domenica, 14 Dicembre 2025

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Animalismo, anticapitalismo o salutismo? Cosa si nasconde dietro alla scelta di astenersi dal consumo della carne? Lo scopriamo insieme con loVeg, la rubrica dedicata ai vegetariani e ai vegani, ma anche ai curiosi che, forse, lo saranno un domani

A Napoli corsi di pasticceria veg (IoVeg)

Chi ha detto che latte, burro, panna e uova sono ingredienti imprescindibili per la preparazione di dolci? La pasticceria veg ne fa tranquillamente a meno, grazie all’impiego di prodotti biologici vegetali che, se sapientemente utilizzati, non nuocciono minimamente al sapore del nostro dessert, anzi. Un’arte dolciaria, questa, che verrà ben presto insegnata a Napoli, dove partiranno a brevissimo corsi per pasticcieri vegani presso la scuola di formazione professionale dell’Aciief, la cui iniziativa vuole proprio andare incontro alla richiesta sempre maggiore di quanti hanno deciso di abbracciare un’alimentazione priva di qualsiasi derivato di tipo animale.

La scelta di inserire un corso del genere va nella direzione di fornire agli allievi quel qualcosa in più che caratterizza il nostro modo di intendere la formazione professionale“, ha spiegato alla stampa la direttrice della scuola Aciief Dolores Cuomo.

Inoltre è del tutto possibile preparare dolci” ha aggiunto la Cuomo “senza ricorrere a ingredienti di derivazione animale. Un bravo pasticciere specializzato in cucina vegana deve avere una conoscenza vasta e approfondita delle farine, da quella di riso a quella di ceci“.

E dunque via lo zucchero raffinato per far spazio allo zucchero di canna integrale e al bando l’uso di farina di frumento 00, per far sì che, oltre a rappresentare una scelta etica, la pasticceria vegana preservi anche la nostra salute.

Una scelta che, insomma, riscontra sempre più consensi, a dimostrazione di quanto stiano aumentando sia la consapevolezza sia l’interesse per un’alimentazione che, se ben bilanciata, risulta essere tra le più etiche e sane.

Accanto al corso per pasticceri vegani, poi, Aciief ha organizzato anche il corso per dolci “a impatto glucosio zero”, destinato ai golosi che purtroppo soffrono di diabete.

Moby apre un ristorante vegano (loVeg)

Dj e musicista celebre al livello internazionale, Moby, dopo essere stato vegano per ben 27 anni, ha annunciato di voler aprire un ristorante vegano quest’estate a Silver Lake e di volerlo chiamare “Little Pine“. Ma qual è stato il percorso dell’artista prima di arrivare a intraprendere questa strada, passando da punk-rocker carnivoro che prendeva in giro i vegetariani ad essere un vero e proprio attivista vegano?

Come ha raccontato al Los Angeles Times, fu all’età di 10 anni che Moby, nel passare davanti a una discarica della piccola città del Connecticut in cui viveva, sentì dei miagolii provenire da una scatola che si trovava giusto di fronte alla discarica. Si avvicinò, aprì la scatola e dentro vi trovò tre gattini morti e uno in fin di vita: così, lo portò dal veterinario con la madre e riuscì a salvarlo. Dopo una decina d’anni, nel giocare ancora con quello stesso gatto, all’improvviso un pensiero gli balenò: “Perché, se a questo gatto ci tengo e voglio proteggerlo da qualsiasi forma di sofferenza – si chiese – sono ancora immischiato in azioni che ne procurano ad altre creature?“.

Eppure, molta gente – sebbene sia contro la crudeltà sugli animali – continua ad amare la carne. A questo stato di cose, Moby oppone una citazione di Voltaire: “La perfezione è nemica del bene“: nel senso che è preferibile che si facciano piccole cose buone al non fare affatto chissà che grandi cose alla perfezione. Il fatto che una persona riduca del 10% o del 20% il proprio consumo di carne è già un traguardo in termini di effetti sui cambiamenti climatici, nonché sul proprio benessere: “È dalle piccole cose – dice l’artista – che nascono conseguenze fenomenali“.

Il gelato vegan della Green Fairy (loVeg)

Sonja Danzer ha abbracciato volentieri la filosofia cruelty-free, ma sentiva la mancanza del gelato così tanto da impiegare tutto il suo tempo in esperimenti per la creazione di un gelato privo di latte, burro e lattosio, ma non per questo meno buono. E la ricetta è riuscita a trovarla: la sua azienda, la Green Fairy adesso produce gelato utilizzando solo ingredienti biologici vegan. In più, il ricavato di ciascun gelato venduto va a sostegno di progetti nei Paesi in via di sviluppo.

