venerdì, 22 Novembre 2024

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Deborah Simeone racconta il suo mondo ‘Distorted Fables’ (INTERVISTA)

Deborah Simeone, autrice di “Distorted Fables”, pagina Facebook che conta quasi 100 mila fan, si racconta in esclusiva a Blog di Lifestyle.
Deborah ci racconta di come la sua pagina ha influito sulla sua vita, di come il web non dovrebbe influire troppo sulle nostre vite, di come una pagina Facebook può farci stringere rapporti reali ma solo se non si perde mai di vista il distacco tra la vita reale e quella virtuale.

– Deborah, ti presenti ai nostri lettori?

Ciao sono Deborah,
e quando dico questa frase mi sento sempre un po’ un’alcolista anonima, oppure ritorno indietro con la mente, quando ci si doveva presentare alla lavagna e a nessuno realmente interessava.
Ho 26 anni ma quando posso dire che ne ho 18, lo dico. Sono nata in un mese caldo, a giugno, e detesto l’estate, tanto è vero che ho un kanji sul collo che significa inverno.
Mi piacerebbe dirvi che sono una persona che pratica un sacco di attività, che va da una parte all’altra della città ogni giorno e che alla sera esco spesso, ma in realtà sono una persona pigrissima i miei interessi si riducono a scrivere, leggere, guardare serie tv e mangiare. Nella prossima vita spero di essere una che si alza alle cinque del mattino per andare a correre, in questa invece mi limito ad alzarmi dal letto e sperare che non mi dimentichi di mettere l’acqua calda nella caffettiera.

– Il tuo “Mondo di Fiabe Distorte” da cosa nasce?

Il mio mondo, la mia pagina di Facebook, nasce dal fatto che non ho mai amato le eroine fatte di soli buoni sentimenti. Volevo delle donne forti, non perfette, volevo parlare di storie dove non finiva sempre bene, dove il primo uomo non è mai l’ultimo. Creai la pagina dopo poco essere stata lasciata da un uomo, anche se il termine lasciata non è quello corretto, dato che è sparito nel nulla, perché non tutti gli uomini sono capaci di lasciare, per quello ci vuole un po’ di coraggio.
La prima frase che scrissi sulla pagina fu “ho imparato a svegliarmi con il mio stesso bacio. Ho impugnato la spada con cui il principe mi ha ferita. Non sono mai stata una Bella addormentata“.
In mezzo a tutte quelle pagine d’amore volevo la mia versione che man on mano ha preso forma.
O almeno spero.

– Hai dato la denominazione “autore” alla categoria della tua pagina Facebook. Che significato hanno per te le parole?

La parola autore in realtà è messa a casaccio, non ci ho pensato molto. Ahaha.
Non mi reputo di certo tale, però si vede che era una delle prime opzioni e quindi eccola lì che spunta. Non sono di certo un’autrice, sono una che prova a scrivere e alle volte nemmeno dato che mi sfogo solamente o pubblico qualche battuta di pessimo gusto.
Avrei voluto davvero poter rispondere diversamente ma la verità è che non c’è chissà quale spiegazione.

– Parole e web.
Che rapporto hai con i social? In che modo la tua pagina ha influito sulla tua vita?

Purtroppo sono una persona incostante e ciò si può notare anche sui social.
Anche come contatto umano nel reale sono abbastanza difficile da gestire, sono una persona che ha spesso bisogno di stare sola. La pagina ha influito in senso buono nella mia vita, grazie a Distorted Fables ho conosciuto delle persone nel reale che sono ancora oggi miei amici e non solo conoscenti. Forse alle volte mi ha messo un po’ d’ansia, dato che magari tornavo a casa e mi ritrovavo mesaggi privati con su scritto “ma oggi ti ho vista in centro! Eri allo stand della Essence giusto?“ oppure “forse ti ho vista sul tram! Era la linea 15“ o ancora “eri al supermercato oggi? Indossavi un vestito viola?“ e ho subito pensato “Dio mio, meno male che oggi ero truccata!“. Per il resto è tutto esattamente come prima, la pagina per me è un mondo a parte distaccato da quello reale, è la parte un po’ più seria e sentimentale di me.

– Saluta i nostri lettori.
Che consiglio senti di poter lasciare a tutti coloro che ti leggono, e a chi, come te, intende intraprendere un approccio con il web?

