martedì, 7 Maggio 2024

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Animalismo, anticapitalismo o salutismo? Cosa si nasconde dietro alla scelta di astenersi dal consumo della carne? Lo scopriamo insieme con loVeg, la rubrica dedicata ai vegetariani e ai vegani, ma anche ai curiosi che, forse, lo saranno un domani

Moby apre un ristorante vegano (loVeg)

Dj e musicista celebre al livello internazionale, Moby, dopo essere stato vegano per ben 27 anni, ha annunciato di voler aprire un ristorante vegano quest’estate a Silver Lake e di volerlo chiamare “Little Pine“. Ma qual è stato il percorso dell’artista prima di arrivare a intraprendere questa strada, passando da punk-rocker carnivoro che prendeva in giro i vegetariani ad essere un vero e proprio attivista vegano?

Come ha raccontato al Los Angeles Times, fu all’età di 10 anni che Moby, nel passare davanti a una discarica della piccola città del Connecticut in cui viveva, sentì dei miagolii provenire da una scatola che si trovava giusto di fronte alla discarica. Si avvicinò, aprì la scatola e dentro vi trovò tre gattini morti e uno in fin di vita: così, lo portò dal veterinario con la madre e riuscì a salvarlo. Dopo una decina d’anni, nel giocare ancora con quello stesso gatto, all’improvviso un pensiero gli balenò: “Perché, se a questo gatto ci tengo e voglio proteggerlo da qualsiasi forma di sofferenza – si chiese – sono ancora immischiato in azioni che ne procurano ad altre creature?“.

Eppure, molta gente – sebbene sia contro la crudeltà sugli animali – continua ad amare la carne. A questo stato di cose, Moby oppone una citazione di Voltaire: “La perfezione è nemica del bene“: nel senso che è preferibile che si facciano piccole cose buone al non fare affatto chissà che grandi cose alla perfezione. Il fatto che una persona riduca del 10% o del 20% il proprio consumo di carne è già un traguardo in termini di effetti sui cambiamenti climatici, nonché sul proprio benessere: “È dalle piccole cose – dice l’artista – che nascono conseguenze fenomenali“.

Basta carne: così Adele perde 30 kg (loVeg)

Dopo aver dato alla luce il suo piccolo Angelo tre anni fa, era un po’ scomparsa dalla ‘showbiz’: riappare, così, di recente, visibilmente cambiata la cantante britannica Adele Adkins, che ha scelto di rivoluzionare completamente il suo stile di vita. Negli ultimi anni, infatti, non solo ha abbandonato le sigarette, ma ha anche smesso di mangiare carne, cambiamenti che l’hanno portata a una incredibile perdita di peso, testimoniata dalle foto in bianco e nero che lei stessa ha pubblicato dal suo account Instagram.

La decisione di intraprendere la strada vegetariana risale, in realtà, già al 2013, quando il dimagrimento risultò evidente già sulla copertina di Vogue Usa. Da quel momento, la giovane Adele non si è più fermata: si vocifera sia arrivata a perdere addirittura 30 chili, se non di più.

Intervistata dai giornalisti spagnoli de El País, la ventisettenne inglese ha dichiarato di essersi imposta una dieta priva oltre che di carne, anche di prodotti dolciari, cibi industriali estremamente raffinati e bevande gassate, scelte alimentari a cui ha accostato una maggiore attività fisica, dandosi al pilates e alle camminate a passo svelto. Infine, mediante l’ipnosi è riuscita anche a liberarsi dalla schiavitù delle sigarette.

Eppure, la bella Adele ci tiene a mettere l’accento sul fatto che tutte queste scelte da lei intraprese non sono affatto legate a motivi estetici, ma semplicemente a ragioni di salute. “Mai ho desiderato assomigliare alle ragazze da copertina. Io mi sento una rappresentante della stragrande maggioranza delle donne: è proprio questo che mi riempie di orgoglio“.

Vegan Chalk Challenge, la nuova campagna veg internazionale (Ioveg)

Credits: Vegan Chalk Challenge 'Il veganismo non è una dieta, è un risveglio'

Misteriosi messaggi stanno apparendo in luoghi pubblici di tutto il mondo: sono scritti in gesso e sono sempre positivi. Alcuni sono enormi, elaborati e artistici, altri semplici e diretti. Ma tutti sono focalizzati su di un solo argomento: il veganismo. “La pace comincia dal tuo piatto, diventa vegano” si legge su di un marciapiede in Sud Africa. “Diventa vegano per la vita degli animali e per la felicità di tutto il mondo“, recita un’altra a Castle Rock in Colorado.

Dall’Australia al Messico, passando per l’India e per la Germania, questi messaggi pro-vegan stanno proliferando ovunque, ma da dove sono partiti? Pare che l’idea per la campagna sia stata di un vegano di Raleigh in North Carolina, James DeAlto: “Avevo questa domanda che continuava ad assillarmi: ‘Cos’altro posso fare?’ – spiega l’attivista e videomaker americano – Così, un giorno, mentre passeggiavo col mio cane ho pensato: ‘C’è dell’asfalto qui. Perché non scriverci un messaggio?’. Avrebbe continuato ad essere visibile il giorno dopo, ma anche una settimana dopo, in modo da essere letto da sempre più gente. E poi, ho pensato che ci sarebbero potute essere anche altre persone che sarebbero state d’accordo a farlo anche loro“.

