venerdì, 5 Dicembre 2025

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Trump e l’autismo: mette in discussione vaccino epatite B e paracetamolo ma non esistono correlazioni


Trump e l’autismo: eravate all’oscuro del fatto che il presidente USA fosse un esperto medico/scienziato? Anche io.
Ci svegliamo in queste ore con una notizia che non dovrebbe sorprenderci troppo: Trump afferma che il vaccino dell’epatite B, e udite udite, il paracetamolo causano l’autismo.

Spoiler: no.


Trump e l’autismo: mette in discussione vaccino epatite B e paracetamolo

Donald Trump ha sollevato forti polemiche con dichiarazioni che mettono in guardia le donne incinte dall’uso del paracetamolo e che suggeriscono di rimandare la vaccinazione contro l’epatite B nei neonati, affermando che questi interventi sarebbero collegati a un rischio aumentato di autismo nei bambini.
Secondo quanto riportato da ANSA e da altre fonti, Trump ha dichiarato che le donne incinte non dovrebbero assumere paracetamolo, e che non c’è motivo per somministrare il vaccino contro l’epatite B ai bambini subito dopo la nascita. Secondo il non specialista Trump è meglio rimandarlo a quando il bambino avrà circa 12 anni.

Durante la conferenza stampa alla Casa Bianca, inoltre, il segretario alla Salute USA Robert F. Kennedy Jr. ha raccomandato l’uso dell’acido folinico come terapia per l’autismo, citando studi che coinvolgerebbero “oltre 40 pazienti”.

E questo fa già ridere così.


Cosa dicono davvero gli studi scientifici su autismo, vaccini e paracetamolo?


L’idea che i vaccini possano causare autismo è stata messa in giro da molti anni, ma l’ampia letteratura scientifica finora non ha trovato prove convincenti di un legame causale.
Uno dei casi più noti è lo studio pubblicato nel 1998 da Andrew Wakefield che suggeriva un collegamento tra vaccino MMR (morbillo-parotite-rosolia) e autismo, ma che è stato ritirato dopo che sono emersi gravi difetti metodologici e falsificazioni.
Studi successivi molto più ampi, in cohort di popolazione, hanno confrontato bambini vaccinati e non vaccinati, oppure fratelli, e non hanno riscontrato differenze significative nel rischio di autismo connesso alla vaccinazione.


Il CDC (Centers for Disease Control and Prevention) sottolinea chiaramente che “gli studi hanno mostrato che non c’è legame tra ricevere i vaccini e sviluppare autismo” e che “nessun componente dei vaccini è stato dimostrato causare ASD (Autism Spectrum Disorder)”.


Paracetamolo in gravidanza e rischio di autismo

Ci sono alcune ricerche che hanno esplorato possibili associazioni tra uso di paracetamolo durante la gravidanza e sviluppo neurologico nei bambini.

Ma queste ricerche presentano limitazioni concrete: sono per lo più studi osservazionali, che non possono stabilire causalità, e spesso affrontano il problema di fattori confondenti che potrebbero spiegare l’associazione.


Un grande studio svedese, ad esempio, che include milioni di nascite, non ha trovato un legame causale chiaro tra esposizione prenatale a paracetamolo e autismo o ADHD quando si controllano fattori genetici e familiari.


Quindi come al solito siamo di fronte ad un enorme panzana che contraddice il consenso attuale della comunità scientifica. Nessun ente regolatorio serio, fino ad oggi, ha modificato le linee guida sulla vaccinazione neonatale contro l’epatite B, né ha decretato che il paracetamolo sia da evitare in gravidanza salvo casi specifici.


Ma vallo a spiegare ai complottisti.

Come la religione sta rovinando il mondo: da Charlie Kirk a Gaza

Avrete visto lo show che si è tenuto ieri in America per i funerali di Charlie Kirk e questo pezzo parte proprio da qui. Sì lo so che il titolo è provocatorio, ma sarete d’accordo con me che credenze e testi sacri vengono spesso strumentalizzati da movimenti politici, estremisti e attori statali per giustificare violenza, esclusione e politiche aggressive.

È sotto gli occhi di tutti.

Charlie Kirk e il ritorno alla Bibbia

La morte di Charlie Kirk, fondatore di Turning Point USA e figura-chiave del conservatorismo giovanile americano, è stata rapidamente trasformata in simbolo e strumento politico, con leader che hanno parlato di «martirio» e di una guerra culturale con connotati religiosi.

In sostanza di cosa parlava Kirk nelle sue campagne? No aborto, ovviamente, no diritti dei gay e dei trans, xenofobia, sì alle armi (chissenefrega di chi ci muore sotto, “è un prezzo da pagare” parole di Kirk non mie), razzismo e ciliegina sulla torta: le donne dovrebbero fare le donne, figli e marito, no lavoro, meno diritti possibili.

