domenica, 14 Dicembre 2025

Interviste

Home Interviste

Platinette: “Le donne della tv hanno una grande forza di volontà” (INTERVISTA)

Platinette e Simone Gerace danno vita a “Sei Donna?” un dialogo semiserio sulle donne in televisione. Nel dialogo tra Mauro Coruzzi (in arte Platinette) e Simone Gerace si parla di televisione, o meglio, delle conduttrici televisive e, in generale, del ruolo della donna in TV rispetto ai loro colleghi uomini.

Attraverso una bellissima e divertente analisi della televisione degli ultimi 50 anni, ecco come la donna riesce a delinearsi davanti al piccolo schermo, conquistando sempre più il pubblico e scavalcando, di gran lunga, i loro colleghi. Qual è il segreto di tanta bravura? Platinette ha scelto di raccontarsi, in esclusiva, per i lettori di Blog di Lifestyle.

“Dialogo semiserio sulle donne in televisione”: com’è stato scrivere questo libro?

Avendo impostato il libro in una serie di lettere, come quelle che si scrivevano una volta, i due autori hanno lavorato separatamente con un meccanismo di scrittura tale per cui uno passava la palla all’altro e nessuno sapeva cos’avrebbe proposto alla fine della lettera se non quando la lettera la riceveva. Abbiamo scritto sotto l’impulso della passione per “la donna” in tv e ci siamo incontrati grazie ad una puntata di Barbara d’Urso. Siamo diventati amici, abbiamo continuato a scambiarci opinioni sulle donne della televisione, abbiamo cercato di mettere in risalto alcune delle qualità che addirittura nella vita quotidiana non vengono messe mai in evidenza.

Nel libro si parla di “girl power”, il potere delle donne: che cos’è e da dove nasce?

La televisione di oggi: se non ci fossero queste donne è come se spegnessi la tv, perché non c’è un momento della giornata in cui non ci siano una o più figure femminili al lavoro, al momento stesso, in concorrenza l’una con l’altra, di fronte alla rivalità inevitabile dei numeri, sia che sia in prima serata sia che sia la mattina presto. Le figure come la Carlucci o la De Filippi, Barbara d’Urso, Cristina Parodi, Benedetta Parodi… è un continuo vedere donne in televisione 24h su 24: sono solo donne; uomini così bravi e capaci di affrontare l’intrattenimento così come fanno le donne non ce ne sono, forse perché questi si vergognano un po’ di farlo, si sentono troppo grandi giornalisti e considerano questa realtà come distante. Molti sono, però, gli uomini bravi in tv come Fabrizio Frizzi o Carlo Conti.

Come riescono queste donne a combinare successo e professionalità come armi in più?

Ciascuna ha un suo “sistema”, ma ci sono elementi che possono risultare comuni: se penso a Barbara d’Urso o Lorella Cuccarini mi viene subito in mente una forza di volontà molto forte, così tanto da riuscire a far realizzare loro un obiettivo; questo viene perseguito con una mente molto chiara. Se oggi sono così è tutto un enorme sforzo di qualità. È una questione anche di atteggiamento.

Quanto conta la bellezza al femminile in tv?

Dipende da chi se la porta addosso come una necessità. Non ce n’è una nella storia dello spettacolo che non abbia chiaramente almeno fatto ricorso alla chirurgia estetica. Ciò che noi vediamo bello è quello che ci convince sugli altri. Capisco che per loro la bellezza possa rappresentare un’angoscia e che molte di loro possano essere ritoccate, rifatte: le più grandi entertainer della televisione, non italiana ma americana, come Joan Rivers, che io ho amato per la sua crudeltà e la sua cattiveria, hanno fatto ricorso a più o meno evidenti “ritocchini”. Se si vanno a confrontare le sue foto da più giovane con le foto dell’ultima fase prima di morire si vede una differenza netta, ma comunque il suo modo di fare televisione è rimasto lo stesso, la sua cattiveria era una cattiveria che non risparmiava addirittura neanche se stessa.

