domenica, 7 Dicembre 2025

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Ecco come sarà Pasqua 2014 per gli italiani

Credit: www.lostivalepensante.it

Manca una settimana a Pasqua e ancora non si sa come sarà il tempo. Sappiamo però che durante la Settimana Santa è previsto un arrestamento dell’anticiclone in Atlantico, e ciò significa che ci sarà un peggioramento delle condizioni meteo.
Instabilità a Nord Est, nelle regioni centro meridionali e sulle Isole Maggiori, con qualche possibile acquazzone. Al Sud invece dovrebbe esserci un miglioramento delle condizioni meteo: cielo sereno e rialzo delle temperature.

E se ancora è troppo presto per avere indicazioni più precise sul meteo, possiamo però dire – dati alla mano – che le abitudini degli italiani per festeggiare la Pasqua sono cambiate radicalmente.
Se prima tutti sfruttavano questi giorni di ponte per poter fare una vacanza o per poter visitare qualche città d’arte, oggi come oggi sono solo 13 milioni gli italiani adulti che, tra Pasqua, 25 aprile e primo maggio, si metteranno in viaggio. Esatto, più di 8 italiani su 10 trascorreranno la giornata tra le mura domestiche. Questa Pasqua 2014 si classifica tra le più casalinghe degli ultimi decenni.

Sarà, dunque, poco sfruttato per il turismo il ponte primaverile di fine aprile. Ci sarà chi approfitterà delle feste per una gita fuori porta – sperando sempre che il tempo regga – come nella tradizione di Pasquetta, ma solo pochi partiranno per più giorni, e l’80% di chi lo farà resterà nei confini nazionali. Il 12% dei vacanzieri partirà a Pasqua, il 10% preferisce invece muoversi nel ponte del 25 aprile.

La crisi cambia le abitudini anche a tavola: il 24% degli italiani non acquisterà colombe o uova pasquali, simbolo per eccellenza della ricorrenza, inoltre, saranno almeno 5 milioni gli italiani che si adopereranno per il fai-da-te casalingo per imbandire le tavole – meno ricche degli anni precedenti.
In rispetto della tradizione è comunque fatta salva la preparazione dei dolci tipici pasquali, che anche con la crisi non possono mancare, perché il piacere della tavola non viene meno.

Whatsappite, quando la chat diventa una malattia

Si chiama WhatsAppite e non è una nuova applicazione, ma un disturbo relativamente moderno, che coglie chi passa troppe ore con lo smartphone in mano a mandare messaggi. Il disturbo prende il nome dal noto sistema di messaggistica istantanea Whatsapp, che permette uno scambio continuo e spropositato di messaggi e quindi una digitazione esagerata. Infatti, a differenza dei classici SMS che si pagano singolarmente o attraverso abbonamenti, Whatsapp è quasi gratuita (89 centesimi all’anno).

L’allarme arriva dalla prestigiosa rivista medica The Lancet, che ha riconosciuto l’eccessiva digitazione come una vera e propria malattia e ha riportato il caso di una donna che è stata visitata al pronto soccorso dell’ospedale di Granada dopo aver usato la chat per sei ore.

La donna di 32 anni, al sesto mese di gravidanza, si è presentata all’ospedale il giorno di Natale, dopo aver passato gran parte della giornata a rispondere ai messaggi di auguri utilizzando la nota applicazione Whatsapp su un telefono di 120 grammi. La paziente aveva avvertito appena sveglia un dolore anomalo a entrambi i polsi, che percepiva anche sovraccaricati e gonfi. “La diagnosi per il dolore bilaterale ai polsi è stata di Whatsappite – scrive Ines Fernandez Guerrero, che ha descritto il caso – il trattamento è consistito in farmaci antinfiammatori e astinenza totale dai messaggini, con un miglioramento solo parziale anche per il fatto che la paziente non ha seguito la prescrizione e ha scambiato di nuovo messaggi il 31 dicembre”.

Questo disturbo non sembra essere però una novità. Già anni ’90 infatti si parlava di Nintendinite o pollice da Nintendo, dovuta all’uso eccessivo del Nintendo Gameboy, che provocava gli stessi sintomi: polsi e dita affaticate e doloranti. In seguito, altri incidenti simili sono stati documentati sia nei bambini che negli adulti. Il problema quindi non è strettamente legato ad applicazioni come Whatsapp o un qualsiasi altro sistema di messaggistica, ma a un utilizzo esagerato degli stessi. Una malattia emergente che sembra destinata perciò a diffondersi rapidamente, a meno che non si ricorra al buon senso e alla responsabilità.

