lunedì, 22 Dicembre 2025

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Il matrimonio è ormai fuori moda?

Il matrimonio è ormai fuori moda?
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“…prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.” Al sentire queste parole di solito le reazioni naturali degli ospiti ad un matrimonio sono due: c’è chi si commuove e sogna il giorno in cui anche lui/lei pronuncerà quella frase, e c’è chi alza gli occhi al cielo aspettando impaziente il momento del rinfresco.

Il matrimonio oggi è diventato fonte di dibattiti costanti tra chi è pro e chi non ne vede la necessità forse perché considerato solo uno speco di denaro da poter investire in altro.

Secondo i dati Istat, nel 2014 sono stati celebrati circa 4.300 matrimoni in meno rispetto al 2013 e sono aumentati i divorzi delle coppie più recenti, che hanno all’attivo circa 10 anni di matrimonio. Le unioni di fatto sono più che raddoppiate dal 2008, superando il milione nel biennio 2013-2014.

La domanda fondamentale quindi è una: perché sposarsi quando è possibile convivere?

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Questo è diventato il dilemma del nostro secolo. Coppie giovani e meno giovani ad un certo punto della loro relazione se lo chiedono sempre, e nella maggior parte dei casi non si riesce facilmente a trovare una risposta che vada bene ad entrambi logorando sempre più l’amore che li lega.

Si parla di “paura dei legami eterni” a vantaggio di legami precari e negoziabili. Di solito non è un rifiuto totale del matrimonio ma una sfiducia nel vincolo stesso. Sfiducia causata sicuramente dalla crisi che si è vissuta negli ultimi anni, non solo economica ma anche dei valori, portata avanti e amplificata dai media che speculano sui fallimenti e sulle sofferenze della vita coniugale.

Il  matrimonio è ormai fuori moda?
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Il matrimonio, senza alcuna distinzione tra religioso o civile, è da molti inteso come una fine, il raggiungimento di uno scopo. Non esiste cosa più errata. Il matrimonio è l’inizio, la scintilla di un fuoco che, se saputo gestire, arderà per anni. È un atto di coraggio senza precedenti perché è la fusione, di due persone che per il resto della loro vita si accompagneranno nei momenti di gioia e in quelli di dolore.

Questo vincolo potrebbe essere paragonato alle montagne russe, fatto di alti e bassi imprevedibili; ma con una persona accanto di cui ci fidiamo e che ci fa stare bene è tutto più facile da superare. Parlate con i vostri nonni, con i vostri genitori, loro fanno parte di quell’epoca in cui le cose rotte si aggiustavano, l’epoca in cui non bastava un litigio e sei mesi per porre fine ad un rapporto.

Il coraggio e il dialogo sono il punto di partenza per capire se la persona accanto a voi potrà essere l’uomo o la donna della vostra vita; per tutta la vita. Non abbiate paura, osate, create quelle belle famiglie che si vedevano una volta, e anche se è vero che i tempi purtroppo sono cambiati non per questo bisogna essere meno coraggiosi.

Volendo parlare anche del “vil denaro”, che al giorno d’oggi sembra non bastare mai voglio farvi una domanda: sapreste rinunciare a qualcosa per vivere una vita insieme alla persona che amate? Se la risposta è si allora state tranquilli, con il lavoro sodo e con i sacrifici, che sono sempre parte della vita in due, vedrete la luce in fondo al tunnel. E poi sappiate che un matrimonio può essere organizzato anche low budget.

