sabato, 23 Novembre 2024

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Troppi caffè e cioccolata provocano insonnia

Poca frutta e verdura, troppi carboidrati e grassi, niente acqua e troppi caffè. Lo squilibrio alimentare verificato dai nutrizionisti dell’Osservatorio Grana Padano ha dimostrato come le abitudini alimentari sbagliate di un campione di 8500 persone, rappresentativo della popolazione italiana, provochino insonnia.

Mangiare male=dormire altrettanto male. L’insonnia è provocata da un’alimentazione del tutto scorretta, caratterizzata dall’abbondanza di cibi che in realtà dovrebbero essere di assunzione sporadica o al contrario dall’eliminazione di alimenti fondamentali. Uno dei punti fondamentali sui quali si sofferma lo studio è l’assunzione, soprattutto nelle ore serali, di alimenti eccitanti come caffè, tè, coca cola, cacao. E, al contrario, di quanto possano essere dannosi per il nostro organismo e metabolismo le esigue quantità di latte, yogurt e acqua. Oltre a fattori alimentari ci sono anche altri elementi a determinare la mancanza di sonno, come lo stress, la scarsa igiene (l’utilizzo di cuscini, materassi o indumenti non adeguati), fattori ambientali, come cambi di clima, o attività mentale intensa prima di coricarsi (riflessioni e pensieri).

“Va però limitato il consumo di sostanze eccitanti specie nelle ore serali – suggerisce Michela Barichella, medico degli ICP Milano- ma si consigliano anche rimedi tradizionali e naturali come una tazza di latte tiepido, da bere prima di andare a dormire. Il latte contiene alti livelli di triptofano, un aminoacido che favorisce la produzione nel cervello di sedativi naturali quali serotonina e melatonina”.

Dalle indagini fatte su un campione di persone è emerso che la popolazione tende a bere poco latte, a mangiare un numero esiguo di yogurt o formaggi e bere pochissima acqua, problema più evidente negli anziani.

Non resta altro che migliorare e, se necessario, cambiare alcune abitudini alimentari per essere sempre in forma e, soprattutto, dormire sonni tranquilli.

Gli Hunza, la popolazione più longeva al mondo

Volevate il segreto della vita eterna o quasi? La popolazione degli Hunza ha trovato il modo per vivere a lungo, in media 130-140 anni, ed evitare le terribili malattie degenerative come il cancro o le malattie del sistema nervoso, che affliggono le altre popolazioni.

Gli hunza vivono al confine nord del Pakistan all’interno di una valle sulla catena Himalayana, al confine con la Cina, e senza ricorrere ai prodigi della nostra scienza medica, a cento anni sono vivi ed incredibilmente attivi, lavorano ancora nei campi e curano i loro figli con estrema vitalità. Le donne Hunza sono ancora prolifiche anche oltre i 70 anni. Chiaramente per riuscire a concepire a tale età, il loro fisico è ancora piuttosto giovanile e non ha nulla a che vedere con le nostre novantenni.

Da sempre lavorano la terra, ma a migliaia di metri di altezza. Vicini al cielo, lontani dagli altri uomini e dal “mondo sviluppato”. Ralph Bircher, uno dei massimi esperti di questa civiltà ultracentenaria ha dedicato loro un libro dal titolo “Gli hunza, un popolo che ignorava la malattia”.

I motivi di tale longevità sono da attribuirsi soprattutto allo stile di vita, basato su un’alimentazione vegetariana, frutto solo delle proprie coltivazioni. Si cibano prevalentemente di miglio, orzo, grano saraceno, frutta come noci e albicocche, ciliegie, more, pesche, pere e melograni, germogli di piselli, noci, legumi lessati, verdure come spinaci, rape e pomodori. Nella loro dieta rientrano anche formaggi, ma solo freschi o fermentati, pochissima carne e quasi nessun condimento.

Gli Hunza vivono dei frutti della natura e soffrono anche un lungo periodo di carestia nei mesi invernali, quello che i naturopati definiscono “digiuno terapeutico”. L’altopiano su cui vivono è un luogo in gran parte inospitale e non dà raccolto sufficiente per alimentare i 10.000 abitanti Hunza per tutto l’anno. Questa “bizzarra” consuetudine, invece di portare debolezza e morte, nel corso degli anni ha prodotto nella popolazione straordinarie capacità di vigore. Un Hunza può andare camminare tranquillamente per 200 km a passo spedito senza mai fermarsi, grazie alle forti doti di resistenza conosciute in tutto l’oriente, tanto che nelle spedizioni Himalayane, sono assoldati come portatori.

Tra i segreti della longevità degli Hunza ci sarebbe anche la particolare acqua alcalina che bevono: diversi studi hanno appurato che l’acqua bevuta da questa popolazione ha un elevato pH, con notevole potere antiossidante e un elevato contenuto di minerali colloidali, che renderebbero più sopportabile anche il digiuno. L’acidosi metabolica innescata dal digiuno prolungato viene infatti compensata e il ph rimane più stabile.

Oggi il territorio degli Huntza però è stato intaccato dalla società “evoluta” e anche lì sono arrivati cibi spazzatura, farina 0 impoverita, zucchero bianco, sale sbiancato chimicamente, e con loro le prime carie, le prime problematiche cardiovascolari, i primi problemi reumatici che l’Occidente evoluto conosce bene. In pochi sono riusciti a scampare da questo inquinamento “evolutivo” evitando ogni forma di “contagio”.