Jack Robinson, la storia di un bambino che ha commosso il mondo(FOTO)

dailymail.co.uk

Jack Robinson era un bambino di soli 4 anni, con tutta la vita davanti. Ma lo scorso 10 aprile, a Denmead nello Hampshire in Inghilterra, è stato celebrato il suo funerale.

Ucciso da un tumore al cervello che gli era stato diagnosticato agli inizi di gennaio e contro il quale i medici avevano provato a combattere – asportando il 40% della massa cancerogena – ma senza ottenere i risultati sperati.

Prima di morire però Jack ha avuto una serie di incontri e di sorprese che hanno sicuramente allietato i suoi ultimi giorni, esaudendo anche alcune richieste che il piccolo aveva fatto nella sua “lista dei desideri”. Il cantante dei Take That Gary Barlow gli ha infatti fatto visita al Southampton General Hospital, l’ospedale in cui veniva curato.

E l’attore britannico Matt Smith, celebre per aver interpretato l’Undicesimo Dottore nella serie televisiva di fantascienza “Doctor Who”, gli ha inviato un video personale dagli Stati Uniti, in cui ha cantato la colonna sonora del programma.

Ma il gesto più dolce e commovente che possa essere stato compiuto per il piccolo e sfortunato Jack è stato quello che hanno messo in atto i suoi genitori, Terence e Marie Robinson. Spinti dalla volontà di celebrare le passioni di loro figlio, i due coniugi hanno deciso di mettere in scena un funerale speciale, con costumi e personaggi ispirati alla saga di “Star Wars”, di cui Jack era un grandissimo fan e appassionato.

Una bara di Star Wars portata sopra una carrozza bianca che recava le scritte “Jedi” e “Jack” fatte di fiori blu e bianchi, trainata da cavalli bianchi e con al seguito una schiera di assalitori.

E papà Terence ha voluto anche registrare per il proprio figlioletto la famosa canzone di Ellie Goulding intitolata “How Long Will I Love You”, la cui melodia cantata dal signor Robinson è stata diffusa per tutta la chiesa durante il funerale. “Perché questi sono il mio messaggio e le mie parole per Jack”, ci ha tenuto a sottolineare Terence.

In tutto questo è consistito l’ultimo regalo che la famiglia – oltre ai genitori Jack aveva anche tre sorelle maggiori e un fratello gemello, Liam – ha voluto fare al piccolo campione. Peccato che lui non lo potrà mai sapere.

Scomparse le vetrine di New York in soli dieci anni

credits: The Guardian

A dieci anni dall’uscita del loro libro Store Front: The Disappearing Face of New York (Vetrine: il volto sparente di New York), i fotografi James e Karla Murray sono tornati nuovamente a fotografare gli stessi luoghi immortalati allora, con un risultato sconcertante: tutti gli esercizi commerciali a conduzione familiare che avevano preso a soggetto tra il 2001 e il 2007 hanno chiuso, lasciando il posto a catene di negozi, banche e condomini di lusso.

Un lavoro fotografico che ha il chiaro intento di mostrare come le leggi di mercato esercitino inesorabilmente il proprio potere generando, più che cambiamenti, delle vere e proprie perdite, soprattuto per quanto riguarda il senso comunitario che un tempo caratterizzava i quartieri della Grande Mela. Il progetto “prima e dopo” di James e Karla Murray, perciò, testimonia non solo l’effettiva perdita delle vetrine di New York, ma denuncia anche l’impressione di manchevolezza che suscita ciò che si sostituisce loro: mettendo le immagini a confronto, è impossibile non avvertire il senso di privazione che le pervade.

Una privazione già cominciata all’epoca del primo shooting, quando i due fotografi si accorsero che i negozi a rischio facevano parte di palazzine che non erano proprietà dei gestori: i negozianti, insomma, erano alla mercé dei proprietari dei locali all’interno dei quali portavano avanti la loro attività. Spesso, gli spazi giudicati troppo piccoli o inadatti a ospitare negozi afferenti a catene sono rimasti inutilizzati per anni. Fortunatamente, però, in alcune circostanze a vecchi negozietti se ne sono sostituiti di nuovi – sebbene si tratti, purtroppo, di casi isolati.

Il rincaro dei fitti, difatti, impedisce ai negozianti restare: gli unici a potersi permettere affitti tanto costosi (fino a 30.000 $) sono, appunto, le grandi catene commerciali, le banche e le imprese edili. Il lavoro fotografico di James e Karla Murray spezza, così, una lancia a favore dei piccoli commercianti, ricordando a chi ne prende visione quanto sia vitale acquistare in piccoli negozi indipendenti se non si vuole che il volto di New York scompaia definitivamente.