domenica, 28 Aprile 2024

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Carne cancerogena: le cose da sapere (FOTO)

Credits: veb.it

La notizia continua a fare il giro del mondo: la carne, sopratutto quella lavorata, è cancerogena quanto il fumo e altre sostanze notoriamente tossiche e dannose per la nostra salute. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha pubblicato un comunicato in cui ha spiegato il legame tra il consumo di carne rossa e la comparsa di forme di cancro quali al colon-retto, al pancreas e alla prostata. Questo significa che dobbiamo smettere di mangiare bistecche e salsicce? Per far maggior chiarezza, l’Oms ha diffuso un successivo documento con tutte le cose da sapere sui rischi che corriamo.

Quali sono le carni rosse e lavorate? Bisogna distinguere le due tipologie: nella prima rientrano manzo, vitello, maiale, agnello, montone, cavallo, e capra; nella seconda intendiamo quelle trattate attraverso salatura, stagionatura, fermentazione e affumicazione, come wurstel, prosciutto, salsicce e pancetta.

Quali sono dannose? Secondo l’Oms, il consumo di carni rosse è stato classificato come probabilmente cancerogeno per gli umani, sostenendo di non avere prove a sufficienza per verificare che esse possano effettivamente causare il cancro, affermando inoltre che è difficile escludere il ruolo di fattori come altri componenti della dieta o dello stile di vita. Il consumo di carni lavorate è invece altamente cancerogeno per gli umani, tesi dimostrata dall’incidenza maggiore di cancro al colon-retto nelle persone che mangiano questa tipologia di carne.

Credits: Global Burden of Disease Project
Credits: Global Burden of Disease Project

Quanti sono morti per cancro e l’esposizione delle sostanze? Secondo le stime del Global Burden of Disease Project, spiega l’Oms, circa 34 mila morti per cancro seguivano una dieta caratterizzata da un alto consumo di carni lavorate; in 50 mila casi, invece, la dieta era ricca di carni rosse. Secondo la stessa fonte, un milione di casi di morti per cancro fumavano, 600 mila consumavano alcol e 200 mila eranp esposti a un alto tasso di inquinamento dell’aria.

Quali sono i rischi? Secondo i dati dell’Oms, consumare quotidianamente 50 grammi di carni lavorate può aumentare del 18% il rischio che compaia un cancro al colon-retto. Il consumo quotidiano di 100 grammi di carni rosse, invece, fa aumentare il rischio del 17%.

Cosa dobbiamo fare quindi per la nostra salute? L’Oms non impone a nessuno di smettere di mangiare carne, anzi sottolinea che sia la dieta vegetariana sia quella che prevede il consumo di carne hanno vantaggi per la salute, sebbene diversi. Ovviamente, secondo la stessa fonte, i rischi per la salute aumentano con l’aumentare del consumo di carne. Una cottura ad alta temperatura può dare forma a dei composti che possono essere cancerogeni, anche se l’Oms non ha ancora chiarito quale sia il ruolo effettivo di questi nella comparsa del cancro. Unico dato certo è che è raccomandabile non cuocere la carne a contatto diretto col fuoco o su una superficie rovente come il barbecue.

Fertilità in calo: come riconoscerla e prevenirla

Credit: parentmap.com

Si è tenuto presso l’Istituto Nazionale Tumori, CRO, di Aviano, il corso per operatori sanitari volto a supportare la fertilità naturale onde disincentivare il ricorso alla fecondazione assistita o all’ovodonazione: una delle principali cause del calo della fertilità resta, ad ogni modo, la tarda età femminile in cui si inizia a tentare il concepimento.

Secondo le ultime ricerche, infatti, le coppie che non vogliano ricorrere alla fecondazione in vitro, dovrebbero cominciare a concepire entro e non oltre i 27 anni per avere almeno il 90% delle possiblità di riuscire ad avere due figli in maniera naturale. L’età limite per chi voglia un figlio unico è, invece, di 32 anni, ma se di figli se ne vogliono 3 è di soli 23 anni.

