domenica, 19 Maggio 2024

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Dimagrire senza dieta: ecco le 18 regole

Per essere in forma perfetta per la prova costume, a volte, neanche una dieta ferrea e un’attività fisica stremante possono fare la differenza. Ovvio che stare attenti a ciò che si mangia e una corsetta d’abitudine unita ad un po’ di palestra sono le basi per una linea da invidiare, ma molto spesso ci sono consigli e regole da seguire per vivere sani e belli aggiungendo qualche accortezza in più alla nostra quotidianità.
L’obiettivo, secondo moltissimi esperti, è quello di apportare giorno per giorno dei piccoli cambiamenti nel nostro stile di vita e nel nostro rapporto con il cibo. Importantissimo anche consumare ingredienti con proprietà anti-infiammatorie. con Senza rinunce estreme, cambi di abitudini, spese folli e ingredienti strani, ecco le 18 regole più sensate per dimagrire senza sottoporsi a una dieta ipocalorica.

Cronometrare i pasti

L’obiettivo è quello di impiegare minimo 20 minuti per terminare il pasto. Un piccolo trucco per aiutare la digestione: i pasti lenti, infatti, saziano di più, poiché danno il tempo al nostro cervello di recepire la sensazione di sazietà stimolata dagli ormoni messi in circolo dal cibo. Mangiare troppo velocemente non fa altro che apportare un numero maggiore di calorie, poiché nell’arco di tempo – 20 minuti circa – che serve al tuo cervello per provare sazietà, si mangerà un quantitativo di alimenti maggiore.

Non dormire troppo poco

Se non si dorme molto, l’organismo produrrà un quantitativo maggiore di cortisolo, l’ormone dello stress, maggiore appetito. Dormire per 7 ore di fila, la notte, può portare a perdere fino 6 chili in un anno.

Cucinare tre tipi diversi di verdure

Preparare tre tipi diversi di verdure a cena. Avere a disposizione più di tre alternative funziona come stimolo per mangiare di più. Avete presente i buffet delle feste in cui si fanno sempre più “viaggi” del previsto, per rubare tutto quello che si può? Bene, limitiamoci a 3 tipi di verdure: aiuteranno intestino, organismo, cervello.

Cominciare con una minestra

Cominciare i pasti con un brodo, una minestra o una zuppa di verdure farà mangiare più lentamente e calmerà l’appetito. Evitare le zuppe cremose che possono avere un alto contenuto di grassi e di calorie.

Utilizzare alimenti integrali

Cereali come il riso integrale, l’orzo, l’avena, il grano saraceno e la pasta integrale sono ottimi per perdere peso senza mettersi a dieta. Gli alimenti integrali sostano maggiormente nell’intestino e favoriscono il senso di sazietà.

Porsi piccoli obiettivi di volta in volta

Raggiungere una determinata taglia, indossare un vestito lasciato nell’armadio da troppo tempo, fare 5 km in più di corsa. Piccoli obiettivi e premi che possono invogliare ancor di più a perdere peso in maniera seria e continua.

Mangiare una pizza con le verdure

Come rinunciare alla pizza quando si vuole perder peso? Scegliendone una con le verdure! È saporita e saziante e si potranno risparmiare fino a 100 KCal rispetto ad un altro tipo di pizza. Niente condimenti troppo pesanti, sottile e “light”. Un piccolo “trucchetto” per non dire sempre “no” alla pizza.

Usare un bicchiere alto e stretto

Quando non si beve acqua, usare un bicchiere alto e sottile invece di uno basso e largo. Con la vista si ingannerà il cervello e si berrà circa il 25-30% in meno di succhi di frutta zuccherati, vino, birra, cocktail o altre bevande ipercaloriche.

Alternare un cocktail con dell’acqua

Quando si beve dell’alcol, meglio far seguire al primo drink un grande bicchiere di acqua minerale invece di passare direttamente al cocktail successivo.

Bere del tè verde

Diverse ricerche in campo medico provano che bere giornalmente una o due tazze di tè verde possa accelerare il metabolismo attraverso l’azione di una sostanza fitochimica come la catechizza. Inoltre il tè verde ha un effetto diuretico, di soppressero dell’appetito, antiossidante, combatte il colesterolo e previene alcune forme di tumore.

Yoga

Le donne che fanno yoga tendono statisticamente a pesare meno delle altre. Come mai? Coloro che fanno yoga regolarmente hanno un approccio “mentale” al cibo diverso e più equilibrato.

Mangiare a casa 5 volte a settimana

Mangiando a casa si può programmare perfettamente l’alimentazione in modo corretto, si stabiliranno le tempistiche, il ritmo e si useranno sempre cibi freschi e controllati.

