giovedì, 18 Dicembre 2025

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La scienza ci giustifica continuamente

Credits: www.liberidileggere.com

Diffidate dalle persone che non arrossiscono”, “I ritardatari sono efficienti e ottimisti”, “Bisogna essere intelligenti per essere pigri“. L’incipit di questi studi sull’argomento parano chiaro: la scienza ha iniziato a trovare spiegazioni empiriche che giustifichino comportamenti universalmente riconosciuti come “sbagliati”.

Quindi provare imbarazzo e preoccuparsi, secondo i ricercatori del Journal of Personality and Social Psychologist, sarebbe un segno di affidabilità e di interesse per chi si ha intorno, un segno di non egoismo. Essere costantemente in ritardo, invece, non comunicherebbe al mondo la nostra scarsa affidabilità, secondo il professor Salvatore Di Salvo, psichiatra e presidente dell’Associazione per la ricerca sulla depressione di Torino, ma al contrario rivelerebbe ottimismo ed efficienza grazie alla calma e alla pacatezza che avrebbero tali individui. Anche la pigrizia sarebbe da non stigmatizzare ma, invece, sarebbe un rivelatore di buon senso dimostrando, secondo i dati del Current Biology, che il cervello è programmato per ridurre al minimo il consumo di energia. E che quindi essere pigri sarebbe un istinto naturale dei più furbi.

Tutte queste ricerche sembrano voler ribadire con forza che ciò che ai più sembra sbagliato può essere invece una scelta furba o un comportamento più naturale di un altro. La scienza riscopre il suo lato umano, e trova una maniera differente per essere vicina alle persone, ricordandoci che ,comunque, così come esistono le regole, ci sono anche le eccezioni e che ad essere tutti uguali non c’è gusto.
Quindi si, la scienza trova giustificazioni, ma solo per chi non ricorda che siamo tutti umani: volubili, complicati, ritardatari, puntuali, in imbarazzo, sicuri di sè, pigri e super attivi, tutte queste cose e nessuna. Unici.

Celebrità e alcolismo: le star che erano in rehab (FOTO)

Credits: tumblr.com

L’alcolismo è una dipendenza che colpisce non solo lo stato fisico del dipendente, ma anche il suo stato mentale, conducendolo a una condizione di rottura nella sua vita sociale e familiare. Solitamente questa dipendenza porta una persona verso il fallimento sul lavoro e nelle sue responsabilità, poiché l’alcol domina ogni aspetto della sua vita, incluse le sue relazioni con gli altri. Sappiamo che tutte le celebrità hanno i loro vizi, tra manie e pazzie, ormai il pubblico si è abituato al fatto che il mondo patinato di Hollywood non è poi così brillante.

Quando l’alcolismo colpisce queste star, lo fa in modo completamente diverso, rovinando la loro vita e la loro carriera, dato che le persone famose sono costantemente sotto i riflettori. Ecco alcune celebrità che hanno avuto problemi con l’alcolismo e come sono riuscite a superarlo.

Mel Gibson

Credits: www.nydailynews.com
Credits: www.nydailynews.com

Mel Gibson è attore, regista e sceneggiatore. Nella sua carriera ha avuto molti alti e bassi, costellati da problemi di alcol. Nel 2006 è stato arrestato per guida in stato di ebbrezza e come conseguenza ha visto crollare la sua vita pubblica e personale. Nonostante ciò, l’attore è riuscito a uscirne fuori e a tener sotto controllo la sua dipendenza, tornando a brillare nel mondo del cinema.

Lindsay Lohan

Credits: www.ibtimes.com
Credits: www.ibtimes.com

Lindsay Lohan è stata così tante volte in rehab da considerarsi un’esperta. Da adolescente l’attrice era una giovane responsabile che non beveva e non andava alle feste studentesche. La prima volta che si ubriacò fu all’età di 17 anni. La situazione continuò a sfuggirle di mano e nel 2010 entrò in un centro per disintossicarsi. Ammise anche di essere una dipendente dall’alcol e certamente il suo problema non sarebbe svanito in una volta sola.

Jamie Lee Curtis

Credits: http://mariashriver.com/
Credits: http://mariashriver.com/

Anche l’attrice di “Una poltrona per due” è stata vittima dell’alcolismo. Tutto è iniziato dopo il suo intervento estetico per il quale prese molti antidolorifici tanto che diventò un’abitudine. La sua ricerca della perfezione la portò anche a problemi di alcolismo. Quando ammise la sua dipendenza, Jamie Lee Curtis diventò anche più sicura del suo aspetto fisico.