Kirk sostenevaanche che la religione debba avere un ruolo attivo nella vita pubblica.

Negli USA è cresciuto negli ultimi anni un movimento di “Christian nationalism” la cui narrativa sostiene che la nazione debba essere esplicitamente cristiana e che la politica sia parte di una battaglia spirituale. Sondaggi e studi (PRRI, Pew, Brookings) mostrano che una quota significativa della popolazione simpatizza con idee che mescolano patriottismo, religione e autoritarismo, e che queste idee sono correlate a posizioni più ostili verso pluralismo e minoranze.

L’America sta tornando al Medioevo?

Dalla Bibbia alla terra: religione e politica nel conflitto israelo-palestinese

Nel cuore del Medio Oriente, la linea che separa fede e politica si è fatta sempre più sottile. Per molti coloni religiosi che vivono in Cisgiordania, la Bibbia non è solo un libro sacro, ma una sorta di mappa che indica quali terre appartengano al “popolo eletto”. A partire da quei versetti, intere comunità giustificano insediamenti ed espropri, dando vita a tensioni quotidiane che spesso sfociano in scontri violenti.

Dall’altro lato, gruppi come Hamas attingono a testi e interpretazioni religiose per trasformare la resistenza in un dovere sacro. La lotta diventa così non soltanto politica, ma spirituale: un sacrificio legittimato dalla fede. Il risultato è che i testi sacri, nati per dare senso e speranza, finiscono trasformati in armi retoriche capaci di alimentare conflitti e divisioni.

La guerra di Gaza lo dimostra con chiarezza. Le rivendicazioni nazionali e religiose si intrecciano con la logica militare e con la sicurezza di Stato. Mentre l’ONU lancia accuse pesanti, fino a evocare crimini contro l’umanità, la narrazione religiosa contribuisce a irrigidire le posizioni. Invece di aprire al dialogo, diventa un terreno fertile per la radicalizzazione e l’odio reciproco.

Perché la religione può aggravare i conflitti

Gli studiosi lo ripetono da anni: non è la religione in sé a generare violenza, ma il suo uso politico. Secondo ricerche come quelle di Mark Juergensmeyer e i dati raccolti dal Pew Research Center, i conflitti scoppiano quando la fede si mescola con identità etniche, disuguaglianze sociali e governi che legittimano esclusioni. Al contrario, la maggior parte delle persone religiose vive la propria fede in modo pacifico, e in molte tradizioni esistono insegnamenti che promuovono compassione, giustizia e convivenza.

Il problema, quindi, non è credere in Dio, ma come alcuni leader strumentalizzano Dio per rafforzare il proprio potere, mobilitare masse e giustificare violenza.

Fondamentalismi: oltre la teologia

Dietro al fondamentalismo non c’è soltanto un’interpretazione rigida delle Scritture. C’è povertà, frustrazione sociale, perdita di fiducia nelle istituzioni, propaganda identitaria e giochi geopolitici. Tutto questo rende la religione un carburante per i conflitti.

Negli Stati Uniti, ad esempio, la miscela di nazionalismo religioso, disinformazione e mobilitazione identitaria ha creato un clima in cui la violenza politica sembra più vicina e accettabile. In Medio Oriente, l’occupazione e lo sfollamento forniscono il contesto materiale in cui argomenti religiosi diventano la miccia perfetta per nuove escalation.

Purtroppo finché ci saranno persone che nel 2025 pensano ancora di poter vivere secondo la Bibbia (o le parti che fanno più comodo) continueremo ad assistere a queste situazioni.

Terremoto in Kamchatka: allerta Tsunami in Giappone, Russia, California e Hawaii

Il 30 luglio 2025, la penisola di Kamchatka, in Russia, è stata colpita da un potente terremoto di magnitudo 8.8, uno dei più forti mai registrati nella zona. Questo evento sismico ha generato un allerta tsunami che ha fatto tremare le coste del Pacifico, dall’Alaska fino al Giappone e alle Hawaii. Vediamo cosa è successo e quali sono le conseguenze di questo drammatico evento.

Terremoto in Kamchatka: magnitudo 8.8

Il sisma ha avuto luogo alle 8:24 ora locale, a circa 119 chilometri da Petropavlovsk-Kamchatsky, una città costiera con circa 165.000 abitanti. L’epicentro è stato localizzato a una profondità di 20,7 chilometri, il che ha contribuito a generare onde di tsunami alte fino a quattro metri. Le immagini che circolano sui social mostrano la devastazione in alcune zone, con inondazioni che hanno colpito la città di Severo-Kurilsk.