Sarò abbastanza dura su questo punto, come è mio solito fare. Una pagina web rimane una pagina web. Non montatevi mai la testa, non date importanza a quel numero, fate quello che vi piace fare ma non fatevi influenzare mai. Certo, potrete utilizzarla a fini commerciali e un po’ di pubblicità ma non vedetela mai con questo fine, se c’è bene ma non fatelo diventare l’obbiettivo principale. Ormai tutti si credono scrittori, fotografi, disegnatori, ma si deve tenere come piano B, il piano A è la vita reale, cercare un lavoro e mantenersi anche con qualcosa che non piace, non si può dire “no questo non voglio farlo perché voglio diventare uno scrittore“. Il web deve essere un hobby prima di tutto, un luogo dove informarsi ma non per progettare la propria vita/carriera.
Anche perché la gente che vi segue o vi seguirà lo noterà quando starete facendo una cosa solo per prendere dei like o se lo state facendo perché piace a voi prima di tutto.

Saluto allora.
Complimenti a chi è riuscito a non addormentarsi prima di arrivare a questo punto. Mille grazie a voi, a chi segue la mia pagina e profilo, a chi mi ha scritto e non ha ricevuto risposta ma continua a seguirmi ancora, grazie a chi mi ha posto queste domande reputandomi interessante, grazie al mio gatto, che non centra nulla, ma che amo, quindi così a caso, grazie anche alle lasagne che mi piacciono tantissimo..e ok la smetto.

Ciao!

A bordo dell’Apecar la pizza diventa on the road (INTERVISTA)

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Il forno a legna c’è, gli ingredienti sono quelli di altissima qualità e non manca neanche il basilico. Non siamo in una classica pizzeria, ma a bordo di un’Apecar. È così che Giovanni Kahn della Corte, imprenditore napoletano, ha ideato la prima pizzeria itinerante Johnnypizzaportafoglio che conduce la tradizione partenopea in giro per l’Italia.

E se tradizione deve essere da Johnnypizzaportafoglio la pizza non poteva che essere servita come si fa ancora nel centro storico napoletano a portafoglio, appunto, piegandola cioè in quattro e servendola nel particolarissimo foglio di carta paglia.
La pizza è così on the road e sono già tanti i marchi che hanno richiesto di personalizzare la propria pizzeria Apecar. L’obiettivo è infatti quello di creare una vera e propria rete di forni a legna sul tre ruote in stile franchising e totalmente personalizzabili.

Dopo un periodo a Londra, Giovanni è tornato nella sua Napoli coniugando alla perfezione lo street food di tradizione anglossassone con l’eccellenza partenopea. E a bordo del mitico Apecar intende, tappa dopo tappa, portare lontano la sua Napoli.
Blog di Lifestyle ha incontrato Giovanni Kahn della Corte per scoprire qualcosa in più sul suo progetto di street food.

Giovanni ti presenti ai nostri lettori?

Vanto un’esperienza ventennale nel settore della ristorazione, nasco con il gruppo Rosso Pomodoro e ho avuto tante esperienze in tutta Italia e all’estero, soprattutto a Londra. Oggi posso dirlo: tocco l’apice del successo grazie all’Apecar che rappresenta la vera innovazione tra le mie creazioni.

Com’è nata l’idea di “Johnnypizzaportafoglio”?

L’idea è nata quasi per gioco, dopo una breve esperienza a Londra dove c’era un modo diverso di interpretare lo street food, più rispettoso anche del contesto circostante. Qui in Italia abbiamo sempre assistito a forme “abusive” di street food, raramente curate nei minimi dettagli.
Il senso è di far evolvere quest’approccio considerando che le nostre materie prime sono eccellenti e valorizzano l’attività che fino ad oggi era stata sottovalutata, ovvero quella del cibo da strada nostrano.

Cosa ha l’apecar della classica pizzeria?

Per il momento è una pizzeria itinerante con una canna fumaria smontabile, forno a legna, tavoli da lavoro a scomparsa, quindi non è un luogo di produzione del prodotto dato che l’impasto deve provenire da una pizzeria, ma è un luogo di farcitura e cottura.
Ovviamente è necessaria una perfetta sinergia tra il pizzaiolo e il fornaio: con una pizzeria di riferimento riescono a far arrivare l’impasto con un furgone refrigerato, ecco che da lì l’apecar potrà sfornare un prodotto eccellente.

Stiamo assistendo a una rivalutazione della cultura del cibo da strada, qual è secondo te l’elemento vincente?

