L’abbiamo vista creare, piangere, emozionarsi e arrossire nel programma, prodotto da Toro e andato in onda su Rai Due, Il Più Grande Pasticcere. Grande il talento e grande l’ambizione di Silvia Boldetti, aka Signorina Fantasia, ventiseienne torinese, amante del cioccolato. E grande è anche la nostra curiosità circa la sua persona e la sua passione. Una passione che si trasforma ogni giorno in realtà.
Scopriamola insieme.
Silvia, raccontaci di te e di come è il tuo sogno è divenuto realtà…
Allora io ho una laurea in una via di mezzo tra economia e diritto e una specialistica in Scienze Gastronomiche, però non ho mai pensato che la mia vita sarebbe andata avanti dietro una scrivania e quindi ho cavalcato la passione che avevo, molto per caso, nel senso che a una fiera ho conosciuto il direttore della Cast Alimenti e dopo neanche tre minuti gli ho detto che mi sarebbe piaciuto andare a fare lo stage da lui, perché dovevo recuperare tutti gli anni persi a fare altro e quindi immergermi nella pasticceria. Allo stesso tempo ho incontrato Livia Chiriotti che è la direttrice di Pasticceria Internazionale, che mi ha chiesto di scrivere una pagina di sensazioni di quella giornata di fiera: il mio articolo le è piaciuto e mi ha detto che l’avrebbe pubblicato e quindi da quel giorno ho iniziato anche a scrivere per Pasticceria Internazionale. Per il resto vivo molto come viene, nel senso che penso che le cose non accadano per caso, quindi sarebbe un po’ un delitto rinunciare alle varie occasioni che si presentano. Per ora non ho un percorso fisso.
Cosa ti ha spinto a partecipare al casting de Il Più Grande Pasticcere?
In realtà loro hanno selezionato un po’ di persone in giro, cercavano di fare cast. Io all’inizio non volevo assolutamente partecipare, poi ho parlato con alcuni dei miei maestri, che mi hanno consigliato che comunque poteva essere un’esperienza, un modo di crescere e allora mi sono detta “va beh, tanto vale provarci”.
Un bilancio di questa esperienza: cosa hai preso da lei e cosa hai dato?
Sicuramente mi sono messa alla prova per la prima volta, cosa che non avevo mai fatto a livello di concorso, e grazie a questo ho capito che il mio punto debole maggiore è l’emotività e che quindi è quello che devo cercare di sconfiggere. Più di tutto ho preso l’amicizia di due persone, che sono Antonio Daloiso e Roberto Cantolacqua, con cui si è creato davvero un legame forte e una grande stima professionale.
Qual è il dolce che ti rappresenta?
Il dolce che ho fatto alla prima puntata, che ho chiamato “Signorina Fantasia”, perché io mi sento così. Ha note di cioccolato fondente, quindi amaro, intenso, ma anche con un retrogusto dolce, e il lampone che è sicuramente colorato, fresco, un po’ acido, ma dal dolce gusto fruttato.
La tua specialità è il cioccolato. Come lo descriveresti e qual è il tuo preferito?
Il cioccolato è affascinante perché è qualcosa che non ha forma, ma può diventare qualsiasi altra cosa. È molto intenso e non ti aspetta, quindi sei tu che devi cercare di adattarti alle sue esigenze e di capirlo. Se non lo capisci non hai speranze di poterlo lavorare. Rispondere alla domanda sul mio cioccolato preferito è dura come cosa. Sicuramente un fondente, con note acide e molto profumato, direi almeno un 70-75%.
Il tuo soprannome è Signorina Fantasia, cosa ha da sempre stimolato la tua?
Penso che la fantasia sia qualcosa di innato. Una persona può essere calma, allegra, cupa, così come può essere fantasiosa. La fantasia può essere stimolata da qualsiasi cosa poi, da un pensiero, da una farfalla che passa, da un profumo, da un libro, da un colore, che li collega a mille altre cose.
