giovedì, 19 Dicembre 2024

Ma cosa mangi?

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Gli alimenti non hanno più segreti: nella rubrica Ma cosa mangi la dott.ssa Fernanda Scala vi aiuta a scoprire cosa mangiate realmente

Zucchero nascosto: ecco gli alimenti più ricchi

Credits photo: www.epochtimes.it

Lo zucchero svolge un ruolo fondamentale nel nostro organismo, ovvero quello di fornire energia a tutto il corpo per sostenere tutti i processi metabolici.

Il problema principale è però il suo consumo eccessivo, principalmente inconsapevole, che ha reso lo zucchero una delle prime cause del sovrappeso, dell’obesità, del diabete e dell’insorgenza di malattie cardiovascolari nella popolazione pediatrica ed adulta.

Le linee guida fornite dai LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia) definiscono per ogni individuo adulto un apporto giornaliero di zuccheri inferiore al 15% dell’apporto calorico totale, comprendente sia il livello di zuccheri presenti naturalmente negli alimenti sia quelli aggiunti, percentuale che viene abbondantemente superata considerando che mediamente vengono consumati circa 90-100 grammi di zucchero al giorno/individuo.

Solitamente se si pensa allo zucchero la prima immagine che viene rievocata alla mente è quello che noi aggiungiamo a bevande e alimenti per dolcificarle. In realtà questo rappresenta solo una piccola parte dello zucchero che assumiamo ogni giorno.

Gli zuccheri nascosti

La maggior parte degli alimenti che portiamo sulle nostre tavole nascondono, nella loro composizione, zucchero, spesso in quantità estremamente elevata.

Se consideriamo ad esempio le bibite dolci gasate, queste apporteranno dagli 8 ai 10 cucchiaini di zucchero (circa 50 grammi), così come le bevande a base di the o nei succhi di frutta, con un contenuto medio di zucchero pari a circa 10-15 grammi per 100 ml di prodotto.
Questi quantitativi rendono le scelte che spesso facciamo meno salutari di quello che crediamo, introducendo quindi eccessive quantità di zucchero.

Ma le bibite non sono le uniche a nascondere grandi quantità di zuccheri.
Se ad esempio consideriamo uno yogurt magro, magari fortemente pubblicizzato per il suo ridottissimo contenuto in grassi, potremmo rimanere delusi scoprendo che può contenere fino a 15-20 grammi di zucchero ogni 100 grammi di prodotto.

Allo stesso modo un’altra fonte di zuccheri nascosti è rappresentata dalla maggior parte dei cereali consumati per la prima colazione che, sebbene promettano effetti miracolosi sulla salute e l’utilizzo di ingredienti eccellenti sulle loro attraenti confezioni, possono arrivare a contenere fino a 40 grammi di zuccheri per 100 grammi di prodotto.

Ma questi sono solo alcuni. Gli alimenti “insospettabili” sono veramente tanti ed includono conserve di pomodoro, sughi pronti, legumi precotti, salumi, le impanature degli alimenti preconfezionati, salse a base di ketchup, senape, maionese (anche laddove riportata la dicitura light).

Così come tutti i prodotti da forno tipo grissini, cracker, bruschette, pane in cassetta, biscotti, fette biscottate, dove l’utilizzo di farine più o meno salutari tipo farro, kamut, grano saraceno, integrali non significa a tutti i costi che il prodotto sia effettivamente salutare se poi all’utilizzo di preziose farine viene associato un elevato quantitativo in zuccheri.

E se gli alimenti sopraelencati potevano destare ancora qualche sospetto, si resta veramente stupiti quando elevati quantitativi di zuccheri vengono rinvenuti anche nei minestroni, nei contorni a base di verdure surgelati o nelle zuppe.
Del resto non dobbiamo dimenticare che lo zucchero viene utilizzato sia come addensante sia come crioprotettore per preservare gli alimenti.

Il consiglio del nutrizionista

Ed allora come fare per evitare di introdurre troppi zuccheri attraverso la dieta quotidiana?

Spesso ci dimentichiamo che, noi consumatori, abbiamo a disposizione degli strumenti utilissimi, rappresentati dalle etichette nutrizionali e dalla lista degli ingredienti.