In questo caso parliamo di un’eccellenza: impasto a doppia lievitazione, forno a legna, servizio veloce e ovviamente costi ridotti. Ma prima di tutto c’è la genuinità delle materie prime.
L’orientamento è stato quello del rapporto qualità/prezzo dato che la disponibilità media è cambiata, ed è qui il segreto del successo. Oggi tutti i ristoranti hanno costi di gestione elevati, con lo street food si agisce su quest’aspetto.
La filosofia ora è quella vincente, tutto ciò che è itinerante può essere associato ad attività commerciali.

Dopo l’estate “Johnnypizzaportafoglio” sbarcherà nella city londinese, come sarà stutturato il progetto?

Il nostro obiettivo è legare all’apecar itinerante anche uno store, già abbiamo trattative e penso che per ottobre riusciremo ad arrivare a Londra. Sappiamo che la pizza è apprezzatissima: con un prezzo ridotto e le materie prime eccellenti sarà difficile sbagliare.

Qual è stato il primo apecar e che tipo di riscontro stai avendo?

L’apecar “Johnnyrossoapepomodoro” è stato il primo che ho dedicato appunto a Rosso Pomodoro per una questione affettiva. Attualmente abbiamo venduto 27 Apecar in tutta Europa.
Ovviamente tutta l’evoluzione dell’Apecar sta nel fatto che abbiamo in mente di sviluppare una rete di negozi con l’apecar all’interno. Nel cuore di Roma aprirà il “Take Uè”, giocando sul mix di napoletano e inglese.

Dove ti porterà la tua pizzeria itinerante?

È difficile stabilire le destinazioni, quando si parla di street food si può evolvere in qualsiasi parte del mondo, è una cellula impazzita. Il progetto è in fase di start up, ma le richieste sono già tante.

Dario Vignali: ‘La scoperta è parte integrante della mia vita’ (INTERVISTA)

Dario Vignali ha 22 anni, è di Ferrara e di professione è un Blogger.

Su Blog di Lifestyle lo abbiamo intervistato affinché potesse raccontarci qualcosa in più a riguardo di questa professione tabù.
Dario ci ha fatti entrare nella sua vita, raccontandoci le sue esperienze, i suoi viaggi e i suoi sogni. E anche lasciandoci qualche prezioso consiglio.

– Se ti chiedessi cosa fai nella vita Dario, mi risponderesti “viaggio il mondo”. Ci racconti chi sei, e come sei arrivato alla meta attuale della tua realizzazione professionale e personale?

Innanzitutto un grande saluto a te Francesca e complimenti a tutto lo staff per il lavoro fenomenale che svolgete su Blog di Lifestyle!

Alla meta non ci sono ancora arrivato e mai ci arriverò.
Il mio viaggio imprenditoriale non ha una destinazione precisa, l’importante è divertirsi ed essere felici lungo il percorso.

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La mia passione per il web è nata poco meno di dieci anni fa quando ho aperto il mio primo blog. Da allora le cose sono ben cambiate e i grandi risultati si sono iniziati a vedere solamente dopo diversi anni di tentativi, progetti di ogni tipo e tanta voglia di fare. Principalmente il tutto è iniziato come hobby. All’epoca raccontavo le ultime novità del web, ma negli anni ho intrapreso decine di diversi progetti editoriali. Arrivato ad un certo punto ho compreso che la mia passione principale non era parlare o raccontare di un determinato argomento, bensì costruire una strategia, applicarla, e vedere arrivare i risultati.

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Giusto l’anno scorso ho, quindi, deciso di ripartire da zero, riaprire un nuovo blog e raccontare le migliori strategie di web marketing e personal branding per rendere profittevole il proprio progetto imprenditoriale. Quando parlo di progetto imprenditoriale intendo sia le aziende che muovono i primi passi sul web, sia le persone che decidono di aprire un proprio blog personale. Proprio così, perché anche in Italia abbiamo blogger che riescono a guadagnare cifre a quattro zero ogni mese.

Sembra proprio che il web sia la nuova frontiera per remunerare le proprie passioni!
Ma parliamoci chiaro, non sono un nerd che passa intere giornate al computer. Nella mia vita ho anche gestito locali, suonato come deejay e organizzato eventi di ogni tipo. Dico questo per rassicurare la gente che pensa che per intraprendere una carriera come la mia sia necessario passare la propria esistenza davanti al monitor di un computer.

