venerdì, 22 Novembre 2024

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Marco Ferrero: “Cerco di rendere realtà la mia immaginazione” (INTERVISTA)

Lo conosciamo tutti grazie al web e allo spazio che Marco è riuscito a conquistarsi con una personalità particolare, che lo ha differenziato fin da subito dagli altri. E in fondo per sfondare in un mondo così particolare, come quello virtuale, è necessario avere quel qualcosa che Iconize è riuscito a tirare fuori, immortalare e iconizzare. È frizzante, sbarazzino, un po’ folle. La pazzia mi ha salvato, scrive sul suo blog personale, perché Marco mette un po’ di sana follia in tutti i suoi progetti, nel suo lavoro in cui si impegna per rendere realtà la sua immaginazione e nella sua vita quotidiana di cui ci rende partecipi attraverso i social.

Marco Ferrero:

La creatività è una delle doti che lo caratterizzano e nonostante abbia solo 23 anni, Marco sta diventando un vero e proprio protagonista del web con il suo stile e le sue idee in fatto di fashion e non solo. Lo vediamo spesso in compagnia di Nima Benati, fotografa giovanissima, ma già affermata, di Chiara Biasi e Chiara Nasti, ma tra le sue collaborazioni vanta anche quella con Emis Killa, di cui è molto entusiasta.

Ciao Marco, ti presenteresti ai lettori di Blog di Lifestyle?

Ciao a tutti. Vi scrivo da casa mia a Biella, dove sono nato. Sono spesso in giro ma torno sempre a trovare la mia famiglia e a cercare un po’ di tranquillità. Sono Marco, ho 23 anni e si.. Sono un creativo, un po folle e sempre sorridente! Amo fare ricerca soprattutto nel campo musica, moda e scovare nuove tendenze, poi prendo il tutto, penso ad un idea un po’ innovativa e poi cerco di realizzarla attraverso video e foto. Questo è quello che faccio, cerco di vivere di arte.

Come e perché è nato Iconize?

Iconize è nato per esprimere al meglio me stesso, il significato per me è “rendere un’icona” la persona con cui lavoro. Quindi in termini più semplici “iconizzarla”.

Descriviti in tre aggettivi

Spontaneo, pazzo e curioso. Ne vorrei aggiungere un altro. Amico sincero.

Nima Benati, Chiara Biasi e Chiara Nasti. Che rapporto hai con loro? Vi vedremo di nuovo insieme per nuove collaborazioni?

Sono amiche, ho rapporti molto diversi con loro. Ma per me sono prima di tutto amicizie anche se le ho conosciute grazie al mio lavoro. Comunque certo, a breve ci saranno novità e collaborazioni che di sicuro vi stupiranno. Io oramai loro non le vedo più come blogger, ma come ragazze bellissime e super fotogeniche, che sanno mettersi in gioco.. È per questo che adoro lavorare con loro! Poi sono sempre alla ricerca di cose nuove. Quindi per me è fantastico poterle plasmare.

Cosa pensi delle fashion blogger? Perché queste ragazze sono così amate e seguite?

Penso che abbiano il mondo del web in mano. Sono seguite perché si espongono molto e fanno della loro vita una specie di reality. E con questo riescono a suscitare la curiosità di molte persone. Comunque io ci lavoro, come detto sopra, perché le trovo delle ragazze bellissime e penso che anche se non facessero quello che fanno, sarebbero di sicuro nel mio mirino, pronte per essere iconizzate.

Com’è stato lavorare con Emis Killa?

Stupendo! Emiliano l’ho conosciuto a casa di un’amica, e prima di lavorarci insieme siamo diventati amici. Poi è nata questa collaborazione e ne sono molto contento, anche perché fondere moda con musica è davvero una bomba. Come persona lo stimo molto e sono contento di aver intrapreso questa strada e di aver avuto la possibilità di poter creare del materiale “artistico” insieme a lui.

Quali sono i tuoi progetti futuri e come ti vedi tra 5 anni?