Manca poco alla grande abbuffata delle feste di Natale e tra pranzi e cene la nostra linea sarà messa a dura prova. C’è chi si mette a dieta preventiva, chi invece pensa che smaltirà tutto dopo l’Epifania, noi di Blog di Lifestyle chiediamo qualche consiglio alla nutrizionista la dott.ssa Scala per sciogliere la questione.
Fernanda, come possiamo affrontare queste settimane pre natalizie? C’è qualche accorgimento in particolare che ci consigli?
Attività fisica ed un programma alimentare equilibrato: questo il programma da seguire prima delle feste per arrivare in forma al Natale. Durante queste settimane pre natalizie banditi dolci ed alcool, così come sarebbe bene limitare il consumo di pane e pasta raffinati preferendo prodotti integrali. Bene invece le carni bianche, il pesce e preparazioni a base di verdure che eserciteranno un interessante azione detossificante all’interno del nostro organismo.
Serve mettersi a dieta prima del Natale o è uno sforzo vano?
Sicuramente seguire un corretto piano alimentare per disintossicarsi o per perdere qualche chiletto in vista dei giorni di festa può essere una valida strategia per combattere le calorie sul tempo. Arrivare in forma alle feste è sicuramente il modo migliore per lasciarsi un po’ andare a tavola senza troppi sensi di colpa e rinunce.
Entriamo nel vivo: le feste di Natale. È difficile dire no a piatti prelibati, dolci e dintorni. C’è qualche piatto che dobbiamo assolutamente evitare?
In realtà non esiste un piatto in assoluto da evitare, bensì sono gli eccessi che andrebbero tenuti sotto controllo. Sicuramente non dobbiamo affrontare le feste in preda all’ansia delle calorie o degli alimenti permessi o meno, ma cerchiamo principalmente di non esagerare con le porzioni, di limitare il consumo di cibi fritti, di alcool, e di mangiare lentamente. Inoltre attenzione ai dolci ed alla frutta secca, entrambi alimenti ipercalorici, soprattutto dopo aver consumato un ricco pasto.
Ricette in versione light le consigli?
Sicuramente adottare dei piccoli accorgimenti per alleggerire i piatti delle feste, senza rinunciare troppo al gusto, sarebbe molto utile. Si può infatti optare per preparazioni grigliate limitando i fritti, sostituire creme ipercaloriche come maionese e burro con lo yogurt per creare gustosi antipasti o soffici dolci, e consumare principalmente pesce invece di primi e secondi a base di carne.
Come possiamo smaltire le calorie in eccesso?
Camminare, camminare, camminare. Siccome difficilmente dopo il pranzo di Natale è immaginabile indossare la tuta e smaltire le calorie di troppo in palestra, approfittiamo invece del tempo a nostra disposizione per concederci delle lunghe passeggiate all’aria aperta, magari in compagnia di amici e parenti
Per concludere: ci lasci con tre consigli per sopravvivere alle feste?
Ovviamente il primo consiglio, per quanto scontato possa apparire, è quello di essere comunque moderati. Al di là dell’aumento del peso corporeo dobbiamo ricordarci che consumare cibi ricchi in grassi saturi e colesterolo può far male prima di tutto alla nostra salute.
Il secondo consiglio è quello di cercare di limitare il consumo dei “cibi proibiti” nei principali giorni di festa (la vigilia, la giornata di Natale e durante il pranzo o il cenone di Capodanno). Per tutti gli altri giorni, sebbene senza troppe rinunce, cerchiamo di attenerci a un’alimentazione corretta, senza eccessi.
E poi, ovviamente, come ultimo consiglio non dimentichiamoci di bere tanta, tanta acqua. Non facciamola mai mancare sulle nostre tavole durante le feste limitando il consumo di bibite o bevande zuccherate o alcoliche. In questo modo taglieremo anche qualche caloria di troppo per la felicità della nostra linea.
