giovedì, 2 Maggio 2024

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Dalla ‘selfite’ al vampirismo, le tendenze pericolose degli adolescenti

theblazonedpress.it

Gli adolescenti non sanno più davvero cosa inventarsi per ingannare il tempo libero ed avere il loro ‘quarto d’ora di celebrità’. Prima – e purtroppo ancora adesso – la mania del selfie, poi quella del vampirismo.

La ‘selfite’, una vera e propria patologia legata al mancato riconoscimento del proprio corpo, riguarda un numero sempre crescente di giovani.

Ragazzi alla disperata ricerca della loro identità, che passano ore ed ore davanti alla fotocamera del proprio cellulare per poter trovare fra le centinaia di foto che si scattano quella che potrebbe ricevere un maggior numero di ‘like’ – e quindi essere più apprezzata – dai loro coetanei.

Tutto questo è dovuto al fatto che i ragazzi – come sottolinea la pediatra dell’Università di Genova Teresa de Toni – non riescono ad essere quello che vogliono, complice anche la società in cui vivono, in cui l’apparire conta molto di più dell’essere sè stessi.

Ma la selfie mania non è l’unica problematica che affligge i giovani d’oggi. Un’altra moda molto in voga fra gli adolescenti è infatti quella del vampirismo: bere sangue umano proprio come se si fosse dei vampiri. Una vera e propria emulazione del mondo dei ‘succhiatori di sangue’, tanto che sono state addirittura create due categorie di giovani, una di donatori e l’altra di bevitori.

Il tutto avviene nel massimo segreto – come in una vera e propria setta – con il rischio però che i problemi legati al bere sangue altrui non vengano mai a galla. Per lo psicoterapeuta dell’età evolutiva Federico Bianchi la moda del vampirismo sarebbe da ricollegarsi direttamente al grande successo che negli ultimi tempi hanno avuto le saghe sui vampiri.

I giovani risultano quindi essere dei “soggetti deviati dalle mode” – come afferma il dottor Bianchi – piuttosto che dei malati da curare.

L’unica soluzione che pediatri e psicologici vedono per questo grave problema è quella della prevenzione, la realizzazione cioè di attività di informazione rivolte ai ragazzi che li mettano in guardia sui rischi e sulle problematiche legate a queste mode devianti.

Il colesterolo cattivo accelera la diffusione del cancro

Il colesterolo cattivo accelera la diffusione del cancro in tutto il corpo: è quanto si apprende da una recente ricerca condotta da alcuni scienziati australiani, secondo i quali il colesterolo presiederebbe allo spostamento delle cellule lungo l’organismo.

Il Professor Thomas Grewal della University of Sydney, tra coloro che hanno maggiormente contributo allo studio, sostiene che la scoperta sarà di grande aiuto nella ricerca sul cancro. “Difatti – spiega il professore – ciò che rende difficile curare questa malattia è proprio il fatto che tende a propagarsi per il corpo. La maggior parte delle cellule del nostro corpo si introducono in cellule vicine per il tramite delle integrine, molecole simili al velcro presenti sulla loro superficie. Sfortunatamente, le integrine portano anche le cellule cancerogene a intaccare altre parti del corpo. Il nostro studio ha rilevato che il colesterolo cattivo presiede allo spostamento delle cellule in minuscoli vasi sanguigni, le quali contengono integrine – cosa che accelera lo sviluppo del cancro in tutto il corpo.Tuttavia, abbiamo anche riscontrato che alti livelli di colesterolo buono impediscono alle integrine di muoversi e potrebbero, pertanto, prevenire la diffusione del cancro.

Si tratta di un fondamentale contributo alla tesi secondo la quale i livelli di colesterolo potrebbero essere associati all’incidenza tumorale: le cellule cancerogene, infatti, assorbono quantità via via crescenti di colesterolo cattivo. Così, sapere come controllare e ridurre i livelli di colesterolo cattivo potrebbe aiutare notevolmente a ridurre la diffusione delle cellule cancerogene.