I miei progetti futuri.. Allora posso dirvi che a breve girerò un video musicale. Ma non voglio svelarvi altro. Anche se non è difficile da intuire.. Tra 5 anni mi vedo come adesso a rincorrere l arte! Adoro avere sempre idee nuove ed essere un trend setter. Quindi mi piacerebbe inoltrarmi il più possibile nel campo music video.. Poi ovviamente poter creare e dirigere spot pubblicitari di maggior spessore. Voglio arrivare a lavorare con star americane e condividere la mia arte con più gente possibile.

Tutto si può fare, basta credere sempre in se stessi e non mollare mai!

Marco Ferrero:

Claudia e Marco: il nostro matrimonio sponsorizzato sarà in t-shirt (INTERVISTA)

Marco Valenti e Claudia Pandolfi

Per sempre. Solo chi ha trovato la persona giusta non vede l’ora di pronunciare quelle due parole nel giorno – che più di altri- rappresenta la promessa di amarsi per tutta la vita: il matrimonio.

Ma l’amore, anche quello più grande, da solo non basta per organizzare le nozze e tra allestimenti, pranzo, musica e addobbi vari i costi sono davvero elevati.
Tutto diventa più complicato con un lavoro precario, affitto e bollette da pagare.
Una strada, però, c’è sempre: basta essere determinati, non arrendersi davanti alle difficoltà e ovviamente amarsi tanto.

Proprio come Claudia e Marco, noti sul web come Daka e Dark, che hanno deciso di intraprendere una strada in Italia non molto conosciuta, quella del matrimonio sponsorizzato per realizzare il loro sogno d’amore.

Dimenticate l’abito bianco e le classiche bomboniere: Claudia e Marco hanno in mente un matrimonio assolutamente fuori dagli schemi e che rispecchierà le loro passioni e la loro storia.

Di che si tratta? Lo racconta direttamente a Blog di Lifestyle Claudia, che abbiamo intervistato.

Claudia, ti presenti ai nostri lettori?

Sul web sono conosciuta come Daka, ho 26 anni e mi sto laureando in Comunicazione Audiovisiva e Multimediale. Sono toscana, originaria del Valdarno, ma da un anno vivo a Treviso insieme a Marco, alias Dark, e qui ho cominciato un nuovo lavoro da piccola imprenditrice che deve ancora ingranare. Mi ritengo una persona creativa e un po’ lunatica, e quando credo in qualcosa sono inarrestabile.
Per questo sono così felice di poter parlarvi del nostro progetto.

Parliamo del vostro progetto:con il tuo fidanzato, Marco, avete deciso di fare il grande passo tentando la via del matrimonio sponsorizzato. Come mai quest’idea?

Quella del “matrimonio con sponsor” è una tendenza piuttosto recente, importata dagli USA, nata dalla necessità: una coppia che desidera sposarsi, ma ha limitate risorse economiche a disposizione, si rivolge a professionisti e attività del settore chiedendo servizi e prodotti in cambio di pubblicità; in pratica si presta come testimonial, con modalità promozionali che variano molto a seconda della richiesta degli sponsor, della propria creatività e disponibilità di tempo.

Noi siamo venuti a conoscenza di questa possibilità cercando su Internet modi per risparmiare nell’organizzazione del nostro matrimonio, in particolare imbattendoci nelle storie di alcune coppie che si erano già imbarcate in quest’impresa con successo, e non ci ho pensato due volte prima di decidere “proviamoci anche noi!“.

Una coppia che al giorno d’oggi vuole sposarsi, quanto deve spendere?

Ti rispondo dal nostro personale punto di vista, quello di una coppia di giovani entrati da poco nel mondo del lavoro, che da un anno vivono in affitto e che hanno davanti a sé un mutuo: tanto.
Anche il più semplice e intimo dei matrimoni ha delle spese imprescindibili, come ad esempio il pranzo o la cena da offrire a familiari ed amici nel grande giorno.

