lunedì, 20 Maggio 2024

Interviste

Home Interviste Pagina 6

Never Give Up, un supporto contro anoressia e bulimia (INTERVISTA)

L’anoressia e la bulimia rientrano nella categoria dei Disturbi di Comportamento Alimentare. Purtroppo ne soffrono moltissime giovani, e meno giovani, donne. Sono disturbi molto pericolosi, che se non trattati professionalmente possono condurre anche alla morte. È recente la storia di Jodi Cahill, la ragazza australiana diventata anoressica dopo quattro anni in cui ha scoperto di avere lo stesso padre di sua madre, vittima in casa di ripetute violenze, riportano alla ribalta sulle cronache internazionali il tema dei disturbi alimentari.
Ma Jodi non è l’unica. In questi anni si sono susseguiti una serie di esperienze che dovrebbero farci riflettere. Nasce per questo NEVER GIVE UP, una Onlus che dal 2014, a Roma che si sta battendo per sollevare quel velo che cela situazioni di disagio personale e spesso sottaciute.

Noi di Blog di Lifestyle abbiamo contattato Stefania e Simona Sinesi, rispettivamente presidente e vice presidente di NEVER GIVE UP, che ci hanno raccontato il loro progetto.

Ciao Simona. Tu e Stefania, tua sorella, siete le fondatrici di NEVER GIVE UP, la Onlus per lo studio e la cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare, che ha l’obiettivo di aiutare e supportare coloro che soffrono o hanno problemi con cibo, peso e immagine corporea.
Stefania è psicologa clinica e PhD in Psicologia Dinamica e Clinica, mentre tu, laureata in Economia, hai consolidato la tua esperienza nel mondo della comunicazione e della strategia. Una combinazione vincente per un progetto unico.
Secondo le statistiche, solo il 10% delle persone che soffre di Disturbi del Comportamento Alimentare riesce a chiedere aiuto. Con NEVER GIVE UP quali obiettivi vi proponete di raggiungere?

NEVER GIVE UP nasce con l’obiettivo di abbattere le barriere a chiedere aiuto e supportare chi ha un problema con cibo, peso ed immagine corporea o un Disturbo del Comportamento Alimentare e le persone che sono loro vicine – genitori, amici e insegnanti – attribuendo a questi ultimi un ruolo fondamentale nel trattamento.
NEVER GIVE UP si propone di costruire, oltre alla piattaforma on-line di supporto, spazi sul territorio in cui sviluppare programmi di screening, di prevenzione e di cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare (maggiori informazioni sul sito).
NEVER GIVE UP ha un approccio multidisciplinare messo a punto da un Comitato Scientifico di eccellenza formato da professionisti che operano in strutture internazionali per lo studio e la cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare, con cui Stefania si è confrontata nel corso della sua esperienza accademica e clinica.
L’approccio è basato sulla ricerca scientifica e sulle esperienze maturate nelle realtà in cui il Comitato Scientifico opera; in particolare, ad esempio, sia la piattaforma on-line che i progetti di screening precoce nella fascia neo-natale sono stati implementati con successo proprio in queste realtà.
Per quanto riguarda i programmi sul territorio, una parte fondamentale è rappresentata dalle NEVER GIVE UP House, ossia strutture per lo studio e la cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare in regime ambulatoriale, semi residenziale e residenziale.

Come ogni progetto, anche il vostro ha bisogno di fondi per il suo sviluppo. Voi avete iniziato a raccogliere fondi attraverso campagne di crowdfounding. Avete avuto un riscontro positivo?

Nello scorso dicembre- dichiara Simona- abbiamo dato il via alla nostra prima campagna di raccolta fondi sulla piattaforma Charitystars che in quattro mesi, grazie al supporto di piu’ di 80 donatori, di cui 41 personaggi del mondo della musica, dello sport, della moda e dello spettacolo (tra cui Luca Argentero, Noemi, Emma Marrone, Lorella Cuccarini, Francesca Michielin, Malika Ayane, Chiara, Chef Rubio e Antonio Marras), campagna che ci ha permesso di raccogliere 25.000 euro, per finanziare lo sviluppo della piattaforma on-line di supporto, il primo dei servizi che NEVER GIVE UP si propone di offrire.

Di recente, un atleta della Squadra Nazionale di Cross Triathlon di UK , Stefano Sardo, ha scelto di supportare NEVER GIVE UP lanciando un appello a donare e correndo con il logo di NEVER GIVE UP sulla divisa di gara ai Mondiali del 27 Settembre prossimo (link per supportare la campagna qui)

Negli ultimi giorni , abbiamo anche attivato una campagna di raccolta sulla piattaforma Eppela (link per donare) in cui Aurora Ruffino, attrice e protagonista della serie TV Braccialetti Rossi, parla del nostro progetto e del gran numero di adolescenti che le scrivono per condividere le loro esperienze e il loro disagio verso il cibo e la immagine corporea.

