sabato, 6 Dicembre 2025

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Per le dolci voglie notturne arriva il bancomat di cupcake

Dopo Beverly Hills, Atlanta, Chicago e Dallas, la Sprinkles’ Cupcake Bakery sbarca anche a New York: ecco allora, accanto alla pasticceria vera e propria – aperta dalle 9 di mattina alle 9 di sera – un bancomat che dispensa dolci ventiquattr’ore su ventiquattro, il primo Sprinkles’ Cupcake ATM (Automated Tastiness Machine) di Manhattan.

L’allettante distributore rosa shocking può contenere fino a 760 cupcakes, ma ben presto saranno disponibili anche cookie e altre leccornie. Per il momento, ci si dovrà “accontentare” di scegliere tra 7 diverse varietà della specialità della Sprinkles’ al prezzo di 4,25 dollari al pezzo: cioccolato bianco e nero, cocco e cioccolato, caffè cubano, meringa e limone, red velvet, fragola e vaniglia o cioccolato e vaniglia – con la possibilità di saziare anche l’appetito del proprio amico a quattro zampe con due tipi di mini-cupcake senza zucchero pensati appositamente per i cani.

Ma non è tutto: all’inaugurazione, i più fortunati hanno trovato, all’interno del proprio cupcake, un bigliettino dorato che gli ha guadagnato un notevole extra: alcuni golosi hanno, infatti, vinto una card regalo dell’American Express da 500 dollari, altri una card cumulativa da utilizzare in qualsiasi punto vendita della Sprinkles’ e altri ancora la possibilità di accedere a un “cupcake party” privato nella sala feste della pasticceria.

Quando nel 2002 Candace Nelson, titolare dell’azienda, lasciò la Borsa per la pasticceria, non avrebbe mai potuto immaginare un simile successo: soltanto la prima settimana d’apertura furono ben 2.000 i cupcake venduti. Da allora, lei e il marito Charles sono riusciti a dislocare in tutti gli Stati Uniti ben 12 sedi della loro Sprinkles’ Cupcake, e prevedono di aprirne almeno un’altra quindicina all’estero.

Proprio questo successo ha fatto sì che i due intraprendessero strategie innovative come quella dei Cupcake ATM: il lampo di genio si deve proprio a Candace, che, incinta del secondo figlio pensò fosse ridicolo, da proprietaria di una catena di pasticcerie, non poter procurarsi un cupcake appena sfornato all’ora più assurda che desiderava. La Sprinkles’ Cupcake Bakery, così, ha finito col diventare una catena dal valore di circa 9 milioni di dollari: a dimostrazione che le voglie di una donna possono essere davvero interessanti.

Ritratto di una Regina

Mamma, nonna, moglie, ma soprattutto Regina del Regno Unito dal 1952, salita al trono dopo la morte del padre Re Giorgio VI: tutto questo è Elisabetta II. Inoltre la Regina è Capo del Commonwealth, governatore supremo della Chiesa d’Inghilterra, comandante in capo delle forze armate e signore dell’Isola di Man, tutto racchiuso nella nonnina dai mille cappelli.

Elisabetta è nata a Mayfair, a Londra, venne educata a casa con la supervisione di sua madre e della sua governante Marion Crawford, chiamata affettuosamente “Crawfie”. Fu incoronata con una fastosa cerimonia all’abbazia di Westminster il 2 giugno 1953, circa un anno e mezzo dopo la sua ascesa al trono. Dopo l’Incoronazione, lei e Filippo si trasferirono a Buckingham Palace, anche se la Regina, come molti dei suoi predecessori, considerava il Castello di Windsor la sua vera casa. Un’altra residenza molto amata da Elisabetta II è il Castello di Balmoral in Scozia, dove trascorre le sue vacanze con la famiglia.

Sposata con Filippo Mountbatten dal 20 novembre 1947, ebbe quattro figli: Carlo, Anna, Andrea ed Edoardo. Elisabetta nutre da sempre idee conservatrici per quanto riguarda la religione, la moralità e gli affari di famiglia, tanto che usò la sua autorità per impedire a sua sorella, la Principessa Margaret, di sposare un uomo divorziato. Inoltre, come tutti sappiamo, per anni rifiutò di acconsentire alla relazione del figlio Carlo, principe del Galles con Camilla Shand, duchessa di Cornovaglia.

Eletta da Forbes nel 2012 come la 26ª donna più potente e influente al mondo, Elisabetta rimane una figura su cui si sono abbattute numerose polemiche, rimanendo però sempre amata e rispettata da tutti i suoi sudditi. Pubblicamente, Elisabetta rimane sempre molto formale e il suo rifiuto di mostrare emozioni in pubblico le impedisce il nascere di un sentimento più profondo nei suoi riguardi da parte della gente. Questa freddezza venne fuori nel 1997, quando lei e i membri della famiglia Windsor non furono visti partecipare in pubblico alle dimostrazioni di dolore in occasione della morte della Principessa Diana. Questo porto molte critiche, anche da parte dei tabloid.

