sabato, 27 Aprile 2024

Ma cosa mangi?

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Gli alimenti non hanno più segreti: nella rubrica Ma cosa mangi la dott.ssa Fernanda Scala vi aiuta a scoprire cosa mangiate realmente

Dieta Lemme: la nuova dieta del momento

Credits photo: www.urbanpost.it

Ideata dal farmacista Alberico Lemme da Desiola, e da lui stesso definita come “filosofia alimentare”, dove “il cibo si usa come un farmaco”, la dieta Lemme rappresenta la moda del momento.

Molte le testimonianze di persone, anche appartenenti al mondo della televisione o del gossip, che approvano questo regime alimentare, così come sono numerosi coloro che la ritengono estremamente stravagante.

Lemme articola questo programma alimentare in due fasi: una prima fase di dimagrimento ed una seconda fase di mantenimento.
Non si parla mai di calorie bensì di alimenti ammessi ed alimenti totalmente vietati.

Come funziona la dieta Lemme

Lemme consiglia il suo metodo solo dopo una visita e il superamento di un test, volto a verificare l’attitudine del soggetto a seguire un regime alimentare completamente diverso dal comune.
Questo test viene condotto presso il centro di Filosofia Alimentare di Desio, al termine del quale se superato, è possibile accedere alla visita successiva, un semplice colloquio conoscitivo in cui viene consigliato il primo menù da seguire. Dopo un mese si ritornerà al centro.

Come premesso la dieta Lemme non prende in considerazione l’apporto calorico fornito dalla dieta, ma considera principalmente l’indice glicemico fornito dai cibi.
L’indice glicemico rappresenta l’unità di misura che calcola la velocità con cui, in seguito all’assunzione di un determinato alimento, la glicemia, ovvero il livello di glucosio nel sangue, aumenta.
Se l’indice glicemico di un alimento è alto avremo un innalzamento rapido dei livelli di glucosio nel sangue con conseguente rilascio di insulina da parte del pancreas in maniera elevata, se invece un alimento presenta un basso indice glicemico, questo provocherà un innalzamento dei livelli di glucosio nel sangue più lentamente, con un conseguente rilascio insulinico graduale.

Secondo Lemme lo stesso alimento, consumato in orari diversi della giornata, può aumentare o diminuire la glicemia in maniera differente, con un conseguente effetto sul dimagrimento.
In base a questa osservazione consiglia di consumare la pasta al mattino, poiché in questa fascia della giornata il nostro metabolismo funzionerebbe meglio, facendo in modo che alcuni alimenti favoriscano il dimagrimento.

Il programma è articolato in due fasi: la prima del dimagrimento e la seconda del mantenimento.
Durante la fase del dimagrimento si pone l’obiettivo di peso che si vuole raggiungere, considerando che durante il primo mese è possibile perdere fino a 10Kg al mese. Ogni due giorni, la persona che sta seguendo il programma deve comunicare al dottore la variazione di peso e di centimetri registrata per poter passare ad un altro menù.

Durante la seconda fase del mantenimento viene seguito un percorso di educazione alimentare che dura tre mesi. Rappresenta quindi la fase in cui, mantenendo il risultato raggiunto, gli altri alimenti verranno inseriti nuovamente seguendo i proprio gusti personali. Terminata anche la seconda fase il soggetto potrà continuare il suo percorso in maniera autonoma avendo preso consapevolezza di quali sono gli alimenti che lo hanno portato in passato ad accumulare i chili di troppo.

Gli alimenti totalmente vietati

Il sale rappresenta il primo degli alimenti totalmente vietato. Non è consentito utilizzarlo neanche per salare l’acqua della pasta in quanto, secondo Lemme, determinerebbe un aumento dell’indice glicemico dei cibi, favorendo inoltre l’ipertensione.

Altro alimento bandito è lo zucchero, in grado di stimolare la produzione di insulina, ormone del corpo umano che favorisce l’amento dell’adiposità. Totalmente esclusi infatti biscotti, dolciumi e lo zucchero industriale in genere.

Bandito inoltre il pane, almeno nella fase iniziale del programma. I carboidrati concessi sono quelli della pasta, ed in parte quelli che derivano da frutta e verdura, evitando il consumo combinato di pane e pasta.

