venerdì, 22 Settembre 2023

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Mastoplastica additiva, tutto quello che dovresti sapere

chirurgia plastica

Prima di prendere una decisione definitiva sul sottoporsi o meno ad un intervento di mastoplastica additiva, ogni donna si rivolge al mondo web per cercare tutte le informazioni possibili:

Le varie opzioni di intervento chirurgico;

Quante tipologie di protesi mammarie esistono;

Quali sono i rischi durante e dopo l’intervento chirurgico;

La convalescenza e il decorso postoperatorio;

Sfatare i vari miti nell’accogliere un corpo estraneo al nostro;

Leggere o partecipare a conversazioni sul web di donne che parlano della loro esperienza medica, e delle motivazioni personali per cui un intervento di chirurgia estetica ha rappresentato una vera e propria cura psicologica.

E’ importante, prima di far visita al chirurgo e avere realmente coscienza di cosa vuol dire sottoporsi ad un intervento di mastoplastica additiva, prendere confidenza con l’argomento chirurgia estetica, analizzare se stessi, e scoprire il grado di importanza che un difetto fisico può avere sul proprio benessere fisico e psicologico.

Quali donne si sottopongono a questo tipo di intervento chirurgico?

Generalmente le donne che desiderano aumentare il volume del seno, sono quelle che hanno affrontato una gravidanza, oppure una dieta dimagrante, cause di uno svuotamento del seno e di una riduzione del volume. Oppure, semplicemente, si tratta di donne molto giovani che associano il concetto di femminilità alla bellezza di un seno prosperoso. In ogni caso, è fondamentale aprirsi e curare prima di tutto l’aspetto psicologico, e se l’intervento chirurgico rappresenta la soluzione alle proprie insicurezze diventa anche una propria responsabilità, in quanto si racconta di donne felici e che si descrivono come rinate dopo l’intervento e di donne che se potessero tornare indietro non rifarebbero la stessa scelta.

Come avviene l’operazione?

L’intervento può essere eseguito sia in anestesia totale che locale. Nel primo caso, il paziente viene addormentato completamente, e dovrà rimanere a letto anche il giorno successivo; nel secondo caso, invece, salvo complicazioni, potrebbe essere dimesso il giorno stesso in cui è avvenuto l’intervento.

Dopo il momento dell’anestesia ci sarà quello dell’operazione vera e propria, con l’inserimento di una protesi mammaria mediante incisione. Questa fase può avvenire secondo diverse tecniche: può essere inciso di circa 5cm il solco sottomammario, oppure il cavo ascellare oppure il contorno inferiore dell’areola; tecnica ulteriore è quella che si svolge attraverso l’inserimento della protesi per via transombelicale. La durata dell’operazione è di circa due ore, e i tempi di ripresa variano dalle 3 alle 6 settimane.

Qual è il prezzo medio per una mastoplastica additiva?

Il prezzo per l’esecuzione di una mastoplastica additiva varia in base a diversi fattori, si stima, infatti, dai 5000 ai 7000 euro. Il prezzo può lievitare in base alla scelta del chirurgo, infatti, se si tratta di uno specialista noto, con anni di esperienza, ed un alto numero di interventi eseguiti con successo, il prezzo lieviterà in proporzione; altro fattore, che incide sul costo della mastoplastica additiva, è il tipo di tecnica utilizzata per l’inserimento della protesi mammaria, e il tipo di anestesia, infatti, se generale, sarà più alto perché si ha un decorso post operatorio più lungo, con tempi di permanenza in clinica maggiori.

Un’ora e mezza di sonno in più fa dimagrire

Se questa mattina vi siete trattenute a letto più del dovuto, potete complimentarvi con voi stesse: il sonno extra non solo ci fa sentire più rilassate, ma ci fa diventare più snelle – questo il parare dei ricercatori che hanno scoperto che anche soltanto un’ora e mezza di sonno in più fa dimagrire, perché aiuta a ridurre la sensazione degli attacchi di fame e la voglia di cibo-spazzatura.

Lo studio, condotto dagli scienziati dell’Università di Chicago, ha dimostrato che negli adulti giovani in sovrappeso presi in esame che andavano a letto prima o che restavano a letto più a lungo del solito si riscontravano un calo d’appetito del 14% e una diminuzione del 62% della voglia di snack poco sani, dolci e salati.

La scoperta suggerisce che delle semplici modifiche ai tempi che si passano a letto potrebbero aiutare a combattere l’obesità, malattia sempre più diffusa. Già studi precedenti avevano dimostrato che dormire troppo poco può causare problemi di peso, in parte legati al fatto che vengono a sbilanciarsi gli equilibri ormonali che permettono di tenere sotto controllo l’appetito.