Per fortuna oggi ci sono molti modi nuovi di pensare un matrimonio, e quindi anche di risparmiare (ci sono siti che offrono la possibilità di vendere e acquistare abiti da sposa usati, per esempio, o che suggeriscono bomboniere fai-da-te), ma quando il desiderio dei futuri sposi è quello di vivere un giorno speciale insieme ai propri cari, si tratta sempre di cifre impegnative.

Parte del progetto è anche il vostro blog, a cosa date spazio? In evidenza c’è un motto Keep calm and plan your wedding: con quale spirito affrontate il vostro matrimonio?

Esatto: il blog diperdi.blogspot.it è il fulcro del nostro progetto. Su quelle pagine racconto giorno dopo giorno (“Di per Di” sta anche per questo, oltre che per “Dark per Daka”) la nostra avventura, spiego le nostre necessità, parlo dei nostri sponsor e do spazio anche a coloro che parlano di noi, per esempio su altri blog o webzine.

Il tono del blog è informale e piuttosto intimo, come se mi stessi rivolgendo a dei vecchi amici, ed è questo lo spirito con cui vogliamo affrontare questa impresa: chiediamo solidarietà da nerd a nerd, e offriamo il nostro entusiasmo da eterni bambini a chi vuole aiutarci.
Certo, non sempre è facile: di fronte alle difficoltà, allora, meglio ricordarsi di “mantenere la calma” e andare avanti!

Nel blog vi definite sposi nerd: che differenza c’è con degli sposi normali?

Nel 2014, il confine tra “normale” e “non normale” è molto blando, e noi non ci riteniamo speciali.
Ma se in origine il termine “nerd” aveva una valenza dispregiativa (letteralmente significa “sfigato”, in Inglese), oggi indica una categoria di persone accomunata da un’ampia varietà di interessi, dalla letteratura fantascientifica al fumetto italiano, dai videogiochi al gioco in scatola, dalle serie TV al
cosplay… Marco ed io abbiamo la fortuna di condividere queste passioni, e di viverle insieme quotidianamente: non abbiamo la TV, come la maggior parte delle coppie italiane, ma possediamo una discreta collezione di DVD; non andiamo in discoteca, ma non ci perdiamo una fiera del fumetto; non diamo importanza a S. Valentino, ma guai se l’uno prova un gioco appena uscito senza aspettare l’altra, o viceversa.

In quanto futuri sposi, la differenza con la maggior parte delle coppie è che noi sogniamo un matrimonio in t-shirt anziché in abito bianco e fantastichiamo su dadi a 20 facce come bomboniere…

Facciamo un passo indietro: come vi siete cononsciuti e come è avvenuta la proposta di matrimonio ?

A questo punto, la risposta non dovrebbe stupirvi: Marco ed io ci siamo conosciuti su Internet. Frequentavamo lo stesso forum di appassionati di gioco di ruolo, siamo diventati amici “leggendoci”; l’amicizia è durata quasi tre anni, prima che avessimo l’occasione di passare del tempo insieme, senza altri amici, e di capire in un istante che eravamo due metà della stessa mela.

Poco dopo ci siamo fidanzati ufficialmente, e la prima a fare il passo sono stata io: ho regalato a Marco un quadernetto dove avremmo scritto tutto ciò che ci sarebbe piaciuto fare insieme da lì in avanti, e quando lui lo ha aperto ci ha trovato dentro l’anello e la scritta “Marco, ci sposiamo?“.

Ma è stato Marco, quello più originale: una sera che ero da lui mi ha chiesto di provare un videogioco; la protagonista era una mia rappresentazione, che arrivata al termine di un percorso ha incontrato un alter-ego di Marco.
Potete immaginare la mia sorpresa quando questo mi ha chiesto “Claudia, ci sposiamo?“!

Avete già avuto contatti da qualche eventuale sponsor? E i social network quanto vi stanno aiutando nella vostra campagna?

In realtà è qualche azienda che ha avuto un contatto da noi: vista la particolarità della nostra richiesta, quella di organizzare un “matrimonio nerd”, preferisco muovermi personalmente e scrivere a chi potrebbe essere interessato a sponsorizzarci. E si, abbiamo avuto qualche risposta positiva.

