martedì, 16 Dicembre 2025

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Scatto dopo scatto: la nostra lotta contro il cancro (FOTO)

“Queste foto non ci definiscono, queste foto siamo noi.”

Dichiara Angelo Merendino (ndr).

Tua moglie ha il cancro. E il mondo un po’ ti crolla addosso.
Per voi ha inizio una di quelle lotte che ti attacca su tutti i fronti: il dolore è lancinante, la paura è tanta, le cure sono lente e incerte. Il cancro, poi, lo riconosci: dai capelli che cadono, dalla perdita di peso, dal viso pallido e sofferto. Tutto questo sembra toccarlo con mano attraverso gli scatti di Angelo Merendino, che ha seguito la moglie Jennifer nelle sua lotta contro il cancro al seno.

Queste foto, in ordine cronologico, raccontano la storia di un amore.
Jennifer e Angelo sorridono sorseggiando birra. Il mattino li ritrae assonnati e con gli occhi pieni d’amore. A mano, a mano, nello sguardo di Jennifer emerge la paura, la disapprovazione nei confronti di questo male, i suoi occhi sembrano dire “perché proprio io?”. Poi i capelli iniziano a cadere e la consapevolezza prende il sopravvento. Le cure si intensificano, giorni ti senti a pezzi e smetti di crederci, altri tiri fuori una grinta che nemmeno pensavi di avere e combatti. Circondata dall’amore dei familiari, coccolata dalle fusa del gatto, e trovando conforto in un momento da dedicare a se stessa, un nuovo colore di smalto per non dimenticarsi di essere donna.

Jennifer non ce l’ha fatta.
La fotostoria di Angelo e Jennifer si conclude con uno scatto in cui Angelo la saluta per sempre, e lo fa con un messaggio: “I loved it all”.
Perché in fondo la morte fa un po’ meno paura se l’amore ce l’hai dentro. Puoi portarlo con te per sempre.

[Credit Photo: incredibilia.it]

I giovani d’oggi: carriera al primo posto

I giovani d’oggi sono i più interessati a fare carriera degli ultimi cent’anni: è quanto emerge da una recente ricerca inglese, nel corso della quale 4 esaminati su 10 si sono detti motivati a trovare un buon lavoro e il 14% di loro ha affermato che è il lavoro ciò che più conta nelle loro vite.
Lo studio, incentrato su più generazioni a confronto, ha mostrato le attitudini dei giovani di ogni epoca circa le aspettative lavorative: i risultati hanno evidenziato come i giovani d’oggi, sebbene apparentemente più interessati alla notorietà o a mode quali la selfie-mania, siano i più inclini a mettere la carriera al primo posto nell’arco degli ultimi cent’anni.

Il sondaggio, condotto su sette generazioni differenti per comprendere in quale chiave ciascuna veda o abbia visto le proprie prospettive lavorative una volta finita la scuola, ha rivelato che piuttosto che mancare d’ambizione, i giovani d’oggi sono ben più motivati ad avere successo di molti loro predecessori.

Tra quelli di età compresa fra i 13 e i 19 anni, il 79% ha affermato che rimboccarsi le maniche al lavoro è una delle cose che sta a loro più a cuore. La generazione dei settantaduenni-ottantanovenni, quanti cioè sono cresciuti negli Anni Trenta ai tempi della Grande Depressione, si è attestata come l’unica ad avere le stesse aspirazioni lavorative dei giovani d’oggi.
Per quanto riguarda la generazione dei tempi della Prima guerra mondiale, attualmente ultra-novantacinquenni, le questioni di prioritaria importanza sono risultate essere la patria e la famiglia.
Tra i giovani del periodo post-bellico vissuti durante il boom economico, all’oggi di età compresa tra i 54 e i 71 anni, solo il 62% ha asserito che avere un lavoro di successo è importante.

