domenica, 21 Dicembre 2025

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Si può essere obesi e in salute?

Uno dei problemi più comuni legato allo stile di vita moderno è il sovrappeso o l’obesità. Le più recenti ricerche scientifiche indicano che la diffusione di questa patologia sta aumentando drammaticamente in tutto il mondo e che il problema sta rapidamente crescendo nei bambini e negli adulti. Guardando i dati si stima che circa 1,9 miliardi di persone soffrono di problemi legati all’alimentazione; dato significativo se si pensa che l’obesità è uno dei maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di molte patologie croniche quali: malattie cardiovascolari e respiratorie, ipertensione e alcune forme di cancro, diabete di Tipo2 e il rischio di morte precoce.

Ma recenti studi dimostrano che non tutto il grasso è sinonimo di cattiva salute. In alcuni casi risulta anche il contrario. Lo racconta il sito del quotidiano spagnolo El Mundo, citando la ricerca pubblicata sullo European Heart Journal, dalla quale emerge un elemento con cui la classe medica dovrà fare i conti: l’esistenza degli obesi metabolicamente sani.
È noto che l’obesità è legata a una serie di malattie, soprattutto cardiovascolari. Tuttavia, vi è un gruppo di persone obese che sembrano essere “protette” da queste malattie, afferma il Dr. Francisco a El Mundo, ricercatore della Facoltà di Scienze Motorie presso l’Università di Granada e uno degli autori di questo studio.

Questi fortunati definiti individui obesi metabolicamente sani, non presentano un aumento del rischio di sviluppare malattie associate ai chili di troppo o di incorrere alla morte precoce. Inoltre, la probabilità di avere alcune di queste patologie sono simili a quelle di una persona con peso normale.
Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori hanno condotto le loro analisi presso la University of South Carolina (USA), con 43,265 partecipanti, reclutati dal 1979 al 2003. Durante questo periodo sono state monitorate le loro condizioni fisiche e corporee, osservando anche le cause che hanno portato alla morte alcuni di essi durante questo tempo. Sono stati individuati tre gruppi di individui: un gruppo di persone sane e normopeso, altri problemi di obesità con malattie associate al loro peso e un terzo gruppo di oltre 5.000 persone completamente sane nonostante la loro obesità.

In particolare, è stato dimostrato che gli individui appartenenti al terzo gruppo avevano una cosa in comune: la loro condizione fisica.
Generalmente gli studi sull’obesità vengono fatti sulla base di parametri clinici quali la pressione e altri, ma raramente si prende in considerazione la condizione fisica del paziente. In questo specifico studio, invece, si misura quella che viene chiamata la capacità aerobica o cardio-respiratoria, vale a dire che il paziente viene valutato in uno stato di stress generato dall’attività fisica. E’ emerso che tutti avevano una buona resistenza fisica, come qualsiasi persona di peso normale. Secondo gli autori questo suggeriva che l’attività fisica fosse in grado di mitigare alcuni rischi, per esempio malattie cardiovascolari e contribuire significativamente al benessere di queste persone, anche in assenza di perdita di peso.

CREDIT: www.dailymail.co.uk
CREDIT: www.dailymail.co.uk

La promozione di una dieta sana e di un maggior livello di attività fisica per il controllo del sovrappeso, implica la partecipazione attiva di molti gruppi diversi, tra cui i competenti organi governativi, i professionisti del settore sanitario, l’industria alimentare, gli organismi di comunicazione di massa e i consumatori. Ci deve essere una condivisione di responsabilità per favorire una corretta alimentazione, povera di grassi, ricca di carboidrati complessi e abbondante di frutta e verdura fresca.

È sicuramente necessario un maggior impegno per aumentare le possibilità di praticare attività fisica, soprattutto in seguito alla crescente urbanizzazione, all’invecchiamento della popolazione e al contestuale incremento del tempo dedicato ad attività sedentarie.

5 modi divertenti per definire il “tuo periodo”

periodo
Credits: Vnews

In che modo chiami il “tuo periodo”? Ce ne sono sicuramente tantissimi: dal semplice e tradizionale, nonché corretto, ciclo mestruale” al più allegorico “supplizio”; c’è chi usa anche i termini “tortura”, “obbligo”, “incubo” fino al “maledetto sia quel giorno…”. Una serie di espressioni, più o meno colorate, per indicare i 5/6 giorni al mese più brutti, fastidiosi e antipatici per una donna.

Ma quali possono essere le altre espressioni, anche internazionali o provenienti da altre lingue e culture, per definire proprio quel periodo lì?

La visita di zia

Un modo di dire alternativo e originale per indicare il ciclo mestruale: paragonarlo alla visita di quella zia che proprio non sopporti, che non fa altro che stropicciarti di coccole e martoriarti le guanciotte all’urlo di “E il fidanzatino? Come sei diventata grande!”

Tempo della Luna

Perfetto per indicare i continui sbalzi d’umore e l’irritabilità.

Una marea rossa

Molto usato soprattutto per parlare del flusso: abbondante o no, l’idea della “marea”, o del fiume in piena, è una tra le più amate dalle donne di tutte le età.

