mercoledì, 27 Novembre 2024

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Il nostro cervello funziona come Facebook

credits photo: infinitamenteverona.it

Il nostro cervello funziona come Facebook e a dircelo è una ricerca pubblicata dagli scienziati di Basilea e di Londra su Nature. Non c’è da stupirsi, quindi, di come abbia fatto il social network più gettonato a diventare così famoso. Infondo, come dice un proverbio popolare “chi si somiglia si piglia”.

La ricerca mirava a svelare i legami che si stabiliscono tra le cellule del nostro cervello. Per scoprire tutto ciò i ricercatori hanno studiato un’area particolare del cervello umano: la corteccia che riceve gli impulsi nervosi provenienti dagli occhi. Gli scienziati si sono serviti di strumenti sofisticatissimi e all’avanguardia. Il risultato ha stupito molte persone, o forse no.

Le sinapsi presenti nel nostro cervello, cioè le strutture che permettono alle cellule nervose di dialogare fra loro, stabiliscono dei legami molto forti con un solo neurone. Quest’ultimo, poi, si lega, tramite legami più deboli, con moltissimi altri.

In poche parole, ogni cellula nervosa stabilisce legami forti soltanto con poche altre cellule simili a lei, mentre con il resto i legami sono deboli. Qualcuno potrà chiedersi: dov’è l’analogia con il social network? La risposta è più semplice di quella che ci si aspetta. Su Facebook generalmente si hanno molto amici, ma con una cerchia ristretta di loro si ha un rapporto privilegiato, proprio come avviene tra le cellule del nostro cervello.

La domanda che ci si è posti, a questo punto, è stata: perchè questi rapporti privilegiati si instaurano tra determinate persone, e quindi cellule, e non tra altre? La risposta è nella somiglianza e negli interessi comuni.

Lee Cossell, uno degli autori dello studio, si è poi posto un altro quesito: perchè il cervello stabilisce anche un gran numero di legami deboli? Per una questione di praticità. Immaginiamo, infatti, che i neuroni debbano cambiare il loro modo di lavorare. Il modo più semplice e veloce per farlo è rinforzare quei legami deboli che sono utili al nuovo scopo. Ciò spiega anche perchè il cervello riesce ad addattarsi velocemente alle nuove situazioni.

Instagram e i selfie impropri pubblicati dai bambini

Credits photo: Justin Sullivan/Getty Images

Nativi digitali sempre più precoci e interessati a selfie da riproporre su Instagram: sono loro la testimonianza maggiore di come la società si sia evoluta nel corso degli ultimi anni. I nati nel 2000, non riescono a vivere senza internet ormai, eludono i divieti e a meno di 13 anni si iscrivono su Instagram e altri siti simili. Le preoccupazioni così cominciano. Ancora piccoli ed innocenti iniziano infatti a pubblicare foto di sé senza nessun controllo, proprio come nei casi che vi stiamo per proporre.

Si chiama Jessie e ha 20 anni o almeno questo è ciò che fa intendere il suo profilo Instagram. In realtà dalla foto è tangibile la sua giovanissima età. È una bimba, innocente, come tante altre che si trovano nella sua lista di amici, 11 anni e già centinaia di “mi piace” sulla sua foto.

È questo, oggi, il modo in cui i bambini ricercano approvazione dalla loro cerchia e allo stesso tempo fronteggiano le proprie insicurezze: autoscatto pronto e tempo un minuto la loro foto è sul web. Nessun filtro che protegga la loro privacy, non sono curanti degli orchi che si aggirano dietro profili che appaiono sicuri e nemmeno delle conseguenze che ne potrebbero derivare.

Eppure già dai commenti si intravede l’intimazione. Le foto di Alex, 15 anni, appaiono in un album con l’hastag #Arianagrande e in una di queste sotto il titolo della canzone “Baby I’ma need you to beg for it” appare la frase “I would fuck that big ass”, commento volgare che ci prendiamo la licenza di non tradurre e che, come afferma Elizabeth Daniels, prof.ssa di Psicologia all’Università del Colorado, dimostra il nuovo modo dei teenager tra i 12 e 15 di affrontare la sessualità.