Scrittrice e blogger italiana, Daniela Farnese ha appena pubblicato il suo quarto libro, che è già negli scaffali più in vista di tutte le librerie. La sua prima opera è stata una saggio: “101 Modi per far soffrire gli uomini (siate stronze, siate cattive, siate spietate)”, pubblicato nel 2011, e subito, l’anno successivo è uscito il suo primo libro dal successo internazionale: “Via Chanel N° 5”.
Simpatica, gentilissima e stra divertente, Blog di Lifestyle ha avuto l’occasione di intervistare Daniela Farnese. Ecco cos’abbiamo scoperto di lei.
Ciao Daniela, come sei approdata al mondo della scrittura?
Che bella domanda. In realtà ho sempre scribacchiato ma non ho mai avuto un libro nel cassetto. La parte più impegnativa della scrittura per me è stato il momento in cui ho deciso di aprire un blog ormai 11 anni fa; era un gioco visto che erano ancora sconosciuti e non ce n’erano molti. E niente, poi è diventata un’abitudine quotidiana, chiacchieravo, postavo. Era diventato uno strumento conversazionale, e quella era diventata la mia pratica abituale con la scrittura. I libri poi sono arrivati abbastanza dopo, ho collaborato con qualche rivista, scrivevo dei pezzi, qualche racconto, e poi appunto non ho mai avuto un libro nel cassetto; finché l’editore non mi ha scovata sul blog e mi ha chiesto se avevo voglia di scrivere un libro dal titolo divertente. E da li è nato il primo libro, ma se non fosse stato per lui che me lo veniva a chiedere, conoscendomi e conoscendo la mia pigrizia non l’avrei mai fatto. Anzi è stato anche molto fondamentale avere una data di scadenza, di consegna che mi stimolava a finire il lavoro.
C’è un rito particolare che fai quando devi scrivere? Scrivi in un preciso momento della giornata o non hai regole a riguardo?
Io scrivo soprattutto nel pomeriggio tardo, perché la mattina sono KO, assomiglio a una specie di manichino appoggiato sulla sedia. Il mio momento d’oro di solito è dalle 3 alle 4 in poi: mi preparo il mio caffè, nella mia tazza, che è sempre quella, e comincio a scrivere. Poi diciamo che sono abbastanza poco bukowskiana, perché per scrivere non devo bere, non ci deve essere musica, né silenzio assoluto. Salvo con l’ultimo romanzo che ho un po’ cambiato abitudini per cambiare prospettiva, e sono andata a scriverlo in una libreria-caffè di Milano molto carina. E quindi qualche giorno l’ho passato lì, nella confusione, con un brusio di sottofondo che era molto stimolante. Sempre con il caffè a portata di mano.
Si parla spesso di “blocco dello scrittore”. Ti è mai capitato di aver ostacoli nella stesura dei tuoi libri?
Non mi è mai capitato di non averli, diciamo così. L’ultimo anno ad esempio è stato tutto un blocco. Ho avuto in mente un sacco di idee, e fin da subito non ho voluto fare il terzo libro dei romanzi Chanel perché mi piaceva l’idea che fosse finito con quel lieto fine totale. Quindi ho deciso di fare una storia diversa, e lì c’è stato un attimo di grande blocco, a livello d’ispirazione: avevo tantissime storie ma non me ne convinceva neanche una, quindi ogni settimana cambiavo idea.
C’è un momento preciso in cui è nata l’idea di “A noi donne piace il rosso”?
