mercoledì, 15 Gennaio 2025

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Cina: inventate le bacchette che segnalano il cibo spazzatura

faidatemania.pianetadonna.it

Se il cibo spazzatura vi ha sempre terrorizzato, non temete: finalmente è arrivata la soluzione ai vostri problemi.

In Cina, il gigante delle comunicazioni web Baidu ha inventato delle nuove bacchette chiamate Kuaisou: sono delle bacchette intelligenti capaci di rilevare se un alimento è sano o meno.

Queste nuove bacchette sono utili e semplici da usare: una volta immerse nel cibo segnalano al consumatore che tipo di alimenti sta per consumare. In particolare, riescono a capire se nel cibo c’è troppo sale o troppa umidità e se, durante la preparazione del piatto, sono stati usati vecchi oli o padelle arrugginite. Inoltre, misurano la temperatura e le calorie di ogni alimento.

Tutto questo ovviamente non può avvenire se non con l’aiuto delle nuove tecnologie: infatti le bacchette possono fornire i dati al consumatore solo se collegate ad un apparecchio elettronico, computer, tablet, smartphone o simili.

Con le nuove bacchette Kuaisou cresce l’interesse per un cibo più sano e – soprattutto – aumenta la sicurezza alimentare. Anche in Cina, dove sono stati molti gli scandali per l’uso di oli reciclati o a basso prezzo. Sia nei ristoranti che nei chiostri in strada si potranno verificare la sicurezza e l’igiene alimentare grazie alle bacchette intelligenti: un passo avanti nella storia dell’alimentazione.

Un passo, ma forse il primo di una lunga serie, almeno stando alle dichiarazioni di Robin Li CEO di Baidu che, durante uno dei discorsi di presentazione del prodotto, ha affermato che “in futuro, tramite Baidu Kuaisou, sarete in grado di conoscere l’origine di olio e acqua e altri ingredienti se ne sono andati male e che tipo di nutrienti contengono i cibi“.

Ma, anche per il nuovo prodotto bisogna attendere perchè Baidu non ha ancora messo le bacchette in vendita sul mercato. Per quanto dovremo continuare a mangiare cibo spazzatura?

Quattro buone ragioni per iniziare una dieta sana

Sembrerebbe facile entrare in un fast food o in un ristorante quando la fame inizia a farsi sentire, ma perché preferire del cibo spazzatura invece di iniziare una dieta sana? Prendere del cibo in modo veloce, che include un’infinita lista di ingredienti facili al palato, è un’attrattiva gustosa, ma essi sono privi di quei principi nutritivi che non soddisfano il corpo e la mente. Senza contare che molto cibo in scatola, posizionato nello scaffale in vista del negozio di alimentari, contiene elementi chimici e coloranti che non sono propriamente buoni per la salute. La buona notizia è che ci sono quattro buone ragioni per mangiare senza sacrificare il gusto o la salute, grazie a una quantità sufficiente di cibo sano. Ecco perché per iniziare una dieta non bisogna focalizzarsi solo su frutta e verdura.

Mantenere un peso sano

Frutta e verdura non hanno quantità di calorie tali da aver paura di salire su una bilancia per controllare il proprio peso. Accompagnate con chicchi di riso, possono diventare stuzzichini e mini panini da portare sempre dietro al fine di mantenersi pieni e con una fame soddisfacente tutto il giorno.

Meno problemi al cuore

Solo negli Stati Uniti il problema al cuore continua ad essere la causa principale di morte, il che non sorprende considerando in cosa consiste la dieta media di un americano. Ma le malattie al cuore non sono inevitabili. Consumare cibi ad alto contenuto di fibre possono aiutare a proteggere il cuore da problemi cardiovascolari. Un’abbondanza di fibra può essere trovata in cibi come riso, ma anche in alcuni frutti o verdure, come le carote.

