giovedì, 18 Dicembre 2025

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Come dormono le donne che aspettano un bambino (FOTO)

creditis: Jana Romanova "Waiting"

Quando le amiche e gli amici della fotografa russa Jana Romanova hanno iniziato a sposarsi e ad avere dei figli, Jana ha cercato un modo per affrontare questo cambiamento.

40 scatti, uno per ogni settimana di gestazione. Prende il nome di “Waiting” il progetto fotografico della fotografa russa Jana Romanova. Le immagini sono disposte in modo da condurre il lettore all’interno del viaggio della gravidanza: se nelle prime immagini le coppie dormono separate, con l’aumentare delle settimane le coppie si avvicinano sempre di più. L’artista ha anche provato a cercare donne che fossero in diversi stadi di gravidanza ma la superstizione russa ha reso tutto più complicato: le donne preferiscono, infatti, non rivelare nulla fino al terzo mese per paura di perdere il bambino.

La grande maggioranza delle coppie non vuole solitamente essere fotografata entro le dodici settimane, per cui la Romanova ha dovuto manipolare l’ordine degli scatti per suggerire che le donne fossero nei primi mesi della gravidanza. In un’intervista ha, infatti, detto: “La prima immagine è di un ragazzo abbastanza robusto e una ragazza molto piccola. Difficilmente potresti dire che è incinta, ma in realtà è al settimo mese”.

come dormono le donne che aspettano un bambino

Gli scatti non vogliono solo fissare le posizioni della coppia durante il sonno: l’attenzione, infatti, si pone anche sugli oggetti che circondano il letto. Sui vestiti lasciati abbandonati sulla sedia, sul telecomando della tv sparso sul pavimento, i libri dimenticati sul comodino. In effetti le camere sono un vero disastro, tutte le coppie, o quasi, dormono su letti singoli o divani e non è perché siano poveri. Ha più a che fare con l’economia dello spazio: le coppie hanno, nella maggior parte dei casi, da poco iniziato a convivere e devono ancora abituarsi a spazi più grandi.

come dormono le donne che aspettano un bambino

Per elaborare uno scatto che rispecchiasse la vita notturna di una famiglia che aspetta un bambino, la fotografa doveva passare la notte nelle loro case, posizionare una scala nella camera da letto e puntare la sveglia alle 6:00 del mattino. Lentamente entrava nella camera della coppia e in due ore lo scatto era pronto. A volte le coppie si svegliavano, soprattutto verso la fine. Gli scatti che costituiscono il cuore di “Waiting” sono, infatti, quelli che racchiudono momenti rubati duranti i primi minuti di lavoro.

come dormono le donne che aspettano  un bambino

C’è una foto a cui Jana Romanova è particolarmente legata ed è quella di un uomo con la barba che dorme poggiando la mano sulla pancia della moglie. Quell’uomo è morto in un incidente stradale in Thailandia e il fatto che il giorno in cui è morto proprio quella foto sia stata scelta come copertina di un festival a cui la fotografa stava partecipando le ha spezzato il cuore. “L’ho vista e volevo morire”, ha rivelato la Romanova.

come dormono le donne che aspettano un bambino

Il progetto fotografico Made in Russia ha riscosso un vero successo e gli scatti hanno fatto il giro del Mondo esposti tra una galleria e un’altra.

Se sei una donna lavoratrice in Italia scappa

travelzoo.com - Reykjavik_Iceland

Signore e signorine, studentesse, lavoratrici o blogger come me se volete vivere bene lavorando allora preparate le valige per uno di questi paesi. Da un’analisi condotta dalla Commissione Europea è stata stilata una classifica dei paesi in cui le donne lavoratrici vivono meglio grazie al trattamento equo e alle agevolazioni per le madri che lavorano.
Il risultato dell’analisi è un indice chiamato “glass-ceiling index” o più volgarmente “indice del soffitto di cristallo”. L’indice è la media ponderata, per ogni paese preso in esame, di dieci diversi fattori come il livello di istruzione delle donne, la percentuale femminile della forza lavoro, i diritti di maternità o i costi della sanità.