Ma non è solo questo a preoccupare. Le foto che vengono pubblicate su internet sono infatti diventate la sorgente primaria degli amanti della pornografia e rischiano di essere utilizzate per adescare i bambini in posa. Si inizia con un mi piace, si continua con un commento carino, si finisce con un numero di telefono e un incontro al buio.

Chi si troverà di fronte l’ingenuo bambino?

In alcuni casi la persona che ha visto nella foto, in altri no. Quel che rende davvero inquieti però è che in un reportage degli Stati Uniti si nota come il fenomeno sia in fase d’aumento.

Che cosa fare?

Il mondo di internet è come un oceano, in cui alcuni punti sono più chiari, mentre altri sono oscuri profondi. La prevenzione è l’unico modo per riuscire a nuotare senza annegare. Per questo occorre cautela nell’inserire dati, maggiore informazione e anche più attenzione da parte degli stessi produttori di siti e applicazioni e dei genitori.

Instagram è infatti solo la punta di un iceberg. Prima di questo sito per gli appassionati di foto, sono arrivati Facebook e snapchat, studiato appositamente per chiacchierare con altri utenti anche sconosciuti e insieme a questi lo snapcash, per lo scambio di denaro e il sextexting, che come molti sapranno anche per via del film “50 sfumature di grigio” indica l’usanza di scambiarsi messaggi hot col partner. Nessuna attività, dunque, adatta ad un bambino di 11 anni, che dovrebbe difendere la sua innocenza, almeno per qualche anno.

La domanda è allora se anche su Instagram arriverà un parent control che individui, per una volta, chi fa del sito un uso improprio. Per saperlo occorrerà solo aspettare.

Levarsi le scarpe prima di entrare in casa: ecco perché

Dovrebbe trattarsi di un uso comune, ma purtroppo non tutti credono sia indispensabile e tengono le scarpe anche in casa – quando invece andrebbero tolte e vi spieghiamo perché.

I germi che riusciamo a portare in casa grazie alle suole delle nostre scarpe sono circa 400.000, e insieme con essi possono penetrare anche virus responsabili di diarrea, polmonite e meningite. Se, pertanto, in casa ci sono malati e bambini, cioè soggetti dal sistema immunitario più debole, occorrerebbe prestare una maggiore attenzione in questo senso.

In più, se non si indossano le scarpe in casa il pavimento risulterà più facile da lavare, con la possibilità di abbandonare detersivi aggressivi e di cominciare a utilizzare acqua e aceto o bicarbonato – una soluzione decisamente meno inquinante.

Peraltro, mettersi le pantofole quando si è a casa è un atto di civiltà anche per chi abita al piano inferiore, che non sarà disturbato dal rumore dei nostri tacchi. Indossare le pantofole, poi, è un sinonimo di relax: dopo una giornata di lavoro, cosa c’è di meglio di liberarsi dalla costrizione delle scarpe? I piedi ritrovano distensione e la circolazione si riattiva: lo stesso sistema nervoso inquadra il fatto di levarsi le scarpe come un gesto liberatorio.

Anche quando si ricevono degli ospiti, sarebbe opportuno proporre loro delle pantofole apposite, in modo da farli sentire a casa e allo stesso tempo evitare che i pavimenti si sporchino: si possono facilmente realizzare pantofole usando diversi strati di scampoli ricuciti assieme, da riporre magari in una grossa pantofola che raccolga tutte quelle destinate agli ospiti.

Onde elettromagnetiche: come difendersi?