È stato così che la campagna Vegan Chalk Challenge ha visto la luce come evento Facebook nel Settembre del 2015: ad aderirvi, più di 1.200 persone, che hanno cominciato a bombardare la posta privata di James con le foto scattate ai messaggi scritti in gesso sugli asfalti di parcheggi, strade, luoghi pubblici. Quelle postate sulla pagina ufficiale riportano anche l’hashtag #VeganChalkChallenge.

L’obiettivo dell’iniziativa, secondo DeAlto, consiste principalmente nel divulgare consapevolezza e nel “ricordare alle persone che la parola con la V esiste eccome“, ma in un modo che non dev’essere per forza considerato invasivo o offensivo nei confronti dei carnivori. “Non è affatto una gara“, puntualizza James. “Anche distribuendo volantini, puoi essere considerato come qualcuno che vuole costringere gli altri a fare cose che non vogliono. Con questi messaggi, le persone hanno l’opportunità di scegliere se fermarsi e dare considerazione al messaggio o semplicemente continuare dritto per la propria strada. Chiunque abbia scritto un messaggio, poi, non è neanche più lì quando viene letto dagli altri: così non c’è nessun pregiudizio legato alle apparenze o alle impressioni che una persona può suscitare in un’altra“.

E, visto che il gesso è comunemente associato all’infanzia, DeAlto si augura che soprattutto i bambini vengano attratti da questi messaggi e, di conseguenza, entrino in contatto con l’idea di veganismo. Stando alla sua esperienza diretta, i piccoli hanno sempre cominciato a giocare al gioco della campana mentre scriveva i messaggi in gesso sull’asfalto.

Un risvolto inaspettato, invece, è stato notare quanto edificanti questi messaggi siano risultati per gli altri vegani. “Non è sempre facile essere vegani e c’è ancora un certo stigma che ne consegue, perciò spesso la gente si sente etichettata“, continua James, nel commentare come gli altri vegani abbiano espresso la loro entustiastica approvazione vedendo i messaggi scritti per strada.

All’oggi, con una nuova campagna lanciata per il 2016, DeAlto si augura che i vegani in tutto il mondo si procurino una scatola di gessetti e si mettano all’opera. “I vegani sono così impegnati nell’astenersi dal far male agli animali, perché non potrebbero impegnarsi nel diffondere e promuovere il veganismo?” si chiede l’attivista. “Mi piace l’idea di intraprendere un’azione collettiva. È un modo gioioso e colorato di divulgare un messaggio di pace, d’amore e di non violenza“.

Finora, le persone che hanno aderito alla nuova chiamata di ‘gessattivismo’ di DeAlto sono quasi un migliaio: le foto dei loro messaggi apparsi in tutto il mondo vengono regolarmente pubblicate sulla pagina ufficiale del Vegan Chalk Challenge su Facebook. Cosa aspettate a cliccare ‘mi piace’ e a condividere i vostri slogan?

L’ex Blonde Vegan contro la dieta vegana (loVeg)

Un tempo blogger vegana convinta e fonte di ispirazione per centinaia di fan, la venticinquenne Jordan Younger oggi confessa che la dieta veg da lei seguita le ha fatto più male che bene. Dopo il successo conseguito grazie al suo blog The Blonde Vegan, dove mostrava fiera il suo lifestyle vegano ed elargiva consigli a quanti volessero intraprendere a propria volta questa scelta, la giovane californiana ha gradualmente abbandonato il veganismo per poi svelare, a un anno di distanza, i pericoli legati a un’alimentazione “così limitata” al New York Post, in un’intervista a proposito del suo ultimo libro in uscita dal titolo ‘Breaking Vegan’.

Jordan era diventata vegana all’ultimo anno del college che frequentava a New York e all’epoca presentava dei dolori addominali per i quali non era riuscita ad ottenere una diagnosi medica, così intraprese un regime alimentare iper-sano che potesse aiutarla – e, in effetti, così fu sulle prime. “All’inizio, è stato un processo depurativo e disintossicante. Sentivo salire dentro di me una grande adrenalina e una grande energia, perché i miei problemi allo stomaco sembravano essersi risolti“, ha detto la Younger. Un mese dopo essersi diplomata, lanciò il suo sito e il suo account Instagram, raggiungendo una grande popolarità con più di 70.000 follower. In qualità di ‘Blonde Vegan’, documentava la sua alimentazione salutare e condivideva ricette e consigli, un hobby che la rese pian piano più attenta anche a ciò che lei stessa ingeriva.

