lunedì, 18 Novembre 2024

Ma cosa mangi?

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Gli alimenti non hanno più segreti: nella rubrica Ma cosa mangi la dott.ssa Fernanda Scala vi aiuta a scoprire cosa mangiate realmente

Etichette nutrizionali: ecco come leggerle

Credits photo: www.vivodibenessere.it

L’Unione europea (UE) ha definito specifiche norme relative all’etichettatura dei prodotti alimentari, al fine di aiutare i consumatori ad effettuare acquisti in maniera consapevole.

In particolare l’etichetta nutrizionale, che riporta appunto i valori nutrizionali di ogni alimento, è un parametro facoltativo selettivo, obbligatorio solo per quei prodotti pre-confezionati. Sono esenti da tale obbligo invece i prodotti confezionati in maniera artigianale, o preparati direttamente dal punto vendita che li commercializza.
La maggior parte dei prodotti commercializzanti infatti presentano sulla loro confezione un riquadro nutrizionale più o meno dettagliato, al fine di fornire informazioni utili al consumatore circa l’alimento proposto.

Il modello più diffuso, è quello semplificato in cui vengono citati valore energetico, proteine, carboidrati, di cui zuccheri, grassi, di cui grassi saturi e sale e non più sodio come riportato precedentemente. Tale modello diventerà obbligatorio da Dicembre 2016.

Altre marche invece offrono uno schema esteso in cui vi è un’ulteriore differenziazione dei carboidrati (in amidi, zuccheri e polialcoli), dei grassi (Saturi, polinsaturi, colesterolo, monoinsaturi), indicazione del contenuto vitaminico, della fibra alimentare, e dei minerali presenti.
Solitamente vitamine e minerali andrebbero indicati solo se presenti in quantità significative.

Le voci dell’etichetta nutrizionale

Nella maggior parte dei casi i consumatori tendono ad acquistare gli alimenti spinti soprattutto dal confezionamento proposto dalle aziende produttrici.

Slogan attraenti e bassi contenuti calorici sono le leve principali utilizzate per attrarre l’attenzione, ma non sempre ci chiediamo se effettivamente dietro a quello che può apparire “uno spuntino corretto”, “un alimento ideale per la prima colazione”, “uno spezza fame ipocalorico” si nasconde effettivamente un prodotto dal corretto contenuto nutrizionale.

Solitamente i valori nutrizionali riportati (valore energetico in Kcal, carboidrati, grassi, proteine, vitamine, fibra et) fanno riferimento a 100gr di prodotto.
Spesso nell’etichetta nutrizionale possono essere specificati anche i valori per porzione o per singola unità di prodotto.

La prima voce di solito riportata è il valore energetico, misurato in kcal (chilocaloria) che rappresenta la quantità di calore necessaria per portare la temperatura di 1 Kg di acqua distillata da 14,5°C a 15,5°C.
Il valore energetico di un alimento consente di capire se si tratta di un cibo ipo- o iper-calorico, ovvero quanta energia verrà ottenuta consumando quello specifico alimento.
Attenzione: bisogna ricordare infatti che le calorie non sono tutto.
Infatti se stiamo seguendo una dieta ipocalorica al fine di un calo ponderale di peso, 99 Kcal di soli zuccheri non rappresenteranno una scelta corretta, dal punto di vista nutrizionale, per la specifica condizione.

La voce successiva che ritroviamo in etichetta è quella dei grassi, includendo sia quelli buoni (monoinsaturi, polinsaturi, omega 3), sia quelli cattivi (trans, saturi sia di origine vegetale che animale).
Solitamente non vengono riportate tutte le frazioni, ma vengono specificati quelli saturi, ovvero quei grassi che è bene consumare con moderazione in quanto possono essere pericolosi per la nostra salute.

Molta attenzione inoltre a tutte quelle diciture che indicano l’alimento come privo di colesterolo.
Se infatti il prodotto è ricco in acidi grassi trans e saturi, a quel punto il fatto che sia privo di colesterolo conta ben poco. Allo stesso modo sostituire i grassi di origine animale, ricchi in colesterolo, con grassi vegetali idrogenati, non renderà sicuramente più salutare quel prodotto, anzi lo peggiorerà ulteriormente.

Altra voce riportata è quella dei carboidrati, per i quali è obbligatorio specificare la quota rappresentata dagli zuccheri.
In una dieta ben equilibrata i carboidrati sono fondamentali, in quanto rappresentano un’ottima fonte energetica da cui il nostro organismo attinge per sopperire a tutti i suoi complessi metabolismi.