Meno rischio di diabete

Iniziare una dieta a base di riso, frutta e verdura diminuisce il rischio di sviluppare due tipi di diabete. Consumare un cibo sano, come una dieta vegana, può aiutare a gestire il glucosio nel sangue, sia che si abbia il diabete oppure no. Assicurarsi di iniziare la giornata con una gran quantità di fibre, frutta, verdurine e stuzzichini vegani.

Combattere alcune malattie si può

Molte persone sono riuscire a combattere e ribaltare le malattie al sangue che avevano, diabete, cancro, il tutto grazie a una dieta vegana. La chiave sta nel focalizzarsi sul tipo di dieta sana che si vuole iniziare. Qui alcune idee da dove iniziare: pasta con zucchine e crema di formaggio, banana, ananas e sorbetto al mango, asparagi indiani e carote fritte. Per avere più informazioni, è raccomandabile consultare un esperto in cibo vegano che può aiutare a intraprendere i primi passi verso una dieta sana.

Imparare a mangiare in maniera equilibrata e stare bene per tutto il giorno senza l’apporto di caffeina e altri cibi stimolanti può aiutare a vivere sano con il proprio corpo e con gli altri.

S-Cambia Cibo, un progetto contro lo spreco alimentare (INTERVISTA)

Lo spreco alimentare è sicuramente una delle problematiche di maggior peso all’interno della società. Buttare cibo, di qualsiasi tipo e in qualsiasi condizione è pane quotidiano all’interno delle nostre case. Spesso, infatti, i nostri frigoriferi e le nostre dispense sono zeppi di prodotti in eccesso che finiscono nella spazzatura: infatti, secondo studi del settore, ogni anno si butta 1 miliardo e 300 milioni di tonnellate di alimenti e il 42 per cento avviene proprio nelle nostre case, per un costo medio annuo a famiglia di circa 350 euro. Un problema quindi non soltanto di natura etica, ma anche e soprattutto economica.

Ora però è possibile ridurre lo spreco alimentare grazie a una nuova pratica, quella del food sharing, già funzionante da molti anni in Germania e che ora si sta diffondendo anche in Italia, grazie al progetto del sito web S-Cambia Cibo. Un’iniziativa davvero semplice, che fa bene non solo al portafogli. S-Cambia Cibo è infatti uno strumento che mette in contatto le persone, facendo riscoprire loro il piacere della condivisione.

Com’è nato S-cambia Cibo, chi c’è dietro e come funziona la vostra attività di food-sharing?

S-Cambia Cibo è un progetto di consumo collaborativo che nasce da un’idea di petricorstudio, gruppo di ingegneri- architetti, dalle ricerche condotte per il progetto di un ristorante. Lavorando in un coworking, Kilowatt a Bologna, è facile mescolare idee e intuizioni con gli altri. Tra una pausa pranzo, un caffè e tante chiacchere SocialLAB, social media agency, Guglielmo Apolloni, web e service designer, e Indica srl, società di consulenza su sostenibilità, si sono appassionati al progetto e hanno deciso di collaborare al suo sviluppo. Dal luglio 2013, è iniziata l’avventura: a ottobre e dicembre 2013 sono stati realizzati due workshop a Kilowatt: il primo per prototipare l’utente tipo del servizio; il secondo ha visto coinvolti creativi, designer, urbanisti e vari professionisti per co-progettare il servizio S-Cambia Cibo.

A gennaio 2014 abbiamo partecipato a un bando sulla riduzione dello spreco alimentare promosso da The Hub Firenze e abbiamo vinto 3 mesi di incubazione – presso The Hub Firenze- per lo sviluppo del progetto. Dopo un percorso lungo oltre 1 anno e grazie al sostegno di Coop Adriatica il progetto si è concretizzato: domenica 7 settembre abbiamo presentato al SANA la versione beta della piattaforma, che sarà in continuo sviluppo fino a dicembre. In questi mesi coinvolgeremo alcuni tester per renderla il più possibile rispondente alle esigenze degli utenti. A dicembre verrà rilasciata la versione definitiva, ma speriamo che il servizio riscuota successo e che quindi nascano sempre più opportunità di miglioramento. Infine, ci teniamo a segnalare che S-Cambia Cibo fa parte dei progetti seguiti da RESILIA, neonata cooperativa per la ricerca e sviluppo sul tema della resilienza.