Signorine del tubo catodico: quanto ha funzionato ad oggi il modello letterina/valletta, basti pensare a Ilary Blasi o Elisabetta Canalis?

Non c’è una regola. Un po’ come la storia del Grande Fratello: chi l’avrebbe mai detto che da quel programma sarebbero usciti attori di cinema e palcoscenico, conduttori; chi l’avrebbe detto che avrebbero generato fenomeni come Tarricone? Non è la provenienza che conta, ma la possibilità che la provenienza ti può dare. Tra le grandi ragazze della tv, e non solo, ce n’è una bravissima, Roberta Lanfranchi. Tutti gli altri sono spariti e non è un caso.

Apparenza e finzione vs. realtà e verità: in quali percentuali ci sono queste due opposte componenti in tv?

Se si fa un programma, come si faceva una volta, di moda, quelli molto raffinati e senza conduzione o con la conduzione appena accennata, l’apparenza non solo è la forma ma il tutto. Secondo quello che si dice Alessia Marcuzzi sarà la conduttrice dell’Isola dei Famosi : in quel caso non è importante se lei quest’anno metterà qualche esponente della moda o meno, ma come lo farà.

Qual è il tuo modello ideale di televisione femminile?

La televisione che sia capace, come non accade più, di intercettare la verità che non sono quelle dei ruoli. Mi piacerebbe una tv di confessioni, di emozioni forti, raccontata con la verità, che può essere anche una naturalmente pericolosissima, perché tu sei volontariamente messo in gioco. Una tv davvero vera, non un insieme di costruzioni ad hoc. Anche se fare una televisione così non è per niente facile. Adesso la tv è dissanguata, la mania dei social l’ha distrutta.

Cosa ne pensi della tv urlata?

Tutto il bene possibile, almeno rimango sveglio. Litigano in maniera urlata molto di più i politici. Vedere Tina Cipollari con un anziano corteggiatore e farne nascere un litigio da vicolo di paese dell’entroterra non mi scandalizza per niente, anzi.

Quanta meritocrazia c’è davvero in tv?

Non credo che ci sia: si devono fare i numeri, la pubblicità, quindi perché certi programmi che non funzionano vengono riproposti? Forse perché c’è una grande pressione dietro. La meritocrazia non è un valore uguale per tutti: chi va in onda perché fa numeri e chi va in onda nonostante non faccia numeri. Barbara d’Urso non ha nessuna forza, senza non i numeri che fa e probabilmente sono quelli il segno della meritocrazia.

Quale può essere il futuro per le donne in tv?

Non ce n’è uno solo fino a quando non ci sarà un direttore di rete donna come è accaduto adesso con Mediaset.

Michelle Bonev: “Ecco come sono cambiata” (INTERVISTA)

Dragomira Boneva Janeva è il vero nome di Michelle Bonev, attrice e regista bulgara trasferitasi in Italia alla ricerca del successo. E ci è riuscita, certo con non poca fatica. Ma soprattutto non pochi problemi, gli stessi che l’hanno fatta diventare quella che è ora.

Tanti auguri Michelle  Bonev

Ha deciso di raccontarsi a Blog di Lifestyle, per la prima volta dopo una lunga assenza dai media e dalla tv, per far conoscere a tutti come è diventata oggi Michelle Bonev.

Ciao Michelle, innanzitutto, grazie per esserti resa disponibile per questa piccola intervista.
Una donna dalle mille forme. Ti abbiamo conosciuta mora nel 2004 in “Mai storie d’amore in cucina” e nel 2007 in “operazione pilota”, riccia nel 2008 in “Artemisia Sanchez”, bionda nel film autobiografico “Goodbye Mama” . Versatile direi, sempre adatta ad ogni personaggio. Come si descriverebbe nella vita privata?