Sicuramente senza i social network, ed in particolare Facebook e Twitter, tutto questo non sarebbe possibile: la visibilità è tutto, in un progetto del genere, e io spendo molto tempo a condividere contenuti e ad ampliare la portata del nostro appello in ogni modo offerto dal web:stiamo per aprire anche un profilo su Instagram e un canale su YouTube.

Come lo immaginate quindi il giorno più importante?

Abbiamo talmente tante idee più o meno folli, che i nostri wedding planner Chiara e Maurizio, faticano a starci dietro! Vogliamo organizzare una giornata indimenticabile per noi ma anche per chi ci sarà, all’insegna delle nostre passioni più grandi, in particolare quella per i videogiochi e per i giochi di ruolo.
Sarà tutto a tema, quindi, dagli inviti alle bomboniere, naturalmente entro le possibilità che i nostri sponsor ci offriranno.

Ma non vogliamo rivelare troppo: abbiamo in mente qualcosa che potrebbe fare del nostro grande giorno un evento finora mai visto…
Speriamo solo di riuscire a reperire le risorse necessarie, e anche per questo abbiamo appena lanciato una raccolta fondi: ogni aiuto, piccolo o grande, o anche solo il vostro supporto morale, sarà sinceramente apprezzato!

Tu e Marco siete la dimostrazione che non bisogna arrendersi davanti alle difficoltà.
È vero allora che l’amore può tutto?

Lo dico spesso, e lo penso davvero: il destino premia gli entusiasti, quando sanno tirarsi su le maniche per realizzare i propri sogni.
In questo periodo di crisi le difficoltà sono all’ordine del giorno, e sopravvive solo chi non si arrende. Trovare la persona speciale che ti completi è sicuramente un grosso vantaggio, perché ti regala la prospettiva di un futuro felice da inseguire.

Ma non basta: bisogna prima di tutto credere in se stessi e coltivare quotidianamente la propria persona; solo l’amore tra due individui completi può tutto.

Gaia Giordani: ‘L’amore è un gioco senza regole’ (INTERVISTA)

Credits Nicola Righetti

Gaia Giordani è una professionista del Web.
Racconta del suo primo amore 2.0: il blog, a cui si è avvicinata per la prima volta ai tempi di Splinder, una delle prime piattaforme di blogging in Italia. Oggi Gaia ha reso la sua passione per il web, un lavoro: nel 2009 entra a far parte di Mondadori Digital come coordinatore del blog del settimanale Grazia. Nel 2010 diventa Web Content Manager del sito di Cosmopolitan in Hearst Magazines Italia.

Gaia Giordani si è raccontata a Blog di Lifestyle, in un’intervista esclusiva.

La tua città virtuale è Ottavia, ispirata ad una delle città immaginate da Italo Calvino,
della quale sembra averti affascinata il concetto di “città del futuro” al punto da farla divenire la residenza delle tue conoscenze 2.0.
Ma fuori dal web, chi è Gaia Giordani?

Sono una veronese trapiantata a Torino per amore, ma il mio cuore professionale batte da sempre a Milano. Ho iniziato più di dieci anni fa come copywriter: all’epoca nelle agenzie di pubblicità si lavorava molto ma nei tempi morti ci si annoiava da matti, non a caso in molti posti dove ho lavorato c’era il calcetto e delle stanze per fare la pennichella.
Nei momenti di veglia noi copy alimentavamo il blog, che all’epoca era un’avanguardia per pochi eletti capaci di masticare un minimo di html e personalizzare un template. Negli anni la Rete per me è diventata un mestiere e ha dato un senso alla specializzazione in WebContent Writing presa allo IED nei primi anni Duemila. Ovviamente farne un lavoro ha richiesto tanta formazione, pratica sul campo e apertura mentale: non è un mestiere per “vecchi dentro”.

Aldilà delle competenze necessarie per abitare il web, delle quali parli nel tuo blog, cosa pensi dell’approccio generale che gli utenti hanno nei confronti della Rete?

