disposti a caso possono intralciare il lavoro altrui e sicuramente non sono un bel vedere. Per rispettare il galateo in ufficio poi, è necessario essere puntuali, ascoltare gli altri e non interrompere. Altri aspetti non strettamente legati all’attività lavorativa ma che a lungo andare possono creare stress in un ambiente di lavoro, sono ad esempio, fare lunghe telefonate private a voce alta, o lamentarsi spesso anche di questioni molto private e familiari.