domenica, 21 Dicembre 2025

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Uno studio rivela il legame tra grasso corporeo e longevità

credits: http://notizie.tiscali.it

Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista ‘Annals of Internal Medicine’, ha dimostrato che ciò che influenza maggiormente la longevità degli individui non è il peso complessivo e nemmeno l’indice di massa corporea, bensì la percentuale di grasso corporeo.

Fino ad ora, per stabilire se una persona rientrava nel suo peso forma, veniva utilizzata la formula del BMI (indice di massa corporea), calcolato dividendo il peso in kg per il quadrato dell’altezza in metri.
Il valore ottenuto però, risulterebbe approssimativo, poichè non sarebbe in grado di stabilire quanto del peso misurato corrisponda a massa magra e quanto a massa grassa.

La scienza sostiene che, per vivere a lungo, è necessario che il grasso corporeo non deve superare un terzo del peso.
Prendendo come campione più di 54.000 adulti sui 60 anni d’età, si è infatti appurato che un peso eccessivo potrebbe creare problemi e compromettere la longevità di una persona.

Il rapporto ha osservato che, gli uomini e le donne con un’alta percentuale di grasso corporeo, presentano dei rischi maggiori di morte nei 4-7 anni successivi.
Infatti, gli uomini con una percentuale di grasso superiore al 36%, hanno evidenziato un rischio di mortalità più alto del 59% rispetto a coloro che hanno una percentuale intorno al 30%.
Per quanto riguarda le donne, coloro che hanno presentato una percentuale di grasso pari al 39%, hanno mostrato il 19% di rischi in più rispetto alle loro coetanee con un grasso inferiore a 35%.

Risulta dunque fondamentale che ognuno conosca la propria percentuale di massa grassa in modo da stabilire che tipo di alimentazione seguire e che genere di attività fisica praticare, al fine di non compromettere la propria salute e il proprio benessere psico fisico.

Tumori: l’Aiom spiega come creare fondi per cercare una cura (FOTO)

I tumori e le sigarette, e la piaga del cuore dell’umanità che rappresentano.

In Italia vengono vendute circa 140 milioni di sigarette al giorno. Gli uomini fumano più delle donne: il 21% degli italiani fuma, 6,3 milioni di questi sono uomini; 4,6 milioni sono donne. Su un campione di 100 mila donne, di età compresa tra i 50 e i 69 anni, ogni anno la percentuale colpita da un tumore ai polmoni cresce del +2%. Su un identico campione, per gli uomini i dati sono più promettenti: tra gli individui di età compresa fra i 50 e 69 anni, infatti, i casi sono in diminuzione. In entrambi i casi, per gli uomini ma anche per le donne, i malati di tumore in età uguale o superiore a 70 anni sono in aumento e ciò è dovuto ad un’esposizione al fumo di oltre un ventennio.

tumori: 1 centesimo a sigaretta

Solo nel 2015 ci sono stati 41 mila nuovi casi di tumore ai polmoni. Il tumore poi non colpisce solo i fumatori, perché è chiaro che se il 21% della popolazione fuma, i danni del tabacco si facciano sentire anche su chi non ne fa uso. Per curare i malati di tumore basta poco. Ogni anno lo Stato guadagna circa 11 miliardi di euro dalle accise sul tabacco. E ogni anno, sempre lo Stato spende circa 4 miliardi di euro per la ricerca di cure che possano sconfiggere il cancro. L’Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) ha lanciato una proposta che aiuterebbe a coprire, almeno in parte, la spesa fatta per comprare i medicinali innovativi che potrebbero riuscire a curare i malati di tumore ai polmoni.

L’idea lanciata dall’Aiom prende il nome di “1 centesimo a sigaretta”. Recuperando 1 centesimo a sigaretta, si potrà creare un Fondo indispensabile di 720 milioni di euro l’anno. I soldi ricavati aiuterebbero a sostenere una parte delle spese fatte per comprare farmaci innovativi che, spiega Carmine Pinto, presidente dell’Aiom, sarebbero accessibili a tutti i pazienti di ogni Regione. Le spese per la ricerca sono chiaramente indispensabili e promettono bene: i pazienti guariti dopo un tumore sono, infatti, aumentati, dal 2010 al 2015, del 20%.

L’innovazione scientifica nel campo dell’immuno-oncologia ha portato ottimi risultati, riuscendo a determinare un aumento nelle percentuali di guarigioni dal cancro con una buona qualità della vita futura. Queste nuove molecole utilizzate, che a breve saranno a disposizione dei clinici, hanno la necessità di essere finanziate e la creazione di questo Fondo promossa dall’Aiom pare l’unica via per continuare su questa strada della ricerca medica.

La proposta del Fondo è stata appoggiata da molti. Ridurre i costi di finanziamento della ricerca, ha dichiarato il presidente Pinto, ha, chiaramente, provocato una riduzione delle cure che sono diventate meno accessibili. L’Italia non è l’unico Paese europeo dove i farmaci innovativi per la lotta al cancro stanno diventando sempre meno disponibili. Il Parlamento Europeo ha, infatti, avviato un processo di commercializzazione più rapido dei farmici in modo da protende facilitare la disponibilità.

