sabato, 6 Dicembre 2025

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Usare le piante per decorare casa (FOTO)

Le piante possono davvero essere utilizzate come oggetto di arredamento per le nostre case: bastano poche mosse, colore, vasi, posti strategici, fragranze e un pizzico di originalità per ottenere un risultato perfetto.

“La gente si sta rendendo conto di come l’essere immersi nella natura migliori la vita”, ha detto l’artista floreale Willow Crossley. Ed è anche conveniente. “Le piante sono più convenienti rispetto ai fiori, ed è possibile tenerli anche per molto tempo, senza che si rovinino”.

“La gente pensa che sia davvero difficile prendersi cura delle piante”, ha dichiarato Isabelle Palmer, autore di The House Gardener e fondatrice di un’azienda che rifornisce i giardini del contenitore ready-made, The Balcony Gardener. “Mantenere in vita una pianta è come un ‘senso di realizzazione’: è come avere un piccolo animale domestico”. Questo periodo dell’anno, poi, è perfetto per portare un po’ di verde in casa.

Perfetti per decorare casa sono le piante che crescono poco e lentamente: i piccoli bossi, le piante grasse. Senza poi dimenticare le piante più grandi che devono essere posizionate in zone della stanza con tanta luce e una buona circolazione di aria. Le foglie delle piante, inoltre, possono esser utilizzate per creare deliziose ghirlande natalizie, cerchi e oggetti d’abbellimento per porte, caminetti e tavernette rustiche. Ecco qualche idea:

Il Piccolo Principe, dove l’amicizia è essenziale

Credits: blogitalia.it

“Ma se mi addomestichi, avremo bisogno l’uno dell’altra. Per me tu sarai unico al mondo. Per te io sarò unica al mondo.” Quando eravamo piccoli e leggevamo “Il Piccolo Principe” pensavamo fosse solo una bella storia di un bambino che viaggia dal suo pianeta alla ricerca di un amico o qualcuno da amare. Riprendendo il libro, anni dopo, ci rendiamo conto della profondità di quel racconto: valori come amicizia, amore e morte sono spiegati in modo semplice attraverso frasi genuine e cariche di significato.

L’amicizia tra il Piccolo Principe e la volpe, ad esempio. Appena lo vede, il bambino è incuriosito da lui, ma in un primo momento, l’animale non vuole nessuna confidenza, perché non è addomesticato. Davanti la confusione del Piccolo Principe, la volpe gli spiega il significato della sua ultima parola, rispondendogli: “Creare dei legami”. Quando incontriamo gente nuova con cui sentiamo subito una sintonia, facciamo immediatamente amicizia e in quel momento quella persona per noi non sarà solamente una uguale a centomila, ma diventerà unica al mondo.

Abbiamo tutti bisogno di essere addomesticati e di creare dei legami perché la vita è breve e noiosa, e avere qualcuno vicino a noi, che renda i nostri giorni meno difficili e più divertenti, ci cambia. Come tutte le cose, l’amicizia però non avviene semplicemente, ma necessita pazienza: conoscersi giorno per giorno, così da scoprire il prezzo della felicità. “Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice.”

“Il Piccolo Principe” è più di un libro, ma un tesoro da custodire. Il valore dell’amicizia è spiegato attraverso gli occhi di un bambino e di una volpe, che ci insegnano come gli adulti abbiano dimenticato la verità più importante: il tempo passato insieme alle persone che amiamo. Come il Piccolo Principe diventa responsabile della sua rosa che ha curato con tanto affetto per molte ore, così anche noi siamo responsabili di tutti gli amici con cui abbiamo stabilito dei legami. Come facciamo a ricordarci di tutte quelle persone importanti che non vediamo più? Ce lo spiega la volpe: “Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”.

Come sarebbe la nostra vita senza smartphone (FOTO)

Credit photo: www.theatlantic.com

Ad un tavolo della caffetteria Illium di Troy – New York – è seduta una famiglia, composta da padre, madre e due figlie. I quattro non parlano molto: infatti sia il padre che le due figlie tengono i loro smartphone in mano, mentre la madre – evidentemente in uno stato di tristezza e solitudine – guarda fuori dalla finestra, sconsolata. E, nonostante il padre, ogni tanto, condivida con gli altri qualche informazione scovata in rete, nessuno dei tre risponde o commenta ciò che dice.