Fare delle pause

La maggior parte delle persone che non hanno problemi di peso mangia in modo del tutto naturale, facendo delle pause e socializzando maggiormente con gli altri commensali. Questo non farà altro che rallentare le tempistiche e favorire le nuove conoscenze.

Usare piatti più piccoli

Scegliere un piatto inferiore di 5 cm di diametro. Si tratta sempre dello stesso effetto ottico che condiziona il nostro cervello sempre attivo e capace di ricevere ed elaborare ogni impulso – anche, e soprattutto, quello visivo.
Così, invece, si può ridurre di 100-200 KCal al giorno e perdere 5 chili all’anno.

Porzioni giuste

L’abitudine principale per dimagrire in modo sano e naturale e senza diete rigide è quella di mangiare porzioni corrette. Niente esagerazione o “Oggi mangio un po’ di più perché ho troppa fame”.

Provare ricette vegetariane

Mangiare più spesso vegetariano è una buona regola per chi vuole dimagrire. Si consigliano fagioli, zuppa di lenticchie e altri gustosi cibi a base di legumi: sono ricchi di fibre e sono molto nutrienti.
Oltre alle classiche verdure si consigliano anche il seitan, la soia, il tofu, il kamut e altro.

Bruciare 100kCal in più al giorno

Provare non costa nulla:
• Camminare per un paio di chilometri, circa 20 minuti.
• Fare giardinaggio per circa 20 minuti.
• Fare jogging per 10/20 minuti.

Regalarsi un po’ di tempo per sé

Dedicarsi un po’ di tempo, qualche minuto di relax in compagnia, una telefonata ad un’amica o un parente, giocare e usare di più il telefonino, farsi una passeggiata sul mare: piccoli momenti di spazio dedicati soltanto al sè.

[FONTE: benesserevillage.it]

Olio di palma: ecco tutta la verità

credits photo: de-gustare.it

Qualche giorno fa, sul sito istituzionale del Ministero della Sanità, è stato pubblicato il parere dell’Istituto Superiore della Sanità sulle conseguenze per la salute dell’utilizzo di un discusso ingrediente: l’olio di palma.
In effetti, è già da qualche anno che il suddetto olio è al centro di molte polemiche, perché considerato dannoso. Ma qual è la verità?

Ecco di seguito, in sintesi, il responso del Ministero.
L’olio di palma è un ingrediente largamente impiegato nell’industria alimentare, rappresentando una valida fonte di acidi grassi saturi, perché composto per il 50% da acidi grassi saturi (quasi esclusivamente acido palmitico), per il 40% da acidi grassi monoinsaturi (acido oleico) e per il 10% da acidi grassi poliinsaturi (acido linoleico).
Fonti scientifiche non riportano l’esistenza di componenti dell’olio di palma capaci di influire negativamente sulla nostra salute, ma riconducono eventuali patologie al suo elevato contenuto di acidi grassi saturi. È infatti noto che, un eccessivo consumo di acidi grassi saturi nella dieta, può avere a lungo andare, effetti negativi sulla salute, aumentando il rischio di patologie cardio-vascolari.

L’Istituto Superiore di Sanità ha definito l’olio di palma “utile” per una corretta integrazione di acidi grassi saturi in una corretta alimentazione, insieme ad altri alimenti come latte e derivati, uova e carne.
Le principali organizzazioni sanitarie nazionali e internazionali raccomandano livelli di assunzione quotidiani di acidi grassi saturi non superiori al 10% delle calorie totali, valore che non è rispettato nella stragrande maggioranza dei casi. Infatti, secondo delle stime effettuate dall’Istituto Superiore di Sanità – basate sui dati degli anni 2005 e 2006, perché gli unici disponibili – in media un adulto ne consuma circa 27 grammi al giorno, con un contributo dell’olio di palma stimato tra i 2,5  e i 4,7 grammi. Mentre i bambini di età compresa tra i 3 e 10 anni, consumano in media tra i 24 e 27 grammi al giorno di acidi grassi, con un contributo di saturi da olio di palma tra i 4,4 e i 7,7 grammi.

Un aggiornamento di dati, però, potrebbe portare a definire diversi livelli di consumo degli acidi grassi saturi da parte della popolazione italiana, perché è stato evidenziato che negli ultimi dieci è diminuito il consumo totale di acidi grassi saturi. Nella popolazione adulta è dell’11,2% contro i <10% raccomandati, mentre nei bambini tra i 3 e i 10 anni risulta superiore all’obiettivo raccomandato del <10%, anche perché nei bambini è maggiore il fabbisogno fisiologico di grassi saturi nei primi anni di vita.

