domenica, 7 Dicembre 2025

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Gli Hunza, la popolazione più longeva al mondo

Volevate il segreto della vita eterna o quasi? La popolazione degli Hunza ha trovato il modo per vivere a lungo, in media 130-140 anni, ed evitare le terribili malattie degenerative come il cancro o le malattie del sistema nervoso, che affliggono le altre popolazioni.

Gli hunza vivono al confine nord del Pakistan all’interno di una valle sulla catena Himalayana, al confine con la Cina, e senza ricorrere ai prodigi della nostra scienza medica, a cento anni sono vivi ed incredibilmente attivi, lavorano ancora nei campi e curano i loro figli con estrema vitalità. Le donne Hunza sono ancora prolifiche anche oltre i 70 anni. Chiaramente per riuscire a concepire a tale età, il loro fisico è ancora piuttosto giovanile e non ha nulla a che vedere con le nostre novantenni.

Da sempre lavorano la terra, ma a migliaia di metri di altezza. Vicini al cielo, lontani dagli altri uomini e dal “mondo sviluppato”. Ralph Bircher, uno dei massimi esperti di questa civiltà ultracentenaria ha dedicato loro un libro dal titolo “Gli hunza, un popolo che ignorava la malattia”.

I motivi di tale longevità sono da attribuirsi soprattutto allo stile di vita, basato su un’alimentazione vegetariana, frutto solo delle proprie coltivazioni. Si cibano prevalentemente di miglio, orzo, grano saraceno, frutta come noci e albicocche, ciliegie, more, pesche, pere e melograni, germogli di piselli, noci, legumi lessati, verdure come spinaci, rape e pomodori. Nella loro dieta rientrano anche formaggi, ma solo freschi o fermentati, pochissima carne e quasi nessun condimento.

Gli Hunza vivono dei frutti della natura e soffrono anche un lungo periodo di carestia nei mesi invernali, quello che i naturopati definiscono “digiuno terapeutico”. L’altopiano su cui vivono è un luogo in gran parte inospitale e non dà raccolto sufficiente per alimentare i 10.000 abitanti Hunza per tutto l’anno. Questa “bizzarra” consuetudine, invece di portare debolezza e morte, nel corso degli anni ha prodotto nella popolazione straordinarie capacità di vigore. Un Hunza può andare camminare tranquillamente per 200 km a passo spedito senza mai fermarsi, grazie alle forti doti di resistenza conosciute in tutto l’oriente, tanto che nelle spedizioni Himalayane, sono assoldati come portatori.

Tra i segreti della longevità degli Hunza ci sarebbe anche la particolare acqua alcalina che bevono: diversi studi hanno appurato che l’acqua bevuta da questa popolazione ha un elevato pH, con notevole potere antiossidante e un elevato contenuto di minerali colloidali, che renderebbero più sopportabile anche il digiuno. L’acidosi metabolica innescata dal digiuno prolungato viene infatti compensata e il ph rimane più stabile.

Oggi il territorio degli Huntza però è stato intaccato dalla società “evoluta” e anche lì sono arrivati cibi spazzatura, farina 0 impoverita, zucchero bianco, sale sbiancato chimicamente, e con loro le prime carie, le prime problematiche cardiovascolari, i primi problemi reumatici che l’Occidente evoluto conosce bene. In pochi sono riusciti a scampare da questo inquinamento “evolutivo” evitando ogni forma di “contagio”.

L’aspetto che affascina di questo popolo è la loro predisposizione naturale al sorriso, infatti sono molto gioviali, d’umore costante, anche quando hanno problemi di poco cibo e di freddo. Non sono mai arrabbiati, non sono attaccati dall’ansia, e dall’impazienza, sono sempre sereni, e forse il loro segreto sta proprio nella loro inconsapevole felicità.

L’arte e la letteratura risultano pressoché assenti tra gli Hunza. La religione e la preghiera venivano vissute intimamente. Diversamente dai popoli limitrofi, non hanno nessuna pratica esteriore, né rituali, né preghiere, né templi. Non esiste superstizione, malocchio, magia, come avviene invece per i popoli vicini, dai quali si distinguono ancor più per il fatto che le donne non portano il velo ed hanno parità di diritti. Però, tutte queste eccezionali caratteristiche si stanno attenuando con l’arrivo dello “sviluppo” e dell’alfabetizzazione.

Forse tutti noi dovremmo imparare da questi popoli, soprattutto nella capacità di reagire alla vita guardando sempre il lato positivo, seguendo una dieta sana, per prevenire invece che curare, arrivando ad ottenere un benessere sia mentale che fisico.

#selfieconlosconosciuto, l’ultima frontiera della selfie mania

Fermare per strada un perfetto sconosciuto, non per chiedere un’indicazione (o il numero di telefono come tentativo di abbordaggio) ma bensì per fare una semplice domanda: “ci facciamo un selfie?”. È questa la mania delle ultime ore ed è Twitter che svela la nuova frontiera del selfie, facendo balzare ai primi posti dei trends di oggi l’hashtag #selfieconlosconosciuto.

Ma chi è lo sconosciuto? Per i tanti selfie dipendenti, non necessariamente una persona e come al solito è la fantasia a regnare sovrana sul social. Così spopolano autoscatti con in mano banconote, oggetti più svariati, maschere o ancora animali.

E c’è chi fa del #selfieconlosconosciuto un concetto più profondo, riferendosi a valori perduti, regole non rispettate.