L’ossessione per la mia dieta cominciava non appena mettevo piede giù dal letto. Mi impediva di vivere una vita normale, ricca di interazioni sociali e interessi di ogni sorta“, prosegue Jordan. All’epoca, la sua intera esistenza ruotava attorno a cosa potesse mangiare e cosa no. Divenne, allora, dipendente dalle tisane depuranti, mentre stava attenta a tenersi alla larga dai cibi fritti, dallo zucchero raffinato, dal glutine e da salse e condimenti. La rigidità con cui limitò le sue scelte alimentari significò cominciare a pianificare dettagliatamente ogni pasto: uscire a pranzo o a cena fuori era un’ipotesi del tutto irrealizzabile.

Più in là, spiegò sul suo blog: “Quando mia madre e mia sorella vengono a trovarmi, credo di non riuscire a godermi neanche un solo pasto assieme a loro. Mangio prima di vederle o dopo averle viste, perché vado in panico soltanto all’idea che il cibo servito nei ristoranti dove andremo a sederci possa farmi sentire da schifo e rovinare tutto quello a cui ho lavorato finora“. Nonostante non se fosse consapevole, Jordan all’epoca era ortoressica, una persona sostanzialemnte affetta da una rigorosa fissazione per il mangiar sano, cosa che provoca un’attenzione patologica nei confronti di cosa e quanto si mangia, così come rispetto ai propri ‘strappi alla regola’.

La cosa diventò un vero problema soltanto quando gli effetti benefici del suo stile di vita vegano cominciarono a svanire: i problemi allo stomaco riapparvero e, insieme con loro, molti altri fastidi. Si sentiva molto stanca e si affaticava in men che non si dica: una sola lezione di yoga bastava a farla sentire stanca per tutto il resto del giorno. Dopo qualche tempo anche i capelli cominciarono a caderle e iniziò a farsi male con più facilità. Dimagrì moltissimo: perse più di 11 kg, arrivando a pesarne 47, cosa che non fu troppo pericolosa ma le fece comunque cominciare a sentire freddo per la maggior parte del tempo.

Poi, a distanza di un anno da quando aveva deciso di darsi al veganismo, e dopo soli sei mesi dal lancio del suo blog, le si interruppe il ciclo. E continuava comunque a ignorare quello che il suo corpo tentava in tutti i modi di dirle: e che cioè ciò che pensava fosse salutare per lei in realtà non lo era affatto. Ci vollero altri sei mesi prima che lo realizzasse: parlando con un’amica ricoverata in clinica a causa di alcuni disturbi dell’alimentazione, Jordan iniziò a intravedere delle somiglianze con la sua stessa esperienza.

L’amica le suggerì di mangiare del pesce, cosa che fece con molta riluttanza. Due giorni dopo, le mestruazioni riapparvero facendole capire, chiaro e tondo, che il suo corpo moriva dalla voglia di rimettersi in sesto. Poco dopo, la Younger andò a farsi visitare da un medico, il quale le disse che i suoi valori nutrizionali erano decisamente bassi e che avrebbe dovuto re-introdurre pesce e uova nella sua dieta. Mentre ascoltava, però, pensava anche alle migliaia di persone che la ritenevano un’ispirazione per il proprio stile di vita vegano, cosa che le dava non poche preoccupazioni.

Fu a giugno dello scorso anno che Jordan scrisse un post intitolato “Perché sto gradualmente abbandonando il veganismo“: qui, la giovane spiegava come all’inizio aveva intrapreso questa strada, quanto inizialmente le sembrasse un bene per il suo organismo. Eppure, nel seguire attentamente le regole alimentari che si era imposta, aveva del tutto ignorato i segnali che il suo corpo cercava di darle per dirle che la dieta vegana non stava affatto funzionando. “Il mio corpo ha cercato di parlarmi per mesi – ha detto Jordan – ma io non ascoltavo. Il risultato è stato che ho sviluppato una grave carenza di tutta una serie di vitamine e di ormoni, provocandomi un grosso squilibrio“.

Allontanarsi dal veganismo e cercare una soluzione sottoponendosi a una giusta terapia, questo era quello che aveva intenzione di fare: molti dei suoi lettori, allora, le hanno dato grande supporto, anche se qualcun altro non è stato altrettanto gentile, e le ha lasciato commenti spiacevoli in cui l’accusava di fare del male agli animali. “Come si può smettere di mangiare cadaveri e poi, come se niente fosse, tornare a mangiarli?“, ha scritto uno di loro. Jordan ha rapidamente perso un migliaio di seguaci: “Questo mi ha fatto realizzare quanto snob possano arrivare a essere le persone che appartengono a questo mondo“.

Eppure, non è che non abbia mai vacillato nel prendere la sua decisione. Da quel momento, comunque, ha scelto di tenere aperto il suo blog, diventato oggi The Balance Blonde, sito incentrato su un’alimentazione complessivamente sana. Una scelta, questa, che l’ha ripagata: i lettori sono tornati ad aumentare, e adesso sono più di 121.000. Jordan ormai mangia pesce, uova e all’occasione persino carne rossa, pizza e pasta. È sempre molto attenta a seguire un’alimentazione sana e spesso posta foto in cui consuma prodotti privi di lattosio o integrali, ma è assolutamente meno rigorosa di prima e ha capito che quest’elasticità non può che giovarle. “Le etichette, così come le scelte alimentari, possono essere davvero molto pericolose: e io ne sono un esempio lampante“.