La mia vita privata è quasi inesistente. Ultimamente non ho più tempo per cambiare il colore dei capelli. Ora ogni mia energia e risorsa economica è dedicata agli ultimi, a chi soffre. Ho venduto le mie proprietà, i miei gioielli, per aiutare chi ha perso ogni speranza e vuole farla finita. Ho creato la prima piattaforma informatica del terzo settore, dove chi ha bisogno di aiuto incontra chi offre aiuto. Tutti devono avere la possibilità di riscrivere la propria storia.

Parliamo subito del libro. “Alberi senza radici”, come nel film “Goodbay Mama”, anche nel libro si racconta, racconta il suo passato, un’infanzia difficile, da cui scappare. Non ha mai voluto nascondere nulla dei suoi dolori. La scelta di metterlo nero su bianco, un’esigenza?

Sì, sicuramente è stata un’esigenza personale, dovevo capire molte cose di me e della vita. C’erano troppe domande senza risposta. Per esempio: “Come mai un padre abbandona una figlia?” Oppure “Come mai una madre può non amare le proprie figlie?”
Ripercorrere il dolore degli anni passati mi ha reso più sicura di me. Comunque, la decisione di raccontare tutto in un libro e in un film ha ragioni diverse. Attraverso il racconto della mia storia volevo dare coraggio a chi soffre. Volevo comunicare che se ce l’ho fatta io, ce la possono fare tutti! Il mio messaggio è anche per chi non ha avuto un’infanzia difficile, affinché possa capire ed essere più tollerante con chi soffre. Spesso dietro la maschera sorridente di una persona si cela un grande dolore.

A 19 anni, quando ha lasciato la Bulgaria per venire in Italia, quali erano le sue aspettative? Quali di queste sono state deluse?

Io sono arrivata in Italia nel 1990, a 18 anni, con soli 20 dollari in tasca. Volevo diventare famosa, dimostrare ai miei genitori che avevano sbagliato a non amarmi. Avevo la passione del cinema e sono arrivata ad essere l’attrice di punta di Rai Uno: ho vinto sempre lo share di prima serata. E poi ho scritto, prodotto e interpretato il mio film autobiografico, Goodbye Mama, opera prima come regista. Non è andata come avevo sognato. L’arte è bella, ma quando alzi la posta, il prezzo da pagare è molto salato. Il talento non basta, serve sempre un “Santo in Paradiso”.

tanti  auguri michelle bonev

Nel 2013 ha deciso di denunciare il sistema italiano, che definisce estremamente corrotto. L’intervista a “servizio pubblico” con Santoro, i suoi video su YouTube, la lotta contro un colosso della politica, l’ex premier Silvio Berlusconi. Una scelta coraggiosa, guardandosi indietro lo rifarebbe?

Il sistema in Italia è corrotto e non lo devo dire io, ho soltanto voluto riprendere la mia dignità. Raccontare davanti al mondo intero i compromessi che sono stata costretta ad accettare per avere successo nel mondo dello spettacolo, è stata una scelta molto sofferta, ma l’unica possibile per me. Non potevo più vivere nella menzogna e nella corruzione. Nessun sogno vale la nostra vita!

Si sente cambiata da questi eventi?

Sono cambiata completamente. Anche prima credevo nei valori della verità, della solidarietà e della giustizia sociale, ma non facevo nulla in quel senso. Pensavo che sarebbe bastato dare lavoro a centinaia di famiglie che prendevano parte alle mie produzioni. D’altronde il sistema funziona così da sempre e sarebbe stato un vero suicidio denunciarlo. Infatti, oggi non lavoro più nel mondo dello spettacolo, l’intero sistema si è chiuso contro di me. Ma io mi sento bene nel mio cuore, ho fatto la cosa giusta.

Cambiamo argomento, c’è un personaggio tra quelli interpretati che si porta nel cuore?