Oltre al crowdfounding, stiamo lavorando su bandi europei e stiamo dialogando con soggetti pubblici e privati per costruire insieme un piano che ci permetta di attivare i servizi che intendiamo sviluppare.
Crediamo molto nelle partnership e nella funzione sociale di NEVER GIVE UP, non solo nell’offrire supporto a chi ne ha bisogno, ma anche nel dare opportunità di lavoro sia all’interno del team scientifico che dello staff.

Tornando alla piattaforma on-line di supporto, questa si inserisce in un contesto in cui i siti più visitati da coloro che sono affetti da disturbi alimentari sono siti, blog e forum, cosiddetti “pro-ana” e “pro-mia”, dove le persone che soffrono possono confrontarsi con altre che vivono la stessa situazione. Spazi in cui condividono, ad esempio, consigli per essere sempre più magre, metodi di autolesionismo e nuove modalità per poter nascondere il disagio a famiglia e amici.

Come pensi che la vostra piattaforma possa coinvolgere e invitare queste persone a farsi aiutare?

Attraverso la piattaforma on-line di supporto – ci spiega Stefania – NEVER GIVE UP si propone di costruire uno spazio di condivisione on-line accessibile, gratuito e facilitato da un professionista che crei un contesto in cui, specialmente gli adolescenti, la fascia di popolazione più colpita da questi disturbi – sono 2 milioni 600 mila i ragazzi fra 12 e i 25 anni a soffrirne – possano sentirsi liberi di condividere, possano sentirsi ascoltati e possano essere supportati senza essere giudicati.

Le persone che soffrono di anoressia e bulimia sono in prevalenza donne, circa il 70%. Tuttavia, c’è l’altro 30%, con trend in crescita, che vede anche i ragazzi fare i conti con il proprio corpo e la non accettazione di sé. I canoni televisivi, le modelle/i,gli attori/attrici,alcune fashion blogger, ecc. Influiscono, in modo preponderante, su questa pericolosissima tendenza che coinvolge fasce età sempre più giovani.
Quali sono gli altri fattori che pericolosamente giocano un ruolo chiave nella nascita di tali disturbi?

I Disturbi del Comportamento Alimentare – spiega ancora Stefania– da qualche anno stanno assumendo le caratteristiche di una vera e propria epidemia sociale, con esordi sempre più precoci. Non si ritrovano altri esempi di disturbi psichiatrici con una propagazione di tale portata.
In Italia, oltre agli adolescenti, sono 3 milioni 600 mila le persone che ne soffrono: un numero pari alla popolazione delle città di Roma e Milano. Questi disturbi hanno un’eziologia multifattoriale e non è possibile tracciare una teoria sintetica, atta alla spiegazione della loro eziopatogenesi.
Il modello generale più convincente è quello che vede la via finale comune di vari e possibili processi patogenetici, nati da interazioni tra forze molteplici nell’evento patologico. Diversi sono i fattori di rischio, psicologici, genetici, sociali, culturali, life events, vissuti traumatici, lutti, modelli televisivi, influenza delle fashion blogger, che possono concorrere all’insorgenza dei disturbi che si manifestano nei confronti del cibo, ma che rappresentano, il più delle volte, solo la punta dell’iceberg di un disagio ben più profondo.

Un bel progetto, che tutti dovremmo sostenere nel nostro piccolo, perché l’unione fa la forza e il sogno di non vedere più giovani vite perdere la propria insieme al peso non deve morire.

Twittami Beautiful: un laboratorio virtuale che commenta la soap (INTERVISTA)

Twittami Beautiful è un hashtag entrato da un paio d’anni nei Top Trend italiani su Twitter, diventando in breve tempo un fenomeno che riunisce un gruppo di ragazzi con la passione per la soap americana Beautiful. All’ora di pranzo, ore 13:40 circa, entrando su Twitter è possibile scorrere tra l’hashtag #twittamibeautiful e leggere gli irriverenti commenti degli utenti di mezza Italia alla soap più seguita al mondo.

Gli amministratori di Twittami Beautiful hanno raccontato a Blog di Lifestyle l’origine dell’idea dell’hashtag, la passione per la soap, e i loro progetti futuri.

Ciao ragazzi, vi presentate ai lettori di Blog di Lifestyle?