L’idea mi è venuta al Vinitaly con delle amiche. Erano un paio d’anni che non ci andavo e incontrare vecchi conoscenti e produttori è stato un momento molto carino perché ci dicevamo “altro che settimana della moda, questo è il vero cuore italiano”, “che bello sarebbe vivere di vino”. E allora io mi sono detta, “perché non scrivere qualcosa che parli di vino?” poi è stato bello perché dopo che mi è venuta questa idea avevo l’impalcatura della storia, ma poi dovevo assolutamente studiare, perché raccontare la terra, le vigne, il lavoro era una cosa di cui dovevo documentarmi. Ho ripreso in mano tutti i contatti che avevo di qualche anno fa nell’ambiente del vino e ho chiesto di farmi vedere, ospitarmi. Mi sono fatta due mesi meravigliosi in giro per le cantine e le vigne d’Italia, ed è stata un’esperienza bellissima, nonostante io sia ingrassata di quattro chili. Ma la verità è che se non assaggi non puoi scrivere.
Amore, moda e vino sono parole chiavi dei tuoi libri, è così anche per la tua vita reale?
Non dimentichiamoci il caffè. Comunque si, sono cose che mi piacciono abbastanza. Della moda sopratutto le scarpe, perché soffro molto il problema del rimanere in linea, visto che sono una buona forchetta. Per questo amo le scarpe: non ti fanno mai sentire grassa, hai sempre la stessa taglia, ti stanno sempre bene; e quindi compro una marea di scarpe. Poi a differenza degli altri romanzi e del manuale, questo libro l’ho scritto in un momento particolarmente felice, perché sono innamorata. L’unico grande problema a riguardo è che il mio ragazzo è astemio.
Ci elenchi tre motivi fondamentali per cui la popolazione femminile dovrebbe assolutamente leggere il tuo libro?
Sicuramente perché è una bella storia, perché insegna a non avere paura del tempo, ed è una cosa che spaventa tutte le donne, non solo quelle giovani ma anche quelle che sono un po’ più agée, e poi perché non fa ingrassare.
Quanto c’è di tuo nei personaggi di Rebecca e Ambra?
In realtà molto poco in entrambe. La cosa che abbiamo in comune io e Rebecca è il fatto che lei aveva bisogno di ritrovare se stessa, e in questo, in quel determinato periodo della mia vita, era molto simile a me. E poi c’è ovviamente la fissa per le scarpe. Ambra invece vive sempre connessa, ha questa sindrome perenne di femme prodige e le sembra di perder tempo continuamente, deve fare tutto in fretta. Questa credo che sia l’unica cosa che io a Ambra abbiamo in comune.
Non sono personaggi autobiografici, ma nella storia c’è molto di mio, più nei personaggi minori come le amiche di Ambra che sono molto sarcastiche, in loro mi ci rivedo molto. Ecco, io sono sempre l’amica delle mie protagoniste.
Quando hai pubblicato il tuo primo libro, ti aspettavi tutto questo successo?
No. Anche perchè non pensavo di essere portata per scrivere libri rosa. Essendo stata sempre molto cinica pensavo di non poter proprio scrivere d’amore. Invece mi sono resa conto, soprattutto con il blog, che quando ti capita la classica batosta d’amore, la prima cosa che fai è quella di lanciare messaggi e parlare di questa situazione. E la cosa pazzesca è che non solo moltissime ragazze si sono riviste nelle mie parole e nel mio percorso doloroso, ma che tutte avevano una storia da raccontare.
Come vivi il rapporto social con i tuoi lettori?
Benissimo, mi diverto molto. Poi tra l’altro è bello perché io avevo dei lettori, prima che uscissero libri, che mi seguivano sul blog, molto più satirico, ed è stato strano per loro vedermi pubblicare questi libri.
Hai mai pensato di creare una pagina Facebook per dividere la tua vita privata dalla tua vita da scrittrice?
In realtà no. Ci ho pensato e ne ho anche discusso con l’ufficio stampa, però in effetti da quando ho aperto un blog la mia vita privata e quella online si sono fuse. Con il blog mi ero già costruita un nickname e un entità parallela, che mi hanno permesso di essere me stessa in tutti i momenti. Quindi io non soffro assolutamente la mancanza di privacy, perché molta parte della mia vita l’ho vissuta mettendo tutto in rete. È ovvio che sono però diventata molto brava a filtrare le informazioni che voglio dare.