Ho amato ogni personaggio, ma Artemisia Sanchez resterà nel mio cuore per sempre. Era la mia prima volta come protagonista assoluta. Sei milioni e mezzo di spettatori hanno seguito le quattro puntate su Rai Uno in prima serata nel dicembre 2008. Nella splendida cornice della Calabria del 1784, Artemisia, una giovane marchesa, lotta per i diritti dei poveri, rischiando persino la sua vita.

Come si vede fra 10 anni? Quali sono i suoi progetti futuri?

Un anno e mezzo fa, ho fondato l’Associazione Michelle Bonev che si prende cura di chi è stato abbandonato dalle istituzioni e dai media, perché nessun essere umano merita di rimanere invisibile! Per me è assurdo pensare di costruire un futuro luminoso, ignorando chi oggi sta morendo. E dopo tutto quello che ho passato nella mia vita, posso dire che non c’è nulla di più bello del sorriso di un essere umano che ha ripreso la sua dignità. Ogni giorno ricevo centinaia di messaggi da giovani ragazzi che vogliono cambiare il Paese. Mi chiedono cosa devono fare. Sono delusi e impotenti di fronte a questa macchina infernale della corruzione. E io rispondo loro: “Facciamo del bene! È l’unica cosa che possiamo fare. Salviamo chi soffre oggi, perché in quel futuro luminoso che sogniamo, dobbiamo andarci tutti insieme!”

Ricette per ragazze che vivono da sole (INTERVISTA)

Credit photo: imilleeunlibro.blogspot.com

Noemi Cuffia e Ilaria Urbinati. Una scrittrice, l’altra illustratrice. Uniche e diverse, ma legate da una forte amicizia e dalla passione per il mondo editoriale che le ha portate a realizzare diversi progetti insieme: l’ultimo è “Ricette per ragazze che vivono da sole”, un e-book della casa editrice Zandegù.

In “Ricette per ragazze che vivono da sole” si racconta la storia di due amiche, Camilla e Rebecca che – come le due autrici che gli hanno dato vita – sono molto diverse, ma unite dal fatto di vivere da sole. Così, attraverso la penna di Noemi prendono vita le avventure di Rebecca, amica di Camilla, rappresentata dai disegni di Ilaria, che cercano di dare consigli e prendere ogni situazione con un pizzico di ironia.

Noi di Blog di Lifestyle abbiamo letto l’e-book in anteprima – sarà in vendita, infatti, a partire dal 3 marzo – ed intervistato le due autrici.

Noemi Cuffia, scrittrice

Ciao Noemi, ti presenti ai lettori di Blog di Lifestyle?

Vorrei potermi definire una scrittrice, ma per ragioni di riserbo e di rispetto per questo mestiere sono un’esordiente. Mi piace scrivere da quando ero piccolina, ho studiato lettere a Torino e ho fatto tremila lavori: stage, servizi civili, contratti a progetto. Ad un certo punto ho beccato una borsa di studio – con mia immensa fortuna – allo IED di Torino, dove ho studiato “Progettazione editoriale” per due anni di Master. Ora lavoro in editoria, sono una freelance. E poi scrivo da sempre, ho pubblicato racconti su riviste – sia cartacee che online – e circa due annetti fa ho pubblicato il mio primo romanzo che si chiama “Il metodo della bomba atomica”.

Dopo il tuo primo romanzo torni con “Ricette per ragazze che vivono da sole”. Come è nata l’idea di questo libro?

Con Ilaria c’è un’amicizia che va avanti da un bel po’ di anni e in questo ci hanno unito i blog: infatti lei è un pochino più giovane di me e leggeva il mio blog. Ma ancora prima Ilaria aveva illustrato la copertina di una raccolta di poesia dove io ero tra i poeti.
Ci siamo poi viste, conosciute e siamo diventate amiche. Abbiamo iniziato a fare progetti su progetti e anche libri insieme.
In tutto questo l’amicizia è cresciuta e abbiamo iniziato a confrontarci su tutto. Quando siamo andate e vivere da sole ci confrontavamo più spesso, soprattutto sul fatto che avevamo difficoltà a cavarcela – sul lavoro, con gli altri, nelle amicizie. La nostra amicizia, all’inizio, era proprio un mutuo aiuto. A quel punto ho detto “Senti, ma perché non trasformiamo tutte queste chiacchere in qualcosa, perché non facciamo un libro?”, anche perché ne avevamo già fatti prima. Per questo ci sono cose molto vere nel libro, ovviamente un pò romanzate.