Il regalo di madre natura

Già, perché madre natura ha deciso di rovinarci così tanto l’esistenza? E via con imprecazioni e maledizioni contro colei che ha permetto tutto questo strazio.

Squalo

Siamo un po’ troppo nervose, irascibili, cattive e antipatiche? Bene, proprio come uno squalo affamato.

Regola dei tre secondi? Da bocciare

Credit: doctorshangout.com

Tanti di noi conoscono bene la famosa regola dei tre secondi (anche nota come regola dei dieci o dei cinque secondi), quella secondo cui, cioè, se un cibo cade accidentalmente a terra basta recuperarlo tempestivamente e pulirlo sommariamente per poter continuare a gustarlo senza preoccuparsi di eventuali batteri.

Tuttavia, una nuova ricerca ha rivelato che questo tipo di pratica non è tanto igienica quanto ci piacerebbe credere.

Gli studiosi sostengono che siamo più di uno su tre a rischiare grosso nel mangiare il cibo caduto per terra, dal momento che i batteri attecchiscono alle pareti dei cibi in maniera praticamente istantanea: il che significa che molti di noi potrebbero ingerire, nella loro innocenza, pericolosi batteri quali quelli dell’Escherichia coli o quelli della Salmonella.

La ricerca, sostenuta dall’azienda di tecnologia delle pulizie Kärcher, ha riscontrato che il 37% di noi mangerebbe tranquillamene cibo appena caduto sul pavimento della cucina, così come il 38% di noi è convinto che il pavimento del proprio soggiorno sia talmente pulito da poterlo leccare di gusto.

Lo studio ha anche rilevato che il 49% di noi utilizza soltanto la scopa per pulire e che il 43% si affida esclusivamente ai deodoranti per ambienti, che chiaramente sono entrambi metodi insufficienti a garantire l’eliminazione dei batteri.

Un altro 59% ha asserito di attendere l’apparizione di segni di sporco evidente prima di cominciare a pulire, mentre un buon 27% ha ammesso di aspettare l’insorgere di cattivo odore prima di prendere provvedimenti.

La dottoressa igienista Lisa Ackerley, dal canto suo, ci mette in guardia: gli “assassini silenziosi” presenti a casa nostra possono moltiplicarsi dal singolo batterio fino a diversi milioni nell’arco di sole 7 ore. Nella sua intervista al Daily Mail, ha ammonito così i lettori: “Piccoli ma ricorrenti servizi domestici sono decisamente più importanti delle grandi pulizie di primavera che arrivano una volta all’anno“.

Batteri e virus non possono essere visti né sentiti con l’olfatto, ma vengono distrutti facilmente grazie alle alte temperature: perciò la pulizia col vapore è perfetta“.

La regola dei tre secondi, peraltro, già era stata rigettata dal National Health Service britannico. Il Dottor Ronald Cutler, microbiologo presso la Queen Mary University, ha riferito: “La regola dei tre secondi ha un effetto minimo rispetto alla quantità ingente di batteri che si possono prendere a contatto con una superficie altamente contaminata. Mettiamola così: se qualcosa da mangiare vi cade per terra, che sia nella vostra cucina o sul marciapiede, mettetelo in un cestino dell’immondizia invece che nella vostra bocca“.

Pronto soccorso: ecco le nuove linee guida per il triage

credits: http://www.roadtvitalia.it

Più autonomia agli infermieri e riduzione dei tempi di attesa, soprattutto per i casi più gravi: sono queste le novità principali redatte nelle nuove linee guida per il triage in pronto soccorso, attualmente ferme al 2001.
Il pronto soccorso abbandonerà i colori del triage, rosso, giallo, verde e bianco e, per valutare lo stato e i rischi dei pazienti, saranno utilizzati i codici numerici. I numeri, che andranno da 1 a 5, verranno assegnati a chi si reca in pronto soccorso, a seconda dell’urgenza.

Uno dei vantaggi di questo nuovo metodo sarà la riduzione delle tempistiche e una maggiore velocità nelle procedure. Per i casi più gravi infatti, il massimo di tempo sarà di 15 minuti, mentre, per i casi meno gravi, non passeranno più di quattro ore.

Sempre per velocizzare le procedure, inoltre, gli infermieri potranno, se autorizzati, somministrare farmaci, fare prelievi e iniziare una serie di trattamenti. Gli infermieri ai quali saranno affidate le competenze maggiori, avranno dovuto maturare almeno sei mesi di esperienza di lavoro in pronto soccorso e aver svolto un periodo di formazione specifica nel campo del triage.

Sono linee guida – spiega all’Adnkronos Salute Massimo Magnanti, segretario nazionale del Sindacato professionisti emergenza sanitaria (Spes) e medico del Pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni di Roma – che aspettavamo da tempo e finalmente c’è la presa d’atto del problema del sovraffollamento dei pronto soccorso. Sarà un grande cambiamento per le persone ma è una evoluzione positiva che ci mette allo stesso livello di altri Paesi Ue e degli Usa. Nessun si dovrà spaventare se entrando al pronto soccorso non ci saranno più i famosi colori che avevano imparato a conoscere“.

http://www.adnkronos.com