lunedì, 7 Aprile 2025

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Disordine da stress post-traumatico: la cura è la cannabis

La cannabis può aiutare a prevenire i sintomi del disordine da stress post-traumatico, parola di scienziati. Pare, infatti, che questa droga leggera agisca sulle aree del cervello legate ai ricordi traumatici: un ulteriore tassello della ricerca che dimostra gli effetti benefici della marijuana.

I ricercatori dell’Università di Haifa, nello Stato di Israele, hanno esaminato gli effetti dello WIN 55,212-2, una sostanza sintetica che produce effetti simili a quelli del tetraidrocannabinolo (THC) contenuto nella marijuana.

Durante lo studio, i ricercatori hanno analizzato come questa sostanza andasse a influenzare le reazioni che i soggetti studiati manifestavano quando messi di fronte a ricordi del proprio trauma: coloro che soffrono di disordine da stress post-traumatico tendono, infatti, a vedere certi eventi, posti o situazioni come strettamente legati a quanto gli è capitato, ingigantendo gli effetti negativi.

Fautrice principale dello studio, la Dottoressa Irit Akirav dell’Università of Haifa, ha affermato: “Le scoperte fatte grazie alla nostra ricerca suggeriscono che a breve sarà possibile prevenire lo sviluppo del disturbo da stress post-traumatico così come l’ansietà che insorge a seguito di un evento traumatico“.

Per simulare il trauma, gli scienziati hanno somministrato alle proprie cavie degli shock elettrici: subito dopo, a parte di esse è stata somministrata la sostanza sintetica simile al THC. Pochi giorni dopo le cavie sono state esposte a oggetti che ricordassero loro il trauma subito: e quelle a cui era stato iniettato il surrogato del THC non hanno mostrato sintomi da disturbo da sindrome post-traumatica, mentre quelle a cui erano stati dati – così come comunemente si fa – degli antidepressivi sì.

I ricercatori hanno così osservato che nelle cavie ri-esposte al trauma vi era maggiore espressione di due recettori del cervello associati ai processi emozionali, i cosiddetti ricettori CB1 e GR. Il composto sintetico sostitutivo del THC ha dunque mostrato di prevenire l’espressione di questi due recettori nell’ippocampo e nella corteccia pre-frontale, le aree del cervello in cui si formano e si archiviano i ricordi traumatici.

Yoga della risata: per essere più sereni e produttivi in ufficio

I molteplici benefici della risata ormai ci sono piuttosto chiari. Ma che addirittura si tenessero dei corsi per imparare a ridere nel migliore dei modi, beh, questo ci mancava.
Parliamo dello Yoga della risata, una tecnica che ci aiuta ad affrontare le varie situazioni di stress, concentrazione, ansia che fanno da padroni soprattutto sul luogo di lavoro.
Il segreto sta nel ridere, senza motivo per di più. Difficile quando ci troviamo in un ambiente che richiede una certa serietà e professionalità. Il rischio è quello di sembrare non troppo sani di mente.

Claudia Poppi, coach, counselor e laughter yoga trainer ci spiega che questa tecnica è stata scoperta una ventina di anni fa, e al contrario di quello che si pensa è un ottimo alleato per aumentare la produttività proprio sul luogo di lavoro in quanto agevola il respiro e di conseguenza genera una situazione diffusa di benessere.
“In ufficio questa tecnica aiuta a rendere più gioiosa l’atmosfera, a facilitare la comunicazione tra colleghi e addirittura ad aumentare l’efficacia e la produttività. Ecco perché ci sono aziende, attente al benessere dei dipendenti, che sempre più spesso la adottano” continua l’esperta.

Va considerata una vera e propria attività. Per una seduta “basta un break di 5 minuti la mattina e 5 al pomeriggio, prima di ricominciare il lavoro dopo la pausa pranzo. Si comincia, per esempio, con il battere le mani, fare dei vocalizzi e guardarsi negli occhi tra colleghi (se si è soli, ci si può guardare allo specchio). Il battito delle mani agevola subito la giocosità, nelle mani poi, secondo la medicina cinese, iniziano e finiscono alcuni meridiani fondamentali che stimolano (oltre alla circolazione) anche i fluidi energetici. I vocalizzi aprono il diaframma e migliorano il respiro. E guardarsi negli occhi, infine, stimola di solito l’ilarità”. Impossibile non scoppiare in una fragorosa risata.