Da questo comportamento si pensò che Elisabetta nutrisse avversione nei confronti di Diana e si pensa che il cambiamento della Regina nei confronti di questo accaduto fu influenzato dalla Regina Madre e da Tony Blair, Primo Ministro in quel periodo. Questo avvenimento storico è raccontato nel film The Queen, dove a vestire i panni della Ragina troviamo una magistrale Helen Mirren, premio Oscar proprio per questo ruolo.

Nelle sue relazioni internazionali e con i politici del suo Paese, Elisabetta II si mantiene cordiale cordiali. Nel suo rapporto con Margaret Thatcher si è sempre dimostrata agrodolce, dicendo di “detestarla cordialmente“.

L’immagine pubblica di Elisabetta si è ammorbidita negli ultimi anni, soprattutto dopo la morte della regina Madre. Il 6 febbraio 2012 è stato l’anniversario della sua salita al trono, esattamente 60 anni di regno, festeggiato come l’anno del Giubileo di diamante. Il 27 luglio 2012 la regina ha aperto ufficialmente le Olimpiadi di Londra, diventando una Bond girl, in un eccezionale cameo al fianco di Daniel Craig e dei suoi inseparabili e amatissimi cagnolini di razza Welsh Corgi, che ha stupito il pubblico di tutto il mondo. Il 4 aprile 2013 ha ricevuto un premio onorario BAFTA per il suo patrocinio dell’industria cinematografica ed è stata definita da Sir Kenneth Branagh “la più memorabile Bond girl della storia”.

http://www.youtube.com/watch?v=1AS-dCdYZbo

Le sue passioni: i cappelli e i cappottini multicolor, le corse dei cavalli, la fotografia, i suoi nipoti, William in maniera particolare, e suoi fedelissimi cani. Elegantissima nelle sue mise vivaci e la moda la ricorderà per due motivi: per i suoi inimitabili cappellini e per i colori dei suoi tailleur e dei suoi soprabiti. Curiosi di sbirciare nel suo armadio…magari sistemati in ordine cromatico, quasi come un arcobaleno.

La regina Elisabetta II, con cappotto glicine e cappellino in tinta firmato Stewart Parvin, accompagnata dal consorte Filippo Duca di Edimburgo, è stata a Roma ieri per una visita lampo, la quinta esattamente nel Bel Paese. La sovrana ha pranzato con Napolitano e poi nel pomeriggio ha incontrato Papa Francesco. Immancabile il consueto scambio di doni. Il Pontefice ha regalato un globo in pietra pregiata sormontato da un croce per il principino George. A Elisabetta II, invece, il Papa ha donato un’antica pergamena, risalente al maggio 1679, con un messaggio “Urbi et Orbi” del cardinale Cesare Facchinetti. La regina e il principe hanno portato in dono un grande cesto, in cui c’erano cibi e bevande provenienti da tutte le tenute reali di , miele, uova, pane, succo di mele, sidro, ed anche una bottiglia di whisky scozzese.

Non ci resta che dire: “GOD SAVE THE QUEEN“.

Atene: nasce il primo caffè dove si legge il futuro

Credit Photo: desktopwallpapers.org.ua

Nasce ad Atene il primo caffè dove è possibile affidarsi al sapere divino di chi pratica la tasseografia: l’arte di leggere il futuro attraverso i fondi di caffè, o di tè.

L’idea è stata lanciata da Mairi Kontolouri, una giornalista che ha aperto il caffè “To Flitzani” (in greco “La Tazza”), nel quartiere ateniese di Peristeri.
L’idea di Mairi Kontolouri è una trovata marketing a dir poco geniale, in un momento in cui tutto il mondo, da sei anni a questa parte, sopravvive alla crisi aggrappandosi ad ogni possibile soluzione ai propri problemi, soprattutto di natura finanziaria.

La pausa caffè è quel momento a cui nessuno intende rinunciare, in qualsiasi parte del mondo ci si trovi. E creare un binomio tra l’aroma più amato al mondo, e la possibilità di scoprire – attraverso quest’ultimo – cosa ci riserva il domani, si è rivelato ad Atene un business fiorente.

La tasseografia, infatti, è una pratica che risale al 16º secolo.
Nota come pratica popolare, questa viene svolta per lo più in casa, affidandosi ad un indovino in grado di decifrare le sagome create dal caffè macinato, o dalle foglie di tè che rimangono sul fondo della tazza.
E le persone che sono disposte a spendere soldi nella speranza che gli venga predetto un futuro migliore sono sempre di più, oggi che la parola futuro desta incertezza e timore.