Il governatore della Kamchatka, Vladimir Solodov, ha subito lanciato un appello alla popolazione per evacuare le zone costiere e mettersi in sicurezza. Ha descritto il terremoto come il più violento degli ultimi decenni, suscitando preoccupazioni non solo in Russia, ma anche nei paesi vicini.

La sirena allarme Tsunami suona in Giappone

Subito dopo il terremoto, le autorità meteorologiche giapponesi hanno lanciato un allerta tsunami, invitando circa 900.000 persone a lasciare le zone costiere e a rifugiarsi in aree elevate. Le immagini delle evacuazioni sull’isola di Hokkaido sono state drammatiche, con le persone che fuggivano verso l’interno per mettersi al sicuro.

Onde alte fino a 1,30 metri hanno colpito un porto nella prefettura di Miyagi, nel Giappone settentrionale, ha reso noto l’Agenzia meteorologica giapponese (JMA).

Negli Stati Uniti, il sistema di allerta tsunami ha emesso avvisi per le coste dell’Alaska, della California e delle Hawaii, segnalando che le onde potrebbero colpire in qualsiasi momento. Anche le isole Galapagos sono state messe in stato di allerta, con evacuazioni ordinate per le spiagge e le aree a rischio. Il Centro di allerta tsunami del Pacifico ha reso noto che l’onda più alta registrata finora alle Hawaii era di 1,21 metri ed ha colpito la costa della città di Haleiwa, nella contea di Honolulu. Secondo il centro, c’è un intervallo di 12 minuti tra un’onda e l’altra, riporta la Bbc.

Le conseguenze di questo terremoto non si limitano solo a danni immediati. La Japan Meteorological Agency ha avvertito che il rischio di tsunami potrebbe durare oltre 24 ore, creando un clima di ansia e preoccupazione tra la popolazione. Anche se per ora non sono state segnalate vittime, ci sono stati numerosi feriti e danni alle infrastrutture.

La centrale nucleare di Fukushima, già colpita da un terremoto nel 2011, è stata evacuata come misura di precauzione. Le autorità giapponesi hanno esortato i cittadini a rimanere vigili e a seguire le indicazioni per la sicurezza.

Tassa UE sigarette: pressione fiscale europea e nuovo giro di accise sul tabacco

Tassa UE sigarette: I fumatori stamattina si svegliano con una brutta notizia

Bruxelles sta preparando una “stangata” fiscale senza precedenti: un aumento delle accise su sigarette, tabacchi da arrotolare, sigari e prodotti alternativi come e‑cig e tabacco riscaldato.

Le simulazioni interne prevedono rincari shock: +139% per le sigarette tradizionali, +258% per il tabacco da rollare, e addirittura un +1.090% per sigari e sigarilli.

Anche le sigarette elettroniche e il tabacco riscaldato non sono esclusi: l’accisa salirebbe fino a 0,36 € al millilitro per le e‑cig e circa 108 € per 1.000 unità nel caso del tabacco heat‑not‑burn. L’obiettivo dichiarato dalla Commissione è quello di raccogliere circa 15 miliardi di euro all’anno, destinati al bilancio Ue 2028–2035, riducendo così la dipendenza dai contributi diretti degli Stati membri.

Tassa UE sigarette: impatto sui consumatori e possibili effetti collaterali

Per i consumatori europei le conseguenze potrebbero essere pesanti: un pacchetto da 5 € potrebbe salire fino a 6 € o più, equivalente a un incremento del 20% o superiore sul prezzo finale. In Italia, si stima un rincaro di circa +1 € a pacchetto, con un impatto sull’inflazione stimato attorno a mezzo punto percentuale.

Tra gli effetti indiretti, cresce il timore di una crescita del mercato nero e del contrabbando: esperienze passate, come in Francia, mostrano infatti che aumenti improvvisi degli oneri fiscali possono alimentare canali paralleli. Un funzionario Ue ha avvertito: “Il rischio è che si perda più gettito di quello che si incassa”.

Scontro politico e ostacoli all’unanimità

La proposta, che verrà presentata ufficialmente il 16 luglio 2025 dal Collegio dei Commissari, dovrà ottenere l’unanimità dei 27 Paesi Ue per diventare effettiva.

Tuttavia, vari stati si stanno già schierando contro: Italia, Svezia, Grecia, Romania e Bulgaria temono un pericoloso precedente in termini di sovranità fiscale. Lamentano che parte del gettito verrebbe sottratto ai bilanci nazionali.

La Svezia, in particolare, definisce la proposta “completamente inaccettabile”, sostenendo che le accise devono rimanere negli Stati membri. Francia e Germania, invece, guidano il fronte favorevole, sostenendo che la misura non solo finanzia le casse Ue, ma serve anche a ridurre il consumo di prodotti nocivi. Il confronto si preannuncia accesso e la strada verso l’approvazione lunga e tortuosa.