domenica, 21 Dicembre 2025

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Sindrome da smartphone: in arrivo una cura

photo credits: il giornale

Se i nostri genitori al massimo telefonavano con gettoni e carte in cabina o aspettavano telefonate dal telefono di casa per poi andare in giro con la prolunga del filo per tutto l’appartamento, noi siamo l’esatto opposto. Lo smartphone è diventato una dipendenza: lo portiamo con noi ovunque – anche e soprattutto in bagno – viviamo nel panico di ritrovarci con la batteria scarica e controlliamo in maniera spasmodica social e chat.
Ma non è tutto, anche le cene in compagnia o le uscite con gli amici vengono paralizzate dall’uso dello smartphone. Le serate, infatti, passano tra selfie e sguardi puntati sulle chat. Bei tempi quando si parlava guardandosi negli occhi e non tra gli schermi.

Sembra proprio che non ci sia soluzione per questa sindrome che colpisce tutti indistintamente. Tuttavia, un designer olandese, Ingmar Larsen, ha progettato una cura che sta andando molto di moda nei siti di e-commerce. Si tratta di una tavoletta, che il designer ha chiamato NoPhone, che riproduce le dimensioni e le fattezze di un classico smartphone.
Questo surrogato in plastica andrebbe a placare la mania che ci rende dipendenti dall’uso del cellulare e dalla voglia di tenere lo smartphone sempre a portata di mano.
Ovviamente il NoPhone è privo di qualsiasi funzione e ricorda lo smartphone solo esteticamente. Per cui, dite pure addio alla sindrome da vibrazione fantasma.
Niente internet, social e chat, quindi, per chi vuole curare la propria ossessione. Solo uno specchio per simulare i selfie dei più vanitosi.

Gli effetti di questo strano oggetto non sono ancora stati dimostrati. Probabilmente, come per il vizio del fumo o qualsiasi altra dipendenza, una buona dose di volontà è il farmaco principale per un’ottima guarigione. Il resto è solo marketing.

Fruttosio: aumenta il rischio di ammalarsi di tumore

credits photo: bebeblog.it

Secondo l’Anderson Cancer Center del Texas, uno dei centri oncologici più importanti d’America, gli zuccheri, ed in particolar modo il fruttosio, aumenterebbero le probabilità di sviluppo dei tumori, in primis quello al seno.

I test sono stati effettuati su alcuni topi di laboratorio, dai quali è emersa l’azione cancerogena del fruttosio e, la sua influenza su un processo metabolico, il 12-LOX, che facilita lo sviluppo di metastasi.

Il responsabile della ricerca, il Dott. Lorenzo Cohen, ha dichiarato: “A troppi pazienti viene detto che ciò che mangiano non influenza il cancro, ma questi dati emersi dagli esperimenti sugli animali provano il contrario, e che l’alimentazione ha un’ influenza anche dopo una diagnosi”.

I topi, sono stati alimentati con quattro diverse diete: una a base di amidacei, priva di zuccheri semplici, e le altre con una predominanza di vari zuccheri da tavola.
Dai dati emersi dall’esperimento, nei topi che si alimentavano soprattutto di fruttosio (zucchero che viene metabolizzato dal fegato, a differenza del glucosio che passa per il pancreas) è stata riscontrata una maggiore crescita dei tumori.

“Sembra che il fruttosio sia il principale responsabile dei processi infiammatori, molto più del glucosio. Sarebbe dunque il fruttosio a guidare i processi di metastasi, rendendo più attivo il 12-LOX”, ha affermato Cohen.

I test per dimostrare l’influenza del fruttosio nello sviluppo dei tumori, sono partiti da circa sei mesi, e in questo lasso di tempo è stato osservato che, nei topi nutriti con molti amidacei, circa il 30% ha sviluppato tumori; mentre, nei topi che avevano ingerito più zuccheri, più del 50% ha sviluppato tumori.

Questi dati allarmanti hanno così portato i ricercatori a credere che possa davvero esserci un collegamento tra il consumo eccessivo di zuccheri, e lo sviluppo di tumori e conseguenti metastasi.

Quanti km dovete correre per consumare ogni singolo cibo

Ogni cibo, un tot di chilometri da fare di corsa. E, naturalmente, più schifezze caloriche mangi più c’è da correre.
Esempio? Mangiare un Cheeseburger ti costringe a fare più di 4 km di corsetta per smaltirlo. Facile, niente cheeseburger, niente corsa. Ma, fosse così semplice dire no al cibo, soprattutto quello più grasso e proteico, che ci piace così tanto divorare con gli amici il sabato sera che non potremmo mia farne a meno.

