lunedì, 22 Dicembre 2025

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Vegana per 9 anni ora ritorna alla carne: “Che goduria!”

Vegana per 9 lunghi anni, ora Sibilla Iacopini è “ritornata” al suo vecchio grande amore, la carne: la sua scelta sta scatenando un dibattito sempre più acceso sul web tra chi accetta ed elogia la sua decisione di ritornare ad un’alimentazione che comprenda anche la carne e chi, invece, difende a spada tratta lo stile di vita dei vegani.

Questa donna non è stata “costretta” o spinta da nessuno a cambiare stile e tipo di alimentazione. Nessuno le ha mai detto qualcosa e la sua scelta non è dipesa da un’opera di pseudo-convincimento di altri. La vegana ha abbandonato i pasti ai quali era prima abituata raccontando di una scelta di “puro godimento”.

Sibilla ha parlato di questa fase di transizione su GenerazioneBio: “Ho iniziato a cambiare la mia alimentazione circa nove anni fa, quando sono diventata vegetariana prima e poi, gradatamente, vegana. L’ho fatto per tanti motivi, etici innanzitutto, avendo letto e compreso dell’impatto che lo stile di alimentazione vigente ha sul pianeta, le persone e gli animali; poi salutistici e infine psicologici, per il senso di controllo sulla mia vita che ricavavo dall’attenermi scrupolosamente a una regola. Ciononostante, non mi sono mai sentita veramente parte di un gruppo, perché non mi riconoscevo nello spirito battagliero che normalmente viene associato a una persona vegana. Quel mix di superiorità morale, indignazione e condanna che senza parole, o con molte parole, dice: tu sei sbagliato”.

La trasformazione è avvenuta solo “ascoltando il corpo”: sono state le sensazioni, i desideri, la fame, l’istinto, i sapori e i profumi a averla spinta fino a qui. E lei ne è davvero entusiasta.

“Ero diventata vegana e avevo deciso di volta in volta quale cibo fosse migliore per me, l’avevo imposto al mio corpo senza mai ascoltarlo. Non so che ne diranno i dietisti, i vegetariani, i vegani, i macrobotici, i crudisti, la mia mamma (che saluto) e gli esperti di ogni genere: per me è puro godimento, e ancora non ho smesso di raccogliere consapevolezza da questo immenso senso di libertà che provo, da quando ho smesso di imporre al mio corpo punti di vista altrui spacciati per miei”.

Le zeppole di San Giuseppe (RICETTA)

Chi non le ha mai assaggiate non sa cosa si perde. Le zeppole di San Giuseppe sono un dolce tipico della festa del papà, appunto il 19 marzo che è anche San Giuseppe. Su questo dolce molte, anzi moltissime sono le storie relative alle sue origini, agli ingredienti, in alcune zone sono tipici dolci di Carnevale. Per fortuna, ultimamente questo dessert si trova quasi tutto l’anno, però noi, legati alle tradizioni lo prepariamo in questo periodo e sopratutto con la nostra ricetta.

Bisogna precisare che la pasta con cui prepariamo queste zeppole è chiamata pasta choux , la stessa con cui si fanno i bignè. La differenza tra le zeppole e i bignè sta nella forma e nella cottura le prime si friggono, i bignè si infornano, anche se qualcuno prepara anche le zeppole al forno.

Le zeppole di San Giuseppe (RICETTA)

Ingredienti

Per la pasta choux
400 gr acqua
300 gr farina 00 setacciata
50 gr burro
5 uova intere
2 cucchiai scarsi di olio di semi
3 cucchiai di zucchero

Per la crema pasticcera
4 tuorli
60 gr farina
160 zucchero
500 ml latte

Per guarnire
zucchero
amarene

Procedimento

Iniziamo preparando la crema pasticcera, così nel frattempo potrà riposare e raffreddarsi.
Sbattete le uova, aggiungete lo zucchero fino ad avere un composto bianco e corposo. A questo punto aggiungete la farina setacciata bene. Per ultimo aggiungete il latte caldo – non bollente – poco per volta e amalgamate il tutto velocemente. Versare il composto in un tegame e a fuoco basso mescolare sempre con un cucchiaio di legno, in un unico verso, finchè non si sarà addensata.
Per farla raffreddare copriamo con una pellicola per evitare la formazione di quella fastidiosa patina.

Le zeppole di San Giuseppe (RICETTA)

A questo punto prepariamo la pasta choux per le nostre zeppole.
In un pentolino mettete l’acqua, il burro, lo zucchero, l’olio e fate bollire giusto il tempo di far sciogliere il burro.
Togliete il pentolino dal fuoco e versate la farina setacciata girando molto velocemente con un cucchiaio di legno. Si formerà una palla, rimettete sul fuoco per qualche secondo finchè non si sarà staccata dal pentolino. Quest’operazione è molto veloce. Continuare a girare il composto.

Fate raffreddare. Aggiungete un uovo per volta e fate incorporare con lo sbattitore elettrico. Aggiungere l’altro uovo solo quando quello precedente sarà completamente assorbito. Vedrete che con l’aggiunta delle uova l’impasto diventerà più morbido. Dopo aver aggiunti tutte le uova mescolate velocemente con un cucchiaio di legno, per far prendere aria al composto e far sì che si gonfino in cottura.