Voi siete pro o contro il matrimonio? Ad ognuno il suo. Sappiate però che se siete pro per il 90% dei casi è colpa sua:

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Elogio alla lentezza dei bambini

Fonte: papercliq.com.br

Ci siamo mai chiesti cosa possano mai pensare i bambini di noi adulti? Perché mentre loro si fermano per giocare, ridere, scherzare; mentre chiedono alla vita di aspettarli, noi quella vita la stiamo rincorrendo. Esatto, è quello che facciamo, corriamo dietro a quei momenti passati e a quelle giornata perse, cerchiamo di tenerci stretti alle lancette degli orologi di una vita che va troppo veloce. Noi ci svegliamo e siamo già di corsa, abbiamo smesso di innamorarci della meravigliosa bellezza degli istanti. La vita no, non scorre troppo velocemente, se glielo chiedi ti aspetta. Qualcuno, in qualche tempo, ci ha insegnato ad apprezzare l’eleganza della lentezza. Lo sapevamo fare bene da bambini. E per non sprecare quest’ultima voglia di accarezzare quello che ci sta intorno, sediamoci e guardiamo la vita diritta negli occhi.

Quante volte ci hanno visto correre i bambini? Ecco, quante volte corriamo solo in casa, la mattina magari, davanti ai nostri bambini? E mentre loro nella beata innocenza e mancanza di paura si perdono negli attimi vissuti, noi corriamo. Ma chi l’ha detto che non possano insegnarci a fare il contrario? A fermarci, per esempio. Chi l’ha detto che la mattina non possiamo anticipare la sveglia e giocare con loro prima di portarli a scuola? O che dopo una giornata di lavoro non possiamo potarli al parco? O che dopo tutto quello che richiamo perdere in questo Mondo, non possiamo, anche solo per un’ora al giorno, aspettare?

I bambini fanno colazione con calma, si vestono senza inciampare tra i vestiti della notte prima lasciati per terra, giocano, poi fanno i compiti. Non hanno sempre l’orologio al polso o, se ce l’hanno, non sanno quasi mai leggerlo. La sera dovrebbero addormentarsi presto ma non se ne parla proprio, è quello il momento della massima iperattività. Fanno i salti di gioia e le capriole in aria prima di infilarsi sotto le coperte e quegli occhietti non si incrociano mai con i ticchettii delle lancette. Eppure quante i bambini si sono sentiti dire che di tempo non c’è n’è mai abbastanza, che il tempo scorre, che devono fare in fretta. Cosa succederebbe se fossimo noi adulti a sbagliare? Perché noi siamo gli stessi che parliamo così velocemente da non far capire quello che diciamo, che non ripetiamo quello che abbiamo detto, che aspettiamo con ansia che nostro figlio impari a parlare, a camminare, a studiare, che si prenda il diploma, poi la laurea, poi che si faccia una famiglia. E se fossimo noi a sbagliare?

Conduciamo una vita cosi accelerata che trasmettiamo la nostra ansia di mettere un piede davanti l’altro molto rapidamente anche sui bambini che ci sono intorno. Quanti sono i bambini che a 9 anni fanno sport, magari più di uno, corsi intensivi di lingua straniera; che il pomeriggio vanno al Conservatorio perché saper suonare uno strumento è importantissimo e davvero, a volte, sembra essere la cosa più bella del Mondo? Siamo sicuri di stare permettendo ai nostri bambini di crescere senza bruciare le tappe? Quando li vediamo giocare con le bambole o con le macchinine lasciamoglielo fare, non è quello il momento per studiare insieme “la guida su come si diventa grandi”.

Chi lo dice che i bambini non abbiamo il diritto di puntarci il dito contro e di ordinarci di fermarci, così, per respirare ancora quell’aria pura di felicità? Ecco, questa felicità non la possiamo vedere di sfuggita tra una corsa e un’altra. La felicità è una cosa seria, è una cosa che fa battere il cuore veloce, sì, ma solo il cuore. Per essere felici, a volte, dobbiamo solo saper chiedere alla vita di aspettarci per un po’. Beati quelli che sanno tenersi stretto il diritto alla lentezza.