Non concessi, nell’arco della stessa giornata, neanche l‘abbinamento proteine e carboidrati. Si nota come il programma alimentare privilegia principalmente le proteine.

In una prima fase del programma sono da evitare anche molti tipi di frutta e verdura in quanto, secondo il dottor Lemme, anche pochi grammi di pomodori, carote o frutta possano produrre mezzo kg di tessuto adiposo in quanto determinerebbero un aumento dell’insulina.

Gli alimenti concessi

Via libera a carne e pesce, che possono essere cucinati e conditi con olio e spezie, pepe, prezzemolo, peperoncino, aglio, salvia, rosmarino, limone, basilico, timo, crusca e cipolla, ma senza sale.

Consentiti anche tè e caffè in quanto presenterebbero sostanze in grado di favorire la perdita del peso corporeo.

Anche per quanto riguarda la tipologia di cottura utilizzata non sono presenti particolari limitazioni. Qualsiasi tipo di cottura è consentita, anche la frittura.

Il parere dell’esperto

Il programma alimentare articolato da Lemme ha fatto subito scalpore. Perdere fino a 10 kg in un mese mangiando è del resto il sogno di tutti.

Ma rappresenta una dieta equilibrata?
Nel caso specifico se da una parte la dieta Lemme consente di perdere molto peso corporeo bisogna però evidenziare i rischi associati nel seguire un programma che tende a far assumere un quantitativo troppo alto di proteine (carne a pranzo e pesce a cena a volontà).
Questo consumo eccessivo può infatti comportare dei danni ai reni ed al fegato, sovraccaricandoli. Proprio per questo motivo Lemme consiglia infatti di bere tantissima acqua.

Al di là di come è organizzato il programma, e se questo possa essere più o meno corretto, bisogna evidenziare che Lemme è un farmacista, e non può elaborare delle diete.
Il farmacista infatti può fornire consulenze, in particolare nell’ambito delle proprie competenze professionali riguardanti la diffusione di informazioni e consigli nel settore dei medicinali (art. 1 DLgs 258/1991 nonché art. 51 DLgs 206/2007 e art. 96 DLgs 219/2006), ma non può prescrivere né elaborare diete.

Anche coloro che hanno conseguito una specializzazione in campo nutrizionistico, tali titoli avranno esclusivamente valore accademico, e non sono pertanto titoli abilitanti.

Del resto Lemme si difende sostenendo di fornire solo dei consigli e non di prescrivere diete, ma se si fornisce un menù da seguire è come elaborare una dieta.

Menù forniti senza effettuare, durante le visite, alcun controllo del peso, nessuna misurazione antropometrica, nessuna valutazione degli esami clinici e dello stato di salute generale del paziente, tutte valutazioni fondamentali ed indispensabili per poter fornire un programma alimentare senza arrecare seri danni alla salute dei pazienti.

Le diete infatti rappresentano un vero e proprio atto medico, che se non vengono elaborate considerando la condizione clinica del paziente, possono apportare importanti problematiche alla salute degli individui, peggiorare stati morbosi già preesistenti o favorire l’insorgenza di condizioni pericolose per la salute.
Proprio per questo motivo possono essere proposte ed elaborate unicamente dai medici, dai biologi nutrizionisti o dai dietisti sotto indicazione medica.

Inoltre un dimagrimento così veloce non porta mai solo alla perdita della massa grassa ma anche di quella magra, e perdere massa muscolare rappresenta un danno irreparabile.

Più che nuovo metodo scientifico o metodo geniale per contrastare sovrappeso ed obesità, il metodo Lemme sembra quindi essere solo l’applicazione di concetti ormai noti da tempo, quali l’indice glicemico, ma estremizzati in una forma che difficilmente può trasformarsi in uno stile di vita, e che inoltre potrebbe comportare dei gravi rischi per la salute.

Del resto iniziare la giornata con un piatto di pasta o una braciola di maiale, escludendo alimenti come frutta e verdura che invece hanno mostrato, attraverso evidenze scientifiche, essere ricchi di preziose sostanze in grado di contribuire nel preservare un corretto stato di salute, difficilmente può diventare un modello alimentare da seguire tutta la vita.

Una buona alimentazione è amica della salute.

