sabato, 4 Maggio 2024

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Giovani italiani: disoccupati e battuti dagli anziani sprint

credits photo: interris.it

Cosa significa essere giovani in Italia nel 2016? Lo scenario messo in luce dai dati raccolti dall’Istat non è per niente roseo. Essere ventenni nella nostra epoca poteva significare essere persone sempre connesse, pronte a raccogliere opportunità, ma la realtà è un’altra.

Poche opportunità da cogliere e giovani trincerati in casa a gravare, loro malgrado, sulle spalle dei genitori. La continua ricerca di un lavoro che difficilmente arriva, anche se si ha un alto livello di istruzione, e la speranza indissolubilmente legata alla posizione di mamma e papà. “L’Italia sta finalmente uscendo da una recessione lunga e profonda senza termini di paragone nella storia di cui l’Istat è stato testimone in questi 90 anni”, afferma Giorgio Alleva, Presidente dell’Istat. Eppure i dati, che dipingono un quadro rappresentativo del nostro Paese dal dopoguerra ai giorni nostri, sono ben pochi.

A lavorare sono gli adulti, che rimangono in attività fino a circa 60 anni. I trentenni, invece, sono chiusi a casa. Le conseguenze sono ovvie. Le difficoltà economiche si traducono nell’impossibilità di vivere da soli e di crearsi una famiglia. Avere un figlio non è più una cosa spontanea e naturale, non è più un sogno ma diventa quasi un’utopia e il modello di famiglia tradizionale non è più quello dominante. A farsi spazio è invece la voglia di emigrare, di cercare fortuna altrove. Sempre di meno è, invece, la voglia di partecipare attivamente alla vita politica.

L’Italia, insomma, sembra non essere un paese per giovani. Contemporaneamente, però, c’è un’altra categoria che avanza: quella degli anziani sprint, che superano il numero di giovani (161,1 anziani ogni 100 ragazzi minori di 15 anni). Le nuove generazioni di anziani sono diverse da quelle passate: alti livelli di istruzione, vita sociale e culturale attiva, stili di vita e aspettative di vita migliori.

Si tratta di un quadro non roseo che però non deve demoralizzare in modo esagerato. Se il lavoro è poco, è pur vero che gli under 34 stanno dimostrando di saperci fare. Le microimprese guidate da giovani imprenditori, infatti, sono quelle che offrono il maggior numero di posti di lavoro se paragonate alle imprese guidate da imprenditori anziani.

Relazioni: ecco perché sono importanti per il nostro benessere

Credit: web

Siamo circondati da amici. O almeno è quello che crediamo fino a quando non abbiamo veramente bisogno di qualcuno in gradi di ascoltarci o darci consigli.

Per celebrare la Settimana Internazionale della Salute Mentale, è stata portata avanti una ricerca dal gruppo statunitense Mental Health. Lo studio prende in considerazione circa 2.000 adulti, i quali dovevano rispondere alla domanda riguardo l’importanza dell’amicizia – o comunque delle relazioni interpersonali – per il loro benessere psichico. La maggior parte degli intervistati ha dato una risposta positiva, ma in realtà il 46% ha ammesso di trascurare le relazioni sociali. Solo l’11% ha ammesso di ritagliare quotidianamente del tempo da trascorrere con i propri cari e amici.

In risposta a questo sondaggio, il gruppo Mental Health ha pubblicato i risultati aggiungendo una nota degna di essere letta: “La famiglia e gli amici sono importantissimi per il recupero dopo una malattia mentale. Anche una badante o semplicemente qualcuno con il quale chiacchierare, può fare la differenza e lo stesso vale per i gruppi di sostegno che sono di vitale importanza.” Questo ce lo può dimostrare, ad esempio, Luke Tyburski, un ragazzo inglese di 33 anni che è riuscito a sconfiggere la depressione aprendosi al dialogo con i suoi familiari e amici, in particolar modo con Darrell. “Darrell è stata la mia forza. Con lui ridevo, scherzavo, mi sentivo al sicuro ed è grazie a lui che ho sconfitto la depressione. Non stava con me 24h su 24, ma sapevo che, nel momento in cui avevo bisogno di lui, Darrell c’era.

La consulente psichiatrica Natasha Bijlani ci spiega che le amicizie sono fondamentali, purché siano vere. Capita a tutti infatti di essere sfruttati o manipolati da quelli che noi consideriamo amici, ma queste relazioni sono ‘tossiche’per il nostro organismo e, molto spesso, posso sfociare nel bullismo.

Anche un semplice saluto con il vicino la mattina può cambiarci l’intero corso della giornata. Insomma, impariamo a preoccuparci di più dell’altro e a trascorrere più tempo con i nostri cari e amici. Inoltre, diciamo sì alle amicizie vere in grado di salvarci la vita.

