domenica, 5 Maggio 2024

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“Stanotte no caro, ho mal di testa”

Il Dottor Mogil, della McGill University di Montreal, ha portato avanti una ricerca sulla libido nei topi, scoprendo che le femmine quando entrano in uno stato di dolore, anche lieve, tendono a rifiutare ogni approccio, a differenza dei maschi che mettono al primo posto il desiderio sessuale anche di fronte al dolore.

Molte volte, spiega il Dottor Mogil, le donne preferiscono dire no al proprio compagno anche se hanno un leggero mal di testa per paura che questo possa peggiorare, o perchè non riuscirebbero a rilassarsi.

Ma perchè l’uomo lo legge come un rifiuto?
Si sa: per l’uomo l’aspetto migliore nella coppia è il rapporto sessuale, e quando viene messo di fronte ad un “No” irremovibile si sente rifiutato e non apprezzato, sino ad arrivare ad uno stato di collera.

Le donne, essendo più sensibili sia moralmente che fisicamente, risentono maggiormente delle condizioni ambientali, sentimentali e fisiche che gli uomini.

Un leggero fastidio alla testa, un mal di denti in forma lieve, un minimo mal di pancia portano il gentil sesso a rifiutare ogni approccio col proprio compagno.

Il dottor Mogil spiega che le donne quando entrano in uno stato di dolore, non solo fisico, non si sentono in grado neppure di pensare ad una gravidanza, di sostenere relazione interpersonali o uscire con gli amici perchè danno molta importanza al dolore.

Il sentirsi a disagio con gli altri, non sentirsi a proprio agio col proprio corpo, non avere relazioni durature con chi ci circonda, porta le donne a rinchiudersi in un guscio che comporta il trascurare un aspetto molto importante della vita: il sesso.
La donna è predisposta alla parte affettiva: anche quando sta male non dice mai di no ad una dose di coccole; nell’uomo prevale l’istinto sessuale in ogni situazione.

Grazie al Dotto Mogil le donne non dovranno più sentirsi in colpa nel dire “Scusa caro, ho mal di testa“.

Ricerca sul cancro, la pelle scura ha aiutato a non ammalarsi

Secondo una recente ricerca sul cancro condotta dal biologo britannico Mel Greaves, i primi esseri umani avevano la pelle bianca, tramutata, poi, in nera e ancora in bianca. Perchè questa evoluzione? Ce lo spiega nel suo studio condotto con lo staff dell’Istitute of cancer research di Londra.

Lo scienziato ha analizzato venticinque casi di cancro della pelle negli albini d’Africa e ha scoperto che, a differenza della popolazione caucasica, in questi soggetti il basalioma, conosciuto anche come carcinoma basocellulare e il carcinoma a cellule squamose conducono a una morte rapida e in giovane età.
La prevenzione di questo tipo di tumore è stato, secondo Mel Greaves, alla base dell’evoluzione del colore della pelle negli uomini.
Questa teoria, invece, non è accolta da illustri scienziati come Charles Darwin secondo cui il cancro alla pelle colpisce gli uomini e le donne che hanno superato l’età riproduttiva.

Secondo lo studio londinese, invece, quando i primi uomini hanno abbandonato la pelliccia, la loro pelle nuda è stata, da subito, esposta ai raggi ultra violetti del sole e la selezione naturale ha premiato – non facendoli ammalare – quegli uomini che avevano la pelle più scura e che, quindi, meglio erano riparati.

In seguito, circa 50.000 – 100.000 anni fa, le popolazioni che emigrarono verso Nord non ebbero più bisogno di quella protezione e, quindi, del colore scuro della pelle che meglio li riparava dai cocenti e dannosi raggi solari, e ritornarono ad avere una carnagione più chiara.

Naturalmente è difficile poter comprendere quale delle teorie evoluzionistiche sia più vicina alla realtà del tempo, ci troviamo sempre nel campo della scienza che si perfeziona con il passare degli anni e con l’avvento di nuove scoperte. Si tratta di punti di vista, seppur molto autorevoli e di argomenti per dibattiti scientifici.

Bio: più salute, più natura

Credit: mangiarebuono.it

Bio: abbreviazione di agricoltura biologica. Detto di prodotti coltivati e/o allevati col solo impiego di sostanze naturali, escludendo l’utilizzo di sostanze di sintesi chimica (pesticidi, ormoni, insetticidi, OGM, concimi, diserbanti, antibiotici).

Ma proviamo a rendere tutto un po’ più chiaro.
Uno dei principali obiettivi dell’agricoltura biologica è quello di proteggere il terreno e aumentarne la fertilità, creando un perfetto equilibrio tra suolo, acqua, animali e piante, evitando di sfruttarli eccessivamente e contribuendo così a migliorare la qualità degli alimenti.