Aperitivo: le calorie da ricordare

Credits photo:www.www.lettera43.it

Dopo una giornata di lavoro, al bar con gli amici, punto di ritrovo prima della cena, ogni momento è buono per l’aperitivo.

Ma “l’happy hour, o letteralmente “ora felice”, renderà tale anche la nostra linea? Conosciamo le calorie che possono essere ingerite?

In realtà l’aperitivo si sta trasformando sempre di più in una vera e propria cena, una bomba calorica composta da buffet estremamente ricchi ed invitanti che, tra uno stuzzichino ed un altro, mettono a dura prova la nostra linea nonché la nostra salute.
Preparazioni fredde e calde, dolci e salate, a base di verdure e no, ce né per tutti i gusti e tutti gli stili alimentari.

Le calorie

Il problema maggiore dell’aperitivo è che spesso si viene tratti in inganno dalle dimensioni dei cibi. Ma in realtà dietro ad ogni piccola porzione si nascondono tante calorie.

Basti infatti pensare che un paio di cucchiai di arachidi, un piccolo panino con degli insaccati tipo salame, un tramezzino piccolo a base di formaggi e salumi, un paio di pizzette, qualche patatina, 5-6 olive, ed un cocktail alcolico apportano mediamente tra le 600 e le 700 kcal, un vero e proprio pasto completo più che un pre-pasto.
Consideriamo infatti che un’innocente coppetta di patatine (circa 25grammi) apporterà le prime 140 calorie, associate ad un elevato quantitativo in sale causa principale dell’ipertensione, della cellulite e degli stati di ritenzione idrica.

Sicuramente un notevole contributo è fornito anche dai cocktail a base di alcol. Bisogna infatti considerare che 1g di alcool apporta mediamente 7,5 calorie.
Se ad esempio consideriamo un bicchiere di vino saremo già a quota 200 calorie (quantitativo che tenderà a variare in base alla sua gradazione), mentre scegliendo un cocktail a base di rhum, vodka o gin ci aggireremo tra le 200 e le 150 calorie.

Attenzione inoltre a tutti quei cibi che sembrano sani. Ad esempio insalate a base di verdure e pesce condite con salse elaborate, principalmente a base di maionese, sono tutt’altro che una scelta dietetica. L’utilizzo di salse infatti non solo contribuiranno a far lievitare il quantitativo calorico, ma soprattutto faranno aumentare la percentuale di grassi ed oli ingeriti.

Qualche consiglio

Resistere all’aperitivo rinunciando anche alla vita sociale? Certo che no.

Per non mettere a dura prova la nostra linea cerchiamo, prima di tutto, di non trasformare il rito dell’aperitivo in un’abitudine giornaliera. Evitiamo di consumare frequentemente bevande alcoliche, ingerire piatti stracolmi di prodotti da forno, frutta secca e patatine.
Introduciamo invece qualche stuzzichino intelligente come frutta, verdura, oppure piccole porzioni di cous cous e di sushi.

Inoltre con l’arrivo della bella stagione, optiamo per i centrifugati a base di carota, mela, pomodoro, ananas, mango o pompelmo che non solo ci aiuteranno a tagliare le calorie dell’aperitivo, per la felicità del nostro girovita, ma ci aiuteranno anche a mantenere la nostra pelle sana, luminosa e bella.

Invece per tutti quelli che spesso sostituiscono la cena con un aperitivo sostanzioso: fate attenzione.
Le calorie infatti non sono tutto e, nella maggior parte dei casi, le preparazioni proposte sono estremamente ricche in grassi e glucidi che, oltre a regalarci qualche chiletto in più a fine mese, non rappresentano neanche una scelta alimentare ottimale per il nostro benessere.

Una buona alimentazione è amica della salute.

Kefir: antica bevanda ricca di sorprendenti proprietà benefiche

Credits photo: www.authoritynutrition.com

Gusto fresco e leggermente acidulo, il kefir è una bevanda fermentata, ricca di fermenti lattici e probiotici.
Simile allo yogurt, viene preparato a partire da granuli formati da un polisaccaride chiamato kefiran, che ospita colonie di batteri e lieviti. Infatti a differenza dello yogurt che solitamente è composto da solo lactobacilli, il kefir presenta anche lieviti.

Originario del Caucaso, è tuttora molto popolare nell’ex Unione Sovietica. A seconda delle diverse modalità di fermentazione il kefir può avere un piccolo contenuto di CO2 e di alcol dovuti entrambi ai processi fermentativi dei lieviti.