Per quanto riguarda il foodsharing, lo scambio di cibo avviene sempre offline. La piattaforma web serve solo come strumento di incontro e connessione tra le persone, che devono comunque incontrarsi fisicamente per effettuare lo scambio degli alimenti prescelti. Proprio per la forte connotazione urbanistica e sociale del progetto, questo non può prescindere da momenti di socialità e incontro, che servono per rafforzare relazioni e legami già esistenti – o neonati, conoscere o riappropriassi degli spazi della città, attraverso il cibo.

In che modo si sta evolvendo il vostro progetto e quale è la risposta degli italiani a questo tipo di iniziativa?

Dopo la presentazione al SANA il progetto sta riscuotendo un grandissimo interesse, anche da parte di media nazionali, cosa che ci fa molto piacere e ci dà una grande energia. Molte persone ci scrivono per saperne di più e per chiedere di partecipare: sembra dunque che gli italiani stiano rispondendo bene. Speriamo solo che tutto questo si traduca in effettiva partecipazione al progetto, che le persone inizino davvero a scambiare cibo tra di loro.
Il numero di iscritti è in aumento e si stanno verificando anche i primi scambi. Le persone sembrano curiose e ben disposte. Avendo diffusione nazionale, non ci sono limiti geografici. Il nostro lavoro da qui in avanti sarà quello di coinvolgere quante più persone e fare in modo che il progetto si diffonda il più possibile. Per facilitare l’espansione del progetto e facilitare gli scambi stiamo anche pensando a delle campagne virali per attivare le diverse città italiane che hanno dimostrato interesse. A Bologna, dove il progetto è nato e quindi è più conosciuto, ci sono diverse community che ci hanno dato la loro disponibilità ad essere coinvolte nel test, che riguarderà principalmente la user experience della piattaforma. Ma tutti possono partecipare: più siamo più il servizio migliorerà velocemente. S-Cambia Cibo è caratterizzato da una alta scalabilità e può essere adattato a qualsiasi territorio o città, italiana e non.

Ne approfittiamo per lanciare una call: se avete una community di riferimento (il vostro coworking, il condominio, la vostra associazione ecc) non esitate a contattarci e partecipate alla fase di testing: iscrivetevi
alla piattaforma www.scambiacibo.it, spuntate la casella “voglio rimanere aggiornato” così potremo contattarvi via mail e spiegarvi in cosa consiste il test.

È possibile vivere solo di food-sharing?

Al mondo ogni cosa è possibile, quindi mai dire mai. S-Cambia Cibo però non nasce con questo obiettivo: non vuole sostituire i canali di vendita tradizionali. Quello che il progetto si propone non è disincentivare le persone a andare a fare spesa: il progetto vuole essere solo uno strumento che dia loro la possibilità di non buttare cibo e soprattutto di riscoprire le relazioni di vicinato e comunità che si sono indebolite. Nè più nè meno quello che succedeva nei piccoli paesi (e in alcuni succede ancora) tra parenti, amici e vicini di casa: chiedersi lo zucchero, scambiare prodotti dell’orto con una gallina. Cose semplici, che sono sempre esistite; noi proviamo a farle tornare attuali, ampliando solo la base di utenti, grazie al web, che non è altro che uno strumento per mettere in contatto le persone.

Ci sono supermercati o enti che percepiscono questa pratica come una sorta di concorrenza?

Si, ci è capitato. Stavamo organizzando un evento di presentazione del progetto e abbiamo dovuto all’ultimo momento modificare l’installazione perchè gli esercenti avevano paura che facessimo loro concorrenza. E’ un peccato, perchè come abbiamo spiegato nella domanda precedente, non è nostra intenzione.