Imparare a leggerli ed utilizzarli è sicuramente un ottimo punto di partenza.

Confrontare gli alimenti in base alle componenti che presentano e, nello specifico, rispetto al loro contenuto in zuccheri, rappresenta un primo importante passo per riuscire ad identificare quei prodotti che rappresentano effettivamente una buona scelta per il nostro benessere, al di là delle belle immagini e frasi riportate sulle confezioni.

Quindi prestiamo attenzione, oltre che alla classica dicitura zuccheri, anche ad altre sostanze utilizzate per dolcificare come miele, saccarosio, fruttosio, sciroppo di glucosio o fruttosio, maltosio, destrine, sciroppo di amido, sciroppo di malto, maltodestrine, mannitolo, aspartame, sciroppo di riso, succo d’agave, manna, zucchero d’uva, succo di mele etc..

Importante è quindi imparare a comprendere non solo la quantità dei carboidrati che una corretta dieta deve apportare in base alle specifiche esigenze nutrizionali del soggetto, ma quindi anche la qualità, limitando l’assunzione di zuccheri eccessivi e prediligendo il consumo di alimenti dal basso indice glicemico.

Una buona alimentazione è amica della salute.

Konjac: la radice senza calorie

Credits photo: www.donnamoderna.com

La radice Konjac, simile ad una barbabietola, sembra rappresentare la moda del momento.

Ampiamente utilizzata dai giapponesi sia come rimedio naturale per curare tosse, asma, ustioni, nonché a livello culinario, è un alimento ricco in amminoacidi, fibre altamente digeribili, proteina grezza pari al 10% ed oligominerali quali ferro, calcio, zinco, fosforo e manganese, mentre presenta pochissimi carboidrati e grassi.

La fibra alimentare ricavata da questa radice, il glucomannano, ha la caratteristica di rigonfiarsi a contatto con l’acqua.
Questo determina un aumento del proprio volume formando una vera e propria massa gelatinosa.

Questa, rigonfiandosi, favorisce la distensione delle pareti gastriche permettendo quindi di ridurre la sensazione di appetito.

A livello enterico invece, come tutte le fibre alimentari, stimola e favorisce la peristalsi intestinale, riduce l’assorbimento di glucidi e lipidi, rappresentando quindi un ottimo coadiuvante nelle diete ipocaloriche volte alla perdita del peso corporeo.

In realtà questa radice sta diventando nota non tanto per le sue proprietà nutritive, bensì per il suo ridotto valore calorico.

Dopo essere stati raccolti, i tuberi vengono puliti, cotti, essiccati e ridotti in farina.
Questa farina può essere impiegata per svariate preparazioni tra cui la realizzazione degli shirataki, una sorta di noodles, molto simile nella forma alla pasta occidentale.

In commercio gli shirataki si possono trovare o immersi in un liquido, quindi andranno semplicemente risciacquati in acqua tiepida, o secchi da reidratare in acqua bollente, per poi essere conditi come più si preferisce siccome rappresentano un alimento completamente insapore.

Il loro valore calorico?
Nel primo caso, già reidratati, avranno un valore calorico pari a 10 Kcal ogni 100 grammi di prodotto, mentre per la versione secca da reidratare il valore calorico sarà pari a 20 Kcal ogni 100 grammi.
Inoltre è un alimento privo di glutine, idoneo quindi anche per i soggetti affetti da celiachia.

Il glucomannano viene inoltre utilizzato ampiamente nell’industria alimentare sia come farina per confezionare biscotti, gallette, sia come addensante, facilmente riconoscibile nell’etichetta nutrizionale con la sigla E425.

Controindicazioni

Anche se il ridottissimo contenuto calorico rende il prodotto molto attraente è importante evidenziare che il loro consumo non è consigliato in tutti i soggetti.

Ad esempio, dato il loro bassissimo contenuto energetico, non è raccomandato nelle donne durante la gravidanza o in fase di allattamento.

Allo stesso modo in tutti quei soggetti in cui si osserva un elevato tasso di ipoglicemia, sarebbe bene evitarne il consumo data la capacità del glucomannano di abbassare ulteriormente il glucosio nel sangue.

Anche se state seguendo una specifica cura farmacologica, parlatene con il vostro medico in quanto il glucomannano può ridurre la naturale disponibilità di altri farmaci per via orale.