Rendere legale, quindi, una credenza antica come la tasseografia, significa donare speranza e certezza a tempo stesso: i clienti del To Flitzani potranno conoscere il proprio futuro, affidandosi adesso a veri e propri professionisti. E i loro presagi sembrano essere al quanto soddisfacenti.

“Ritengo di aver ridato vita alla tradizione del vecchio gruppo di amiche che si incontravano per scambiarsi pettegolezzi, ma qui vengono anche molti uomini”, ha dettola giornalista in un’intervista.
“Il locale e le attività culturali che organizziamo sono sempre al completo – ha spiegato – e ci sono anche persone disposte a seguirci per un giorno in una gita in campagna pur di avere la possibilità di conoscere il loro futuro. Ritengo che To Flitzani e la tasseografia siano una sorta di centro benessere dove la gente viene per diventare allegra e scordarsi delle preoccupazioni. E, in più, tutti i nostri clienti sono molto soddisfatti degli indovini e dei loro presagi per il futuro”.

Del resto, se è vero che per una chiacchiera amichevole ci si reca al bar, è altrettanto vero che davanti ad una buona tazza di caffè il sapore del nostro futuro può risultare meno amaro.

Paese che vai, gesti che eviti

Chi viaggia all’estero è spesso ignaro di quali siano i costumi abituali del Paese che visita: una leggerezza che può costare figuracce senza uguali. Un semplice “ok” può trasformarsi in un insulto vero e proprio: a Rio de Janeiro, per esempio, unire indice e pollice in segno d’approvazione è qualcosa di davvero offensivo e in Inghilterra mostrare indice e medio – all’apparenza la classica V pacifica – col dorso rivolto verso l’interlocutore è gesto analogo a sollevare il ben più offensivo dito medio.

Ad essere spesso frainteso è anche il contatto fisico, che in alcune nazioni diventa addirittura sinonimo di invadenza.
Così, se in Italia o in Francia mantenere il contatto sia visivo che fisico con l’interlocutore è di gran lunga preferibile allo starsene impalati con le mani in tasca, in Cina o in Germania un atteggiamento del genere sarà senz’altro fonte di disagio, per non parlare della Nigeria dove guardarsi negli occhi è pura sfacciataggine. Attenzione anche alle effusioni amorose, da evitare a meno che non si abbia la certezza che sbaciucchiarsi in pubblico sia una cosa all’ordine del giorno nel luogo in cui si soggiorna.

I modi da tenere a tavola rappresentano un altro aspetto molto variabile da cultura a cultura: il galateo dei paesi mediorientali, per esempio, prevede che non solo non si poggino i gomiti sul tavolo, ma che addirittura non si tocchi niente con la mano sinistra (perché indice di sozzura).
In Francia, è bene appoggiare la propria fetta di pane sul tavolo e non sul piatto. Sorseggiare rumorosamente la zuppa in Giappone è qualcosa per cui nessuno batterà ciglio, ma farlo in Cina ci renderà i peggiori commensali mai visti.

Non solo il mangiare, ma anche il bere può sottostare a etichette diverse: se un russo ci offre della vodka, non c’è altra scelta se non accettarla e scolarcela immediatamente.
Analogamente, anche in Giappone il sakè non va mai rifiutato. In alcuni Paesi, tra cui la Svizzera, non si può iniziare a bere se non si è formulato il brindisi. Ma ogni nazione può presentare rituali differenti a cui attenersi, rituali che regolamentano la direzione da seguire quando si serve da bere, l’ordine dei bicchieri da riempire e persino la mano (destra o sinistra) con cui sorreggere il proprio drink.

Anche la mancia è un costume piuttosto ambiguo: mentre in Italia, in Francia o in Germania non si tratta che di un’attenzione “extra” legata soltanto all’eccezionale qualità del servizio, in America non ci si alza mai da tavola senza aver lasciato al cameriere almeno il 15% del totale che si è speso.

Insomma, l’educazione è anche una questione di gesti: parlare con le mani in tasca è qualcosa di davvero sgarbato in Svizzera, incrociare le caviglie è assolutamente sconsigliabile in Perù, vietato accavallare le gambe o mostrare la pianta dei piedi nei Paesi arabi, e così all’infinito.
Eppure, destreggiarsi tra tutte queste diversità culturali (talvolta davvero incomprensibili) si può: ricordarsi di imparare le più semplici frasi d’interazione nella lingua del Paese visitato (da “salve” a “scusi” a “dov’è il bagno”) ci ingrazierà sempre gli autoctoni, che così non guarderanno a noi come a degli anonimi stranieri ma come a dei potenziali amici, qualsiasi sia la nostra provenienza.