Johnny Depp

Credits: Bigstock
Credits: Bigstock

Spesso non si può dire se Johnny Depp stia recitando o no, dato il suo passato come alcolista, che però è riuscito brillantemente a superare. L’attore è uno dei più grandi degli ultimi anni, e fortunatamente la sua dipendenza non ha influenzato la sua carriera, restando così molto amato da tanti.

Robert Downey Jr.

Credits: Paul Drinkwater/NBC
Credits: Paul Drinkwater/NBC

Tra tutte queste celebrità, Robert Downey Jr. ha avuto i problemi più gravi con una sorprendente ripresa dall’alcolismo. L’attore aveva infatti il vizio di bere regolarmente, giorno e notte, mescolando anche alcol con droghe. Il suo comportamento fuori controllo lo portarono all’arresto nel 1996, nel 1997, nel ’99 e nel 2001, rinchiuso in una prigione per recupero da tossicodipendenza. Quando ne uscì nel 2003, Robert Downey Jr. era un uomo nuovo: riprese a vivere con sua moglie Susan, che lui ancora ringrazia per averlo salvato, e oggi l’attore è una delle star più amate e più pagate del pianeta.

Ewan McGregor

Credits: bigstock
Credits: bigstock

Come Robert Downey Jr. anche Ewan mcGregor ha avuto problemi di alcolismo che però non hanno influenzato negativamente la sua carriera. Al contrario della sua vita privata. Come il personaggio interpretato nel ’96 nel film “Trainspotting”, l’attore beveva e perdeva il controllo di se stesso, trasformandosi da un felice alcolista a una persona miserabile. Decidendo di non voler perdere la sua vita, smise di bere e si diede da fare per superare la sua dipendenza.

Ben Affleck

Credits: vitadaricchi.it
Credits: vitadaricchi.it

Ben Affleck entrò in rehab per disintossicarsi nel 2001, anche se furono le sue relazioni ad aver influenzato la sua carriera molto più dell’alcol. Vinse la sua battaglia contro la dipendenza con successo e oggi lo si consacra finalmente come attore e regista di talento.

Daniel Radcliffe

Credits: mentalfloss.com
Credits: mentalfloss.com

Anche Harry Potter ha avuto a che fare con l’alcol. Daniel Radcliffe affrontò le pressioni del diventare famoso troppo giovane (aveva solo 11 anni) e cercò conforto nell’alcol durante la sua adolescenza. La sua dipendenza divenne talmente una costante nella sua vita che a stento Daniel riusciva a stare in piedi durante le riprese di Harry Potter. L’attore realizzò che l’alcolismo era un problema per la sua carriera e per chi gli stava intorno, così decise di tornare sobrio nel 2010.

Quanto costa essere gentili?

Credit: www.pourfemme.it

Mancano poche ore al Natale e l’aria di generosità e bontà (a Natale puoi fare quello che non puoi fare mai) dovrebbe aver già pervaso i nostri cuori. Sull’onda di altruismo che il Natale dovrebbe portare, ecco rivelato un interessante confronto sul “Pay it forward” e cioè sul pagare in anticipo, per qualcun’altro che magari nemmeno conosciamo.

Perché? – vi starete chiedendo – Perché dovrei pagare qualcosa per qualcun’altro che nemmeno conosco?
A rivelarci i motivi di tali azioni ci pensa la psicologa Sandi Mann, che una volta entrata nel solito bar con i suoi bambini, si è resa conto che anche offrire un caffè a uno sconosciuto può diventare un’impresa titanica in una società così cinica e fredda come quella che è diventata la nostra.

La psicologa, che non si è fatta abbattere dalle reazioni avute dal resto dei clienti del bar di fronte alla sua offerta, che hanno rifiutato la tazza di espresso pensando che fosse avvelenata o che avesse qualcosa che non andasse, ha deciso di provare per due settimane a coinvolgere i suoi pazienti e il resto dei conoscenti in questa catena di generosi gesti che dovrebbero essere presi come abitudine per arrivare a cambiare il mondo.
Sulla scia delle reazioni di imbarazzo o di piacere che i destinatari del gesto gratuito hanno avuto, la Mann ha scritto un libro dal titolo “Come una tazza di caffè può cambiare il mondo“, donando (coerentemente con quanto proposto) il ricavato delle vendite ai pazienti affetti da distrofia muscolare.

Il concetto di base è che un gesto di altruismo disinteressato, e cioè senza il desiderio di aver nulla in cambio, può essere di esempio per altri che a loro volta lo rifaranno al prossimo, creando una catena che potrebbe avere poi il famoso effetto farfalla.