Che rapporto c’è in Italia tra cittadini e rispetto per l’ambiente/risparmio e socialità?

L’attenzione dei cittadini italiani rispetto a queste tematica sta crescendo e noi siamo fiduciosi che aumenti sempre di più. Ma ne abbiamo di strada da fare: è ancora forte una visione legata ai benefici ambientali ed economici soggettiva e personale. Secondo noi, invece, deve iniziare a crescere la consapevolezza sociale. Solo in questo modo questi tre elementi (ambiente, risparmio e socialità) potranno effettivamente creare un sistema forte e duraturo. È necessario accrescere il senso civico delle persone, diffondere una visione non individualistica, ma legata alla collettività, e questo obiettivo può essere raggiunto incentivando i processi di partecipazione attiva dei cittadini alle scelte pubbliche, ma anche alla progettazione di servizi che riguardano tutti. In questo modo è più semplice rendere le persone consapevoli del fatto che l’attenzione al bene comune (l’ambiente in questo caso) e la sua salvaguardia producono un risparmio economico e di risorse che ricade sull’intera comunità. Il primo passo per raggiungere questi obiettivi è quello di riscoprire la socialità e le relazioni; ci sentiamo di dire che in generale il fenomeno della sharing economy sta andando verso questa direzione: c’è più fiducia nell’altro e si scopre sempre più il piacere della condivisione.

Quali sono i vostri obiettivi?

S-Cambia Cibo nasce con lo scopo di ridurre lo spreco alimentare attraverso lo scambio diretto di alimenti in scadenza, che, invece di diventare rifiuti, sono rimessi in circolo. Ma l’obiettivo non è solo quello di ridurre lo spreco alimentare, ce ne sono molti altri. Innanzitutto è un progetto urbano e sociale.

Urbano perchè, attraverso i dati che ci saranno forniti dalla piattaforma (numero e qualità degli scambi) potremo avere una rilettura nuova della città: S-Cambia Cibo ci darà la possibilità di creare mappe narrative delle città, che ci racconteranno, per esempio, la quantità di cibo scambiato e le relazioni che si instaureranno.
Sociale perchè mette al centro la comunità: il progetto si è sempre proposto di andare a intercettare comunità cittadine già esistenti dalle quali partire per effettuare scambi diretti di cibo tra persone conosciute, per poi estenderli, volendo, anche tra sconosciuti. In questo modo si propone di generare benefici sociali, rafforzando le relazioni già esistenti – condividere il cibo in eccesso è un modo per fortificare il legame con i nostri amici, vicini, colleghi, conoscenti- e dando l’opportunità di incontrare nuove persone: gli scambi, infatti, possono avvenire anche tra sconosciuti.

Il progetto ha poi anche altri obiettivi: economici: scambiare alimenti ancora consumabili, invece di comprarne di nuovi, è un ottimo modo per risparmiare qualche euro; ambientali: scambiando alimenti ancora consumabili si riduce la produzione di rifiuti e di conseguenza le emissioni di CO2, il consumo di acqua e il degrado del suolo necessari per il loro smaltimento.

Le 10 cose che devi assolutamente sapere sul sushi

Credit: onehallyu.com

Sushi, sushi e ancora sushi; in tutte le salse, e anche in tutti gli all you can eat che abbiate mai provato. Come si può fare a meno del sushi? La risposta è una sola: non si può.
Ma dopo anni su anni, cene su cene, a perfezionare la tecnica di presa con le bacchette, siamo davvero sicuri di conoscere bene l’amato piatto a base di pesce e riso?

1. Il sushi non ha origine giapponese

Molti dei simboli culturali giapponesi sono stati importati dalla Cina. Così come la scrittura, il buddhismo Zen e i bonsai, anche il sushi è di importazione cinese. Lì, già dal quarto secolo si usava abbinare al pesce il riso, per permetterne la conservazione tramite la fermentazione. Però, il sushi moderno – per intenderci, il classico nighiri che ordiniamo al ristorante – prende davvero vita nelle bancarelle di Tokyo.