#twittamibeautiful è il nuovo modo di guardare Beautiful; una sorta di divano che corre lungo l’Italia, pronto a commentare e criticare le assurde situazioni che vivono i protagonisti della soap. Ogni giorno ci scateniamo su Twitter a partire dalle 13.40 (minuto più, minuto meno). #twittamibeautiful è anche un laboratorio creativo virtuale, in cui ognuno mette le proprie abilità: c’è chi crea fumetti, chi riedita le scene in chiave comica con i meme, chi scrive sui personaggi e gli eventi. Tutto sempre in maniera ironica, per offrire agli utenti contenuti che consentano loro di alleggerire la realtà.

Da fan della soap opera americana “Beautiful”, come è nata l’idea di lanciare l’hashtag #twittamiBeautiful?

All’inizio eravamo un piccolo gruppo e commentavamo Beautiful attraverso il semplice hashtag #beautiful ma in breve ci siamo resi conto che si perdeva nel flusso e si rischiava di confondersi con altre 1000 cose fuori contesto. A quel punto ne abbiamo creato uno nostro: #twittamibeautiful. Abbiamo creato l’account @twbeautiful, la pagina facebook, il blog e adesso interagiamo con gli attori ed i doppiatori.

10891673_708877982543578_4761398836585839559_n

Siete seguitissimi sui social network. Più di 2 mila followers su twitter e più di 3 mila su facebook. Avreste mai immaginato tali numeri?

No. Sono numeri che non avremmo mai creduto potessero associarsi ad un fenomeno come il nostro. Sapevamo che Beautiful era seguito, ma non pensavamo che il nostro hashtag avrebbe portato nuovi spettatori alla soap.

Quanto conta per voi interagire con i fan che vi seguono?

È fondamentale. Siamo una community e #twittamibeautiful è di tutti. Ognuno può portare del suo.

#twittamiBeautiful a parte, voi quanto utilizzare i social network?

Troppo vale come risposta? Scherzi a parte, alcuni di noi con i social media ci lavorano quindi è una cosa che fa parte della nostra vita di tutti i giorni. Ormai il web e i Social Network hanno invaso e digitalizzato le nostre vite. Che sia per svago o per lavoro, siamo sempre super connessi. E non ci limitiamo al web genericamente inteso: siamo anche presenti su una web radio, una volta la settimana: ci ospitano gli amici di radiostonata.com per parlare della nostra community e commentare i tweet dei nostri followers. Anche la conduttrice, Alessandra M. Segneri, è una nostra grande fan!

Fumetto11

Cos’è cambiato dai telespettatori degli anni ’90 rispetto a quelli degli ultimi anni? Ritrovate le stesse persone che seguivano Beautiful anche vent’anni fa?

Alcuni “anziani” ci sono. Ci accorgiamo della trama che non torna e rimpiangiamo “i personaggi sperduti” chissà dove. Molti, invece, sono giovani che hanno iniziato a seguirlo da poco tempo e si sono appassionati. Riteniamo che le trame “young” introdotte dagli autori di B&B abbiano coinvolto moltissimi giovani – tra i nostri followers, infatti, ci sono studenti delle scuole superiori ed universitari. Negli ultimi tempi, però, i telespettatori di Beautiful sono poco contenti di assistere spesso a un cattivo trattamento del prodotto, continuamente soggetto a tagli e ridimensionamenti delle puntate e ci aiutano a portare avanti la nostra battaglia contro questo atteggiamento della rete.

Avete progetti per il futuro?

Progetti per il futuro? Vogliamo andare a Los Angeles, ovvio!

Ci lasciate un messaggio per i lettori di “Blog di Lifestyle”?

Un saluto ai lettori di Blog di Lifestyle. Continuate (o iniziate!) a seguirci su Twitter e Facebook e passate a leggere i post su www.twittamibeautiful.it per rimanere sempre aggiornati sulla nostra soap preferita.

Silvia Ziche, la signora dei paperi (INTERVISTA)

Fumettista italiana, una delle più apprezzate nel campo, Silvia Ziche disegna per Topolino e le sue vignette di Lucrezia appaiono su Donna Moderna. Tra ironia e senso pratico è riuscita a creare storie paradossali eppure così moderne, dopo paperi e topi, alle prese con problemi quotidiani, che sono diventati lo specchio della società in quella lotta quotidiana tra uomini e donne.

Blog di Lifestyle ha intervistato Silvia Ziche che ci ha raccontato un po’ di tutto: com’è nata la passione per il fumetto, ha parlato delle sue storie, e del suo tratto distintivo per cui i suoi lettori amano leggerla: l’espressività dei suoi personaggi. Ecco a voi la signora dei paperi.

Credits: topolino.it
Credits: topolino.it

Ciao Silvia, grazie per essere approdata a Blog di Lifestyle. In tre parole, come ti presenteresti ai nostri lettori?
Ciao! Grazie a voi per l’ospitalità. Mi chiamo Silvia, e nella vita non faccio altro che raccontare e raccontarmi storie, con disegni e parole.