Gli scienziati dell’Università di Chicago, in ogni modo, volevano vedere quanto una piccola alterazione alle abitudini che abbiamo a letto potesse incidere al livello di fame e di usi alimentari: hanno così esaminato 10 tra uomini e donne, obesi o in sovrappeso, di età compresa tra i 21 e i 40 anni che dormivano in media sei ore e mezza a notte. Nel corso della prima settimana è stato chiesto loro di continuare a dormire come d’abitudine e di rispondere frattanto a questionari circa la fame avvertita e i desideri alimentari. Nel corso della seconda settimana, invece, è stato chiesto loro di allungare i tempi trascorsi a letto fino a otto ore e mezza: ognuno di loro è stato fornito di un monitor su cui registrare quando si alzavano e tutti tenevano un diario sulle modalità in cui dormivano.

I risultati, pubblicati sul giornale Appetite, hanno dimostrato che aumentare il tempo trascorso a letto riduceva negli esaminati la sensazione d’appetito in maniera significativa. Per il Professor Jim Horne, ex direttore della ricerca sul sonno alla Loughborough University del Leicestershire, afferma che tempi prolungati a letto paiono frenare la fame per un effetto cerebrale dovuto alla fase REM (Rapid Eye Movements), la quale se prolungata avrebbe proprietà inibenti rispetto all’appetito.

Innamorarsi fa bene alla linea

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Innamorarsi? Pare faccia bene alla linea. Avete capito bene: spasimare per qualcuno che amiamo o che ci piace sembra che faccia assimilare meno calorie. Una notizia del genere sembra davvero insolita, ma pare che sia esattamente così: l’amore fa perdere peso. A dirlo è l’università di Harvard attraverso una ricerca di recente pubblicata sul giornale Obesity. L’alleato contro i rotolini di ciccia pare sia una sostanza chiamata ossitocitina e conosciuta come l’ormone dell’amore.

Le cavie di questa singolare ricerca sono 25 uomini di cui 13 dal normopeso e 12 obesi.
I ricercatori hanno concentrato dell’ossitocina all’interno di uno spray nasale che hanno consegnato a metà dei partecipanti, mentre all’altra metà è stato consegnato un placebo.
In un secondo momento è stata servita la colazione ai partecipanti e i ricercatori hanno misurato il quantitativo di calorie ingerite in quel momento, tenendo conto del fatto che ogni singolo uomo avesse mangiato tutto ciò che desiderava.
Dopo circa otto settimane, nelle quali i partecipanti hanno inalato regolarmente gli spray, è stata fatto fare loro di nuovo colazione; anche in questa occasione le cavie hanno potuto consumare tutto ciò che desideravano e poi, come nella prima occasione, sono state misurate a ciascuno le calorie ingerite.

La ricerca ha messo in evidenza che gli uomini che avevano assunto ossitocina avevano assimilato 122 calorie in meno e avevano aumentato la sensibilità all’insulina.
Lo studio riguarda una fetta di persone davvero piccola; saranno necessari ulteriori approfondimenti ma per ora è sicuro che innamorarsi faccia davvero bene alla salute.

Andare in vacanza: pro e contro

Non sempre rilassarsi è un’esperienza piacevole, anzi. Occorre, così, prendere in considerazione pregi e difetti dell’andare in vacanza: pro e contro, come in ogni circostanza, sono aspetti da valutare per non incappare in situazioni sgradevoli. Già viaggiare in aereo, per esempio, può provocare mal di denti inediti: a causa dei cambiamenti d’altitudine, delle sacche d’aria potrebbero restare intrappolate nelle otturazioni e nelle carie, provocando fastidi che però, in genere, passano dopo poche ore dall’atterraggio. E, se si è deboli di stomaco, i voli molto lunghi potrebbero causare un rallentamento della velocità alla quale il cibo si muove attraverso l’apparato digestivo, insieme con una certa disidratazione: tutto ciò finisce col generare costipazione.

Ancora, sebbene prima di partire si possa essere in piena salute, ci si potrebbe ritrovare raffreddati o influenzati non appena arrivati a destinazione. Uno studio olandese ha, infatti, rivelato che una persona su 30 tende ad ammalarsi – seppure presentando una sintomatologia variabile a seconda del soggetto – non appena smette di lavorare e si appresta a rilassarsi: si tratta del cosiddetto “disturbo da svago”. La spiegazione consisterebbe nel fatto che al lavoro il corpo produce incessantemente ormoni dello stress quali l’adrenalina, che aiuta a prevenire le infezioni proprio mentre ci si trova indaffarati nel disbrigo delle questioni quotidiane: così, non appena si comincia a rilassarsi, ci si ritrova più esposti ai virus. Del resto, il viaggio in sé costituisce una forma di stress. In vacanza l’accumulo di stress si traduce, allora, in un calo delle difese immunitarie che ci rende più vulnerabili: una condizione in cui è altamente sconsigliabile stare in prossimità di altre persone, così come accade in aeroplano, dove il contagio da raffreddore aumenta del 100%.