2. Il wasabi non-wasabi

La salsa wasabi che ci troviamo nel piatto quando il cameriere ci porta le ordinazioni non è vera salsa wasabi, ma solo un fac simile: quella che in giappone chiamano western wasabi, un’imitazione composta da radice di rafano e colorante verde. Quello originale invece si chiama l’hon wasabi e viene prodotto con una rara piantina difficile da coltivare, e molto costosa: la Wasabia Japonica.

Un’accortezza: l’uso più corretto del wasabi è quello di associarlo direttamente al sashimi, e non aggiungerlo alla salsa di soia.

3. Lo zenzero

No, lo zenzero non è solamente decorativo. Ha funzioni reali, dimenticate le teorie più disparate che avete complottato durante le abbuffate con i vostri amici. La realtà è che lo zenzero serve per pulirsi la bocca quando si cambia tipologia di pesce. L’alta scuola del sushi, tra l’altro, prevede che questo cambio vada fatto in un preciso ordine: i vari tipi di pesce devono essere consumati dal più delicato al più deciso.

4. La salsa di soia

Per concludere il discorso salse, non poteva mancare la soia. Secondo la tradizione la salsa di soia era fatta con tre semplici ingredienti: semi di soia, sale e acqua; fermentati per mesi con muffe particolari. La soia di oggi è invece prodotta in pochi giorni con soia idrolizzata.

5. Niente salmone in Giappone

Ebbene si, in Giappone niente salmone; si trova solo nei ristoranti occidentali. Non essendo un pesce autoctono – il salmone viene infatti importato dalla Norvegia – difficilmente lo troverai nei ristoranti di Tokyo (soprattutto quelli di fascia alta), dove viene servito solo pesce fresco.

6. Il tonno non è tutto uguale

Vi siete mai accorti che il tonno sul vostro nighiri non è sempre identico? Questo perché con diverse parti del tonno si possono ricavare tre diverse pietanze: l’akami, cioè la parte più magra, scura ed economica del tonno; il chutoro, più chiaro, mediamente costoso e grasso; e infine l’otoro, la parte extra grassa, rosa, dolce e particolarmente costosa.

7. Il polpo perfetto

Un bravo shokunin – maestro di sushi – sa che ogni pesce va scelto, tagliato, composto e servito in modo estremamente preciso. Il polpo, che però richiede un trattamento particolare: la sua carne va massaggiata. E il trattamento può durare addirittura 45 minuti.

8. Le bacchette

Se per voi le bacchette sono un punto ostico, questa notizia vi rasserenerà. Tradizionalmente il sushi va mangiato con le mani – così si fa ancora nei ristoranti in Giappone, anche nei più esclusivi.

9. Quando ordinare la zuppa di miso

La tanto amata zuppa di miso non è un aperitivo: è indicata dopo il main course o alla fine del pasto.
Ma di cosa si tratta? Si tratta di una pasta fatta con semi di soia gialla giapponese, o con altri cereali, dalla consistenza simile a quella del nostro purè, con forte potere digestivo e alcalinizzante. È considerato uno dei segreti della longevità nella tradizione giapponese.

10. Indecisi sull’ordinazione? Omakase!

Non sei mai stato in un ristorante giapponese e non sai cosa ordinare? Sei un abitué dell’all you can eat sotto casa e non sai più cosa ordinare? Omakase è la risposta.
Letteralmente significa “mi fido di te”, questo permette allo chef di decidere per voi un percorso culinario, che tradizionalmente si divide in tre movimenti: si parte con i pesci dal gusto più delicato, come la platessa, la seppia o lo sgombro cavallo. Il secondo movimento consiste in un’improvvisazione durante la quale viene proposto il pescato del giorno come, per esempio, la vongola, il polpo o il mazzancolla. Infine, il terzo movimento è il tradizionale finale, include le anguille di mare, lo sgombro, le uova e il riccio di mare.

[Credit: wired.it]