Non si tratta di un film, e nemmeno di una scena di un libro: purtroppo è la realtà. Una situazione, questa, osservata da Eric Pickersgrill, un fotografo americano di 29 anni, che, partendo proprio da ciò, ha realizzato un progetto dal titolo “Removed Social” che fa riflettere sull’uso degli smartphone nella nostra vita quotidiana.
Negli scorsi mesi, infatti, Pickersgrill ha girato gli Stati Uniti scattando fotografie – tutte in bianco e nero – di persone comuni e situazioni normalissime che avevano a che fare con i propri cellulari – giocando, navigando sul web e mandando messaggi. Una volta in studio, però, il fotografo ha rimosso dagli scatti i telefonini, per mostrare l’effetto che faceva. Il risultato è impressionante: sulla scena restano persone con una mano che sembra tenere qualcosa che in realtà non c’è, facendoci capire quanto l’uso degli smartphone possa portare all’esclusione e all’alienazione dal mondo reale, quello che ci sta intorno.

Il fotografo non esclude il fatto che lo sviluppo della tecnologia abbia portato enormi benefici, come la possibilità di rimanere in contatto con persone a chilometri e chilometri di distanza, oltre a vantaggi sul piano sia professionale che personale.
Il problema, infatti, non è tanto la tecnologia, quanto l’uso che noi ne facciamo: un uso spropositato, anche nei momenti più intimi della nostra vita. Siamo ossessionati dai nostri cellulari, tanto da tenerli sempre in mano, come se non averlo significasse non avere tutta la nostra vita sotto controllo.

Fidanzati che camminano insieme, mano nella mano, e nell’altra hanno lo smartphone, amiche sedute ad un tavolo di un bar che sorseggiano un caffè e controllano le notifiche su Facebook: ma perché invece che prestare attenzione ai dispositivi elettronici non interagiamo tra di noi? Meglio un abbraccio, un bacio e due chiacchere piuttosto che tenere in mano un cellulare: almeno quando si è in compagnia, i telefonini dovrebbero rimanere nella borsa o in tasca, per goderci al meglio ogni momento della vita reale.

Ecco perché non ricordiamo i nomi delle persone appena conosciute

Credit photo: it.notizie.yahoo.com

State per conoscere una nuova persona e, proprio nel momento in cui vi presentate e soprattutto l’altro pronuncia il suo nome, il vostro cervello sembra sconnettersi per quel millesimo di secondo. Vi ricordate tutto – compleanni, feste, anniversari e ricorrenze varie – ma il nome delle persone appena conosciute non vi entra in testa a nessun compromesso. Ma come mai?

Tranquilli, non siete strani. C’è una vera e propria spiegazione scientifica, almeno secondo ciò che Victoria Woollaston spiega sul Daily Mail: “Poiché i nomi sono casuali e non reggono informazioni specifiche, il cervello fa fatica a trattenerli nella memoria. E se il cervello non può effettuare le connessioni tra più parti di informazioni, in particolare le cose che già si conoscono dell’individuo, è più probabile che dimentichi“.

Secondo la studiosa, infatti, il cervello è in grado di riconoscere i dettagli del viso ma non i nomi in quanto sono arbitrari: se non si possono fare collegamenti tra delle informazioni familiari si fa molto più fatica.
Inoltre, contribuisce anche l’effetto cosiddetto “next-in-line” che spiega come il cervello non sia in grado di apprendere nuove informazioni nello stesso momento in cui le fornisce.

E quando ci si presenta ad un estraneo ci si concentra così tanto su ciò che si deve dire che le parole – ed il nome – dell’altro non si sentono nemmeno. “Invece di guardare e ascoltare gli altri, il cervello inizia a concentrarsi sulla sua propria routine. Su cosa diranno le persone che abbiamo davanti e cosa dovremo dire noi” afferma la Woollaston.

Un ruolo importante, poi, è giocato anche dalla memoria: infatti se un’informazione non viene ripetuta più volte, nel corso del tempo tende ad essere persa.