sabato, 10 Giugno 2023

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I nati dopo il 1942 a rischio obesità

L’anno di nascita di una persona potrebbe rendere possibile prevedere se andrà incontro a problemi di obesità: gli specialisti hanno infatti scoperto che l’anno di nascita influenza l’attività di un gene legato allo sviluppo di questa patologia. Persone che presentano la mutazione di un gene chiamato FTO – anche detto gene dell’obesità – tendono di più a diventare obese se nate dopo il 1942.

Un recente studio ha dimostrato che le persone che presentano questo gene sono più tendenti a mangiare cibi grassi o contenenti molte calorie durante l’invecchiamento. Così, pare che l’anno di nascita possa andare a incidere sul gene, nel senso che un nato 20 anni dopo i suoi genitori può avere un indice di massa corporea maggiore.

Le evoluzioni al livello culturale, poi, come l’incremento degli strumenti tecnologici e la maggiore disponibilità di cibo potrebbero costituire ulteriori fattori aggravanti, andando a riattivare il gene in questione: volendo indagare l’impatto dei geni sullo sviluppo dell’obesità, i ricercatori hanno analizzato il rischio dell’obesità attraverso le generazioni. Perciò, quello che hanno cercato di scoprire è stato se le diverse condizioni vissute da ciascuna fascia di età possano alterare l’espressione della variazione del gene FTO in questione. Le informazioni utilizzate erano relative alle sequenze di DNA di più di 10.000 genitori, bambini e nipoti. Pertanto, i ricercatori sono riusciti a individuare un nesso tra il gene e l’obesità in quanti fossero nati dopo il 1942.

Gli autori dello studio suggeriscono che fattori legati al Secondo Dopoguerra come l’abitudine sempre più radicata alla tecnologia piuttosto che al lavoro manuale e la larga disponibilità di cibi ad alto contenuto calorico immessi sul mercato possano essere stati delle componenti da non ignorare.

Fumo e del cibo spazzatura, il monito dell’Oms

Fumo e cibo spazzatura sempre più diffusi soprattutto tra i più giovani. Non sono serviti a nulla finora i divieti e le pubblicità sulle sigarette, per tenere lontano i giovani da questo disgustoso vizio. Stesso discorso per Junk food, ovvero il cibo spazzatura. I più giovane, nonostante le leggi non riescono ad entrare nell’idea dell’importanza di un’alimentazione sana e di stili di vita corretti. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ci sarebbe bisogno di norme più severe e di bannare le pubblicità sulle sigarette soprattutto, agli eventi sportivi. L’idea è quella di cercare di tenere lontani i giovani da questo prodotto. Ad avere lanciato il monito, è l’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha sollecitato i Governi a rinforzare tutti i divieti sulla sponsorizzazione del tabacco e la promozione la pubblicità delle sigarette.

L’allarme dell’Organizzazione Mondiale della Sanità su Junk food e il tabacco

La presenza nelle gare di MotoGP e di Formula 1 di sponsor legati al mondo del fumo e cibo spazzatura, è secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità un elemento davvero dannoso per i più giovani. Bisognerebbe adottare delle politiche tobacco-free in modo tale che i più giovani possano sentirsi meno influenzati da questa esigenza. Fino ad oggi infatti, le campagne virali che sono state lanciate anche con l’aiuto dei social network, non hanno avuto il funzionamento sperato. E’ per questo che la richiesta ufficiale è proprio quella di salvaguardare la salute dei più giovani attraverso dei divieti più netti sul fumo e su cibo spazzatura.

I danni del fumo e del cibo spazzatura

I danni che queste abitudini potrebbero causare sui più giovani sono evidenti a tutti e si manifestano, non solo con delle malattie gravi, ma anche con altri generi di problemi. Una delle conseguenze principali escluse le patologie come quelle tumorali, è l’infertilità. L’idea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è quella di chiedere l’aiuto di social media manager per cercare di influenzare i giovani circa queste abitudini di vita.