Dopo attente analisi l’Istituto Superiore di Sanità ha affermato che non ci sono correlazioni tra il consumo di olio di palma e l’insorgenza di malattie, bensì le patologie sono le stesse che possono essere causate dai comuni oli e grassi, come il burro.
Nel contempo, determinate fasce di popolazione quali bambini, anziani, obesi, pazienti con precedenti problemi cardiovascolari o ipertesi possono presentare una maggiore predisposizione, rispetto alla popolazione generale, a sviluppare determinate patologie.

Per tanto, si consiglia un regime dietetico vario e bilanciato, comprendente alimenti naturalmente ricchi di acidi grassi saturi – carne, latticini, uova -, ribadendo la necessità di contenere il consumo quotidiano di alimenti contenenti elevate quantità di grassi saturi.

Il perfezionismo nuoce gravemente alla salute

Spesso si è portati a credere che il perfezionismo sia qualcosa di lodevole, eppure recenti studi dimostrano che può avere effetti davvero nocivi, provocando non solo stress psicologico, ma anche dolore fisico, con disturbi che variano dalla sindrome dell’intestino irritabile all’insonnia, alle disfunzioni cardiache – se non addirittura morte prematura.

La Dottoressa Danielle Molnar, psicologa presso la Brock Univesity in Canada, anzi, ritiene che il perfezionismo sia causa di malattie al pari dell’obesità e del fumo.Non si fa che promuovere continuamente il perfezionismo e i benefici che se ne traggono in termini di successo lavorativo o accademico, eppure – sostiene la Molnar – esso è all’origine di un gran numero di disturbi, tra cui l’aumento delle infezioni e la morte prematura. Per tanto, credo che vada considerato dai medici come un dato da non trascurare in rapporto alla salute dei pazienti.

Si ritiene siano due su cinque le persone con tendenze perfezioniste. Un numero che sta, in realtà, crescendo a causa di social media come Facebook e Twitter, i cui utenti sembrano sempre più ossessionati dalla preoccupazione di essere o, meglio, di apparire perfetti. A stabilirlo è il Dottor Gordon Flett, professore di psicologia alla York University del Canada che ha dedicato ben 20 anni della sua vita a indagare il nesso tra perfezionismo e psicologia. “È normale voler essere perfezionisti in un determinato ambito della propria vita, come per esempio quello lavorativo – afferma il Dottor Flett – tuttavia, quando la cosa degenera in un bisogno ossessivo di perfezione a 360°, portando a desiderare un lavoro perfetto, un bambino perfetto, una relazione perfetta, un corpo perfetto e così via, può causare livelli di stress estremamente alti e può incidere negativamente non solo sui nostri rapporti, ma anche sulla nostra salute.

Il Dottor Flett ha così delineato tre tipi di perfezionisti: gli “autoreferenziali”, gli “alter-autoreferenziali” e gli “eterorefenziali”. Gli auto-referenziali si basano esclusivamente sui propri personali standard di perfezione; gli alter-autoreferenziali, invece, sono quelli che impongono determinati standard agli altri, alla maniera del temutissimo chef Gordon Ramsay; gli eteroreferenziali, infine, sono perfezionisti che rispondono all’etichetta sociale, che soddisfano le richieste di genitori, datori di lavoro e colleghi: un esempio su tutti è quello del celebre tennista Andre Agassi, che il padre – da alter-autoreferenziale – costringeva ad allenarsi strenuamente nonostante il caldo torrido della Florida. I perfezionisti che impongono i propri canoni di perfezione agli altri finiscono, peraltro, col generare in questi ultimi un forte sentimento di disprezzo – tant’è che Agassi nella sua autobiografia ha poi dichiarato di odiare il tennis, un odio probabilmente originatosi a partire proprio da quegli allenamenti e da quei sacrifici eccessivi cui veniva costretto da bambino.

Ad ogni modo, gli studi della Dottoressa Molnar hanno dimostrato che il perfezionismo da etichetta sociale causa, in maggioranza, sofferenze fisiche: la ricerca, condotta su 500 adulti di età compresa tra i 24 e i 35 anni, consisteva nel rispondere a un questionario chiamato “La Scala Multi-Dimensionale del Perfezionismo”, che rendeva possibile stabilire se i soggetti fossero dei perfezionisti e, qualora lo fossero stati, di che tipo. Dai risultati si è evinto che i perfezionisti da etichetta sociale non godevano di buona salute, andavano spesso a farsi visitare dal medico e prendevano più giorni di malattia.

In maniera ancora più allarmante, un altro studio ha dimostrato che ambire incessantemente alla perfezione aumenta il rischio di morte prematura. Nel corso di questo studio della durata di sei anni, i ricercatori della Trinity Western University nel Canada hanno preso in esame 450 adulti – perfezionisti e non – dai 65 anni in su: i perfezionisti sono risultati essere del 51% più a rischio di morte prematura.