Insomma una tecnica per farci sentire subito più felici. L’unico ingrediente necessario da portare sempre con se è proprio la voglia di esserlo.

Un rossetto per aiutare la ricerca contro il cancro al seno

Bellezza e salute, un binomio perfetto quello pensato dalla “Living Nature”: un rossetto e la ricerca contro il cancro al seno. Tematica di spessore che riguarda tutte le donne, proprio come la necessità di essere sempre perfette per ogni occasione. E con il Bloom Lipstick di Living Nature, dalla stesura impeccabile e dalla durata testata, ci è stata garantita la possibilità di avere sempre un colorito neutro e luminoso sulle labbra.

L’azienda made in Nuova Zelanda, infatti, si occupa dal 1987 di cosmetica naturale.
E anche in questo caso la specialità del rossetto in questione è che è stato creato artigianalmente e utilizzando prodotti unicamente naturali e selezionati. La peculiarità di quest’azienda è proprio quella di portare alto il concetto di eco nel settore della cosmetica.
Il Bloom Lipstick dona un colorito fantastico, perfetto sia di giorno che di sera: rosa garofano il colore pensato per questa iniziativa sociale, il colore che si adatta, infatti, all’incarnato di tutte.

Il rosa è il colore della prevenzione, quella del cancro al seno per l’appunto.
Infatti parte del ricavato dalle vendite di questo rossetto verrà devoluto alla ricerca contro il cancro al seno (1$), nello specifico la Living Nature si occupa di sostenere il Breast Cancer Network New Zealand (BCN), un’associazione formata da persone che hanno sconfitto il cancro e diversi volontari che Suzanne Hall, fondatrice della Living Nature, sostiene dal 2011.

La propaganda a riguardo di questa iniziativa nasce dal web.
Vanity Space, gruppo Facebook che conta ad oggi 13.000 iscritti, è l’esempio di come sul web possano nascere community che partendo dalla passione per il make up e passando per consigli e confronti quotidiani, si possa arrivare a sostenere iniziative sociali di spessore.

Zucchero: effetti collaterali, e non solo per la linea

Lo zucchero sarà anche dolce, ma consumarne quantità eccessive lo è altrettanto? Stando ai risultati delle più recenti ricerche, no: introdurre troppo zucchero nell’organismo non è pericoloso solo per la linea, ma anche per la salute mentale, perché favorisce l’insorgere di depressione, ansietà e stress.

Per quanto il fruttosio sia un tipo di zucchero comunemente presente in natura, come per esempio nella frutta e nella verdura, non è affatto raro che lo si aggiunga a prodotti alimentari e bevande industriali. Pare, dunque, che proprio il fruttosio sia responsabile dello sviluppo di malattie come il cancro, disturbi cardiaci e renali, l’ipertensione, il diabete e persino la demenza: i ricercatori, però, hanno scoperto che questo zucchero può addirittura alterare il modo in cui il cervello umano risponde allo stress, con conseguenze importanti al livello comportamentale.

Durante lo studio, condotto dalla Dottoressa Constance Harrell, professoressa dell’Emory University di Atlanta, le cavie sono state divise in due gruppi differenti: quello dei topi giovani ha seguito una dieta prevalentemente a base di fruttosio, quello dei topi adulti una dieta standard. Dopo dieci settimane, le cavie sono state sottoposte a condizioni di stress: messe a nuotare o a percorrere labirinti, esse hanno mostrato reazioni diverse a seconda del gruppo di appartenenza. I topi giovani, che seguivano la dieta a base di fruttosio, hanno mostrato una più alta produzione di cortisolo, l’ormone dello stress, rispetto a quelli adulti: e, difatti, durante i test le loro reazioni sono state in gran parte ansia e depressione.

Tali risultati permettono di suggerire che una dieta ad alto contenuto di fruttosio durante l’età adolescenziale può andare ad aggravare la tendenza alla depressione, così come a peggiorare la risposta allo stress: “Le nostre scoperte – afferma la Harrell – forniscono nuove basi per soffermarsi su quanto le abitudini alimentari possono incidere sulla sanità mentale e portare a conseguenze importanti sia al livello nutrizionale, sia al livello di sviluppo vero e proprio“.