Allo stesso modo però è bene ricordare che se la quota di carboidrati assunti non viene bruciata correttamente (mancanza di attività fisica, dismetabolismi specifici), una volta che le riserve energetiche saranno state saturate, i carboidrati assunti in eccesso verranno convertiti in riserve lipidiche (grasso).
Attenzione soprattutto agli zuccheri. Un consumo eccessivo di alimenti ricchi in zuccheri rappresenta la causa principale del sovrappeso e dell’obesità.

Ai carboidrati seguono le proteine, la cui funzione fondamentale è quella di rifornire l’organismo degli aminoacidi necessari per garantire tantissimi processi cellulari.
È inoltre importante ricordare che i nostri muscoli sono costituiti anche da proteine.
Un’alimentazione ben equilibrata dovrebbe quindi garantire una quota di proteine pari ad almeno il -20% dell’apporto calorico giornaliero.

Spesso nelle etichette ritroviamo anche la voce fibra alimentare. Assicurare la giusta quantità di fibra alimentare attraverso la dieta è di fondamentale importanza in quanto aiuta a prevenire alcune forme di neoplasie a carico dell’apparato intestinale, aiuta a ridurre l’assorbimento di zuccheri e grassi e favorisce il senso di sazietà grazie alle sue naturali proprietà igroscopiche.
La fibra presente all’interno di un alimento potrà essere o solubile, ovvero in grado di formare una sorta di gel a livello intestinale, o insolubile in grado di assorbire abbondanti quantità di acqua, favorendo il transito intestinale.

Infine nelle etichette nutrizionali ritroviamo la quantità di sale.
Ormai è ben noto come un’alimentazione ricca in sale rappresenti uno dei fattori di incidenza nell’insorgenza dell’ipertensione.
Ricordiamoci infatti che la dose giornaliera di sale raccomandata dal ministero della salute è pari a 3 grammi, così come il sale che aggiungiamo ai nostri piatti rappresenta solo il 30% di questo valore.
Ciò significa che, anche se noi non aggiungiamo il sale ai nostri piatti, non significa che non mangiamo salato, perché circa il 70% del sale che assumiamo giornalmente deriva da altre fonti, nella maggior parte dei casi prodotti preconfezionati, ed in cui, probabilmente, non ne percepiamo nemmeno la presenza.
Scegliere i prodotti che in etichetta presentano il minor contenuto di sale è sicuramente un’ottima abitudine alimentare per cercare di evitare un consumo giornaliero eccessivo di sale.

Il consiglio è quindi quello di imparare a scegliere i prodotti non in base alla loro confezione, alle diciture accattivanti o al loro contenuto calorico, ma comprendere l’effettivo valore nutritivo dell’alimento che portiamo sulle nostre tavole.

Questa rappresenta un’ottima abitudine alimentare, fondamentale per mantenere una corretta forma fisica e, soprattutto, un buono stato generale di salute.

Una buona alimentazione è amica della salute.

La dieta del riso: caratteristiche e controindicazioni

Credits photo: www.bottegaghiotta.it

Il riso è un cereale antichissimo, ricco di proprietà nutrizionali, il cui apporto calorico è molto simile a quello degli altri cereali (circa 330 Kcal per 100gr di prodotto).

Più del 90% è costituito dai carboidrati, mentre le proteine rappresentano circa il 7,5% ed i grassi solo l’1,3%, motivo per cui il suo consumo è fortemente consigliato specialmente nelle diete ipocaloriche.

Ma il riso è ricco anche di preziosi micronutrienti come la vitamina B e tanti sali minerali tra cui potassio, calcio e fosforo, in grado di stimolare e favorire la diuresi.

Essendo privo di glutine, può essere consumato tranquillamente anche da chi è affetto da celiachia, mentre l’elevata quantità di fibre stimola e favorisce il transito intestinale.

Inoltre rispetto alla pasta presenta un potere saziante superiore, grazie anche alla caratteristica che durante la cottura si gonfia aumentando quindi il suo volume.

Grazie proprio alle sue proprietà il riso aiuta ad eliminare il gonfiore addominale; se si opta per la versione integrale, può essere un ottimo alleato contro la stitichezza e, grazie al suo basso indice glicemico, può essere consumato anche dai soggetti diabetici.

Come funziona la dieta del riso

La dieta prevede che il riso si consumi in entrambi i pasti principali (pranzo e cena), associato a verdure, carni magre, e pesce magro.

Molto limitato l’utilizzo dell’olio, 3 cucchiaini al giorno, mentre spuntini e colazione prevedono frutta, latte di riso, gallette di riso, biscotti di riso e succhi di frutta.

