martedì, 16 Dicembre 2025

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Lupus: uno su due non stringerebbe la mano a chi ne è affetto

credits photo: salute.pourfemme.it

Tra marzo e aprile 2016 è stata sostenuta una ricerca dalla Gsk (azienda farmaceutica) in collaborazione con la World Lupus Federation, sulla conoscenza generale del Lupus, una malattia autoimmune.
Ecco cosa è emerso: due persone su tre confessano di provare disagio ad abbracciare un paziente che ne è affetto; uno su due non gli stringerebbe nemmeno la mano; il 31% si sente a disagio a dover condividere la tavola con chi ne soffre; il 44% dice di non sentirsi tranquillo a sedersi al suo fianco sull’autobus; una persona su dieci imputa la patologia alle conseguenze del sesso non protetto; circa il 36% di chi ha risposto, più di un terzo, ammette di non sapere che è una malattia; una persona su dieci pensa che si tratti di un tipo di batterio o di un’infezione; il 30% considera, erroneamente, la meningite una malattia più comune, mentre si stima che ogni anno siano 1,7 milioni le persone colpite da meningite, contro i 5 milioni affetti dal Lupus.

La ricerca è stata condotta su circa 16.000 adulti, in Italia, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Indonesia, Giappone, Spagna, Corea del Sud, Svizzera, Regno Unito e Usa.
I risultati dimostrano quanto essa sia una patologia quasi sconosciuta, e quanto ci sia bisogno di informazione. Proprio per questo la World Lupus Federation, come ogni anno, celebra la Giornata mondiale dedicata alla sensibilizzazione su questa malattia, che ha come tema ufficiale: “Il Lupus non conosce confini”.

“La malattia può colpire ogni parte del corpo in ogni modo e in qualsiasi periodo della vita, spesso con esiti non prevedibili e in grado di comprometterne seriamente la durata e la qualità della vista stessa. Tuttavia, le informazioni della ricerca rivelano che, nonostante siano stati fatti progressi nella diagnosi e nella gestione del Lupus, la sensibilizzazione della cittadinanza rimane bassa […]. I sintomi possono essere molto diversi da persona a persona. Alcuni possono anche avere un’esperienza di sintomi poco intensi, mentre altri possono avere la malattia in forma molto più grave con possibile danno d’organo nel tempo […]. Va inoltre ribadito che non è contagioso, men che meno attraverso il contagio sessuale. Non si può ‘prendere’ il Lupus da qualcuno o ‘passarlo’ a un altro”, afferma Rolando Porcasi, medico responsabile del reparto di Immunologia della Gsk.

Proprio durante il World Lupus Day, che, la World Lupus Federation, ha invitato tutti a firmare una petizione per esortare l’Organizzazione mondiale della sanità a rendere il Lupus una priorità internazionale di salute e assicurare che le persone colpite siano trattate efficacemente.
Per firmare la petizione basta visitare il sito web del World Lupus Day.

Che fine fanno i farmaci che si buttano?

credits photo: prontoconsumatore.it

“Green Health, fai la differenza”, è la campagna di sensibilizzazione, volta a promuovere un utilizzo consapevole e senza sprechi dei farmaci, promossa dall’Apmar (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatiche) in collaborazione con l’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco). 
Questo perché, in Italia, vengono venduti decine di migliaia di tonnellate di farmaci, molti dei quali non utilizzati e gettati nella spazzatura, contribuendo così a contaminare l’ambiente, in particolare le acque.

Il progetto si è svolto in due anni, ed ha visto protagoniste duemila persone alle quali è stato distribuito un questionario. Dai risultati di questi ultimi è emerso che: il 70% di coloro che hanno risposto alle domande prende farmaci senza prescrizione medica e, non controlla se un farmaco è già in suo possesso prima di farsene prescrivere una nuova confezione; il 60% non getta i farmaci scaduti nell’apposito contenitore.
Per questo, l’Apmar, vuole ricordare che le regole per lo smaltimento dei farmaci, inutilizzati o scaduti, sono molto semplici: “I farmaci vanno rimossi dal loro contenitore originale e buttati nei contenitori davanti alle farmacie, le confezioni di carta e cartone devono essere smaltite nella carta e i blister in plastica e metallo insieme alla plastica, se si tratta di medicinali liquidi (sciroppi, fiale, ecc.) meglio conferire l’intero contenitore di vetro nel bidone davanti alle farmacie, in caso di dubbi, bisogna sempre chiedere al farmacista”.

Queste, ed altre, informazioni sono riportate in un opuscolo informativo chiamato Guida all’uso consapevole del farmaco, che verrà distribuito da tutti i partner del progetto: le sedi Apmar, i centri Urp, gli Ordini dei Medici e sarà scaricabile dal sito www.apmar.it.

Un’app svela i segreti del sonno

CREDIT: www.bednews.it

Nessuno sa esattamente perché dormiamo, ma i ricercatori continuano a scoprire importanti verità circa il misterioso fenomeno. In particolare, uno studio condotto a livello globale su circa 8.000 persone in 100 paesi, mette in luce il ruolo della società e della biologia nel definire le nostre abitudini di sonno. I dati raccolti dimostrano che esiste un conflitto tra il nostro desiderio di restare svegli fino a tardi e il ritmo circadiano del nostro corpo, che ci imporrebbe di alzarci presto di mattina. La società ci spinge ad andare a dormire tardi, mentre l’orologio biologico del corpo vorrebbe ci svegliassimo presto. Questo scenario ci obbliga a sacrificare ore di sonno, un fenomeno che abbiamo chiamato ‘crisi mondiale del sonno’.