Molti pensano che la fecondazione in vitro può essere una soluzione – spiega Lino Del Pup, Presidente Società Italiana Conservazione Fertilità Endocrino-oncologia Ginecologica all’Istituto Nazionale Tumori, CRO, Aviano – senza fare i conti con i costi e i rischi della procedura. Fortunatamente la prevenzione delle fertilità in moltissimi punti coincide con la prevenzione tumorale e cardiovascolare“. I consigli forniti dagli esperti sono perciò i seguenti:

1.cercare di concepire in un’età quanto più giovane possibile;

2.proteggersi dalle infezioni, non sottovalutarne i sintomi e richiedere di diagnosticarle e trattarle precocemente;

3.segnalare mestruazioni dolorose, dolori pelvici cronici, aborti ricorrenti, fibromi o altri sintomi ginecologici;

4.evitare il fumo, l’alcool, le droghe, ridurre la caffeina;

5.tentare di ridurre lo stress e di riposare adeguatamente, non fare attività fisica estrema e trattare le disfunzioni sessuali;

6.mantenere un peso nella norma, non dimagrire troppo o troppo rapidamente. Ridurre l’adipe se eccessivo, in particolare quello addominale, e trattare i disturbi del metabolismo degli zuccheri;

7.scegliere cibi sani e con effetti antiossidanti o usare integratori che aiutino a proteggere il patrimonio di ovociti, l’integrità del DNA e che aiutino a prevenire le malformazioni del nascituro;

8.proteggersi dalle sostanze inquinanti, radiazioni e campi elettromagnetici. Se si svolge un lavoro a rischio per la fertilità, adottare e fare adottare tutte le misure preventive;

9.valutare se in famiglia ci sono malattie genetiche, casi di menopausa precoce, aborti ripetuti o infertilità. Se i cicli mestruali sono anomali, si hanno vampate o sintomi di precoce insufficienza ovarica informarne subito il ginecologo;

10.se si ha un tumore, si sta per cominciare un trattamento oncologico e si desidera avere un figlio, rivolgersi subito a chi si occupa di fertilità e tumori.

Caffè dipendenti: ecco la classifica dei lavoratori

C’è quello americano o il classico espresso. Il caffè è sicuramente la bevanda più amata dagli italiani, e non solo, per tenersi svegli e attivi. Ma quelli ad avere una vera e propria dipendenza da caffeina sono i lavoratori.

Ben l’85% dei professionisti, tra giornalisti, insegnanti e funzionari di polizia, secondo un sondaggio, consumano dalle quattro alle cinque tazze o tazzine di caffè al giorno e quasi il 70% ha detto che la capacità di lavoro ne risentirebbe senza la dose quotidiana di caffè. Il 71% ha detto che bevevano il caffè principalmente per il gusto e l’aroma del caffè.

dipendenza-da-caffeina

Questo sondaggio è stato effettuato tra 10.000 lavoratori e ne è venuta fuori una curiosa classifica.

1. Giornalisti e personale dei media: quattro o cinque tazze al giorno
2. Agenti di polizia
3. Insegnanti
4. Idraulici e lavoratori nel settore del commercio
5. Infermieri e personale medico: tre o quattro tazze al giorno
6. Dirigenti di Società
7. Addetti alle televendite
8. IT di supporto tecnico: due o tre tazze al giorno
9. Venditori al dettaglio:
10. Tassisti: una o due tazze al giorno

L’indagine è stata svolta tra il 1° luglio e il 17 Agosto 2014, compresi gli impiegati a tempo pieno, liberi professionisti, imprenditori e lavoratori autonomi di età. Tutti i partecipanti erano di età compresa 18 e oltre. In media l’indagine ha rilevato che gli uomini bevono più caffè rispetto alle donne, ma solo un po’ di più, con precisione si tratta del 5%.

Gli esperti sono divisi sul fatto che bere il caffè sia un bene o un male. Secondo NHS Choices, bere più di quattro tazze di caffè al giorno può aumentare la pressione sanguigna, e può portare a disidratazione se è la vostra unica fonte di fluido. Altri studi hanno collegato l’assunzione di caffeina in dosi elevate con diabete, malattie coronarica e ictus.

Tuttavia, altre ricerche hanno scoperto che bere moderate quantità di caffè (circa quattro tazze al giorno) ha ridotto il rischio di insufficienza cardiaca, probabilmente a causa degli antiossidanti,che lavorano per abbassare le infiammazioni nel corpo.