Andando a fondo nella questione del “paying it forward”, la psicologa ha scoperto che il gesto era già presente nella cultura italiana (per una volta, possiamo essere più avanti degli americani, godiamo) dove a Napoli, come nel resto del sud soprattutto, era già da tempo radicato l’uso del “caffè in sospeso“,e cioè del saldo di un caffè per uno sconosciuto che non se lo sarebbe potuto permettere.
Ma anche Benjamin Franklin fu uno dei precursori della generosità disinteressata. Infatti, prestando dei soldi ad un amico gli chiese di non ridarli a lui quando li avesse riavuti, ma di saldare il “debito” donandoli ad un’altra persona che ne avrebbe avuto bisogno quanto lui.

Il “paying it forward” è diventato un movimento così popolare da essere stato trasformato prima in un romanzo e poi in un film. Vi renderete conto che non esistono solo brutte notizie in questo mondo, ma googlando il termine, troverete diverse storie confortanti di persone che anonimamente hanno contribuito al benessere altrui in qualche modo, arrivando anche a pagare le operazioni ospedaliere.
Una tra tutte, la storia di un ragazzino dodicenne che, avendo ritrovato un telefono smarrito sul treno, rispose così all’offerta del proprietario di lasciargli una mancia per il disturbo: “Non ti preoccupare dei soldi, basta che fai un gesto gentile nei confronti di qualcun’altro”.

Le ricerche hanno generato risultati evidenti e innegabili: essere gentili verso il prossimo fa bene all’anima e al corpo, riducendo lo stress e abbassando le possibilità di ammalarsi. La soddisfazione che si prova dando una mano a qualcuno, inoltre, contribuisce al senso di appartenenza alla vita e alla terra, rendendoci più consapevoli, felici ed entisiasti.

Credit: www.nonsprecare.it
Credit: www.nonsprecare.it

Testando personalmente diversi piccoli gesti altruisti quotidiani, la dottoressa Mann ha testimoniato di aver fatto amicizia e di essere rimasta in contatto con alcune delle persone che avevano accettato i suoi “piccoli doni”, allargando il suo cerchio di conoscenze e di affetti.
Ovviamente non è sempre necessario pagare o attivarsi attraverso il mero denaro, anche sorridere a uno sconosciuto o essere carini verso una commessa può fare la differenza.

La Mann ha poi così concluso: “Essere gentili verso il prossimo ha sicuramente qualcosa a che fare con il benessere e il guadagno personale, ma non c’è sempre bisogno di pensare ai motivi per i quali fare gesti carini, a volte bisogna essere gentili solo per il gusto di esserlo”.

David e Victoria Beckham, 65 milioni guadagnati nel 2015

beckham

Quando l’amore è un affare da milioni di dollari. E’sicuramente il caso di una delle coppie più celebri dello star system quella formata dall’ormai ex calciatore David Beckham e sua moglie Victoria, ex spice girls, ma che ormai si dedica a tantissime altre attività, tutte più che remunerative.

La celebre coppia ha diverse imprese, sia legate al calcio che al mondo della moda. Victoria, dopo la separazione dalle Spice Girls ha tentato la carriera da solista, ma è con la moda che è arrivato il vero successo per lei e soprttutto tantissimi soldi. La posh spice ha creato nel corso degli anni diverse linee di abbigliamento e profumi, e attualmente Victoria Beckham è un brand di abbigliamento e accessori di livello alto venduto in tutto il mondo.

David non è però da meno della moglie in quanto a fatturato. Oltre 20 anni di carriera come calciatore, si è ritirato infatti dal calcio giocato nel 2013, dopo essere stato uno dei calciatori più pagati al mondo ed aver militato nei club più importanti, come il Manchester United, il Real Madrid, e il PSG. Beckham ha di fatto sfruttato al massimo il suo talento e la sua bellezza grazie non solo agli ingaggi dei club ma anche ai tantissimi sponsor. E’infatti titolare della Footwork Production Ltd che gestisce tutte le entrate generate dai vari sponsor. David e Victoria sono insieme poi titolari della Beckham Brand Ltd che si occupa di sfruttare il marchio generato dalla coppia tramite web e TV.

Nel 2015, la Holding Beckham ha realizzato profitti per 12,6 milioni di sterline, qualcosa in meno per Footwork Production che si è fermata a 12,5 milioni. Ma non sono solo i genitori a portare i soldi a casa. Gli introiti della famiglia Beckham cominciano ad arrivare anche dai figli, David e Victoria stanno già insegnando loro come guadagnarsi da vivere e i piccoli Brooklyn, Romeo, Cruz e Harper stanno apprendendo molto bene a quanto pare. Romeo è già stato infatti testimonial del marchio di abbigliamento Burberry e il fratello maggiore Brooklyn ha dichiarato a Vanity Fair di essere più cool del padre. Siamo sicuri allora che sentiremo ancora parlare molto della Beckham Family.