Attenzione inoltre a non abusare di questo prodotto. Diversi studi scientifici hanno infatti evidenziato come un eccessivo consumo di questa sostanza possa comportare problematiche a livello epatico e fastidi a livello gastro intestinale.

Una buona alimentazione è amica della salute.

La dieta reducetariana, l’ultima moda del momento

Credits photo: www.pianetadonna.it

La dieta reducetariana nasce dal movimento alimentare lanciato da Brian Kateman, un giovane ricercatore dell’americana Columbia University del dipartimento di Ecologia e biologia ambientale, che ha come elemento chiave un consumo limitato di carne, una scelta a cui tutti possono facilmente aderire in quanto meno proibitiva rispetto ad altri regimi.

A differenza di regimi alimentari più proibitivi quali la dieta vegetariana, vegana, fruttariana, crudista, questo regime alimentare non bandisce in maniera drastica alcuni alimenti come la carne, ma consiglia di controllarne la quantità e la frequenza di assunzione, nonché la qualità dei prodotti che vengono portati sulle nostre tavole. Fondamentale quindi acquistare prodotti di origine animale in cui il bestiame è nutrito al pascolo, e non in allevamenti intensivi.

Una vera e propria scelta etica che mira a sviluppare una maggiore consapevolezza verso l’ambiente e la salute.

Il movimento è diventato subito virale tanto che sui social è stato lanciato l’hashtag #lessmeat, ovvero meno carne da provare per un regime alimentare di almeno 30 giorni.

Sotto la lente d’ingrandimento non troviamo soltanto la tanto discussa ed incriminata carne rossa, ma tutte le carni compresi gli affettati.
In realtà le dosi ridotte da introdurre nella dieta quotidiana includono anche altre fonti proteiche di origine animale quali pesce, molluschi, uova, latte e derivati.

Via libera invece al consumo di legumi, cereali e verdure.

Come portare in tavola meno carne

Per limitare il consumo di carne un primo piccolo e semplice consiglio è quello di evitare di consumare nei due pasti principali questo alimento: se si è mangiata a pranzo sostituirla con un altro alimento la sera.

Necessario poi identificare all’interno della settimana una giornata in cui non vengano consumate proteine di origine animale, scegliendo ad esempio in alternativa i legumi, un alimento che nelle giuste quantità può completamente sostituite la carne fornendo tutti i fabbisogni nutrizionali necessari all’organismo.

Imparare a riproporzionare i nostri piatti, riducendo la quantità di carne consumata ed incrementando le porzioni di verdure e ortaggi.

Introdurre poi, al posto della carne, almeno 2-3 giorni in cui viene consumato preferibilmente il pesce, magari scegliendo la varietà azzurra ricca di acidi grassi essenziali, omega 3 ed omega 6, preziosissimi per il nostro organismo ed in grado di proteggere il sistema cardiovascolare.

Il parere dell’esperto

Ma siamo certi che la dieta reducetariana sia effettivamente un concetto nuovo?

Forse lo sarà in America o nei paesi anglosassoni che hanno fatto delle proteine animali il fulcro della loro dieta quotidiana, ma se noi italiani la analizziamo bene ci renderemo conto che non è altro che una rivisitazione della nostra e tanto preziosa dieta mediterranea.

Anche questa infatti pone alla sua base un consumo frequente di cereali, legumi e verdure, consigliando una bassa frequenza di assunzione per quanto riguarda le proteine animali.

Sicuramente questo nuovo regime alimentare pone un accento importante sulla qualità dei prodotti che vengono portati sulle nostre tavole, e che è sicuramente un aspetto fondamentale che non deve essere tralasciato dal consumatore.
Imparare a scegliere gli alimenti giusti, capire effettivamente la salubrità e la genuinità dei cibi che consumiamo, non lasciarci influenzare solo dalla denominazione “prodotto biologico” ma capire effettivamente la provenienza di questi, è importantissimo per riuscire a nutrirci in maniera corretta preservando il nostro stato di salute.

Una buona alimentazione è amica della salute.