Ma se ne leggono di tutti i colori: c’è chi cerca uno sconosciuto all’interno del proprio ufficio, chi, pur di essere al passo con la moda del giorno, celebra il nuovo autoscatto con in mano un disegno.

L’hashtag del giorno non risparmia neanche il tema di oggi, ovvero il caso Dell’Utri: come non associare il #selfieconlosconosciuto al #trovadellutri ?

D’obbligo poi taggare lo sconosciuto. Con tutti i rischi del caso.

Nasce lo specchio che scatta selfie da solo e li pubblica su Twitter

La moda selfie sta diventando una vera e propria ossessione. Le pose e le location sono le più svariate: in bagno, in piazza, al supermercato, addirittura durante una premiazione Oscar o una partita che vale la finale. Seduti, in piedi, sulla bici, nudi o in costume, truccati stile Carnevale o con le boccacce. Dire basta a questa mania sembra impossibile. C’è chi si contorce come un circense nel tentativo di prendere tutti e non tagliare nessuna faccia, chi è alla disperata ricerca di un effetto abbastanza vintage e sfocato per sembrare più belli o magri e chi cammina con il telefono puntato verso il cielo per cercare la connessione migliore per condividere lo scatto appena fatto sui social.

Da oggi è tutto più facile. Da oggi basta solo il “cheese!”

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Arriva, grazie all’agenzia digitale iStrategyLabs, uno specchio che scatta selfie da solo e li pubblica direttamente su Twitter. “Selfie” questa volta sta a significare “Self Enhancing Live Feed Image Engine”: si tratta di un mini computer Mac nascosto dietro uno specchio, dotato di webcam e luci. All’interno del computer integrato è presente un software FRS (Facial Recognition Software) in grado di riconoscere i volti. Basta posizionarsi davanti e sorridere pronti per il flash, ma per ora lo specchio non è ancora in commercio.

Si tratta solo di aspettare.

Bambini attenti al piccolo Bambi

Le favole con animali, che parlano e si comportano come esseri umani, sono diseducative per i bambini? Questo è quello che ritiene la psicologa canadese Patricia Ganea, che dopo le polemiche scatenate dal suo studio, ha spiegato i risultati della sua ricerca e le sue opinioni.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Frontiers in Psychology. L’obiettivo dello studio era scoprire se per far conoscere davvero la natura ai bambini siano meglio le favole in cui gli animali parlano e indossano vestiti o se magari non siano più utili libri con immagini più realistiche, come ad esempio quelli di National Geographic, poichè le favole e i cartoni Disney e non, non raccontano ciò che la fauna selvatica è in realtà.

Patricia Ganea, la professoressa associata di psicologia applicata e sviluppo umano all’Università di Toronto, non si è scatenata contro Bambi, Winnie The Pooh o Peppa Pig. Al contrario, la sua indagine scientifica serve per capire quali strumenti permettono ai bambini di imparare di più.

L’obiettivo principale era sapere se il tipo di libri letti ai bambini influenzano il loro modo di conoscere il mondo degli animali con cui non hanno grande familiarità, e quindi la tendenza ad assegnare ai piccoli amici della natura qualità prettamente umane.

Se nei libri mostrati ai bimbi compaiono animali antropomorfizzati, i piccoli saranno più propensi a credere che gli animali siano molto simili agli esseri umani. Secondo la professoressa, i bambini imparano di più sulla fauna dai libri con immagini realistiche o filmati di animali in carne ed ossa.

Il libro ha suscitato grandi polemiche, come ad esempio sul London Daily Express: “Avviso ai genitori: Smettete di leggere il Libro della giungla e Winnie the Pooh, perché umanizzano gli animali“. Il messaggio della ricerca è stato frainteso, visto che l’obiettivo non è far smettere i genitori di leggere libri che mescolano la fantasia con la realtà, ma creare un aprroccio più realistico tra i bambini e la natura. I genitori devono continuare a leggere ogni tipo di libro ai bambini per stimolare la loro fantasia e il loro svilupppo cognitivo, soprattutto in un’età compresa tra i 3 e i 5 anni.

L’uso dei libri illustrati come strumento di educazione scientifica mette in accordo tutti gli studi: i libri illustrati sono un eccelente mezzo per far conoscere il mondo ai bambini. Permettono di apprendere nozioni di biologia fondamentali già a cinque o sei anni. Quindi la nostra ricerca suggerisce che se si vogliono porre le basi perché il bambino sviluppi una comprensione accurata del mondo dal punto di vista scientifico, allora è meglio usare libri realistici già in tenera età“, queste le parole della Ganea.

Inoltre la psicologa ha spiegato che la tendenza ad antropomorfizzare la natura non è una caratteristica solo infantile. Infatti, si riscontra anche negli adulti, poichè il formarsi di idee poco accurate da piccoli avrà conseguenze sull’apprendimento di nozioni corrette in età più avanzata.

Tradizionalmente, si usano gli animali delle favole per creare una distanza emotiva tra il bambino e la morale della storia. Ma forse questo ha come conseguenza negativa che il bambino non riesce a riportare su se stesso l’informazione appresa con la favola.

Noi preferiamo sognare ad occhi aperti i mondi fantastici che ci offre la nostra mente creativa grazie all’aiuto delle favole e dei film, senza ovviamente dimenticare l’importanza del conoscere la realtà della natura in tutte le sue sfaccettature, attraverso la scienza.

credit: National Geographic