5 cose che fa la sposa isterica

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Film, telefilm, libri e giornali ci hanno insegnato una grande verità: ogni donna, una volta fidanzata, finisce con il diventare isterica durante l’organizzazione del matrimonio.
Manie, acidità, pretese, insulti: la futura sposa non si fa mancare davvero nulla. Il suo obiettivo? La riuscita perfetta del grande giorno. Ma siamo sicure che i suoi desideri riguardino solo l’organizzazione? Assolutamente no: il giorno del ‘Si’ deve essere perfetto, ma deve anche diventare memorabile. Tradotto: deve essere l’oggetto dei pettegolezzi della gente per almeno un mese. Insomma: la sposa vuole assolutamente che si parli tanto del suo matrimonio come dell‘evento dell’anno.
Ma quali sono le caratteristiche tipiche di una sposa isterica?

Va a 100 all’ora

Non si capisce cosa le passi per la testa, ma siamo sicuri del fatto che ciò accada a una velocità esagerata. La futura sposa è un treno in corsa: consulta tutti i magazine, i blog, i catering, gli atelier. Per un comune mortale starci dietro è praticamente impossibile. Un consiglio: abbandonatela.

Parola d’ordine: pretesa

Prendi questo, fai questo, potresti interessarti per fare quest’altro? Accompagnami in centro, potresti ritirare quei campioni? Che ne dici di passare tu al negozio di confetti?’
Queste sono solo alcune delle richieste che una futura sposa è in grado di avanzare; nei mesi che precedono il matrimonio pare che tutti debbano stare continuamente sugli attenti e che si debba essere disponibili a svolgere commissioni e scarrozzarla in ogni dove. Ma si tratta del Royal Wedding e non siamo stati informati?

Seconda parola d’ordine: imposizione

La sposa isterica è capace di obbligarti a indossare un determinato colore, un determinato modello di abito e un preciso paio di scarpe per non stonare con i tovagliati. Impone persino l’abito allo sposo, perché non si fida del suo gusto e non vuole assolutamente che si parli male dello stile della cerimonia.
Una sposa fuori di testa pretende che le damigelle indossino un certo tipo di vestito, rigorosamente castigato per non essere messa mai in ombra.

Rende il marito una comparsa

Certe volte un futuro marito viene quasi obbligato a chiederla in moglie; poco importa il suo parere: a lei non interessano i suoi reali desideri, ma solo i propri. E sono proprio questi ultimi a fare stato.
La sposa isterica circuisce il compagno, inducendolo inevitabilmente a chiederle di sposarlo. Usa l’arma segreta del ricatto morale: si tratta di una sorta di Ciro Di Marzio del settore wedding. Il ruolo del marito è quello di figurante; lo sposo moderno è un mimo, uno stuntman, una comparsa come quelle di Un posto al sole: la sposa pretende unicamente che reciti la sua parte e che sorrida al lancio del riso.

Servizi segreti

La sposa isterica non vuole rivelare nulla della organizzazione del suo matrimonio. Le chiedi come sia il vestito e ti osserva come una guardia del Vaticano guarderebbe chi gli fa una domanda su Vatileaks. Le chiedi il colore dei tovagliati e sembra che tu stia chiedendo di spoilerare il finale di ‘Game of thrones‘. Quello che non avete capito, care spose isteriche, è che se vi facciamo qualche domanda è solo per fare conversazione, chi caxxo se ne frega del vostro matrimonio?

Arriva Pilot, l’auricolare di traduzione simultanea

Credits: focustech.it

Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo provato il desiderio di poter comunicare in tante lingue differenti, per varie ragioni: parlare con la persona straniera che ci piaceva, viaggiare senza aver problemi di comprensione e poter guardare film ed ascoltare canzoni capendo subito il significato. La soluzione sarebbe quella di mettersi ad imparare altre lingue – operazione difficile, ma utile e gratificante – o avere sempre con sé un traduttore simultaneo.

Quest’ultima opzione sembra un vero e proprio sogno, ma in realtà da oggi – o meglio dal prossimo anno – si potrà sognare ad occhi aperti. A partire dal 2017, infatti, sarà in vendita Pilot, un auricolare in grado di tradurre ciò che una persona ascolta nella sua lingua in maniera simultanea.

A lanciare la campagna crowdfunding per produrre questa bellissima novità è la Waverly Labs, dopo due anni di progettazione. Il nuovo prodotto, molto utile per superare le barriere linguistiche, sarà in vendita al costo di 299 dollari.

Le sue caratteristiche sono semplicissime. L’auricolare è molto piccolo – sembra invisibile all’interno dell’orecchio – ed è wireless ed ergonomico. La confezione, inoltre, contiene due paia di cuffie, una per ogni partecipante che potrà ascoltare il messaggio dell’altro nella propria lingua – che, almeno per ora, è una tra quelle europee e che potrà essere scelta grazie ad un’applicazione da installare sullo smartphone. Gli auricolari, però, usati singolarmente possono servire semplicemente come cuffie bluethoot.