Bere birra fa bene: ecco perché

L’estate è ormai arrivata e darsi alle bevande fredde è praticamente d’obbligo, ma quella che allevia di più la sensazione di oppressione legata alla calura è proprio la birra, che se non consumata in quantità eccessive può giovare alla salute in maniera significativa: difatti, la birra aiuta a prevenire lo sviluppo di patologie neuro-degenerative quali l’Alzheimer. Trattandosi di una malattia dovuta presumibilmente all’aumento dei livelli di alluminio, la birra, grazie al suo contenuto di silicio, potrebbe causare un abbassamento dei livelli di alluminio presenti nell’organismo e quindi contrastarne l’accumulo nel tessuto cerebrale. Il consumo di birra fa bene, poi, anche perché stimola la flessibilità delle arterie e l’aumento del colesterolo “buono”.

Inoltre, una pinta di birra è davvero piena di vitamine: fosforo, magnesio, iodio, potassio, calcio. Stando a una ricerca del 2009, la birra può proteggere la densità dei minerali nelle ossa; e contiene, quando non è pastorizzata, alte quantità di vitamina B. Ma la birra aiuta anche a stare in forma perché è una bevanda a basso contenuto di zuccheri: essa non provoca un innalzamento di zuccheri nel sangue drastico quanto quello che si registra quando si consumano cocktail, in più è composta per il 93% d’acqua, il che la rende altamente dissetante. Inoltre, proprio in virtù di questa bassa concentrazione di zuccheri, bere due bicchieri di birra al giorno può aiutare a prevenire lo sviluppo del diabete di tipo due.

Ancora, contrariamente a quanto si pensi, un’assunzione non smodata di bionda non implica alcun aumento di peso: consumare birra, anzi, aumenta la secrezione di bile, sostanza che aiuta a digerire i cibi grassi. In più, essa è una fonte di fibre: bastano due bicchieri a fornire il 30% del fabbisogno giornaliero. La birra, poi, contiene un antiossidante naturale che protegge la pelle e i capelli dall’esposizione ai raggi solari: l’acido ferulico. Il luppolo, infatti, dà lucentezza, volume e forza ai capelli, stesso dall’interno. Per procedere a un impacco, occorre innanzitutto bollire la birra per rimuovere l’alcol, onde evitare che esso sottragga loro il naturale rivestimento di grassi. Il luppolo, peraltro, contiene anche fitoestrogeni che aiutano a ridurre effetti della menopausa femminile come le vampate di calore e la diminuzione della libido.

Variante Omicron: come riconoscerla dai sintomi

E’ arrivata anche in Italia la variante Omicron, l’ultima variante del Sars-CoV-2, che sebbene presenti sintomi più lievi, è forse la più preoccupante.

Omicron è stata già segnalata da 27 paesi europei e sembra sia partita dal Sud Africa con epicentro nella provincia di Gauteng.

Ciò che preoccupa di più è la sua contagiosità, che sembra al momento superiore di 1,3 volte rispetto alla variante Delta e che questa variante sarebbe in grado di reinfettare i guariti da Covid-19.

Di seguito spieghiamo quali sono i sintomi da tenere d’occhio.

Variante Omicron sintomi: come riconoscerli?

Se non ci sentiamo bene, ci sono dei sintomi che dobbiamo osservare bene e che possono essere la spia di un contagio da variante Omicron.

I sintomi di Omicron sono:

  • prurito alla gola
  • tosse secca
  • dolori muscolari
  • dolori ossei diffusi
  • spossatezza
  • mal di testa lieve o moderato
  • leggera tachicardia

A differenza del covid classico non c’è nessuna perdita di gusto e/o olfatto.

La dottoressa Coetzee ha evidenziato come i sintomi di questa variante non siano forti e possano passare inosservati, per questo occorre fare attenzione.

Come si manifestano i sintomi della variante Omicron?

La variante Omicron ha sintomi lievi, ma in particolare bisogna prestare attenzione alla gola graffiata. La sensazione di prurito in gola sembrerebbe essere una peculiarità.

Circa l’efficacia delle vaccinazioni contro Omicron, non sono stati resi noti dettagli. Si suppone che le persone che hanno concluso il ciclo di vaccinazioni siano più protette.

L’Organizzazione mondiale della Sanità precisa che “Per capire il livello di gravità dell’infezione causata da Omicron servirà più tempo (da alcuni giorni ad alcune settimane). Comunque si ricorda che tutte le varianti del Covid-19, inclusa la Delta, possono causare malattia grave o morte, in particolare nelle persone più vulnerabili”.