Le diete estreme sono rischiose per le nostre ossa

Credit: inmyskinnygenes.com

“Diete troppo ferree, anche per periodi medio-lunghi, possono mettere a rischio la salute delle ossa“, in specie quelle delle donne. Ad affermarlo è Andrea Giustina, professore ordinario di Endocrinologia all’Università degli Studi di Brescia e Presidente del Gioseg, un team di Specialisti Endocrinologi che studiano accuratamente proprio la struttura ossea umana. Notizia, questa, che giunge proprio sullo scattare della primavera, momento topico in cui innumerevoli donne intraprendono diete fai-da-te per arrivare ‘in forma’ per l’estate. Ma le diete estremamente restrittive sono rischiose per la salute delle ossa, in particolar modo per quanto riguarda coloro che sono già magri.

Pochi sanno – spiega il Professor Guistina – che la sintesi di un osso nuovo viene realizzata grazie a uno stimolo meccanico da parte dei muscoli e che, pertanto, la perdita di massa muscolare va a diminuire questa sollecitazione. Inoltre, il grasso è legato a due importanti ormoni chiamati ‘adipochine’: esso produce la leptina, che pare abbia un’azione positiva sullo scheletro, ed è invece inversamente proporzionale all’adiponectina, che quando il grasso diminuisce stimola le cellule ossee a riassorbire l’osso riducendone la massa. Infine, le diete possono andare a influenzare anche la produzione di ormoni sessuali, come gli estrogeni, che in entrambi i sessi sono importanti per la buona salute delle ossa”. Secondo l’esperto, un calo ponderale del 10% potrebbe portare a una riduzione del 2% nella massa ossea. “Se una donna alta 1,60 m per 60 chili raggiunge i 54, già si può notare un’alterazione in termini negativi sul metabolismo scheletrico. Stessa cosa vale per un uomo di 90 chili che raggiunga un peso di 81“, dice Giustina.

Insomma, una restrizione calorica, in caso di donne alte e magre con un BMI inferiore a 19/20, può indurre a un rischio elevato di “osteopenia” e con il passare del tempo la situazione non può far altro che peggiorare.

Olio di palma: ecco tutta la verità

credits photo: de-gustare.it

Qualche giorno fa, sul sito istituzionale del Ministero della Sanità, è stato pubblicato il parere dell’Istituto Superiore della Sanità sulle conseguenze per la salute dell’utilizzo di un discusso ingrediente: l’olio di palma.
In effetti, è già da qualche anno che il suddetto olio è al centro di molte polemiche, perché considerato dannoso. Ma qual è la verità?

Ecco di seguito, in sintesi, il responso del Ministero.
L’olio di palma è un ingrediente largamente impiegato nell’industria alimentare, rappresentando una valida fonte di acidi grassi saturi, perché composto per il 50% da acidi grassi saturi (quasi esclusivamente acido palmitico), per il 40% da acidi grassi monoinsaturi (acido oleico) e per il 10% da acidi grassi poliinsaturi (acido linoleico).
Fonti scientifiche non riportano l’esistenza di componenti dell’olio di palma capaci di influire negativamente sulla nostra salute, ma riconducono eventuali patologie al suo elevato contenuto di acidi grassi saturi. È infatti noto che, un eccessivo consumo di acidi grassi saturi nella dieta, può avere a lungo andare, effetti negativi sulla salute, aumentando il rischio di patologie cardio-vascolari.

L’Istituto Superiore di Sanità ha definito l’olio di palma “utile” per una corretta integrazione di acidi grassi saturi in una corretta alimentazione, insieme ad altri alimenti come latte e derivati, uova e carne.
Le principali organizzazioni sanitarie nazionali e internazionali raccomandano livelli di assunzione quotidiani di acidi grassi saturi non superiori al 10% delle calorie totali, valore che non è rispettato nella stragrande maggioranza dei casi. Infatti, secondo delle stime effettuate dall’Istituto Superiore di Sanità – basate sui dati degli anni 2005 e 2006, perché gli unici disponibili – in media un adulto ne consuma circa 27 grammi al giorno, con un contributo dell’olio di palma stimato tra i 2,5  e i 4,7 grammi. Mentre i bambini di età compresa tra i 3 e 10 anni, consumano in media tra i 24 e 27 grammi al giorno di acidi grassi, con un contributo di saturi da olio di palma tra i 4,4 e i 7,7 grammi.

Un aggiornamento di dati, però, potrebbe portare a definire diversi livelli di consumo degli acidi grassi saturi da parte della popolazione italiana, perché è stato evidenziato che negli ultimi dieci è diminuito il consumo totale di acidi grassi saturi. Nella popolazione adulta è dell’11,2% contro i <10% raccomandati, mentre nei bambini tra i 3 e i 10 anni risulta superiore all’obiettivo raccomandato del <10%, anche perché nei bambini è maggiore il fabbisogno fisiologico di grassi saturi nei primi anni di vita.

Dopo attente analisi l’Istituto Superiore di Sanità ha affermato che non ci sono correlazioni tra il consumo di olio di palma e l’insorgenza di malattie, bensì le patologie sono le stesse che possono essere causate dai comuni oli e grassi, come il burro.
Nel contempo, determinate fasce di popolazione quali bambini, anziani, obesi, pazienti con precedenti problemi cardiovascolari o ipertesi possono presentare una maggiore predisposizione, rispetto alla popolazione generale, a sviluppare determinate patologie.

Per tanto, si consiglia un regime dietetico vario e bilanciato, comprendente alimenti naturalmente ricchi di acidi grassi saturi – carne, latticini, uova -, ribadendo la necessità di contenere il consumo quotidiano di alimenti contenenti elevate quantità di grassi saturi.