Siamo ciò che mangiamo” sosteneva il filosofo L. Feuerbach; ciò che viene introdotto nel nostro organismo non influenza soltanto il corpo ma anche la mente, migliorare quindi l’alimentazione può migliorare la nostra aspettativa di vita. E non è poco.

È quindi evidente che il cibo biologico avrà effetti positivi sulla salute poiché è privo di tossine e ricco di sostanze protettive e curative, che il corpo assorbe più facilmente, accelerando così la guarigione e la rigenerazione di organi e tessuti.
È sano, e ha un sapore più naturale è anche più gustoso.
È più controllato, sia dal punto di vista della coltivazione che dell’allevamento. Crescendo su terreni “puri”, dunque, è privo di sostanze chimiche, e ne previene, come diretta conseguenza, l’accumulo nell’organismo.
Per produrli tutti questi alimenti bio, viene infine ridotto lo spreco di materie prime, rispettando la biodiversità e riducendo l’impatto ambientale. Un altro punto a loro favore.

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Un lato negativo? Certo è che i cibi biologici possono costare un po’ di più ma offrono, come abbiamo analizzato, dei vantaggi “impagabili“; per contro va anche detto che i cibi naturali freschi, proprio perchè naturali e privi di additivi, non si conservano a lungo, ma in realtà, più che un difetto è una maggiore garanzia di qualità.

Il “biologico” non riguarda il passato, ma il futuro, il nostro futuro. Non si tratta solo di salvare la salute, ma anche di salvaguardare la sorte dell’intero pianeta, su cui l’agricoltura ha un impatto rilevante. Purtroppo però, c’è da dire anche che nonostante quasi tutti i prodotti bio non abbiano residui di pesticidi chimici, non si può escludere a priori che non si possano ritrovarne tracce all’interno di essi.

Fino a quando la maggior parte dell’agricoltura sarà basata sull’uso di sostanze chimiche, i residui di pesticidi saranno inevitabilmente riscontrati anche nell’ambiente che ci circonda.

Più sole per dormire bene

Una ricerca americana pubblicata sulla rivista “Sleep”, spiega come la vitamina D contenuta nel sole aiuti a conciliare il sonno e faccia dormire bene. Ci sono persone che fanno fatica ad addormentarsi la notte, rigirandosi nel letto più volte, nella speranza di trovare il sonno tanto desiderato. Il problema va ricercato alla radice: lo studio, frutto del lavoro congiunto di un gruppo di studiosi, provenienti dall’università di Chicago, di Champaign nell’Illinois e di Taipei (Taiwan), ha pensato bene di osservare le abitudini, l’assunzione del sole e le posizioni assunte da un gruppo di impiegati, abituati a stare ore e ore seduti davanti a una scrivania.

Analizzando il loro sonno per diverse notti, gli impiegati sono stati sottoposti alla rilevazioni della sua quantità, grazie a un actigrafo (uno strumento per misurare il sonno) e all’applicazione di una scala di valutazione nota come il Pittsburg Sleep Quality Index. I lavorati addetti a mansioni d’ufficio, erano in totale 49: 27 di essi, posizionati in scrivania illuminate con luce artificiale, e gli altri 22 invece messi vicino a una finestra, da cui filtravano i raggi del sole e in generale rifletteva la luce naturale del giorno.

I risultati sono stati unanime: la luce del sole è un rimedio naturale per dormire bene.
Infatti, a fine analisi, gli studiosi hanno visto come il gruppo di lavorati alla finestra dormisse bene in media 46 minuti di più a notte, e vantasse una quantità del sonno maggiore rispetto agli impiegati posizionati alla scrivania.
Inoltre, il gruppo esposto alla luce solare si mostrava anche più attivo fisicamente e più propenso allo sport, e si definiva mediamente più felice, grazie alla quantità maggiore di raggi solari ricevuti nel corso delle ore lavorative, rispetto agli altri colleghi. Al contrario, il gruppo di lavoratori che aveva passato le ore alla scrivania, solo illuminata da luce artificiale, rispecchiava una scarsa qualità del sonno e minor vigore fisico durante il giorno.

In definitiva, grazie all’apporto di vitamina D contenuta nel sole, si riesce a dormire bene con più facilità, e si è più attivi durante il giorno.
La stessa ricerca riporta, infine, che la luce solare acquisita durante le prime ore del giorno sia quella più appropriata per ricaricarsi nel corso della giornata, motivo per cui, i ricercatori consigliano di sfruttare le ore libere per godersi “bagni alla luce del sole” e quindi ricaricarsi prima di andare al lavoro.