Nel tuo ultimo e-book racconti di Rebecca e delle sue avventure: vive da sola e deve imparare a “sopravvivere” ad ogni situazione. Secondo te quanto è importante per una donna diventare indipendente ed imparare a contare solo su stessa? Vivere da sole è una buona occasione per crescere?

Per me è stato fondamentale. Quando non vivevo da sola comunque sentivo che mi mancava qualcosa, paradossalmente. E ora che mi è successo davvero questo mi ha cambiato proprio la vita: per una donna è quasi un dovere poter contare solo su se stessa, anche se è difficile perché più sei indipendente dagli altri più la vita ti mette a dura prova e ti mette alle strette. Poi questo non vuol dire non chiedere aiuto se ce n’è bisogno, anche perché siamo una società.

A volte leggendo si tende a identificare la protagonista con l’autrice reale, ma quanto c’è di te nel personaggio di Rebecca?

C’è tantissimo, però non sono io completamente. A volte la vita è un più dura ancora e altre volte è più bella, a seconda delle circostanze, e io sono o un po’ meglio e un po’ peggio del personaggio che ho descritto.
E poi non sono io perche l’idea era quella di scrivere un racconto che potesse essere anche un pò universale. “Ricette per ragazze che vivono da sole” non è un romanzo – anche se il personaggio è un personaggio romanzesco – e non è nemmeno una confessione ne un’autobiografia. Apposta per questo ho voluto dargli dei nomi – in modo che tutti potessero riconoscersi – e volutamente non ci sono nomi di uomini e di genitori, ma solo loro due, che sono due amiche.

Hai anche un tuo blog, “Tazzina di caffè”, molto seguito. É stata un’esperienza fondamentale per entrare poi nel mondo editoriale?

É un blog di libri, che forse è la cosa più caratteristica per capire chi sono. Ciò che sono riuscita a realizzare in questo ambito lo devo molto anche a questo blog.

Hai qualche autore preferito o dal quale prendi ispirazione?

Il mio autore preferito è Haruki Murakami, che è proprio il mio mito e, secondo me, è un genio. Mi piace molto come vive e come scrive: vorrei assomigliargli in tutto ed essere come lui.
Invece, un’autrice che mi ha affascinata molto è Natalia Ginzburg.

Che progetti hai per il futuro?

Sto scrivendo un romanzo il cui protagonista è un comico, sempre per LiberAria – che è la casa editrice con cui ho pubblicato il primo libro – ed è un’impresa abbastanza ardua, ma vorrei riuscire a farlo: questo è il più grande obiettivo del momento. Ma, in generale, il mio obiettivo è quello di continuare a scrivere.

Ilaria Urbinati, illustratrice

Ciao Ilaria, ti presenti ai nostri lettori?

Mi chiamo Ilaria, ho 30 anni e vivo a Torino, da sola, in una bella mansarda molto diagonale. Faccio l’illustratrice da qualche anno e lavoro per lo più su fumetti e libri per bambini da quando ho 20 anni circa.

Ormai, da anni, sei un’illustratrice a tempo pieno. Ma come è nata in te questa passione?

In realtà ho fatto studi di lettere, studiando in un liceo linguistico. Mi piaceva moltissimo leggere e allo stesso tempo ero una di quelle ragazzine che disegnava sempre, pomeriggio e sera. Ho pensato che la soluzione per unire la lettura e il disegno era fare l’illustratrice.

