lunedì, 15 Dicembre 2025

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@KeepingUpWithMina, il progetto più esilarante del web (FOTO)

Si chiama Mina Gerges, e il suo potere magico è quello di far ridere le persone. No, niente freddure o barzellette di dubbia ilarità, bensì foto. Foto uniche nel loro genere.

Il suo progetto si chiama @KeepingUpWithMina, ed è nato su Instagram qualche tempo fa con l’obiettivo di ribaltare le aspettative che la società ha nei nostri confronti in quanto individui che dovrebbero agire un certo modo, vestire in un certo modo, atteggiarsi in un certo modo. Il @KeepingUpWithMina consiste in foto di Mina Gerges che imita in tutto e per tutto le foto più cliccate di tutte le celebrità internazionali.

Il tutto era iniziato semplicemente come un hobby un po’ bizzarro, e Mina Gerges ha raccontato che era solito usare i trucchi della sorella per conciarsi come le star, mentre si vestiva di asciugamani, tappeti e addirittura tendine per la doccia. Poi le sue foto hanno iniziato a essere molto seguite sul web, e ad oggi il suo profilo Instagram ha più di 130 mila seguaci.
Da un semplice e divertente hobby, è diventato un lavoro vero e proprio.

“In doing these pictures – dice l’ideatore del progetto – I found freedom from restricting gender binaries and learned to celebrate something I love doing”.

Ecco le foto più divertenti.

E quando sono gli italiani a emigrare all’estero?

Italiani all’estero, una storia lunga più di un secolo. L’Europa è diventata la nuova “terra promessa” che fino a qualche anno fa era l’incubo da cui scappare. Dal 1945 al 1955 dal Vecchio Continente scapparono oltre 15 milioni di persone. Nel 2010/15 ne ha accolte 2 milioni. E tra gli europei, sembra strano, ma ci siamo anche noi. Tra il 1876 e il 1973, infatti, circa 27 milioni di italiani abbandonarono il nostro Paese: partivano soprattutto da Genova e Napoli per raggiungere New York, San Paolo, Santos.

Oggi la situazione, in fin dei conti, non è molto diversa.
In Gran Bretagna è boom di immigrati italiani: 57mila in un anno, +37%. I dati, diffusi precisamente dall’Istituto di Statistica britannico, tengono in considerazione tutti quelli che hanno ottenuto il “National insurance number”, un documento senza il quale non si potrebbe lavorare. E non parliamo di qualche centinaia. Gli italiani emigrati in Gran Bretagna in cerca di lavoro tra il 2014 ed il 2015 sono stati 57.600 contro i 42.000 dell’anno scorso [Repubblica]. Londra potrebbe essere considerata la tredicesima città in Italia per numero di abitanti: sono, infatti, 250mila gli italiani residenti nella città inglese, tanto quanto la popolazione di Verona.

E cosa dire di tedeschi e italiani che colonizzarono il Sud del Brasile, dove oggi si festeggia addirittura l’Oktoberfest – tipica tradizione germanica – e spuntano come funghi piccoli paesi chiamati nuova Brescia o nuova Padova?

Nel 2014 gli italiani all’estero sono aumentati più degli immigrati residenti in Italia. Eppure oggi gridiamo allo scandalo, alla mafia e alla corruzione, al finto buonismo e alle frontiere da chiudere. Ma, se ci riflettiamo bene, lo scenario non è molto diverso rispetto al secolo scorso, quando a scappare da fame, povertà, guerra e sottosviluppo eravamo noi. Alla ricerca di una nuova vita, una rinnovata identità, un lavoro, una famiglia e un po’ di felicità. E, se continuiamo ancora a pensare, la storia è identica anche adesso. Le condizioni di vita sono cambiate, questo è certo, ma, dati alla mano, sono sempre di più quelli che scappano dallo Stivale che non promette più un futuro degno di nota.

Il The Post Internazionale ha pubblicato qualche statistica in merito

Cambiano i tempi, cambiano gli anni e le abitudini, ma la storia è sempre la stessa.

Quindi, perché gridiamo allo scandalo?

Donne in carriera: il segreto è viaggiare

credits photo: mitindo.it

Purtroppo, nonostante i grandi passi fatti verso l’uguaglianza, per noi donne avere una carriera lavorativa è molto più difficile che per un uomo. E anche quando raggiungiamo lo stesso livello il nostro stipendio sarà probabilmente più basso.