Nello studio, il team di ricercatori dell’Università del Michigan, hanno utilizzato un’app per smartphone, battezzata Entrain, sviluppata alcuni anni fa dagli scienziati per aiutare i viaggiatori a superare il jet lag, ovvero la sindrome da fuso orario. Per utilizzare l’applicazione, si inserisce il programma di sonno tipo, così come i tempi in cui si è normalmente esposti alla luce. Utilizzando queste informazioni, l’applicazione suggerisce orari personalizzati di luce e buio per aiutare le persone ad abituarsi ad un nuovo fuso orario. Grazie a questo esperimento è stato possibile delineare una mappa di come, dove e quanto dormono gli abitanti della Terra.

La mappa geografica del sonno: gli italiani tra i più dormiglioni

Secondo la ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances, a dormire più di tutti nel mondo sono gli olandesi, mentre dormono meno gli abitanti di Singapore e Giappone. Gli italiani, con 7 ore 53 minuti in media sono nella top ten dei più dormiglioni. Le differenze tra paesi possono sembrare lievi, ma sono in realtà significative perché ogni mezz’ora di sonno in più ha un impatto fortissimo sulle funzioni cognitive e sulla salute a lungo termine. Gli abitanti di Singapore e Giappone, con 7 ore e 24 minuti e 7 ore e 30 minuti, rispettivamente, sono quelli che dormono meno al mondo. Gli olandesi, al contrario, sono quelli che godono di più il piacere ristoratore del sonno, con una media di 8 ore e 12 minuti al giorno.

Gli italiani sono tra coloro che tendono ad andare a letto più tardi (23:42) e a svegliarsi più tardi (7:35). Ad andare a letto e a svegliarsi prima di tutti sono gli australiani (22:42 e 6:47), e invece gli animali notturni per eccellenza sono gli spagnoli (23:45 l’ora media del sonno, e si svegliano alle 7:36).

Sono le donne a passare più tempo a letto

Dalla ricerca è emerso che noi donne tendiamo ad andare a letto presto e a svegliarci più tardi rispetto agli uomini, concedendoci in media mezz’ora di riposo in più a notte. Mentre a stare meno a letto sono gli uomini di mezza età, che dormono meno di 7-8 ore a notte. Inoltre, va a letto prima la sera chi trascorre gran parte del giorno all’aperto, alla luce solare.

È stato dimostrato che le abitudini del sonno delle persone sembravano convergere quando si cresce. Ad esempio, ci sono state più somiglianze tra gli orari del sonno delle persone di età superiore ai 55 anni, rispetto a quelli più giovani di 30. Una possibile spiegazione di questo fenomeno è che le persone anziane tendono ad avere una finestra ristretta di tempo entro la quale si può rimanere addormentati.

Infine gli scienziati suggeriscono di fare attenzione alle ore che dedichiamo al sonno. Anche se per qualcuno 6 ore di sonno per notte sono sufficienti, quella persona sta costruendo un “debito di sonno“, che avrà nel corso del tempo un effetto deficit sul corpo, portando stanchezza fisica e mentale. Il sonno, sostengono gli esperti, è più importante di quanto pensi la maggior parete delle persone, ed essere troppo stanchi può avere l’effetto di una sbornia: le prestazioni si riducono, ma le persone non lo percepiscono.

Pillola anticoncezionale e cortisone: interazioni ed effetti indesiderati

credits photo: salute.pourfemme.it

Il cortisone e la pillola anticoncezionale sono due farmaci con un diverso meccanismo d’azione che, se assunti contemporaneamente, possono creare degli effetti indesiderati, talvolta anche gravi. Questo perché, una volta assunti, interagiscono tra loro nel corpo umano e, da questo, ne può conseguire un’attenuazione o un’esaltazione dell’effetto.
Vediamo quindi le interazioni e gli effetti indesiderati che possono essere provocati dall’assunzione in contemporanea di cortisone e pillola anticoncezionale.

La pillola anticoncezionale è una compressa contenente ormoni, utilizzata per modificare il funzionamento del ciclo mestruale e per prevenire eventuali gravidanze. Il cortisone, invece, è il più potente antinfiammatorio in commercio, che ha le stesse funzioni del cortisolo, un ormone naturalmente prodotto dalle nostre ghiandole surrenali.
Ciascuno di questi farmaci, quindi, ha un proprio effetto terapeutico, e, se assunti contemporaneamente, possono interagire tra loro, all’interno dell’organismo, generando effetti indesiderati, come l’aumento o la diminuzione dell’effetto di uno o entrambi i preparati. Non solo, può anche modificarne la tossicità, dando luogo a reazioni inaspettate.
Generalmente, quando si utilizzano i due farmaci insieme, potrebbe aumentare l’efficacia e quindi la tossicità del cortisone.

Gli effetti indesiderati non sempre sono immediati, possono comparire anche a distanza di ore, giorni, settimane o mesi dall’assunzione dei medicinali e, nel caso specifico di questi due farmaci, il periodo di ‘rischio‘ può protrarsi fino ai tre mesi successivi, a causa dei cambi metabolici ed enzimatici prodotti dalla pillola.
Inoltre, gli effetti dell’interazione variano anche a seconda del tipo di farmaco cortisonico che si assume: nel caso del Betametasone, vi sarà un moderato aumento dell’effetto corticosteroideo, con il Desametasone e con l’Idrocortisone un modesto prolungamento dell’effetto farmacologico. Nel caso dell’interazione con il Prednisolone e il Prednisone si avrà una aumento della tossicità.

È importante specificare però che, l’assunzione contemporanea di cortisone e pillola comporta un aumento dei livelli di cortisonici nel sangue, ma non interferisce in alcun modo con l’effetto contraccettivo di quest’ultima.