economist.com
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Quasi tutta la top 10 è formata da paesi nordici, l’Islanda, la Norvegia, la Svezia e la Finlandia sono ai primissimi posti.
Questo primato è dato dall’alta percentuale di donne nel mercato del lavoro, quasi al 50% con gli uomini, e il gap di trattamento economico è poco evidente (15,5% in Norvegia rispetto alla media dell’OCSE).
In Islanda oltre il 44% delle poltrone dei Consigli di Amministrazione in società quotate sono occupate da donne, grazie anche al meccanismo delle quote rosa (Scandinavia).
Un ruolo importante in queste Nazioni è giocato anche dall’assistenza all’infanzia e alla concessione di congedi per maternità e paternità. Si è visto infatti come concedendo permessi di paternità ai padri facilitava il rientro nel mondo del lavoro delle donne.

reteperlaparita.it
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Come prevedibile il nostro caro bel Paese si trova al di sotto della media dell’OCSE con un indice del 53,7%. In Italia le difficoltà per le donne sono tantissime, a maggior ragione nel mondo del lavoro. I dati Istat ci informano che una donna su due non ha un impiego. Le colpe sono molte e da attribuire a vari aspetti della nostra Nazione: la mentalità ancora molto antica ed arretrata, i trattamenti economici squilibrati e sopratutto la poca tutela in caso di maternità.
Se sei una donna in Italia e vuoi lavorare scappa. Il titolo del mio articolo è una provocazione bella e buona. Noi siamo donne. Noi siamo nate per combattere. Noi riusciremo a vincere e a cambiare questo Paese che molto vuole e poco da’ in cambio. Noi siamo donne che ce la mettono tutta sia a lavoro sia a casa quando torniamo stanche ma lo stesso giochiamo con i nostri figli. Per questo e per molto altro ancora noi non dobbiamo arrenderci ma rimanere e combattere per i nostri diritti.

“Siete stati Charlie, siete stati Parigi, sarete Ankara?” (FOTO)

Credits: lastampa.it

Quando una tragedia pubblica ti colpisce nel privato, i social network sono l’unica valvola di sfogo in questo mondo dominato dalla tecnologia. Così, dopo l’autobomba esplosa ieri ad Ankara, nel cuore della Turchia, che ha provocato almeno 37 morti, un cittadino britannico residente nella capitale turca, si sfoga su Facebook e il suo post diventa virale nel giro di una manciata di ore, tra condivisioni e commenti solidali. James Taylor, questo il nome dell’autore del messaggio, invita tutti a riflettere su ciò che è appena accaduto ad Ankara, poiché tutti noi siamo coinvolti. Occidentali e orientali compresi.

James Taylor vive ad Ankara da 18 mesi e conosce bene il luogo. “L’esplosione ha coinvolto una delle parti più affollate della città”, scrive sul suo profilo Facebook, “vicino a fermate degli autobus, con persone che aspettano di andare o tornare a casa, gente che si siede nel parco per rilassarsi e bere té.” Immaginare di vivere lì, in uno dei posti più belli del mondo, può risultare mortale. Ciò che è successo ad Ankara potrebbe accadere ovunque. “Pensate se questa gente fosse inglese e questo attacco fosse avvenuto in Inghilterra”, continua James. “Conoscenti, famigliari, forse amici. Queste persone non sono diverse. Sono solo turche.”

Vi chiederete: la Turchia fa parte del mondo arabo, quindi è una zona di guerra. Sbagliato. Questo paese non è il Medio Oriente. “Ankara è una città moderna, come le altre capitali europee”, spiega James Taylor nel suo post su Facebook. L’invito del cittadino britannico è semplice: provare a sentirsi vicini a queste persone che sono state colpite nel cuore della loro casa, sentire la stessa empatia che abbiamo provato quando Londra, New York e Parigi sono state attaccate. Solo perché in Turchia l’Islam è la religione più diffusa allora non dovrebbe importarcene? “Ankara è la mia casa, lo è stata per 18 mesi, e continuerà ad esserlo. Siete stati Charlie, siete stati Parigi. Sarete Ankara?” conclude James.