Lo schema va seguito per 2 settimane e promette una perdita del peso corporeo fino a 5 kg.
E’ raccomandato inoltre di assumere fino a 1,5 litri di acqua al giorno e di utilizzare dolcificanti acalorici.
Per quanto riguarda le verdure è possibile consumare qualsiasi tipologia, mentre sono vietati i legumi e le patate.

Il parere dell’esperto

Essendo lo schema proposto un piano alimentare fortemente ipocalorico è naturale che questo comporti un immediato calo ponderale del peso corporeo.

Tuttavia come tutte le diete incentrate sul consumo di un singolo alimento, rappresenta sicuramente una alimentazione non corretta, data l’esclusione di tanti altri cibi dalla dieta giornaliera che possono comportare delle importanti carenze nutrizionali.

Inoltre un regime dietetico così restrittivo non favorisce la perdita della massa grassa (tessuto adiposo) bensì di liquidi.
Questo è il motivo per cui quando si abbandonano questa tipologia di schema alimentare il soggetto tende a riacquistare velocemente tutto il peso corporeo ed anche di più, in quanto durante una prima fase verranno reintegrati i liquidi persi, e successivamente stimolate ulteriormente le riserve lipidiche preesistenti (grasso), a causa delle vecchie e cattive abitudini che non sono state corrette con un percorso alimentare sano ed equilibrato.

Queste tipologie di diete non possono essere quindi considerate come una soluzione definitiva per perdere peso, ma al massimo come una terapia d’urto momentanea prima di iniziare un corretto percorso di educazione alimentare.
Solo una dieta bilanciata, personalizzata, ed associata ad un corretto stile di vita permette di acquistare, e soprattutto di mantenere, una forma fisica ottimale ed un buono stato di salute.

Una buona alimentazione è amica della salute.

Cereali: non tutti sono uguali

Credits photo: www.finedininglovers.it

L’alimentazione è un tema che subisce tanto l’influsso delle mode del momento.
Fino a qualche anno fa prodotti quali grano khorasan KAMUT®, quinoa, orzo, farro, amaranto non erano molto diffusi e per poterli reperire era necessario rivolgersi a negozi specializzati.

Oggi invece la maggior parte dei supermercati dedicano scaffali e scaffali a questi prodotti, sotto forma di pasta, farina o nella loro forma originaria e, nella maggior parte dei casi, vengono acquistati e consumati soprattutto perché rappresentano il trend del momento, facendo ovviamente anche tanta confusione.

Questi cereali, ed in alcuni casi pseudocereali, sono invece differenti fra di loro, ognuno con valori nutrizionali e proprietà differenti.

Orzo

L’orzo è un cereale antichissimo, impiegato in tantissime preparazioni. Simile al mais per composizione, presenta però più proteine e meno grassi, mentre circa il 70% è rappresentato da carboidrati. Apporta un buon quantitativo di minerali e vitamine.
Dal punto di vista calorico 100 grammi di prodotto apportano circa 319 calorie.

L’orzo rappresenta un ottimo rimedio naturale nel caso di infiammazioni a carico dell’apparato gastrointestinale, favorisce la regolarità intestinale grazie al suo buon contenuto in fibre, circa il 9%, ed è un alimento estremamente digeribile e quindi indicato anche nelle diete dei bambini e degli anziani.

Grazie al suo naturale effetto ipocolesterolemizzante dato dalla presenza di betaglucani, associato ad uno stile di vita sano, aiuta a ridurre l’assorbimento di colesterolo.

Attenzione però: il suo consumo è sconsigliato se affetti da colonpatie o in caso di celiachia, dato il suo contenuto in glutine.

Farro

Il farro è il più antico tipo di frumento coltivato dall’uomo, ed utilizzato nella preparazione di pane, polente, focacce ed oggi anche pasta.

Data la presenza intorno al chicco del suo involucro glumeale, viene anche indicato come “grano vestito”. I successivi processi di lavorazione determinano poi la decorticazione dei chicchi.

Il farro presenta interessantissimi valori nutrizionali, tali da renderlo una valida alternativa al consumo dei cereali più comuni. Infatti rispetto alle altre tipologie di frumento, presenta un contenuto proteico più elevato, ricco di sali minerali, principalmente ferro, potassio e magnesio, vitamine e povero in grassi.

L’elevato contenuto in fibre lo rendono un alimento dal basso indice glicemico, mentre il bassissimo contenuto in sodio fa del farro un ottimo alleato nei soggetti che soffrono di ipertensione.