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– In uno dei tuoi post scrivi: “Da piccolo mia mamma mi diceva che non bisognava accettare cose dagli sconosciuti. Ventidue anni dopo, ricevere qualcosa da uno sconosciuto, è ciò che mi rende più felice”. Ogni viaggio è un dare e avere con le persone che incontri e i – loro – posti che abiti: ce n’è uno in particolare che non dimenticherai mai?

Il viaggio è sempre stato un elemento molto importante della mia vita.
Ho viaggiato tanto sin da piccolino e questo lo devo ai miei genitori, grandi avventurieri che hanno saputo trasmettermi questa passione. Viaggiare – per me – è un grande stimolo personale e professionale: mi ricorda che il mondo è grande e piccolo allo stesso momento, che le possibilità sono infinite e che ci sono meraviglie in ogni dove.

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Mi piace pensare di essere un viaggiatore, non un vacanziero: la scoperta è parte integrante della mia vita.
A soli tre anni ho intrapreso il primo viaggio nelle Filippine e da quel momento è iniziato un grande amore verso il continente Asiatico. Un continente dove avventura, spiagge incredibili e gigantesche foreste tropicali da esplorare non finiscono mai.
Il mio luogo preferito? Forse l’Indonesia, dove sono già stato parecchie volte. Ma i posti da vedere sono ancora tanti, in programma per i prossimi mesi ci sono già HongKong e il tetto del mondo, l’Himalaya, dove spero di intraprendere un escursione al campo base dell’Everest.

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– Ventidue anni. Qualcuno – me compresa – direbbe: questo ragazzo ha capito tutto dalla vita. La tua storia come è cambiata da ieri a oggi?

Questa domanda è molto complessa.
Come dicevo, non ho ancora raggiunto alcuna meta, ma all’aumentare dei risultati cresce il peso delle responsabilità.

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Mi sveglio la mattina con una cinquantina di email, clienti da gestire, un blog da curare, account social che dovrebbero rimanere attivi, una pianificazione a lungo termine da redarre. Ci sono momenti in cui la mia to-do list cresce a vista d’occhio e finisco per lasciare molte cose insolute e incompiute, a volte l’ansia prende il sopravvento…
Ho pur sempre ventidue anni, al diavolo chi pensa che questo non sia un lavoro! Dall’altra faccia della medaglia c’è tutto il resto: un’indipendenza economica che mi permette di fare quello che voglio, di viaggiare dove preferisco e di investire su nuovi progetti o nuovi rami della mia carriera imprenditoriale. Il risultato che più mi riempie di felicità? Sicuramente la soddisfazione nel vedere che tutto va nel verso giusto, che c’è una crescita, che migliaia di persone si interessano a chi sono e cosa faccio e che il mio percorso porta a continui traguardi.

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– Dove ti immagini, invece, domani? Ma non voglio sapere in quale parte del mondo, quello lo impariamo sfogliando il tuo blog di racconti.

Il mio domani non ha ancora un aspetto preciso, cambia sembianze ogni giorno.

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Nella mia lista dei desideri c’è la volontà di creare un’azienda piuttosto flessibile, che si avvalga dell’outsearching e che mi permetta di gestire il tutto durante i miei viaggi attorno al mondo. Sicuramente vorrei lasciarmi alle spalle le cose più tecniche per approcciare a pieno il mio lato “travel”, ma al momento le entrate economiche su questo fronte non sono sufficienti per liberarmi da tutte le strutture che contribuiscono al mio attuale reddito.

– Dario, sul web dispensi anche consigli social. Oggi io voglio chiederti: cosa consigli a chi, ogni giorno, lotta per il raggiungimento dei suoi obiettivi?

Consiglio di non credere che basti aprire un blog, scrivere qualcosa, pubblicare quattro foto e ottenere il successo desiderato.

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Come raccontavo prima, ho svolto la mia attività di blogger per diversi anni, spinto dalla sola passione e senza alcun successo economico o mediatico. Serve IMPEGNO, COSTANZA e PASSIONE, dove l’impegno si trasforma in risultati, la costanza in applicazione e la passione in studio continuo. Occorre anche un’idea, un punto di partenza, quindi i giusti strumenti per realizzarla. Il mio strumento è stato il blogging, quindi vi lascio la mia ricetta per un blog perfetto (tutte le informazioni in merito le trovate sul mio blog).