I social media hanno avvicinato molte persone alla Rete, rinchiudendole nel microcosmo di Facebook, Twitter, Instagram. Per fortuna (dal mio punto di vista) i social stanno diventando sempre più una porta d’ingresso verso altri mondi, verso contenuti e conoscenze.
Fino a vent’anni fa saziare le nostre curiosità era molto più difficile: da addetta ai lavori mi rincuora vedere mia madre con un iPad tra le mani cercare informazioni sulle cose che la appassionano, dall’altra sono molto perplessa dalla qualità scadente di certi contenuti riconosciuti come autorevoli solo perché diventano virali. Su questo fronte mi schiero dalla parte dell’algoritmo dei motori di ricerca, che lascia emergere i contenuti di qualità.

Dal 18 giugno è possibile leggere il tuo primo romanzo “Sei proprio una scema”.
La protagonista è una trentenne precaria che lotta con le vicissitudini di una grande città, e con un amante di quelli “ci sono-non ci sono” che non rendono di certo la vita più stabile.
Cosa consigli alle donne che si cullano in rapporti come questo?

Scappate più velocemente possibile.

Sei proprio una scema COVER

Ti chiedo di salutare i nostri lettori rispondendo ad un’ultima considerazione: apparteniamo ad una generazione alla quale, esattamente come quella raccontata nel tuo romanzo, non è permesso sognare, ma giocare sì. Come si fa a difendersi, senza infrangere le regole del gioco?

L’amore è un gioco senza regole.
In passato ricordo di aver mollato uno dei vari stronzi via mail, usando come oggetto il titolo di un libro di Cortazar, uno dei miei preferiti, che si chiama “Fine del gioco”.
Quello stronzo mi rispose cambiando il titolo in “Il gioco è la vita”. All’epoca mi sembrava una stupidaggine, ma molti anni dopo mi tocca dargli ragione.
A parte il risvolto sentimentale, il romanzo parla delle insicurezze di una generazione: per difendersi dal precariato, dalle frustrazioni, dalla sindrome del futuro corto (o inesistente) bisogna farsi venire qualche idea, pensare fuori dalla scatola. La protagonista prova a prendersi quello che, dal suo punto di vista, le spetta di diritto: la felicità, l’amore ricambiato, uno scampolo di serenità.
Lo fa con ogni mezzo, anche poco ortodosso, tipo strofinare lo spazzolino dello Stronzo nella tazza del water per vendicarsi delle sue disattenzioni.

Ecco, voi non fatelo, mi raccomando.

‘Niente paura’, l’impresa si fa sociale (INTERVISTA)

Incoraggiante, rassicurante, propositivo. È questo il messaggio che si racchiude in due semplici parole “Niente Paura”, il nome scelto da Manuel Giannini, Luca Zafarana e Barbara Benedettelli per l’impresa filantropica che portano avanti.

Niente paura, ce la faremo“, furono le parole che il padre di Manuel disse al figlio quando si ritrovò a chiudere la sua azienda orafa a causa della crisi. Un monito che, dopo l’incontro con Luca e Barbara, ha trovato la sua espressione in un progetto che cerca di fare impresa in un modo diverso, destinando una quota dell’utile al sostegno di progetti per la tutela delle persone in difficoltà.

E alle donne vittime di violenza è stato dedicato il primo prodotto di Niente Paura, il bracciale Tatù, in vendita dal 2 giugno.

Per scoprire meglio di cosa si tratta, Blog di Lifestyle ha intervistato Barbara Benedettelli, saggista e attivista per i diritti delle Vittime di ogni forma di violenza, che all’interno di Niente Paura si occupa della comunicazione, delle relazioni esterne e con le Associazioni.

Nel novembre scorso l’incontro con Luca e Manuel, i due soci fondatori di Niente Paura. Cosa l’ha spinta ad aderire a questo progetto?