Il kefir tradizionale viene preparato utilizzando latte fresco di pecora, capra o vacca, e i fermenti o granuli di kefir.

I fermenti del kefir possono essere utilizzati anche per fermentare altri liquidi come il latte di soia o di riso e l’acqua con l’aggiunta di zucchero, frutta o altri ingredienti.

Esistono infatti due tipologie , quello che si ottiene dalla fermentazione del latte fresco (di pecora, capra o vacca) e quello ottenuto per mezzo di una fermentazione che avviene in acqua grazie alla presenza di zucchero.

Proprietà nutrizionali

Oltre a contenere i fermenti lattici che garantiscono il corretto funzionamento dell’intestino, il kefir è un alimento estremamente benefico per il nostro organismo in quanto ricco in minerali quali calcio, magnesio, zinco e fosforo, amminoacidi come il triptofano, nonché vitamine del gruppo A, B e K.

Ricco in acido folico è ad esempio consigliato alle donne in gravidanza in quanto questo nutriente risulta fondamentale per il corretto sviluppo del feto.

Inoltre essendo povero in lattosio, in quanto utilizzato quasi completamente come substrato durante il processo fermentativo, può essere introdotto nella dieta anche di coloro che soffrono di intolleranza al lattosio.

Per quanto riguarda invece l’apporto energetico, presenta più o meno lo stesso valore calorico del latte di origine.
È inoltre ricco in acidi grassi, principalmente saturi, proteine ad alto valore biologico, e una piccola quota di carboidrati semplici, rappresentata principalmente da una piccola frazione di lattosio non impiegata nel processo fermentativo.

Considerato un vero e proprio elisir di salute, aiuta infatti a favorire il buon funzionamento sia dell’apparato digerente, sia dell’intestino riequilibrandone la flore intestinale.

Inoltre aiuta a rinforzare anche le difese immunitarie e contrasta i livelli di colesterolo nel sangue.

Come prepararlo

La temperatura ideale per la sua produzione si aggira attorno ai 20-25°C, mentre la durata del processo è di circa 48 ore, durante la quale la miscela viene posta in un contenitore chiuso ed agitata di tanto in tanto.

Il kefir si ottiene in maniera perpetua, ovvero i granuli, che continuano a crescere e a svilupparsi dentro il kefir durante il processo fermentativo, vengono filtrati e reimpiegati ad oltranza.

Se vogliamo quindi preparare il kefir di latte saranno necessari i granuli e del latte a temperatura ambiente, che andranno riposti insieme all’interno di un contenitore di vetro con coperchio a temperatura ambiente per circa 48 ore. Se decidete di realizzarlo durante la stagione estiva riponete il contenitore nel ripiano più basso del frigo.
Durante le 48 ore mescolate ogni tanto. Il prodotto finale deve restare abbastanza liquido, quindi il latte non dovrà cagliare eccessivamente.
Al termine delle 48 ore filtrate il prodotto in modo da separare il latte fermentato dai granuli.
Si conserva in frigo per circa una settimana.

In alternativa è possibile preparare il kefir d’acqua.
In questo caso oltre ai granuli saranno necessari acqua, zucchero, succo di limone, 2 cucchiai di uva sultanina, ed un cucchiaio di semi a scelta tra finocchio, anice e cumino o in alternativa qualche foglia di menta fresca.
I granuli di kefir dovranno essere uniti nel contenitore ad acqua, zucchero, limone, frutta e semi o foglie di menta. Dopo aver mescolato tutto, è necessario chiudere con il coperchio il contenitore e lasciare fermentare per 48 ore o a temperatura ambiente o nel frigo.
Al termine delle 48 ore il prodotto andrà filtrato, conservato in frigo e consumato entro una settimana.

Se acquistate il prodotto già pronto, è bene ricordare che le industrie non utilizzano i granuli, ma specifici mix standardizzati di batteri e lieviti, per poter minimizzare i tempi produttivi e mantenere costanti le caratteristiche organolettiche e nutrizionali.

Una buona alimentazione è amica della salute.