Lettura e scrittura sono pane quotidiano per chi fa, o aspira a fare, un lavoro come il tuo. Ma contano in egual modo? Cosa serve maggiormente per arrivare al successo?
Bisogna leggere molto di più di quanto si scrive. L’ho scritto anche in un tweet una volta “Non capisco perché tutti vogliono scrivere, quando la cosa più bella da fare con i libri è leggerli”. Secondo me per riempire il tuo immaginario, per dar vita alla tua fantasia, per essere bravo, bisogna leggere moltissimo. Il grande limite oggi è che tutti hanno nel cassetto un libro autobiografico, perchè tutti ovviamente trovano estremamente interessante la propria vita. In generale, più che pensare alla propria vita e mettersi giù a scrivere, bisogna leggere tanto delle vite degli alti, inventate o meno.
Prima di provare a scrivere bisogna leggere tanto, e poi leggere ancora.
Progetti per il futuro? Qualche nuova storia d’amore che ci lascerà senza fiato?
Spero di si. In quest’anno sabbatico ho raccolto fin troppe idee, e sto cercando di scaglionarle per poterle portare a analizzare bene. Ma almeno un paio le porterò a termine sicuramente. E poi chissà, non ho ancora pensato se fare un seguito di “A noi donne piace il rosse”. Vediamo.
Saluti i nostri lettori suggerendo loro 3 libri che devono assolutamente leggere?
Allora, sicuramente “Cent’anni di solitudine” di Gabriel García Márquez, è un buon libro con una storia che mi piace molto. Un altro libro che consiglio sempre a tutti è “Trilogia della città di kappa”, di Kristof Agota. E poi uno dei miei libri preferiti dall’epoca adolescenziale è “Una solitudine troppo rumorosa” di Bohumil Hrabal: la sua scrittura è molto onirica, ma sembra quasi la scrittura di un pazzo alcolizzato, però i suoi libri sono veramente molti belli e hanno un immaginario molto forte. Poi soli 3 libri sono pochi, leggete qualsiasi cosa: se è scritta bene vale la pena di leggerla.
Grazie e buon lavoro.
Lei è Elena Casati, fulcro del marchio omonimo, e le sue borse sono un vero e proprio spettacolo. Si tratta di una linea di borse “handmade in Italy” unica nel suo genere, grazie alla qualità e alla particolarità dei materiali, all’alto livello di artigianalità italiana e al suo stile personale.
Elena Casati ha da poco firmato il suo impegno LAV (Lega Anti Vivisezione): si tratta di un’iniziativa internazionale nata allo scopo di promuovere tutte le politiche di commercio che rispettino i diritti degli animali: quindi niente pelli o pellicce negli accessori della collezione.
Noi di Blog di Lifestyle l’abbiamo intervistata.
Ciao Elena, ti presenti ai nostri lettori raccontando loro com’è nata la tua passione per la moda?
La passione per la moda è nel mio DNA: sin da piccola giocavo con bottoni e nastri, e mi dilettavo nel confezionare mini abiti per le mie bambole, la mia fonte di ispirazione e prima insegnante è stata la mia nonna materna Angela, sarta di professione, con la quale passavo pomeriggi interi ad imparare a cucire, lavorare a maglia e a sperimentare con ago e filo.
Si può dire che agli inizi del 2014 è cominciata la tua nuova avventura. Come ricordi il periodo prima di questo “nuovo inizio”? C’è qualcosa o qualcuno che ti ha spinto a realizzare la tua prima linea di borse?