Luca e Manuel sono due persone straordinarie. Luca Zafarana ha soli 22 anni è già un uomo con le idee chiare e la determinazione necessaria a rendere i sogni realtà. Manuel Giannini è ipersensibile, proprio come me, e geniale. Tutti e due hanno un cuore grande e al giorno d’oggi quando tre persone che hanno la stessa visione del mondo e la stessa voglia di cambiarlo in meglio si incontrano, e condividono un percorso di vita con passione, allora qualcosa di bello può succedere. Impossibile non aderire.

Niente Paura è un’impresa filantropica, che ha sposato dunque dei valori etici: come si traduce questo nel lavoro che portate avanti?

Nell’atto costitutivo della società abbiamo voluto inserire la doppia finalità, il notaio ha voluto prendersi tempo perché in Italia questa realtà imprenditoriale non è la norma, anzi, è una rarità.
Noi perseguiamo due obiettivi che camminano di pari passo, quello comune a tutte le imprese del profitto e quello della solidarietà. Ci troviamo di fronte a un’impresa che destina una quota di ogni prodotto che immette sul mercato, una quota dell’utile netto e una quota che proviene dagli eventi charity al sociale ora e sempre.
È come se il sociale fosse il nostro quarto socio. È un nuovo modo di fare impresa che ci porta verso un capitalismo più umano o etico se preferisce.

Parliamo di Tatù, il bracciale contro la violenza sulle donne: cosa evoca il tatuaggio rappresentato?

Tatù è il nostro primo prodotto, un bracciale bello da vedere e indossare che somiglia a un tatuaggio. Il tatuaggio è un simbolo, un disegno indelebile che le persone si tatuano nel corpo perché vogliono comunicare qualcosa al mondo.
Chi indossa Tatù vuole comunicare al mondo una presa di coscienza, determinazione, coraggio, voglia di ricominciare da se stesse padrone del loro destino. Ed è per ognuno un modo di sostenere un cambiamento culturale necessario. A settembre arriverà anche il Tatù da uomo, perché per fare avvenire questo cambiamento culturale è fondamentale partire dagli uomini.

Al bracciale è legata un’app- SOS Woman- che permette attraverso un test di capire se si è vittima di violenze e un’eventuale assistenza psicologica e legale legata alla professoressa Bruzzone.
Con un semplice accessorio si rende un servizio, come è nata quest’idea?

Tatù come è oggi è solo l’inizio di una evoluzione che avverrà nel 2015 e che lo renderà uno strumento utile alla sicurezza personale. Siamo una start-up, non abbiamo ancora i fondi necessari per sviluppare la sua evoluzione, ma volevamo già dare ad esso una funzionalità salvavita, oltre alla valenza simbolica che ha lo scopo di sensibilizzare le persone sul tema della violenza contro le donne, e sulla necessità per le donne di muoversi verso l’amore innanzitutto per se stesse.

Da Samantha De Grenet a Elenoire Casalegno, tante donne del mondo dello spettacolo hanno sostenuto il vostro progetto. Quant’è importante per campagne come questa la partecipazione di personaggi noti?

È importante perché ognuna di loro ha un’influenza su un determinato pubblico e questo permette di portare il messaggio più lontano. Ognuna delle nostre testimonial rappresenta una tipologia di donna, ma tutte rappresentano la donna che ha realizzato la sua vita.
Oltre alle nostre testimonial molte altre persone conosciute hanno sposato il messaggio di Tatù e indossano il bracciale come una bandiera.

Alle donne, molto spesso, manca il coraggio per ammettere a se stesse che quello che credono amore è molto lontano da un sentimento sano.
Che messaggio, da donna, sente di dare alle nostre lettrici?

Un messaggio che sembra scontato e che proprio per questo va ripetuto: l’amore vero non imprigiona rende liberi, non distrugge costruisce, non uccide, ama soltanto senza nulla chiedere in cambio. Non accettate meno di un amore puro! E per rafforzare questo messaggio a fine luglio uscirà il Tatù bianco.
Bianco è il colore della purezza, e lo dedichiamo all’amore con la A maiuscola e a chi sa provarlo.