Un’avventura che era cominciata in casa, per poi spostarsi in un piccolo panificio dove Sonja ha venduto i suoi primi gelati: qui ha ottenuto un successo tale che dal secondo anno di attività ha dovuto spostare la produzione in manifattura di gelati vera e propria in Svizzera. Tra i gusti disponibili: Lemon cheescake, Choccolate chip cookie dough, Caramello salato, Panna acida e Ciliegie. La Danzer, però, ha scelto di svelare tutti i trucchi del suo mestiere in un libro, “Gelati Vegani” edito da Sonda.

Burro di cocco invece di latte e panna, succo di agave per dolcificare, margarina vegetale non idrogenata per una consistenza burrosa, ma anche formaggio vegan da usare per la cheescake, fecola al posto l’uovo, farina di carruba, tofu e latte di soia, di anacardi, di avena, di cocco, di avocado: questi gli ingredienti con cui si possono preparare a casa perfetti gelati vegan, in gusti classici ma anche più originali come basilico e cannella, assenzio, menta e lavanda.

Per il gelato alla vaniglia, per esempio, bisogna procurarsi 320 grammi di crema di anacardi, 2 cucchiai di latte di soia in polvere, un pizzico di sale, 100 gr di zucchero, 50 ml di zucchero di agave, 1 cucchiaio di estratto di vaniglia, 415 gr di cubetti di ghiaccio e mezzo cucchiaino di xantano: nel frullatore vanno inseriti crema di anacardi, latte di soia in polvere, sale, zucchero, succo di agave, estratto di vaniglia e 50 grammi di ghiaccio. Una volta schiacciato tutto con un pestello e ottenuto una miscela omogenea, va aggiunto lo xantano per poi frullare tutto per 30 secondi. A questo punto, si inserisce il ghiaccio rimasto e si frulla di nuovo. Il composto va messo in freezer in un contenitore ermetico, da lasciar congelare a seconda della consistenza desiderata, da mezzora a 4 ore.

Il miglior ristorante green? La mensa scolastica della Muse (IoVeg)

Con un menù completamente veg, una struttura a energia solare e una produzione di rifiuti di poco superiore allo zero: è la mensa della scuola privata Muse School, la cui fondazione si deve alla moglie del regista cinematografico James Cameron, Suzy Amis (un tempo modella e attrice), che nel 2006 scelse Calabasas a Los Angeles come sua sede operativa, ad essere stata dichiarata “il ristorante più eco-sostenibile del mondo”. L’annuncio è stato pubblicato sulla pagina Facebook della Green Restaurant Association (Gra), ente statunitense no profit impegnato nella certificazione dei ristoranti a norma eco-friendly secondo una serie di criteri che spaziano dalla produzione di rifiuti all’energia, dal cibo al consumo di acqua. La mensa della Muse, i cui studenti vanno dai 3 ai 18 anni, ha così ricevuto il “Certificato di ristorante verde a 4 stelle”: a quanto riporta la Gra, infatti, la scuola nel 2016 è riuscita a raggiungere ben 561,19 GreenPoints, ovvero 185 in più rispetto all’anno scorso. Un risultato eccellente, dovuto in larga parte all’adozione di misure specifiche volte a creare un minor impatto ambientale: l’energia solare e la cucina vegana. “Un sogno che si è avverato” per le due fondatrici della Muse, Suzy Amis Cameron e sua sorella Rebecca.

Nell’edificio scolastico, tutto – dalle luci all’aria condizionata, dalla cucina al frigorifero e al freezer – è alimentato tramite energia solare e il menù della mensa è del tutto privo di prodotti animali e caseari.

Ma non è tutto: tra le ulteriori green policy della Muse vi sono anche la produzione a chilometro zero degli alimenti grazie alla coltivazione di orti scolastici, un programma di riciclo delle sostanze di scarto, l’illuminazione a led e un consumo dell’acqua di 1,89271 litri al minuto grazie a degli appositi filtri.

L’energia solare è subentrata nel 2015: come spiega il regista James Cameron sul sito della Muse, l’adozione del solare si è avuta con l’installazione di cinque Sun Flowers, dei pannelli solari a forma di girasole (alti 10 metri e larghi 5) capaci di coprire tra il 75% e il 90% del fabbisogno giornaliero energetico della struttura. In definitiva, un progetto completo che potrebbe già da ora essere preso a modello esemplare in tutto il mondo.