La storica della Liverpool Hope University, Heather Ellis, che ha lavorato alla ricerca, ha affermato che questi risultati dipenderebbero dal fatto che i giovani d’oggi sono consapevoli di non poter contare su un lavoro fisso per il resto della loro vita: “Invece di rispondere negativamente a questo dato, diventando apatici o arrabbiati, questi giovani cominciano a lavorare già mentre vanno a scuola. Al contrario, quanti sono cresciuti durante il grande boom economico non hanno dovuto preoccuparsi dell’eventualità di non aver denaro a sufficienza per mangiare, sottoporsi a visite mediche o formarsi al livello accademico.

Trent’anni Vs. Vent’anni: cambia tutto. O forse no

Dopo i trent’anni la vita cambia, dice Serena.
A vent’anni pensi di poter cambiare la tua vita, risponde Francesca.

Luoghi comuni sul tempo che passa, sui punti di vista che si evolvono.

Diventi donna – dicono tanti- e le responsabilità? Da quelle proprio non puoi sfuggire quando i trenta si avvicinano. A vent’anni hai tutto il tempo davanti, e pensi di averne sempre tanto a disposizione, poi da lì è un attimo che le cose cambiano. O forse no?

Trent’anni VS Vent’anni.

Vita da single

Serena– Essere single dopo i trenta è una scelta. Se il principe azzurro non è ancora arrivato due sono i motivi: o non l’abbiamo ancora incontrato oppure non esiste. Però piuttosto che mettere i piedi per terra siamo pronte a raccontarci ancora delle favole, si può aspettare ancora qualche anno prima di accontentarci no? Tanto per riempire le lunghe giornate ci sono gli amici, il lavoro, gli aperitivi. E un po’ di sana depressione perché single è bello, ma fino a un certo punto.

Francesca– Essere single a vent’anni è una scelta. Perché il principe azzurro esiste di sicuro, e di certo mi troverà. Nel frattempo noi vogliamo divertirci, mentre a questa età bisogna anche prendersi l’incombenza di educare l’altro al rapporto di coppia. Quando avrà trent’anni di certo non sarà così(sì, a vent’anni ci credi).

Vita da coppia

Serena– Lunedì cineforum, martedì cena con i colleghi, mercoledì casa, giovedì libero, venerdì aperitivo, sabato pizza e domenica una volta dai tuoi, l’altra dai miei. Un’organizzazione precisa, con tanto di orari e agendina. Per le prime due settimane filerà tutto liscio, dopodiché l’anarchia prenderà il sopravvento. Perché chi l’ha detto che dopo i trenta non si può trasgredire?

Francesca– “Amore cosa facciamo stasera?” – “Non lo so, nel frattempo passo a prenderti, l’importante è stare insieme“. Sì, a vent’anni le certezze quasi ti fanno mancare l’aria. Si vive d’amore, fantasia, e leggerezza. Io per te, tu per me. Fino a quando ci andiamo bene. Perché nulla fa paura, restare sola ti pare impossibile, e vivi nella sensazione di avere il mondo in pugno, quindi se le cose non vanno come dico io, allora semplicemente non vanno.

Matrimonio e figli

Serena– “Ancora non sei sposata? E un figlio, poi, a che età lo fai?“. Zie, cugine, amiche di famiglia: questa domanda rimbalza facilmente dai trenta in su. Arriva puntuale ad ogni compleanno, prima con ironia, poi con una leggera preoccupazione. Se da trentenne e qualcosa, ancora non ti sei decisa a parlare di abito bianco ci penseranno gli altri a ricordarti che tutte le amiche sono sposate, tranne te.

Francesca– “Io? Non mi sposerò mai“.

Famiglia

Serena– Porto sicuro, punto di riferimento imprescindibile, i genitori, prima e dopo i trenta. Nasce un senso di protezione, ora che sei “grande”. I fratelli ti rendi conto che ti mancano quando non dividi più con loro lo stesso tetto, la stessa camera. Quelli che una volta erano litigi per la tv accesa di notte, o la radio a tutto volume mentre l’altro studiava ora sono ricordi che fanno sorridere. E allora si cresce, ma il legame cambia, si rafforza e ti rendi conto che loro ci saranno sempre.