Il problema è che è davvero raro che i perfezionisti chiedano aiuto e anche qualora gli si dia supporto, lo interpretano come una forma di giudizio o di critica nei loro confronti per il fatto di non essere in grado di prendersi cura di se stessi, mentre il supporto e la socialità sono gli elementi che più contribuiscono a migliorare la salute e persino ad allungare la durata della vita. Ma i perfezionisti il più delle volte se ne privano: “Non hanno molta cura di sé“, spiega il Dottor Flett. “Spesso si chiedono perché si sentano poco bene, avvertendo la malattia come un fallimento e costringendosi a trascurarla, negandosi il tempo necessario a guarire ed evitando di chiedere aiuto“: un atteggiamento che rallenta la ripresa e può provocare ulteriori disfunzioni, soprattutto al livello cardiaco. Stress, insoddisfazione cronica e mancanza di supporto sono state infatti individuate come le costanti all’origine dei problemi cardiaci, cui i perfezionisti risultano perciò più esposti rispetto a persone dotate di una personalità positiva.

Ma non è tutto: i perfezionisti sono anche più propensi a contrarre la sindrome dell’intestino irritabile, come suggerisce una ricerca condotta nel 2007 dagli specialisti dell’Università id Auckland in Nuova Zelanda. Durante lo studio sono state monitorate 620 persone che avevano avuto gravi episodi di intossicazione alimentare e quelle affette dalla sindrome dell’intestino irritabile presentavano, appunto, tendenze perfezioniste come la trascuratezza nel curare la propria salute fino alle estreme conseguenze.
Si tratta di soggetti ossessionati dal fare la cosa giusta: per loro, prendersi dei giorni di malattia è come andar contro i propri ideali“, spiega la Dottoressa Rona Moss-Morris, all’epoca a capo dei ricercatori.

Lo stress continuo cui i perfezionisti si sottopongono aumenta il rischi di sviluppare questo tipo di sindrome, che può manifestarsi con gonfiori, diarrea e crampi, ma non sono esclusi casi di disordini alimentari, in particolare di anoressia e di disturbo da alimentazione incontrollata: la rigidità dei perfezionisti, infatti, si riversa anche nella dieta, che spesso esclude intere categorie di alimenti e comunque contempla l’assunzione di cibo a basso contenuto calorico. Mancato un obbiettivo, però, i perfezionisti ricorrono all’abbuffata: mangiare li tranquillizza, ma soltanto momentaneamente, perché la vergogna e il senso di colpa li porteranno a un autocontrollo ancora più rigido. Per ridurre gli effetti negativi che si autoprocurano, i perfezionisti dovrebbero imparare ad accettare se stessi e i propri errori, facendo meno autocritica. “Abbassare il livello degli standard e accettare un fallimento di tanto in tanto costituiscono la chiave del miglioramento – suggerisce il Dottor Flett – ma, più d’ogni altra cosa, i perfezionisti devono imparare a chiedere aiuto, senza più soffrire in silenzio“.

Emma Bonino e la sconfitta del suo tumore

Credit: italia-24news.it

Buone notizie per Emma Bonino, che, come tutti sanno, è stata recentemente colpita da un tumore al polmone. Dopo un lungo percorso di terapia, gli esami clinici e la tac fatti in questi gironi non danno traccia del cancro che ha colpito l’ex ministro degli affari esteri. Meglio ancora di quanto ci si potesse aspettare.

Condividendo la notizia con gli ascoltatori di Radio Radicale, la Bonino ha colto l’occasione per ringraziare tutto il personale medico e paramedico che l’ha seguita in questa sua lotta contro il cancro.

“Il mio – prosegue Bonino – è anche un messaggio di speranza che voglio dare a tutti quelli che stanno seguendo dei percorsi e delle terapie per questo tipo o altro tipo di sfide che ci troviamo ad affrontare, e comunque mi pareva giusto condividere come ho fatto dall’inizio con voi tutti tramite Radio Radicale la situazione come ho fatto dall’inizio. So bene che, come scrive il bollettino, è solamente una tappa, che dovrò fare bene adesso questa radio terapia preventiva al cervello e poi un periodo di riposo abbastanza lungo che mi è stato prescritto proprio per evitare ricadute percentualmente molto alte in questo tipo di cancro nei primi 12 mesi dopo il trattamento. Però – sottolinea – è certamente un bel giorno per me, mi consente anche di dedicarmi un po’ di più, appena recupererò un po’ di forze, alle attività politiche che mi stanno a cuore ed è anche un messaggio di incoraggiamento, speranza e di grazie a tutti quelli che mi sono stati vicini in questo lunghissimo periodo che sembrava non finire mai, un incoraggiamento a chi sta affrontando le stesse sfide. Grazie a voi e grazie di avermi aiutato a poterlo dire e a poterlo far sapere come messaggio di speranza”, conclude.