Sicuramente il 2014 è l’anno della mia rinascita, sto finalmente concretizzando quello che prima era solo un sogno. Durante il periodo antecedente l’inizio di questa nuova vita, svolgevo lo stesso lavoro, e non solo, in vari uffici stile; ogni esperienza ha sicuramente avuto un grosso valore dal punto di vista professionale e personale, permettendomi di crescere come designer e come donna, inoltre queste esperienze mi hanno fatto incontrare preziose persone, a me tutt’ora vicine durante questa nuova avventura; aver vissuto aziende dal punto di vista di un dipendente, è stato fondamentale, ora che sono titolare, per comprendere come cercare di essere il più corretta possibile con le persone che lavoreranno con me in futuro.
Quando crei i tuoi accessori, c’è qualcosa in particolare a cui ti ispiri?
Quando scelgo i tessuti per una nuova linea, sono sempre ispirata dallo stile hippy dato dalle fantasie e dai colori, e dal mio lato chic che esprimo nei dettagli e negli abbinamenti, creando uno stile tutto personale.
Non mi ispiro a qualcosa in particolare ma seguo sempre il mio istinto: quando ho scelto i tessuti principali, i dettagli e le forme vengono da sé, come uno scrittore che non riesce a smettere di scrivere, io non riesco a smettere di creare, tant’è vero che alcuni giorni non mi rendo nemmeno conto del tempo che scorre e che ho terminato una linea come chi recita tutto d’un fiato; ovviamente finché non ho finito non riesco a pensare ad altro, chi mi sta vicino sa bene di cosa sto parlando.
In vendita online dagli inizi di novembre c’è la tua nuova mini collezione edizione limitata. Ci racconti di più su questi pezzi unici al mondo?
L’edizione limitata, attualmente in vendita, nasce durante una mia ricerca di tessuti: ho trovato questo favoloso tessuto jacquard fiorato ed un altro a fantasia impressa, che creava un gioco di sensazioni al tatto; purtroppo non era possibile inserirli in collezione in quanto entrambe in stock, così ho pensato di creare una mini linea, fino ad esaurimento scorte, in occasione del Natale; ho quindi selezionato i colori di entrambe i materiali per poter creare una proposta che potesse accontentare più gusti.
Per quanto riguarda invece gli 8 pezzi unici al mondo, la storia è diversa: ho voluto dare vita a dei tessuti non utilizzabili per una produzione, per via delle quantità, ma che erano tanto belli da suscitare in me un forte desiderio di trasformarli in accessorio, ognuno con una fantasia diversa, ma con la stessa qualità artigianale.
Hai già dei nuovi progetti futuri?
Posso dire con orgoglio che al presente ho siglato un impegno con la LAV (Lega anti vivisezione) dove seguendo la filosofia di una moda etica, non utilizzerò mai capi con pellicce e pelli animali nelle mie collezioni; impegno che ho preso con me stessa sin da subito, in quanto amante degli animali.
Per il futuro invece, sto lavorando attualmente alla collezione autunno/inverno 2015-16, non voglio svelare molto, ma posso dire che ci saranno due nuovi modelli, per poter accontentare anche chi non predilige le clutch.
Cosa, secondo te, caratterizza lo stile “handmade in Italy” rispetto al resto del mondo-moda?
Il fatto che si possa percepire il lavoro svolto da bravi artigiani, che riescono a curare aspetti che una macchina industriale non può fare, la cosa bella è lavorare con persone che ci mettono il cuore nei miei articoli, proprio con la stessa passione che ho io.
Come se la cavano gli accessori realizzati a mano, con materiali di alta qualità, nel mercato internazionale?
Il riscontro internazionale è molto forte, d’altronde il made in Italy è molto apprezzato in tutto il mondo proprio per la qualità, soprattutto se realizzato in maniera artigianale, da sicuramente un valore aggiunto.
Saluti i lettori svelando loro ciò che ti piace di più nel tuo lavoro?
Innanzitutto posso dire che, avendo svolto lavori diversi dal mio, mi hanno fatto apprezzare ancora di più quello che faccio oggi; del lavoro di designer sicuramente la cosa che mi piace di più è lo scatenare la mia fantasia ogni volta che devo creare qualcosa di nuovo.
Ciao e grazie.