Carne magra: ecco quale scegliere

Credits photo: http://www.dietaland.com/

La carne è una fonte proteica dall’elevato valore biologico, ovvero le sue proteine risultano essere molto simili a quelle umane, il che le rende facilmente utilizzabili dall’organismo per sopperire ai molteplici processi biologici in cui sono attivamente coinvolte quale la maggior parte dei processi metabolici, la produzione di ormoni, di anticorpi, del turn over cellulare, della coagulazione del sangue etc.

Questo alimento inoltre fornisce un’ottima quota di ferro, il cui grado di assorbimento da parte dell’organismo è nettamente superiore rispetto al ferro disponibile negli alimenti di origine vegetale, nonché di sali minerali (principalmente zinco e ferro).

Anche dal mondo vegetale è possibile attingere alla quota proteica, come ad esempio le proteine vegetali presenti nei legumi, ma queste mostrano un inferiore grado di similitudine rispetto a quelle umane determinando, nel caso di scelte alimentari specifiche, la possibilità di incorrere in specifiche carenze nutrizionali che dovranno essere compensate dall’utilizzo di integratori specifici. Tuttavia nel caso in cui il soggetto segua una dieta in cui sia previsto il consumo di pesce, uova, latte e derivati, eventuali carenze nutrizionali dovute all’eliminazione della carne dalla propria alimentazione, tendono a diminuire.

Le carni magre

Ma quali sono le carni da preferire ed introdurre nella nostra dieta quotidiana?

Bisogna infatti ricordare che la carne può contenere quantità significative di lipidi (grassi), ed in particolar modo di colesterolo.
Maggiore sarà la quantità di colesterolo presente nella carne, maggiore risulterà il suo potere calorico, associata ad una minore digeribilità del prodotto.

È bene però ricordare che anche altri alimenti possono fornire un’elevata quota di grassi, come i formaggi, rendendo quindi la scelta di escludere la carne dalla propria dieta solo per ridurre l’introito lipidico non proprio la più corretta.

Per chi quindi non vuole escludere la carne dalla propria dieta quotidiana, ma vuole porre attenzione alla quantità di grassi introdotti, è importante imparare a scegliere i tagli e le specie più magre.

La classificazione tra carni magre e grasse è relativa alla percentuale di grassi in esse contenuti. Per carni magre si farà riferimento a quei tagli/specie che contengono al massimo il 5% di lipidi, mentre per carni grasse quelle con un valore superiore al 5% fino al 40%.

Pollo, tacchino, coniglio, carne di maiale, carne di vitello e fesa e girello di bovino, sono tutti tagli che presentano un potere calorico contenuto (tra le 100 e le 140 per 100 grammi di prodotto) ed una discreta quota di grassi, principalmente insaturi, ma allo stesso tempo rappresentano un’ottima fonte di proteine ad elevato valore biologico, di fosforo, ferro, provitamine, vitamina B ed amminoacidi essenziali.

Tuttavia anche per queste carni, al fine di ridurre la quantità in grassi, è fondamentale eliminare sempre il grasso visibile, compresa la pelle del pollo e del tacchino, evitare metodologie di cottura che prevedano l’utilizzo di ulteriori grassi da condimento (tipo burro, margarine), e limitare il consumo di frattaglie grasse, come il cervello, fonti alimentari di grassi saturi e colesterolo, in cui la concentrazione di colesterolo può raggiungere valori superiori ai 2 grammi/100 grammi (ricordiamoci che il fabbisogno totale giornaliero è di soli 0,3 grammi).

Non dimentichiamo mai che la cottura ideale della carne sarebbe alla griglia ma anche cotte al forno o semplicemente bollite.

Quanta carne consumare

Sono tanti ormai gli studi scientifici che hanno evidenziato come un consumo eccessivo di carne, specialmente i tagli più grassi, possa favorire l’insorgenza di problematiche cardiovascolari, così come escluderla completamente dalla dieta quotidiana può comportare importanti carenze nutrizionali.

Ma in realtà se si fa riferimento alla piramide alimentare della tanto preziosa dieta mediterranea, questo non rappresenta un dato nuovo in grado di destare sorprese o allarmismi, in quanto la frequenza di assunzione di questo alimento non è certo consigliata tutti i giorni.
3-4 volte alla settimana è una frequenza più che ammissibile, in piccole porzioni e preferendo i tagli più magri.

Una buona alimentazione è amica della salute.