Contiene inoltre metionina, un aminoacido essenziale carente in quasi tutti gli altri cereali

Dal punto di vista calorico 100 grammi di prodotto apportano circa 335 calorie, ed è ottimo nelle diete ipocaloriche grazie al suo elevato potere saziante.
Che si scelga nella sua forma originale, o sotto forma di pasta, pane o farina, è un alimento che andrebbe inserito nella dieta quotidiana.

Attenzione però: il farro contiene glutine, quindi il suo consumo non è indicato nei soggetti celiaci, così come grazie al suo naturale effetto lassativo è sconsigliato nei casi di colite cronica.

Grano khorasan KAMUT®

Il grano khorasan KAMUT® è una tipologia di grano iraniano, anche questo molto antico.
Sotto forma di semi o previa lavorazione e macinazione, il grano khorasan KAMUT® trova tantissimi impieghi a livello alimentare.

Rispetto al grano tradizionale presenta un contenuto inferiore in carboidrati, una piccola quota proteica, acqua, ed un quantitativo leggermente superiore in grassi.
Essendo un alimento dal basso indice glicemico, è consigliato nei soggetti che devono mantenere sotto controllo la glicemia.

Il grano khorasan KAMUT®, rispetto al grano tradizionale, è ricchissimo in vitamine. Tra le più importanti ricordiamo la vitamina E, che esplica un’azione antiossidante a livello cellulare contrastando l’effetto dannoso dei radicali liberi, il selenio, anch’esso antiossidante e la cui corretta assunzione è di solito garantita solo attraverso una dieta molto variegata e ricca di verdure, lo zinco ed il magnesio, vitamine dalle preziose proprietà rigeneranti a livello cellulare.
Via libera quindi a pasta, semi e farina a base di questo grano.

Dal punto di vista calorico 100 grammi di prodotto apportano circa 335 calorie.

Anche in questo caso il consumo è sconsigliato nei soggetti affetti da celiachia, data la presenza di glutine.

Quinoa

La quinoa è una pianta erbacea, appartenente alla stessa famiglia degli spinaci e della barbabietola. Siccome la macinazione dei chicchi consente di ottenere una farina contenente amido, la quinoa viene comunque classificata a livello merceologico come cereale.

La quinoa risulta costituita da circa il 55% in carboidrati, il 12% in proteine principalmente rappresentate da amminoacidi essenziali, e la restante frazione in acidi grassi polinsaturi, tra cui configura l’acido linoleico, acido grasso essenziale che non essendo prodotto in maniera naturale dal nostro organismo, come gli omega 3, deve essere assunto attraverso la dieta.
È’ importante ricordare che gli acidi grassi polinsaturi esplicano un naturale effetto protettivo nei confronti di patologie cardiovascolari.

E’ inoltre ricca in sali minerali e vitamine, tra cui configurano la vitamina C e la vitamina B2, ed in flavonoidi, molecole antiossidanti naturali.

Dal punto di vista calorico 100 grammi di prodotto apportano circa 370 calorie. Non essendo propriamente un cereale, la quinoa non contiene glutine e può essere quindi inclusa nella dieta dei soggetti affetti da celiachia.

Attenzione: i semi di quinoa sono rivestiti da saponine, sostanze chimiche tossiche per l’organismo. Questo è il motivo per cui prima di essere consumata la quinoa va messa in ammollo per molte ore ed abbondantemente sciacquata prima del suo utilizzo.

Amaranto

Così come la quinoa, anche l’amaranto non è un cereale. Indicato infatti come pseudocereale, risulta simile nell’aspetto ai più comuni cereali, ma appartiene alla famiglia delle Amarantacee, a cui appartengono anche la barbabietola e gli spinaci.

L’amaranto è una vera e propria miniera di proteine. Contiene infatti un elevato contenuto di lisina, garantisce un ottimo apporto di ferro, calcio, fosforo e magnesio, ed è ricco di vitamine.
La percentuale di calcio è superiore anche a quella del latte, il che lo rende un alimento molto indicato in caso di osteoporosi.

Presenta inoltre un buon apporto in fibre, che svolgono un ruolo positivo a livello della flora intestinale, favorendo i processi digestivi.
Con la cottura l’amaranto forma una sostanza gelatinosa ricca di mucillagini che funziona da addensante ed è un toccasana in caso di stipsi. Se poi lo abbiniamo a miglio o frumento, la biodisponibilità delle sue proteine aumenta. E’ un alimento privo di glutine.

Dal punto di vista calorico 100 grammi di prodotto apportano circa 360 calorie, il che lo rende un alimento altamente energizzante.

Una buona alimentazione è amica della salute.