Gli esperti suggeriscono anche, che questo rituale mattiniero è in realtà un segno di tossicodipendenza di massa. “Le persone che consumano regolarmente caffeina diventeranno dipendenti da esso“, ha detto Peter Rogers, professore di psicologia biologica presso l’Università di Bristol e uno dei maggiori esperti sulla caffeina.

Il professor Rogers ha studiato il caffè e i suoi effetti per oltre 20 anni e, di conseguenza, lui e gli altri membri della sua squadra hanno rinunciato caffeina. “A conti fatti, la caffeina non è particolarmente utile. Aumenta la pressione sanguigna e crea dipendenza, che non è una buona cosa“. Inoltre, anche al caffè si può diventare “resistenti“. Infatti, chi ne beve molto può non avvertire più alcune delle sue conseguenze, come stato di allerta o aumento dell’ansia.

Con il consumo frequente di caffè“, ha spiegato Rogers, “si sviluppa innanzitutto una tolleranza agli effetti ansiogeni della bevanda, che quindi non provoca più agitazione. Qualcosa di simile avviene anche per l’attenzione e la lucidità mentale: in chi beve caffè spesso l’effetto di ‘sveglia‘ si perde. Anzi, succede che quando si è in astinenza da caffè, fra una tazzina e l’altra, il livello di attenzione scende al di sotto della soglia ‘normale’ per quell’individuo: bere la tazzina non fa ‘svegliare‘, semplicemente riporta l’amante del caffè nella situazione-base“.

Nella controversa questione sui benefici o i guai portati dal caffè, una cosa sola pare sicura: con moderazione non fa male, neanche a chi ha qualche problema di cuore. Basta appunto non superare le tre, quattro tazzine quotidiane.

Morta per colpa del talco cancerogeno: la Johnson & Johnson risarcirà la famiglia

Credits: www.forexinfo.it

Il tribunale di Missouri ha deciso: la Johnson & Johnson dovrà pagare 72 milioni di dollari (corrispondenti a oltre 65 milioni di euro) alla famiglia di una donna morta di cancro alle ovaie a causa dell’uso prolungato del borotalco Baby Bowder prodotto dalla multinazionale americana. Stando a quanto riporta la BBC Online, la vittima, Jackie Fox, 62enne originaria dell’Alabama, era una cliente fedelissima del marchio e utilizzava questo prodotto da oltre 35 anni. Il decesso è avvenuto lo scorso anno, ma solo ora il tribunale del Missouri ha dato la sua sentenza definitiva, imponendo un maxi risarcimento alla compagnia americana.

Dopo la sentenza, è scoppiata la polemica tra la Comunità Scientifica. Si può parlare di talco cancerogeno? Quanto dobbiamo preoccuparci? Durante il processo, gli avvocati della vittima hanno sostenuto che la Johnson & Johnson sapesse dei rischi di cancro del prodotto e che avrebbe omesso di informare i consumatori sui possibili pericoli. Tuttavia, sebbene non esistano prove scientifiche sul collegamento tra i prodotti a base di talco e i tumori, bisogna ricordare che già dieci anni fa il talco era stato inserito nella lista delle possibili polveri cancerogene per il corpo. Il motivo? Semplice. Il talco, diffondendosi negli organi genitali, potrebbe causare infiammazioni croniche che a loro volta potrebbero favorire una formazione tumorale.

Si tratta ovviamente solo di un’ipotesi, ma intanto la multinazionale ha respinto le accuse e ora sta valutando un possibile appello proprio per via della mancanza di prove certe. Il problema è che ormai il caso è scoppiato e negli USA si parla già di allarme “talco cancerogeno”. Questa polvere, infatti, è presente in moltissimi prodotti per il corpo, quali quelli per l’infanzia (oltre la già citata Baby Powder, c’è anche lo Shower to Shower), ciprie, ombretti e saponi. Pur dimostrandosi “solidale” con la famiglia della donna deceduta, la Johnson & Johnson si è detta decisa a portare avanti la sua lotta per difendere il suo marchio di fabbrica. E mentre si è scatenata la guerra legale, noi consumatori, che facciamo spesa ogni giorno, dovremmo iniziare davvero a preoccuparci per la nostra salute? Il talco può davvero causare il cancro?