Nel tuo ultimo lavoro con Noemi Cuffia, disegni la storia di Camilla in modo molto ironico. Anche te vivi ogni situazione, seppur negativa, con un sorriso sulle labbra?
Magari, ma in realtà non è così. Cerco di avere ironia, però nella vita mi agito tantissimo e ho un sacco di ansia. Quello che traspare dai miei disegni è più dolce e positivo della mia vita ideale, ahimè.

Alle prese con ragni, scarafaggi e vicini impiccioni. Qual è stata la circostanza che più ti è piaciuto illustrare?

Sono due. Una è quella in cui a Camilla fanno le domande sul vivere da sola – in cui la gente comincia a chiederle “poverina, ma non hai paura?” – perché è la verità. A me è successo quando sono andata a vivere da sola: avevo 23 anni – ero giovane, ma neanche tanto – e tutte queste domande me le hanno fatte davvero.
L’altra che mi è piaciuta tantissimo fare è quella di come svoltare una serata perché amo la danza, anche se sono moderatamente negata, e quindi disegnare lei che si scatenava mi ha divertita un sacco.

Che consigli dai a chi vuole seguire la tua stessa strada?

Disegnare tanto e sempre, seguire il proprio istinto, facendosi guidare dalla propria intuizione e fare quello che ti piace, che è una cosa non scontata.
Spesso uno dice di voler fare libri per i bambini e poi magari disegna solo zombie: se ti piacciono gli zombie disegna gli zombie, se ti piacciono gli animaletti disegna libri per bambini. Non ti forzare a fare una cosa che in realtà non ti piace. Io sporadicamente insegno anche, faccio dei corsi e questo è l’errore più frequente nei miei allievi: loro mi dicono “vorrei tanto disegnare per i bambini” e poi davvero disegnano solo zombie, ma non se ne rendono conto. Io dico ma se disegni gli zombie fai gli zombie, ma uno si fa molto traviare dai luoghi comuni ed è strana questa cosa.
E poi le cose un pò crescono da sole: anch’io all’inizio pensavo di fare l’animatrice, infatti ho iniziato a lavorare in animazione, facendo cartoni animati e Geronimo Stilton. Poi invece mi sono accorta che la mia strada era fare più libri e fumetti.

Qual è la storia che in assoluto ti piacerebbe di più illustrare? E la prossima che illustrerai?

La storia che mi piacerebbe illustrare di più è Cime tempestose. Una graphic novel di Cime tempestose per me sarebbe la gioia.
Per la prossima invece ci sto lavorando adesso: è una graphic novel che uscirà a Lucca nel novembre 2015. Non sarà in e-book, ma sarà stampato da un editore di graphic novel ed è ambientata durante la seconda guerra mondiale.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Un progetto sicuramente è questo libro che uscirà a novembre, questa graphic novel che mi impegnerà parecchio. Nel breve periodo è questo, poi nel futuro non lo so. Sicuramente mi piacerebbe continuare a fare fumetti e libri per ragazzi e, magari, illustrare un classico. E il sogno di una vita è lavorare all’estero con qualche editore francese, con qualcuno fuori dall’Italia perché mi è capitato poco ed è una cosa che mi piacerebbe fare.

Credit photo: imilleeunlibro.blogspot.com
Credit photo: imilleeunlibro.blogspot.com

Occhi Ovunque racconta il suo food art blog (INTERVISTA)

Credits: www.factorystylemag.it

Unire due passioni si può: Valentina Scannapieco, alias Occhi Ovunque, c’è riuscita con il suo blog, una cucina virtuale a fumetti fatta di creazioni colorate e gustose. Eppure lei non si considera un’artista, perché nella vita di tutti i giorni usa il web come se fosse un diario, in cui condivide i pensieri della sua giornata e pubblica ricette.