È il momento di preparare la forma. Inserire il composto in una sac à poche , possibilmente di tela con un beccuccio piuttosto largo. Ritagliate dei quadratini di carta da forno. Formate una ciambella su questi quadratini. La dimensione della ciambella dipende da come vi piacciono le zeppole.
È il momento di cuocere i nostri dolci di San Giuseppe. La tradizione vuole che si friggano nello strutto, ma siccome non vogliamo attentare alla vita di nessuno noi preferiamo sempre l’olio di semi, meno grasso. Non va bene neanche l’olio d’oliva, essendo troppo pesante, le zeppole non si gonfiano e risultano poco digeribili.

Dunque immergete direttamente il quadratino di carta da forno con la vostra ciambellina nell’olio caldo, non bollente. Dopo qualche secondo la carta da forno si staccherà e potrete toglierla, girate la zeppola per farla cucinare da entrambi i lati. Siate delicati, appena dorata, con l’aiuto di una schiumarola, scolatela e passatela nello zucchero semolato, in alternativa potete spolverare dolo con dello zucchero a velo.
Sistemare su un vassoio, con la siringa per dolci o la sac à poche mettere la crema sulle zeppole e un’amarena. Ed ecco fatto.

Conoscete un modo migliore di fare gli auguri agli uomini più importanti della nostra vita? Tanti auguri papà!

Alimentazione: tre pasti al giorno sono sono troppi

La storica americana Abigail Carroll, nel suo libro ‘Three Squares: The Invention of the American Meal’, spiega che colazione, pranzo e cena sono solo invenzioni europee. Di queste diverse tipologie di pasti, infatti, si potrebbe tranquillamente farne a meno perchè mangiare tre volte al giorno non sarebbe strettamente necessario per il nostro benessere. Anzi, spiega anche che colazione, pranzo e cena non sono altro che tradizioni europee del passato tramandate, poi, agli americani.

Gli europei che si avventurarono alla conquista delle Americhe, infatti, credevano che consumare tre pasti al giorno fosse un segno di civiltà. Al contrario, invece, le popolazioni indigene non rispettavano un orario fisso e mangiavano quando volevano. Seguivano il ritmo delle stagioni e se in inverno il cibo scarseggiava, allora mangiavano poco o addirittura digiunavano. Due modi di vivere diversi, quindi, uno esattamente l’opposto dell’altro. Ma due mondi che, con il passare del tempo, hanno visto un perfetto punto d’incontro: i popoli americani hanno imparato la lezione europea e hanno scandito la giornata con la colazione di mattina, il pranzo e la cena prima di andare a letto.

Ma se avessero avuto ragione le popolazioni native d’America? A detta della Carrol, per mantenersi in forma, non fa differenza se l’individuo abbia o meno consumato il pranzo o la colazione. Oltretutto quest’ultima, non sarebbe il pasto più importante della giornata: una ricerca dell’università di Bath del 2014, sostiene che la colazione non ha nessun effetto sul metabolismo di un soggetto. Di una cosa si è certi: il digiuno occasionale è fonte di benessere e praticarlo una volta ogni tanto farebbe bene alle cellule del nostro corpo. E i nativi americani lo sapevano bene. Mark Mattson, neuroscienziato al National Institute on Aging, dice che chi salta i pasti è più in salute di chi si nutre al solito orario tutti i giorni.

In due parole: W la dieta.

Sushi, 5 motivi per cui lo amiamo

Vent’anni fa non avremmo mai immaginato che il sushi potesse insediarsi nella nostra tradizione culinaria, tantomeno nei nostri programmi per il sabato sera. Eppure è successo. Una città come Milano vanta più di 300 ristoranti di sushi, e questo la dice lunga su come stiano cambiando le abitudini delle nuove generazioni.
Ma perché ci piace così tanto mangiare pesce crudo e riso? Perché siamo pazzi di salsa di soia e ghiotti di temaki?
Ho osservato il fenomeno per più di un anno, e provato a individuare i motivi per cui mangiare sushi è così di moda.

È figo

Diciamocelo, il sushi è come l’orologio sul polsino della camicia negli anni ’80: fa molto figo. Tutto ciò che ci importa è distinguerci dalla massa, e fare cose che non tutti fanno troppo spesso.
Oggi siamo alla ricerca di posti e luoghi chic in cui sostare: la pizza, ormai, non è più glam.

È un simbolo di stato

Essere un mangiatore di sushi equivale a spendere un pò di più rispetto a un panino o una pizza, per cui mangiarlo significa comunicare al mondo di avere un portafogli più gonfio della media.
Ostentare ricchezza e ricercatezza è uno dei motivi per cui mangiare con le bacchette sia così alla moda.

È light

Beh non tutta la cucina giapponese è povera di calorie, ma una cena di sushi è senz’altro più leggera di un hamburger con patatine. Alle donne piace mangiarlo perché in tal modo non devono sacrificare il gusto nei periodi di dieta.

Per fotografarlo e postarne l’immagine

Nell’epoca del #foodporn tutti hanno l’esigenza di pubblicare tutte le cose belle che vengono fatte, e il sushi, in quanto simbolo di una certa èlite, è uno degli elementi più fotografati e condivisi sui social.

Per sentirsi al passo con i tempi

Mangiare sushi è un modo per stare al passo con i tempi, per sentirsi più moderni e in contatto con il resto del mondo.
Si tratta di una pietanza ricercata e alla moda: gustarne le prelibatezze ci da quell’aria di cittadini del mondo, pronti a sperimentare nuovi orizzonti.