Il caldo, poi, può creare grossi problemi ai diabetici, che corrono un rischio maggiore di cali ipoglicemici: ciò accade perché, mentre l’organismo tende al raffreddamento, i vasi sanguigni si ingrossano e la pressione sanguigna andrebbe, pertanto, tenuta sotto controllo con maggiore attenzione. Inoltre, nonostante si pensi comunemente che aiutino a combattere i mal di testa, le vacanze, in realtà, possono favorire l’insorgere di emicranie. Il problema si potrebbe far risalire all’aumento della pressione sanguigna legata all’alta temperatura, che andrebbe a creare disturbi all’ipotalamo, la parte del cervello che rappresenta il nostro termostato naturale. Anche mal d’aria, mal d’auto e mal di mare potrebbero causare emicrania: in questi casi, la soluzione sta nella prevenzione. Per cui, se c’è posto a sedere in aereo, è raccomandabile accomodarsi nel punto più stabile, cioè all’altezza dell’ala; in nave, la postazione migliore è al centro, mentre in auto la più indicata è al seggiolino della parte anteriore dell’abitacolo. Un altro suggerimento è quello di tenere gli occhi chiusi il più possibile, dato che i malesseri da viaggio sono generalmente provocati dalla discordanza tra le informazioni captate al livello visivo e quelle percepite tramite l’udito.

Un altro disturbo riscontrabile in vacanza è la sonnolenza, per via del fatto che nella maggioranza di casi ognuno di noi soffre di carenza di sonno. Così, una volta rilassati, cerchiamo di recuperare: una tendenza cui si vanno ad aggiungere anche le conseguenze legate al caldo, ai pasti più pesanti, al consumo di alcol e all’ora più tarda a cui si va a dormire – posticipata proprio in virtù del fatto che si dorme nel pomeriggio. L’intero ciclo del sonno risulta, così, alterato. In più, se la vacanza la si trascorre al mare, ci si potrebbe ritrovare a dormire ancora meglio: difatti, l’aria di mare si caratterizza per un’alta concentrazione di ioni negativi di idrogeno, delle particelle che potenziano la nostra capacità di assorbire l’ossigeno e che favoriscono la produzione di serotonina, l’ormone della felicità.

Colmo dei colmi, molti studi hanno dimostrato che non conta quanto ci siamo divertiti durante le nostre vacanze: l’effetto tenderà a scomparire in meno di una settimana. Un vacanziere su tre afferma, infatti, che soltanto il pensiero di dover tornare al lavoro lo fa cadere in uno stato di depressione, pensiero che spesso ci fa concepire persino la partenza come qualcosa di insensato. Sarebbe, pertanto, preferibile concedersi – se possibile – un giorno di “recupero”, per riprendersi dalle vacanze, durante il quale non si cominci immediatamente a rispondere a tutte le e-mail. Un metodo, questo, che potrebbe risparmiarci l’ansia cui ci condanniamo da soli. L’unica cosa davvero importante da fare è disfare immediatamente i bagagli: niente di peggio di una valigia ancora nell’angolo della stanza a ricordo costante della fine della nostra vacanza.

Non possono esserci, ovviamente, soltanto lati negativi: come suggerisce una recente ricerca condotta presso le Università del Southampton e di Edimbugo, durante la quale 24 giovani sono stati esposti per venti minuti alla luce di lampade abbronzanti, stare al sole favorisce l’abbassamento della pressione sanguigna. Nei soggetti esaminati, la pressione diastolica (il più basso dei valori sanguigni quando il cuore si rilassa) ha mostrato una notevole diminuzione, persistita per per almeno mezzora dallo spegnimento delle lampade. Si crede, infatti, che i raggi ultravioletti sollecitino al livello epiteliale la produzione di un composto detto ossido nitrico, che induce al rilassamento i vasi sanguigni e, di conseguenza, a un abbassamento della pressione.

Inoltre, se si soffre di disturbi dermatologici come, per esempio, la psoriasi – che comporta desquamazioni su gomiti, ginocchia e cuoio capelluto -, in vacanza si può notare in questo senso un netto miglioramento. Esporsi ai raggi ultravioletti, difatti, riduce significativamente le infiammazioni della pelle: bastano semplicemente cinque minuti di esposizione (senza crema protettiva) per verificarne gli effetti. Ancora, la salsedine, presentando proprietà antisettiche, potrebbe aiutare a guarire da infezioni associate all’eczema – nonostante sia importante risciacquarsi dopo aver nuotato, idratare la pelle e applicarvi la crema protettiva: un effetto benefico derivante, con tutta probabilità, dall’alta concentrazione di sale e cloruro di potassio presente nell’acqua di mare, che favorisce la formazione di una barriera al di sopra della zona epidermica interessata, velocizzandone la guarigione.