LA RICETTA

Innanzitutto si crea il proprio blog, scegliendo la giusta piattaforma, un buon hosting e il miglior tema disponibile.
Quindi si adottano delle buone strategie, si apprende da chi già è esperto, si rispetta qualche regola, si scrivono post straordinari e influenti, e con 50 buone tecniche si
ottiene un blog di successo.
A questo punto bisogna iniziare a guadagnare con il proprio blog e per riuscirci non bisogna mai arrendersi e bisogna comprendere bene il segreto del successo
.

– Ci lasci con un saluto per i nostri lettori?

Assolutamente sì!
Auguro a tutti una vita all’altezza delle aspettative, piena di grandi emozioni, colma di felicità e – perché no – con qualche botta di culo! (che ci vuole sempre)

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Un abbraccio a tutti,

Dario

Massimo Perla, una vita dedicata agli amici a 4 zampe (INTERVISTA)

La maggior parte dei cani attori che vediamo in azione sui nostri schermi, sensazionali interpreti di spot pubblicitari, film e fiction sono stati addestrati da lui, il dog trainer più famoso in Italia, Massimo Perla. La passione per gli animali, ed in particolare per i cani è nata fin da giovane, quando per hobby si divertiva ad educare cani di amici e conoscenti, che ben presto è diventato un vero e proprio lavoro.

massimo perla

Questa passione gli ha permesso di instaurare con i cani un rapporto di fiducia reciproco e di comunicazione, avendo trovato perfettamente la chiave di lettura per entrare in contatto con il loro mondo. Sempre in costante sperimentazione, dal suo centro Indiana Kayowa a Roma sono passati i cani di Maria de Filippi e Maurizio Costanzo, il Commissario Rex e tanti altri. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per capire qual è il segreto dell’uomo che sussurra ai cani.

Com’è nata questa passione per l’addestramento canino, tanto da spingerla ad intraprenderla come lavoro?

Nasce come tutti i ragazzi che amano gli animali. Ho iniziato quando facevo ancora il liceo artistico, nel tempo libero portavo i cani delle persone più ricche con un pulmino a Villa Borghese, finché non è diventato un vero e proprio lavoro.
Per chi non poteva tenere un cane in casa, a quell’epoca era molto difficile perché i genitori non lo permettevano, quello era l’unico modo per conoscere e studiare il comportamento dei cani. Poi presi un cane mio e mio padre mi caccio di casa chiedendomi di scegliere “o te o il cane“, e io chiaramente scelsi il cane.
In quel periodo lavoravo, non guadagnavo molto, ma bastava per mantenere me, il cane e la casa. Quando non lavoravo facevo l’Università, ma al terzo anno di architettura ho deciso che la mia strada era un’altra. Vedevo per me un futuro migliore e più appassionante, anche se all’epoca, fare il dog trainer non era di moda come adesso.

Come descriverebbe il suo rapporto con gli animali, in particolare con i cani?

Collaborativo. Con il tempo che passa non si smette mai d’imparare perché si scoprono sempre nuovi aspetti del comportamento canino, che rende affascinante questo lavoro. Ovviamente gli aspetti da tenere in conto sono molteplici, come la razza, la mole del cane e il suo carattere e il tipo di padrone.

massimo e sabrina ferilli

Ci può dire qualche segreto per crescere un cucciolo, senza l’aiuto di un dog trainer?

Leggere qualche libro a riguardo e informarsi, non serve per forza l’aiuto del dog trainer. Molte volte si prende un cane senza conoscere come dobbiamo relazionarci a lui e come comportarci. Prima si prende il cane, si commettono gli errori e poi si va dal dog trainer, che secondo alcuni dovrebbe avere la bacchetta magica. Invece, sarebbe opportuno insegnare le regole al cane nel modo giusto, fin da subito, perché quando poi diventa adulto, se le regole non sono state impartite bene, iniziano i problemi

Parlando di errori, quali sono i comportamenti errati che riscontra di più nei padroni?

C’è ne sono tantissimi. In primis, scaricare tutte le frustazioni e gli affetti sul cane, rendendolo troppo “umano”. Il cane ha un suo codice, un suo cervello, un suo linguaggio, e quindi bisogna rispettare quello per fargli capire le cose, altrimenti avremo a che fare con i “separati in casa“. Così chiamo i padroni e i loro cani che vivono insieme, ma non si conoscono, perché non interagiscono.