Italia: pessimi risultati sulla libertà di stampa

credits photo: lastampa.it

Un’altra brutta notizia per l’Italia: perde quattro posizioni nella classifica di Reporters sans Frontieres (organizzazione francese), sulla libertà di stampa nel 2016, scendendo dal 73esimo posto del 2015 al 77esimo. La classifica è stata stilata su un totale di 180 Paesi, e, il motivo principale che avrebbe influito sul peggioramento, sarebbe che dai 30 ai 50 giornalisti sarebbero sotto protezione della polizia per minacce di morte o intimidazioni. Sono stati 
presi in considerazione anche i procedimenti giudiziari per i giornalisti che hanno scritto sullo scandalo Vatileaks
In poche parole, i giornalisti in maggiore difficoltà in Italia sarebbero quelli che si occupano di inchieste su corruzione e crimine organizzato. L’Europa è il continente in cui i media sono più liberi.

Da quando Rsf (Reporter senza frontiere) nel 2002, ha cominciato, a elaborare la sua classifica mondiale, l’Africa ha per la prima volta mostrato una situazione migliore di quella dell’America. Infatti, si colloca dietro l’Europa superando l’America, colpita dalla violenza crescente contro i giornalisti in America latina, mentre l’Asia continua ad essere il continente peggio valutato. Invece, il Nord dell’Africa e il Medio Oriente sono le zone del mondo in cui i giornalisti sono sottoposti a difficoltà di ogni tipo per esercitare il proprio lavoro.

Dei 180 Paesi in classifica, la Finlandia continua ad essere quello con le migliori condizioni di lavoro per i giornalisti, in cima alla classifica dal 2010; al secondo posto l’Olanda, che guadagna due posti, e al terzo la Norvegia, che ha perso la seconda posizione.

In base alla classifica dell’organizzazione, la Turchia, ha perso due posizioni rispetto al 2015, si trova quindi al 151esimo perché considerata un Paese in cui è molto difficile fare informazione. Secondo RSF, ciò è dovuto alla difficile situazione politica e civile che sta vivendo il Paese. Una situazione che potrebbe addirittura peggiorare nel caso in cui non vengano prese controminsure adeguate.

Qui la classifica ufficiale.

Perché i tatuaggi rimangono per sempre?

Credit: tatuaggi.zonster.com

Il tatuaggio, come ben sappiamo, è davvero per sempre, più delle storie d’amore, più dei diamanti. A meno che non si ricorra al laser o alla dermoabrasione, infatti, l’inchiostro sottopelle non se ne andrà in nessun modo.
Ma qual è il processo che porta alla permanenza delle meravigliose opere su pelle?
Il merito è del nostro sistema immunitario: il processo che permette di proteggerci dalle infezioni è lo stesso che lascia permanere l’inchiostro per sempre, così spiega l’articolo uscito sull’Independent.

Il corpo reagisce alla micropunture sparate dalla macchinetta nel derma – lo strato di pelle più profondo – registrandole come tante piccole ferite e facendo reagire il sistema di riparazione delle cellule interessate. È grazie a questo processo di cura e riparazione che il corpo mantiene l’agente esterno – l’inchiostro – e lo rende suo.

I macrofagi, che hanno come compito quello di inglobare le particelle estranee nel citoplasma, raggiungono la ferita con lo scopo d’inglobare l’inchiostro rilasciato ed eliminarlo. Lo stesso vale per i fibroblasti, presenti nel tessuto connettivale.
Il tentativo, come vediamo dal risultato, è vano e quindi l’inchiostro è destinato a rimanere esattamente lì dove depositato.
Per di più, i fibroblasti che decdono vengono inglobati a loro volta, rinforzando il processo di mantenimento.

Sbagliamo, però, se pensiamo che il processo termini qui. Infatti, la lotta contro l’inchiostro invasore durerà tutta la vita, perché il nostro sistema che ci difende dagli agenti esterni continuerà nel tentativo di eliminarlo.
Solo il sole risulterà l’unico alleato nella lotta contro l’inchiostro, perché tende a sbiadire il colore, che però rimarrà lì, anche se più chiaro.