Ma se vuoi spaventarti ancora di più – in fondo, 4km di corsa non sono neanche chissà quanti – riusciresti mai ad immaginare quanta corsa dovresti fare per smaltire qualcosa di più pesante e “dannoso” per la tua linea come per esempio una piadina super condita o un pacco di patatine al gusto paprika? Tra i 10 e gli 11 chilometri. Senza poi neanche tenere in conto i 6 chilometri per una scatola di patatine del Mc Donald’s e i 2 – 3 km per birra o Coca Cola.

Insomma, più mangiate più dovete correre. La soluzione sarebbe davvero ad un passo: smettere di mangiare tutte queste prelibatezze della cucina, ma non è sempre facile rinunciare.

Per avere un quadro generale della situazione, ecco delle immagini che vi spiegheranno quanto correre in base a quanto mangiate.

Credits foto: Facebook

Una nuova arma contro l’invecchiamento, il volontariato

Credits: www.vvox.it

Da oggi smettere di fumare, mangiare sano e svolgere attività fisica non sono gli unici alleati contro il rischio di infarto e invecchiamento.
Recenti studi hanno infatti dimostrato che fare volontariato include numerosi benefici per la salute, tra cui tutelare il cuore e i processi cognitivi di chi lo effettua.

Una ricerca iniziata nel 2006 dalla geriatra Linda Fried, che ha condotto uno studio approfondito a Baltimora su dei volontari di età superiore ai 60, ha dimostrato guadagni per il cuore a breve termine, poco ma qualcosa.
Nella ricerca era previsto che i volontari trascorressero 15 ore a settimana per un anno e mezzo a contatto con classi a basso reddito. Al termine del programma, i volontari sono stati sottoposti a risonanza magnetica e il cuore sembrava “ringiovanito”, ma oltre ad averne giovato il cuore, erano anche i riflessi e i processi cognitivi ad aver ricevuto un’ondata di brio, i test dimostrano infatti che tale attività hanno il potenziale per invertire declini cognitivi e neurali sopraggiungenti con l’età.

Altri studi, come quello svolto da Eric Kim, un ricercatore di Harvard, e Sara Konrath, della Famiglia Scuola Lilly of Philanthropy dell’Indiana University hanno inoltre mostrato come il volontariato possa effettivamente contribuire anche ad aiutare a prevenire l’insorgenza di problemi di salute.
La coppia ha studiato i risultati di circa 7.000 volontari di età superiore ai 51, Kim e Konrath hanno scoperto che le persone che svolgono volontariato hanno trascorso 38 per cento in meno notti in ospedale rispetto ai non-volontari, un risultato che si traduce in un migliore benessere e un enorme risparmio per lo stato.

Questi studi hanno inoltre sottolineato che le persone solite a svolgere attività di volontariato sono più consapevoli e disposte a modificare eventuali comportamenti a rischio, come il fumo e la sedentarietà, sono inoltre più attenti nell’avere cura di se stessi prendendo le precauzioni adeguate come vaccini, mammografie e colesterolo sotto controllo.

Il volontariato inoltre aiuta a dare un senso ai propri sforzi, a sentirsi utili e parte di una collettività
Avere più scopi nella vita è associato ad avere comportamenti migliori e migliori risultati“, afferma Eric Kim. “Coloro che effettuano attività di volontariato hanno la voglia di vivere, in modo da prendere più cura del proprio corpo e aiutare gli altri a vivere meglio”.

I risultati di questi studi sono stati così sorprendenti e utili da spingere i ricercatori alla proposta di aggiungere il volontariato come indice di benessere psicofisico, in grado di poter prevedere l’incidenza o meno di alcune malattie cardiache o degenerative.

Oltre ad essere utile alla salute di chi lo svolge, è necessario ricordare che il dare gratuito, la generosità e la gratuità sono una delle caratteristiche umane più peculiari, che nobilitano chi decide di spendere il proprio tempo a servizio della collettività ma che aiuta concretamente coloro verso i quali queste attività sono rivolte, anziani soli o malati, persone affette da disabilità, bambini che vivono in condizioni di disagio, possono vedere la luce in fondo ad un tunnel di sofferenze.

Il bene si diffonde più rapidamente delle increspature che si formano sull’acqua una volta lanciato all’interno dello stagno un sassolino.