Sulla nostra strada ci saranno sempre numerosi ostacoli, ma anche alcuni trucchetti che possono aiutare ad intraprendere una carriera grandiosa e invidiabile. Il nostro primo alleato sarà il passaporto. Infatti una donna che viaggia ha maggiori possibilità di ottenere promozioni e successi. E più si va lontano, meglio è.

A confermarlo è un sondaggio condotto da The Global Professionals On The Move. Il 100% delle donne intervistate ha suggerito un viaggio all’estero per consolidare e migliorare la propria carriera. Secondo AOL Jobs, inoltre, la maggiorparte degli intervistati, attraverso un viaggio, ha migliorato le proprie prospettive di salario, carriera e condizioni di vita.

Emma Hall, direttore di Hydrogen ANZ ha affermato che un’esperienza all’estero migliora il curriculum poiché fornisce esperienza e una migliore preparazione sulla cultura dei clienti. Insomma, ci rende più attraenti in campo lavorativo.

Secondo i ricercatori della Harvard Business Review, poi, le persone con una esperienza internazionale e che si identificano con più di una cittadinanza sono più bravi a risolvere problemi e mostrano una grande creatività.

Anche John Haltiwanger, editore dell’Elite Daily, conferma questo pensiero. Ciò che rende un lavoratore interessante è la capacità di adattarsi, la versatilità. Un viaggio per un periodo più o meno lungo non può far altro che potenziare queste qualità.

Un’esperienza fuori il proprio paese, lontano dai luoghi che conosciamo e dalla propria zona comfort è, quindi, un’ottima formazione e preparazione personale. Certamente, allontanarsi dalla famiglia e opporsi ad una tradizione che, in certi casi, ci vede ancora esclusivamente come angeli del focolare, non è per nulla facile.

Le donne devono combattere contro mentalità retrograde, discriminazioni e pregiudizi che, presenti sul luogo di lavoro, ostacolano una carriera. Ma, trovare il coraggio per compiere un passo del genere potrebbe rappresentare una svolta e cambiarvi la vita, non solo lavorativamente parlando. Preparate le valigie e salutate amici e parenti, signore. Il successo ci aspetta all’estero.

I tatuaggi più dolorosi (FOTO)

photo credits: trekmash

Chi ama particolarmente i tatuaggi, concorderà sul fatto che la maggior parte delle persone tende a farsi tatuare alcune parti del corpo piuttosto che altre.
Ricorrenti spalle, braccia e schiena, rispetto a gomiti, piedi e caviglie. Come mai?
La risposta sta nel fatto che alcune parti del nostro corpo sono più sensibili al dolore rispetto ad altre e fanno risultare fastidiose, o addirittura dolorose, le ore che servono per completare un tatuaggio. Vediamone insieme alcune che secondo un famoso tatuatore, Andy Eschenbach, sono le più dolorose.

Il gomito

photo credits: pinterest
photo credits: pinterest

Una zona particolare e che provoca diverse sensazioni se tatuata. Alcuni sostengono sia dolorosissima, per altri è stata inesistente persino la condizione di fastidio durante il tatuaggio. Singolare.

Il piede

photo credits: trekmash
photo credits: trekmash

Se avete intenzione di tatuarvi il piede, sappiate che è una delle zone più sensibili del nostro corpo per via delle numerose ossa che lo compongono. Forza e coraggio, ma soprattutto fermezza.

La caviglia

photo credits: gay tv
photo credits: gay tv

Ancora più sensibile del piede, per molti è il vero e proprio inferno. Il motivo sta nello spessore della pelle che ricopre la caviglia più sottile e meno circondata da tessuto adiposo.

La mano

photo credits:  reddit
photo credits: reddit

Per lo stesso motivo del piede, risulta difficile tatuarla anche per via della sua struttura. Se poi avete i mente di tatuarvi i palmi, rinunciate in partenza.

Il viso

photo credits: dailymail
photo credits: dailymail

Non fatelo. Oltre ad essere impegnativo e dal gusto discutibile provoca dolore e voglia di strapparsi la fronte. Non vorrete mica ritrovarvi con un tatuaggio sulla fronte non completato?

In ogni caso, tutto dipende dalla sensibilità della persona e dalla sua soglia di sopportazione del dolore.
Alcuni posti, quindi, sono semplicemente più delicati di altri perché meno protetti da uno strato spesso di pelle.