Mangiare pesce riduce il rischio di depressione

Il segreto della felicità potrebbe consistere, semplicemente, nel mangiare pesce: recenti ricerche hanno, infatti, dimostrato che assumerne almeno due volte alla settimana riduce del 25% il rischio di depressione nelle donne – effetti benefici di cui, invece, gli uomini non possono godere.

Secondo lo studio pubblicato nell’American Journal of Epidemiology, alti livelli di acidi grassi Omega 3 possono combinarsi con gli estrogeni e il progesterone femminili, facendo funzionare il cervello correttamente. Per realizzare la ricerca, un gruppo di studiosi del Menzies Research Institute in Tasmania ha monitorato più di 1.400 tra uomini e donne di età compresa tra i 26 e i 36 anni nell’arco di un periodo di cinque anni: i partecipanti hanno redatto dei diari delle loro diete, che comprendevano pesce, gamberi e cozze, con cui sono stati confrontati i dati relativi alla loro salute mentale.

Tenendo in considerazione anche altri fattori quali il fumo, il peso, l’attività fisica, il consumo di alcol, la formazione e la professione, è stato rilevato un significativo nesso tra il consumo di pesce e l’incidenza della depressione. Le donne che mangiavano pesce almeno due volte sono risultate avere, infatti, il 25% in meno di possibilità di sentirsi depresse nei giorni a venire.

Il Dottor Richard Marsh, a capo dell’Institute of Food, Brain and Behaviour, ha affermato: “Parte del cervello si compone di lunghe catene di acidi grassi Omega 3 che si ritrovano, spesso, anche nel pesce. Altri studi hanno riscontrato che ingerire olio di pesce potrebbe avere un impatto rilevante sull’umore. Questa ricerca è giunta all’importante conclusione che i benefici sono visibili solo nelle donne. Tuttavia, resta poco chiaro quali siano gli esatti fattori in gioco e ulteriori ricerche saranno realizzate per confermare i nostri risultati“.

La ricerca ha, inoltre, dimostrato che le donne sono il doppio più propense a cadere vittima della depressione, specialmente nel periodo compreso fra i 16 e i 42 anni, quando cercano di conciliare la vita lavorativa con quella familiare. Un dato che va tenuto seriamente in considerazione, se si pensa che la depressione è spesso indice di un possibile sviluppo di patologie com l’Alzheimer e il Parkinson.

Il caffè può salvare la vista

Prerogativa e buona abitudine tutta italiana, il caffè rappresenta un vero e proprio culto nelle giornate della penisola. A colazione, dopo pranzo, con gli amici o in solitaria, la bevanda dall’intenso aroma è un appuntamento fisso anche con la salute. Degli occhi.

I ricercatori della Cornell Univesity di New York, già impegnati nell’osservazione degli effetti antiossidanti del caffè, hanno scoperto come una sostanza chimica trovata nella bevanda, impedisca il deterioramento della vista causato da glaucoma, invecchiamento o diabete.

La sostanza interessata è l’acido clorogenico, un potente antiossidante presente per il sette/nove per cento nel caffè. Lo studio , pubblicato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry, ha rivelato come nei topi questo acido abbia impedito la degenerazione retinica.

La retina è la membrana più interna del bulbo oculare, dotata di milioni di cellule sensibili alla luce e di altre cellule nervose che ricevono e organizzano le informazioni visive. E’ anche uno dei tessuti più metabolicamente attivi, richiedendo alti livelli di ossigeno e rendendo l’occhio propenso a stress ossidativo”, spiega il dottor Chang Y. Lee, autore dello studio, a DailyMail.

E continua: “La mancanza di ossigeno e la produzione di radicali liberi arreca danni ai tessuti e porta, di conseguenza, alla perdita della vista. Lo studio è importante per capire quali sono gli alimenti funzionali , cioè gli alimenti naturali che forniscono effetti benefici sulla salute. Il caffè è la bevanda più popolare al mondo , e stiamo capendo quali vantaggi possiamo ottenerne”.

Dunque, una tazzina di caffè ogni giorno ci aiuterà a guardare lontano.