Il cellulare sotto il cuscino, la tv accesa mentre non la stiamo guardando e la radiosveglia sul comodino: questo elettrosmog quando ci danneggia? Secondo l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro tutto questo, che per noi fa parte della quotidianità, è da inserire nella classe di cancerogenicità 2B, ovvero fra le cause possibili di gravi malattie. Ecco le precauzioni da prendere in considerazione: perchè prevenire è meglio che curare.

Invisibili e intangibili le onde elettromagnetiche sono presenti in ogni luogo, dalle nostre case all’ufficio, e si estendono ovunque. Sono generate dalle fonti più diverse, a partire dal Sole, dalle stelle, dalle galassie oppure prodotte artificialmente da pc, tv, smartphone, lavatrici, forni a micro-onde e sistemi di allarme ed elettrodomestici di ogni tipo.

Un buon uso del telefonino

La prima soluzione per rifugiarsi dall’elettrosmog è quella di spegnere il cellulare quando non ci serve: mentre sei a pranzo con l’amica del cuore, per esempio, evita di tenerlo sul tavolo e goditi ciò che ti circonda. La stessa cosa vale per la notte. Perchè addormentarsi con il telefono sul comodino o, addirittura, sotto il cuscino? Molti studi confermano che lo smartphone vada tenuto fuori dalla camera da letto: la luce blu emanata dai dispositivi elettronici non solo è causa di insonnia e malessere, ma può anche danneggiare la vista. Inoltre, è scientificamente provato che la luce blu sopprime la produzione di melatonina, un ormone preziosissimo per la regolazione dei cicli del sonno. Durante una telefonata, specialmente se di lunga durata, usate gli auricolari o il vivavoce in modo da tenere il telefono il più lontano possibile dalla testa. La stessa cosa vale per i bambini: non consentite ai vostri figli di usare il cellulare, se non in caso di reale emergenza: i loro organi sono più vulnerabili alle onde elettromagnetiche. Ricordate che il telefono fisso (non il cordless) resta sempre la soluzione migliore.

Ad ogni casa le sue onde

Cucina, salotto, camera da letto e bagno: ogni abitazione è esposta ai campi elettromagnetici emessi da apparecchi elettrici funzionanti a 50 Hertz/Hz. Dal forno elettrico a quello a microonde, dal pc ai tablet, dalla televisione alla radiosveglia fino alle termocoperte. Fate mente locale e datevi una risposta: siamo o non siamo circondati ovunque da onde elettromagnetiche?

Soluzioni green

Rendere la casa più verde non solo fa bene all’umore, ma anche alla salute. Cactus, felci, sanseveria, tillandsia assorbono pericolosi inquinanti cancerogeni prodotti non solo dallo smog e dalle industrie, ma anche dal riscaldamento domestico e dalle onde elettromagnetiche.

Cristalloterapia

Minerali tra cui la grafite e pietre come quarzi, malachite e tormaline proteggono dalle radiazioni e purificano gli ambienti dalle radiazioni. L’ametista è splendida anche per le sfumature cromatiche, deliziosa da posizionare sul comodino o una mensola. Secondo il Feng Shui, per chi trascorre molte ore davanti allo schermo, è indicato posizionare dei cristalli di rocca vicino al letto e sopra i cavi del computer.

Il tessuto barriera

L’Università di Limoges in Francia ha brevettato un tessuto scudo composto da nickel non allergico, acciaio inossidabile, alluminio, e pirite. Sono abiti ispirati alle divise di chi ogni giorno lavora a contatto con le radiazioni e servono a limitare l’intensità delle onde elettromagnetiche emesse da trasmettitori di raggi infrarossi come smartphone e tablet.

‘Non puoi vederle, gustarle o odorarle, ma sono una delle più pervasive forme di inquinamento degli stati industrializzati: sono le onde elettromagnetiche legate alla tecnologia delle reti wireless ed alla telefonia mobile. Queste tecnologie hanno portato dei benefici, ma provocano effetti sulla salute umana’.(Ronald Herberman, Direttore dell’Università di Pittsburgh, istituto di Oncologia).