Carni rosse: tutto quello che c’è da sapere

Credits photo: www.abruzzo.tv

In questi giorni l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha lanciato un chiaro allarme nei confronti delle carni rosse lavorate, dichiarandole cancerogene.

Questa notizia ovviamente sta facendo molto discutere in queste ore, ma è fondamentale fare un po’ di chiarezza per non destare allarmismi eccessivi.

Prima di tutto è bene chiarire cosa si intende per carni rosse lavorate. All’interno di questa categoria rientrano tutti quei prodotti, a base di carne di manzo e di maiale, come hot dogs, carne in scatola, salsicce, insaccati etc., che sono state sottoposte ad un processo di trasformazione, quale può essere la fermentazione, la salatura, l’affumicazione, al fine di migliorarne la conservazione e di esaltarne il sapore.

Per questa tipologia di prodotti l’OMS parla di alimenti appartenenti al gruppo 1, ovvero quelle sostanze indicate come sicuramente cancerogene, al pari di altri prodotti come il fumo di sigaretta, l’amianto o l’arsenico.
Tutte le altre tipologie di carni rosse non lavorate, muscolo di vitello, di manzo, maiale, si parla invece di alimenti appartenenti al gruppo 2, ovvero sostanze considerate probabilmente cancerogene.

Il parere dell’esperto

L’allarmismo scaturito dalla notizia che la carne rossa lavorata sia cancerogena, è stato tale in quanto la valutazione arriva da un’importantissima organizzazione mondiale, l’OMS, ed in particolare dall’International Agency for Research on Cancer (IARC).

In realtà sono anni che i professionisti del settore, quali medici, nutrizionisti ed esperti, invitano la popolazione ad un consumo limitato e moderato di questi prodotti viste le problematiche associate ad un loro consumo frequente.
Un elevato ed eccessivo consumo di carni rosse infatti, a causa della loro composizione nutrizionale ricca in grassi, può determinare stati di ipercolesterolemia, trigliceridemia, nonché scatenare eventi infiammatori importanti all’interno del nostro organismo.
Inoltre negli ultimi anni studi clinici condotti evidenziano una correlazione tra insorgenza di tumore al colon, allo stomaco, e all’ intestinale, con un eccessivo consumo di carni lavorate.

Allo stesso modo gli stessi protocolli dietetici previsti nei soggetti affetti da neoplasie, messi appunto anche dal Dott.re Veronesi, oncologo vegetariano, prevedono la completa esclusione di carni conservate e lavorate, seguendo una dieta basata sul consumo di legumi, pesci magri, frutta e verdura.

Bisogna inoltre ricordare che la famosa e tanto amata dieta mediterranea, riconosciuta dalla comunità scientifica e patrimonio dell’UNESCO dal 2010, non prevede certo il consumo di salsicce, hotdog o carni in scatola, né di consumare giornalmente le carni rosse non lavorate, ma pone alla base della sua piramide alimentare il consumo di frutta, cereali, e legumi.
Se poi continuando a salire lungo questa figura geometrica, neanche la fascia successiva è rappresentata da manzi, vitelli, e maiali, bensì dal consumo di olio d’oliva, per poi proseguire con i formaggi magri, lo yogurt, ed ancora più su con il consumo di pesce, di uova e di carni bianche magre.
Dobbiamo arrivare in cima alla piramide per trovare le carni rosse, la cui frequenza di consumo consigliata è di una volta alla settimana, in quantità ridotte e soprattutto scegliendo tagli magri e non lavorati.

Del resto è stato osservato che anche una dieta basata su un eccessivo consumo di zuccheri raffinati non solo può comportare stati clinici gravi quali diabete, sindrome metabolica, insulino resistenza, steatosi epatica e malattie cardio circolatorie, ma sembrerebbe essere correlata anche all’insorgenza di neoplasie.

Sono anni ormai che gli studi epidemiologici hanno dimostrato che un’alimentazione ricca in grassi e proteine animali può favorire la comparsa di stati patologici, mentre una dieta ricca in vitamine, fibre, cereali integrali, legumi e verdure sembra avere un effetto protettivo.

Le valutazioni scientifiche riguardo il tema “carni rosse” sicuramente continueranno nei prossimi mesi, ma intanto non bisogna creare allarmismi inutili su temi che per di più sono ormai noti da sempre.
Piuttosto iniziamo a seguire una sana e corretta alimentazione, cambiando prima di tutto il nostro stile di vita.
Questo sì che è il modo migliore per prevenire l’insorgenza di neoplasie o di stati patologici gravi.

Una buona alimentazione è amica della salute.