L’attacco ad Ankara deve farci riflettere. Solo perché l’altra persona è diversa da noi, che sia per la pelle o per la religione, non dobbiamo chiuderci nei nostri pregiudizi. Bisogna abbattere i muri che ci dividono e combattere il vero nemico, il terrorismo, affinché tragedie come queste non si ripetano.

Photo credits: Facebook

Le otto cose che abbiamo imparato dalle principesse Disney

credits: http://www.alfemminile.com

Tutte le donne, quando erano bambine, hanno desiderato di essere delle principesse.
Ma non una principessa qualsiasi, una delle principesse Disney. Ognuna di noi ne ha una in particolare nel proprio cuore, quella a cui ci sentiamo più simili o quella che a cui vorremmo assomigliare.
La Disney ha sempre proposto dei modelli di donne forti, indipendenti e coraggiose ma, allo stesso tempo, romantiche e sognatrici, con un solo grande desiderio nel cuore: quello di innamorarsi.

Crescendo, purtroppo, si impara che il mondo è diverso da quello delle fiabe e che certe cose possono accadere soltanto nella nostra fantasia. Non per questo però, dobbiamo arrenderci e smettere di credere nei valori che ci hanno trasmesso i cartoni più amati di tutti i tempi.
C’è molto, infatti, da imparare dalle principesse Disney. Ecco otto cose da non dimenticare mai:

1. I migliori amici non sempre sono esseri umani

Ogni principessa che si rispetti ha per amico un animale che, anche senza parlare, riesce sempre a capire i suoi sentimenti ed è sempre pronto ad ascoltarla. Come dimenticare, ad esempio, la profonda amicizia che univa la sirenetta Ariel e il pesciolino Flonder? Per non parlare di Rapunzel e Pascal, Pocahontas e Meeko e Jasmine e la tigre Raja.

2. Uno strappo alla dieta possiamo concedercelo ogni tanto

Anche se appaiono tutte bellissime e in splendida forma, nemmeno le principesse riescono a rinunciare ai dolci.
Un esempio è Anna di Frozen, che si esibisce in una vera e propria scorpacciata di cioccolato senza che le venga nemmeno un brufolo, che invidia.

3. Crollare è umano

Quante volte abbiamo assistito a scene in cui le principesse, stanche morte, entrano in camera e finalmente si stendono sul letto? Noi donne, infatti, per colpa dei vari impegni quotidiani, siamo sempre in movimento e non dobbiamo dimenticarci che un po’ di riposo è più che lecito.

4. Leggere e istruirsi è una cosa fondamentale

Belle, più di ogni altra principessa, ci ha insegnato quanto è importante la cultura nella vita di una persona e, mentre le sorelle litigavano per accaparrarsi il vestito migliore, a lei bastava un libro per essere contenta. Solamente una persona intelligente come Belle, infatti, riuscirebbe ad aprire il suo cuore a qualcuno, a prescindere dal suo aspetto.

5. Non abbiamo bisogno di un uomo

Le principesse, soprattutto quelle più moderne, come Elsa e Merida, ci hanno ricordato una cosa che spesso noi donne sottovalutiamo: la capacità di stare da sole e, contrariamente a ciò che si pensa, di non aver bisogno di essere salvate da nessuno.
E il principe azzurro? Può aspettare.

6. La goffaggine non è solo un difetto

Chi ha detto che per essere una principessa bisogna stare sempre attente ad avere un portamento impeccabile ed elegante? Mulan, Ariel, Anna e molte altre ci hanno insegnato che le ragazze goffe possono essere le più spontanee e simpatiche.

7. Dire sempre ciò che vogliamo

Per amore Ariel aveva addirittura barattato la sua voce, in cambio delle gambe.
Non dobbiamo dimenticare invece, che la voce è lo strumento più importante che abbiamo per poter esprimere ciò che sentiamo e per far capire ciò che vogliamo.

8. Fare attenzione a ciò che si beve

Quando siete in discoteca e qualcuno vi offre da bere state ben attente, non vorrete ritrovarvi davanti ad un Brucaliffo come Alice, vero?