E se ci troviamo in una situazione in cui vogliamo cercare di educare un cane adulto indisciplinato?

Spiegare in poche parole e per telefono come fare è complicato. Ma, ad esempio se ci troviamo davanti un cane che tira al guinzaglio o che fa i bisogni in casa, la giusta cosa da fare è portarlo il più spesso possibile fuori per la passeggiata, soprattutto che ha mangiato, per farlo abituare nel modo corretto.

Qual è stato il cane che ha addestrato per il cinema o la tv, che le ha dato più problemi?

I cani “attori” sono la maggior parte miei e addestrati nel mio centro, insieme ai miei collaboratori, quindi non riscontro grandi problemi. La parte più complicata dipende dalla difficoltà di alcune scene, il più delle volte. Ricordare in circa 500 film è davvero difficile. Noi cerchiamo di ricreare quelle emozioni che un cane dà nella vita quotidiana al proprietario o agli umani. Il lavoro del dog trainer cinematografico è proprio quello di ricreare queste sensazioni, grazie al cane.

Cosa ne pensa di Cesar Millan, il famosi addestratore americano di cani del programma Dogwhisper?

C’è chi ne parla male, c’è chi ne parla bene, però ci vuole sempre il buonsenso per giudicare. Non condivido pienamente tutti i suoi metodi, ma rimane il fatto che è una persona che ha risolto molti problemi di cani e padroni. Molte volte si ci scaglia contro una persona che sta sotto i riflettori e che sta a 10.000 chilometri di distanza, invece che scagliarci contro un proprietario qualsiasi, che senza accorgersene fa del male al suo cane.

massimo e michelle hunziker

Cosa ne pensa della Pet Theraphy e della sua efficacia?

La Pet Theraphy è importantissima. Si divide in molti rami: c’è quella di assistenza ai malati che riesce a dare a queste persone il giusto stimolo, la giusta spinta a reagire alle cose negative che capitano, che altrimenti non avrebbero. Poi c’è quella di ausilio a tutte quelle persone portatrici di handicap, che hanno bisogno di un aiuto nella vita quotidiana per essere indipendenti. Inoltre la figura del cane è importantissima anche per l’aiuto che dà nell’inserirsi nella società, che così viene semplificato. Anche lo stesso occuparsi dell’amico a 4 zampe è d’aiuto nell’inserimento, perché riesce a dare quel senso di autonomia che serve da spinta.


Parlando del problema dell’abbandono dei cani, soprattutto durante la stagione estiva, quali consigli darebbe a chi vuole o a chi non può portare Fido in vacanza?

Se c’è la possibilità di portare in vacanza il cane e fargli condividere con la famiglia la vacanza, allora ben venga. Ma se dobbiamo portare il cane e poi lasciarlo in casa, mentre la famiglia va al mare, allora meglio portarlo in una pensione ben attrezzata, rispetto che farlo soffrire e farlo stare da solo.
Se si lascia in una pensione e un pò alla volta lo si fa abituare a stare lì, facendo un vero e proprio periodo di inserimento, come si fa con i bambini all’asilo, portandolo nei giorni precedenti alla partenza un paio di volte per poche ore.
Il cane magari all’inizio si sentirà a disagio e magari non mangerà, ma dopo qualche giorno si abituerà, socializzerà con gli altri cani e saprà che dopo quel posto si torna a casa, e quindi, sarà una vacanza anche per lui. Non dobbiamo farci venire ansie inutili, come quella che il cane non può vivere senza di noi, ma deve poter vivere tranquillamente, insieme agli altri.

Ultima domanda: qual è il segreto del suo successo?

Il segreto è la passione che metto in quello che faccio, che ho trasformato in un lavoro. Sono sempre a contatto con gli animali, vivo sempre all’aria aperta, con i pro e i contro climatici del caso, e poi il mio successo sono i cani.
Chiunque vorrebbe avere con il cane un rapporto di intesa e di collaborazione, è un po’ più difficile riuscirci, a certi livelli, ma io ho dedicato 40 anni a questa attività, avendo iniziato molto piccolo, scoprendo sempre qualcosa di nuovo. Adoro il mio lavoro, anche con molti sacrifici, ma sono felice di fare un lavoro che mi piace tantissimo, quindi i sacrifici che faccio sono molto più leggeri, rispetto a chi fa un lavoro che non piace a cui diventano macigni.