Francesca– Li ami incondizionatamente, questo è sicuro, ma a vent’anni i tuoi genitori – credi – proprio non li sopporti. Insomma, è possibile che vogliano sapere proprio tutto quello che fai? Tanto la maggior parte delle volte la tua risposta è quella sbagliata. Li avete avuti pure voi vent’anni no? Ci litighi. La verità è che ancora una volta senti di avere tutto il tempo d’avanti, puoi sempre abbracciarli domani.

Amiche

Serena– Una lavatrice rotta, un frigorifero da sostituire, il lavoro che va e non va e convivenze e matrimoni all’orizzonte. Cambiano gli argomenti di cui parlare con le amiche storiche, davanti ad un caffè o in una lunga chiacchierata telefonica perché la giornata vola e il tempo è sempre troppo poco. Ma loro, custodi di segreti unici, testimoni di errori e risate sono lì a condividere con te tutto. Anche l’ansia dei trenta, perché loro sì che ti possono capire.

Francesca– A vent’anni gli amici sono tutto. Con loro dividi le gioie, i dolori, e gli errori più grandi, e se hai una certezze nella tua vita è che nessuno mai può capirti più della tua migliore amica. Si passa il tempo a raccontarsi il presente e a fantasticare sul futuro. Perché tanto per noi, a vent’anni, del doman non v’è certezza.

Quelli che hanno trent’anni te lo spiegano che non bisognerebbe perdere tempo. I vent’anni sono in realtà gli anni in cui getti le basi per la tua vita e tutto il resto che puoi fare anche domani. Ma tu hai vent’anni, e vai di fretta. Non hai tempo per pensarci oggi.

[a cura di Serena Bonamassa e Francesca Viviana Pagano]

L’empatia dipende dai tuoi geni, parola dei ricercatori

vivibene.org

Se, con molta facilità, piangi durante alcune scene dei film o ti commuovi leggendo particolari storie, allora sei geneticamente predisposto al sentimento empatico. Parola dei ricercatori.

Elaine Aron, ricercatrice della Stony Brook University, è stata la prima ad elaborare il concetto di “persone altamente sensibili“: esse sono circa il 20% della popolazione e si distinguono per avere una consapevolezza maggiore degli stimoli più lievi, per riuscire a far proprie le informazioni in modo approfondito e per essere più reattivi agli stimoli positivi, ma anche a quelli negativi. Al contrario, il resto della popolazione, che ha un livello di empatia più basso, presta meno attenzione agli stimoli e si approccia alle diverse situazioni in maniera molto più distratta.

A confermare l’esistenza dell’empatia è stato proprio uno studio effettuato sulle risonanze magnetiche da un gruppo di studiosi della Stony Brook University di New York, dell’Università della California di Santa Barbara, dell’Albert Einstein College of Medicine di New York e della Monmouth University. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista “Brain and Behaviour“, hanno dimostrato che le persone più sensibili, più empatiche reagiscono in modo singolare quando sono sottoposte alla visione di immagini o parole che producono delle emozioni, attivando particolari zone cerebrali.

All’esperimento hanno partecipato 18 persone sposate: alcune di esse particolarmente sensibili, altre un pò meno. Queste persone sono state analizzate dagli studiosi mentre guardavano, in un primo momento fotografie del proprio partner, e poi immagini di persone a loro sconosciute, tutti immortalati mentre erano contenti e sorridevano o in atteggiamenti più infelici.

Abbiamo scoperto che nelle persone altamente sensibili le aree del cervello coinvolte nella consapevolezza e nell’emozione, in particolare quelle associate con i sentimenti empatici, mostravano un flusso del sangue sostanzialmente maggiore in aree cerebrali rilevanti rispetto a quanto osservato nelle persone caratterizzate da una bassa sensibilità” ha spiegato il coautore dello studio Arthur Aron.

Inoltre, i ricercatori hanno notato che l’attivazione maggiore è avvenuta quando i partecipanti guardavano foto del proprio partner in pose sorridenti. Da non crederci, ma i risultati sono stati confermati in un ulteriore esperimento, lo stesso, ma ad un anno di distanza dal primo.