Quest’anno ai Macchianera Italian Awards è rientrata tra i venti migliori siti di food, ed è una delle personalità più influenti della rete. Noi di Blog di Lifestyle l’abbiamo contattata per farci raccontare com’è nato Occhi Ovunque e rivelarci qualche curiosità sul suo blog.

Credits: www.stilefemminile.it
Credits: www.stilefemminile.it

Ciao Valentina, grazie per aver risposto alla nostra richiesta di intervista. Innanzitutto complimenti per la grafica del blog. Ti consideri una food blogger o un’artista?

Grazie a voi, per avermi contattata, poter parlare del mio progetto è sempre un piacere. Spesso me lo chiedo anche io, cosa sono? Sempre fuori dal coro, a metà tra più mondi. Potrei definirmi un’artista, ma mi piace siano più gli altri a definirmi tale. Su una cosa non ho alcun dubbio: sono una veneratrice del buon cibo. Mi piace scoprire le sue forme, i colori e i profumi del cibo.

Raccontaci com’è nata l’idea del blog Occhi Ovunque e il perché del nome curioso.

Adoro scrivere e lo facevo per blog aziendali, pur occupandomi di tutt’altro (all’epoca studiavo economia aziendale). Un giorno mi son detta “perché non battezzare un angolo di web tutto mio?”, così ho aperto un blog. Non sapevo ancora cosa ben scriverci su, avevo tante idee e tanta confusione, l’unica cosa di cui ero certa era il nome: si sarebbe chiamato come il mio cagnolino “Occhi Ovunque”.Poi nei mesi ho trovato la mia strada ed ho iniziato a disegnare e trattare sempre più tempi food (ricette, consigli, percorsi enogastronomici), così è nato
il mio food art blog.

È nata prima la passione per il cibo o per il disegno?

Per rispondere devo chiedere “l’aiuto da casa”. Mi suggeriscono che, insieme alla forte passione per la musica, siano nate insieme. Disegnavo ovunque ed ero una mangiona già da piccolina. Adoravo il cibo, andare al mercato coperto di Livorno per comprare tante cose buone con papà, per me era una gioia. Dal fornaio mi incantavo, tanto che il proprietario mi aveva preso in simpatia ed io per lui ero “Valentina, la bimba della schiacciatina”, me ne regalava sempre un pezzo.

Facebook, Instagram, Twitter e Pinterest: Occhi Ovunque è dappertutto. Quali social network preferisci per interagire con i fan?

Instagram mi ha regalato belle opportunità, fatto conoscere tante persone che supportano moltissimo il mio progetto. Facebook mi permette un contatto più intimo con i fan. Con molti son nate belle amicizie, si cucina insieme, ci si scambia consigli, si cresce insieme. Tutti dicono che Twitter abbia un forte potere mediatico, ma purtroppo i 140 caratteri non mi bastano, ma mi impegnerò.

Credits: mycukbuk.it
Credits: mycukbuk.it

C’è una ricetta che ti appassiona particolarmente?

La preparazione della pasta frolla senza ombra di dubbio. E’ così delicata e così profumata e se la preparo in compagnia mi prendono sempre in giro perché resisto a fatica a non assaggiare il burro. Sì, di persona sono molto buffa e combinaguai (ho anche i capelli ricci come Pollon).

Ti consideri una persona golosa o una buona forchetta?

Non mangio tanto.

Facciamo un gioco: come vedi Valentina Scannapieco tra dieci anni?

Il mio sogno sarebbe scrivere per una rivista food ed aprire una casa d’accoglienza per cani in cui poter svolgere attività di pet therapy. Quindi tra dieci anni mi piacerebbe esser sommersa da articoli da scrivere, da una grande famiglia e da cani e bambini da coccolare.

Hai qualche consiglio per chi vuole diventare una food blogger?

Capite bene chi volete essere nel web, ma soprattutto siate voi stesse. L’emulazione per migliorare è una cosa giusta ma bisogna differenziarsi per essere unici.