Carne magra: ecco quale scegliere

Credits photo: http://www.dietaland.com/

La carne è una fonte proteica dall’elevato valore biologico, ovvero le sue proteine risultano essere molto simili a quelle umane, il che le rende facilmente utilizzabili dall’organismo per sopperire ai molteplici processi biologici in cui sono attivamente coinvolte quale la maggior parte dei processi metabolici, la produzione di ormoni, di anticorpi, del turn over cellulare, della coagulazione del sangue etc.

Questo alimento inoltre fornisce un’ottima quota di ferro, il cui grado di assorbimento da parte dell’organismo è nettamente superiore rispetto al ferro disponibile negli alimenti di origine vegetale, nonché di sali minerali (principalmente zinco e ferro).

Anche dal mondo vegetale è possibile attingere alla quota proteica, come ad esempio le proteine vegetali presenti nei legumi, ma queste mostrano un inferiore grado di similitudine rispetto a quelle umane determinando, nel caso di scelte alimentari specifiche, la possibilità di incorrere in specifiche carenze nutrizionali che dovranno essere compensate dall’utilizzo di integratori specifici. Tuttavia nel caso in cui il soggetto segua una dieta in cui sia previsto il consumo di pesce, uova, latte e derivati, eventuali carenze nutrizionali dovute all’eliminazione della carne dalla propria alimentazione, tendono a diminuire.

Le carni magre

Ma quali sono le carni da preferire ed introdurre nella nostra dieta quotidiana?

Bisogna infatti ricordare che la carne può contenere quantità significative di lipidi (grassi), ed in particolar modo di colesterolo.
Maggiore sarà la quantità di colesterolo presente nella carne, maggiore risulterà il suo potere calorico, associata ad una minore digeribilità del prodotto.

È bene però ricordare che anche altri alimenti possono fornire un’elevata quota di grassi, come i formaggi, rendendo quindi la scelta di escludere la carne dalla propria dieta solo per ridurre l’introito lipidico non proprio la più corretta.

Per chi quindi non vuole escludere la carne dalla propria dieta quotidiana, ma vuole porre attenzione alla quantità di grassi introdotti, è importante imparare a scegliere i tagli e le specie più magre.

La classificazione tra carni magre e grasse è relativa alla percentuale di grassi in esse contenuti. Per carni magre si farà riferimento a quei tagli/specie che contengono al massimo il 5% di lipidi, mentre per carni grasse quelle con un valore superiore al 5% fino al 40%.

Pollo, tacchino, coniglio, carne di maiale, carne di vitello e fesa e girello di bovino, sono tutti tagli che presentano un potere calorico contenuto (tra le 100 e le 140 per 100 grammi di prodotto) ed una discreta quota di grassi, principalmente insaturi, ma allo stesso tempo rappresentano un’ottima fonte di proteine ad elevato valore biologico, di fosforo, ferro, provitamine, vitamina B ed amminoacidi essenziali.

Tuttavia anche per queste carni, al fine di ridurre la quantità in grassi, è fondamentale eliminare sempre il grasso visibile, compresa la pelle del pollo e del tacchino, evitare metodologie di cottura che prevedano l’utilizzo di ulteriori grassi da condimento (tipo burro, margarine), e limitare il consumo di frattaglie grasse, come il cervello, fonti alimentari di grassi saturi e colesterolo, in cui la concentrazione di colesterolo può raggiungere valori superiori ai 2 grammi/100 grammi (ricordiamoci che il fabbisogno totale giornaliero è di soli 0,3 grammi).

Non dimentichiamo mai che la cottura ideale della carne sarebbe alla griglia ma anche cotte al forno o semplicemente bollite.

Quanta carne consumare

Sono tanti ormai gli studi scientifici che hanno evidenziato come un consumo eccessivo di carne, specialmente i tagli più grassi, possa favorire l’insorgenza di problematiche cardiovascolari, così come escluderla completamente dalla dieta quotidiana può comportare importanti carenze nutrizionali.

Ma in realtà se si fa riferimento alla piramide alimentare della tanto preziosa dieta mediterranea, questo non rappresenta un dato nuovo in grado di destare sorprese o allarmismi, in quanto la frequenza di assunzione di questo alimento non è certo consigliata tutti i giorni.
3-4 volte alla settimana è una frequenza più che ammissibile, in piccole porzioni e preferendo i tagli più magri.

Una buona alimentazione è amica della salute.