L’aspetto che affascina di questo popolo è la loro predisposizione naturale al sorriso, infatti sono molto gioviali, d’umore costante, anche quando hanno problemi di poco cibo e di freddo. Non sono mai arrabbiati, non sono attaccati dall’ansia, e dall’impazienza, sono sempre sereni, e forse il loro segreto sta proprio nella loro inconsapevole felicità.

L’arte e la letteratura risultano pressoché assenti tra gli Hunza. La religione e la preghiera venivano vissute intimamente. Diversamente dai popoli limitrofi, non hanno nessuna pratica esteriore, né rituali, né preghiere, né templi. Non esiste superstizione, malocchio, magia, come avviene invece per i popoli vicini, dai quali si distinguono ancor più per il fatto che le donne non portano il velo ed hanno parità di diritti. Però, tutte queste eccezionali caratteristiche si stanno attenuando con l’arrivo dello “sviluppo” e dell’alfabetizzazione.

Forse tutti noi dovremmo imparare da questi popoli, soprattutto nella capacità di reagire alla vita guardando sempre il lato positivo, seguendo una dieta sana, per prevenire invece che curare, arrivando ad ottenere un benessere sia mentale che fisico.

Giornata internazionale sull’omeopatia: curarsi a costo zero

“Stiamo bene … naturalmente” è il nome dato alla giornata nazionale sull’omeopatia, ovvero l’iniziativa che si occupa della prevenzione delle malattie e alla cura del proprio organismo, promossa dall’ associazione medica italiana di omotossicologia, che si tiene oggi 10 aprile 2014 su tutto il territorio nazionale.

Un equipe di medici e veterinari, di 91 provincie italiane, apriranno circa 300 studi omeopatici in tutta Italia dove faranno delle visite gratuite per sensibilizzare i pazienti sui mali della stagione come le allergie, dolori cronici, intossicazioni dell’organismo, stress ed altri malesseri. Non solo, si occuperanno anche di coinvolgere i pazienti sulla conoscenza della terapie d’avanguardia per prendesi cura di sé e per la prevenzione delle malattie.

“Stiamo bene.. naturalmente” è un’iniziativa promossa da A.I.O.T. (Associazione Medica Italiana di Omotossicologia) e curata a livello internazionale dalla Liga Medicorum Homeopatica Internationalis (LMHI), che ha lo scopo di far conoscere tutte le cure possibili ai mali sopracitati con l’utilizzo di soluzioni terapeutiche efficaci e prive di effetti collaterali indesiderati, basandosi sull’ idea del “curare senza nuocere” e sulle teorie di Samuel Hahnemann, fondatore dell’omeopatia.

Inoltre, il nostro Paese è terzo in Europa – dopo la Francia e la Germania – per la scelta di utilizzare prodotti alternativi e naturali ai farmaci tradizionali composti da sostanze chimiche, tant’è che in Italia più di 8.000 persone si affidano all’omeopatia.

Allerta epatite A per frutti di bosco congelati

Sale a quota 1.100 il numero delle persone colpite dall’epidemia che da 14 mesi sta dilagando in tutta Italia e su cui è calato il silenzio. Secondo l’ultima relazione del Ministero della salute, ogni due giorni cinque persone vengono ricoverate in ospedale per epatite A, causata dall’ingestione di alimenti contenenti frutti di bosco surgelati o congelati. Le persone colpite dal gennaio 2013 alla fine di febbraio 2014 sono state 1.463. Il maggior numero di casi è stato registrato in Lombardia, seguita da Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Sicilia. L’epidemia è stata classificata recentemente come “internazionale”, poiché ha coinvolto non l’Italia, ma anche Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia dove si sono registrati 71 casi, oltre a Irlanda e Francia con altre 16 persone colpite.

A causa della cattiva informazione e della gestione disastrosa e poco efficiente da parte del Ministero della salute, la stragrande maggioranza delle persone continua a mangiare frutti di bosco (more, ribes rosso, mirtillo e lamponi) presenti nelle torte, nei pasticcini e nei gelati, ignara del rischio di ammalarsi. Al momento sono stati identificati 15 lotti di frutti di bosco contaminati e ritirati dal mercato. L’origine dell’epidemia è ancora un mistero, nonostante le ricerche e le analisi effettuate dal Ministero della salute. Secondi gli esperti la contaminazione è stata originata da un singolo ingrediente ed è avvenuta all’interno di un gruppo di produttori di una stessa area geografica.

Secondo il Ministero a partire da novembre 2013 c’è stata una diminuzione dei casi di contaminazione. La flessione va però considerata con cautela, poiché “il numero di casi negli ultimi mesi è comunque superiore a quello rilevato nello stesso periodo dei due anni precedenti”. Inoltre “sono tutt’ora in corso le valutazioni relative ai primi mesi del 2014, che necessitano un attento monitoraggio, considerato il lungo periodo di incubazione della malattia.”

Come devono agire i consumatori? Il Ministero della salute si è espresso in merito dichiarando attraverso un comunicato ufficiale di “non escludere l’eventualità che altri mix di frutti di bosco surgelati/congelati contaminati, diversi da quelli oggetto di allerta possano essere presenti sul mercato. Per questo le autorità raccomandano di consumare i frutti di bosco congelati/surgelati solo cotti, facendoli bollire (portandoli a 100°C) per almeno 2 minuti, non impiegare i frutti di bosco crudi per guarnire i piatti (ad esempio la superficie di una crostata, semifreddi, yogurt ecc., lavare accuratamente i contenitori e gli utensili usati per maneggiare i frutti di bosco scongelati.”