Come è nata la passione per il fumetto?
Non ricordo un momento in cui la passione sia nata, o un momento in cui ho cominciato a disegnare. Semplicemente, la passione c’è sempre stata. E’ nata con me. Ho imparato a leggere sulle pagine di Topolino, ho cominciato a disegnare prima di cominciare a camminare. E poi è venuto tutto così, in modo naturale.

silvia ziche 2

C’è stato qualche autore Disney che è stato per te fonte di ispirazione?
Giorgio Cavazzano prima di tutti: negli anni settanta, quando ho cominciato a leggere Topolino, le storie non erano ancora accreditate. Ma io, seppur piccolissima, riconoscevo le sue, e le tenevo tutte. Dopo ho imparato a conoscere e amare altri autori, grandissimi. Carl Barks, Floyd Gottfredson, Romano Scarpa, e altri.

La caratteristica delle tue storie è quell’umorismo quotidiano in cui i tuoi personaggi finiscono nelle situazioni più paradossali. Da dove prendi spunto per crearle?
Da tutto. Dalle mie letture, dai film che vedo, dalle parole che ascolto per strada, da quello che mi succede. Tutto viene filtrato, immagazzinato, e recuperato all’occorrenza.

papernovela

C’è una tua storia che preferisci particolarmente?
Sono affezionatissima alla Papernovela, perché è stata la prima storia che ho scritto per Topolino, e perché è stata la storia in cui mi sono sbloccata, ho capito quanto avrei potuto divertirmi scrivendo.

Papernovela, Paperina di Rivondosa e Topokolossal. Direi che le parodie Disney sono il tuo forte, anche se non deve esser facile ‘riscrivere’ una storia originale in versione papera. Quanto lavoro c’è dietro delle storie a puntate?
Tantissimo. L’idea di solito è un attimo, un momento. Ma arriva solo quando si è fatto tutto il lavoro preparatorio. Una volta avuta l’idea, il resto è tutto lavoro da artigiano: si scrive, si lima, si taglia, si riscrive, si sistema, si aggiusta. E’ un lavoro lungo. Nel caso delle storie lunghe, a puntate, è un lavoro che dura vari mesi.

Confrontando una tua prima storia con una recente, quanto pensi di essere migliorata nel disegno?
Io penso di essere migliorata tantissimo, ma penso di avere ancora un sacco di strada da fare. Le cose vecchie sono piene di difetti che adesso correggerei, le cose che faccio adesso sono piene di difetti che vedrò in futuro, e avrò voglia di correggere. Ma penso che non essere mai del tutto soddisfatti di quello che si fa sia l’unico modo per poter continuare a migliorare.

Topi e paperi a parte, Lucrezia, che appare nelle vignette di Donna Moderna, è diventato un personaggio diventato virale. Quanto ti rispecchi in lei?
Lucrezia è una versione paradossale di me. Pesca a piene mani dalla mia esperienza, ma io non sono lei. Ho più freni, più remore. Quindi un po’ mi nascondo dietro a lei: la mando avanti e sto a vedere cosa succede.

Credits: silviaziche.com
Credits: silviaziche.com

Cosa consiglieresti a chi vuole intraprendere la strada come disegnatore\disegnatrice di fumetti?
Consiglio di disegnare tantissimo, di essere i primi severissimi critici di se stessi, e quando si è convinti di aver dato il meglio, e solo allora, cominciare a mandare in giro i propri disegni cercando un editore e difendendoli con le unghie e con i denti. E’ bene anche testare i propri lavori sul web, con un blog o una pagina Facebook. Così si hanno dei riscontri sinceri (mamme, zie e fratelli ti diranno sempre che si un genio, ma questo non significa che sia vero), e si possono cominciare a correggere i propri difetti.

Grazie Silvia per averci concesso il tuo tempo.
Grazie per la pazienza!

Nonsoloturisti: “State per partire? Se possibile non fate il biglietto di ritorno!”(INTERVISTA)

Girovagando sul web in cerca di viaggi sono ‘inciampata’ nella pagina facebook “Non solo Turisti”. Mi ha subito colpito per un motivo: al contrario di altre mille pagine in tema di viaggi non solo Turisti racconta emozioni.
Racconta tramite foto, descrizioni, consigli. Sono stata subito catapultata a Fuerteventura, per poi volare negli Stati Uniti, passando per San Francisco, Parigi e ancora ritrovarmi pagina dopo pagina in India, Egitto, in Canada rapita dalle maestose cascate del Niagara e incantata dai paradisi naturali della Polinesia.
Non riuscivo più a tornare a casa.

Su Blog di Lifestyle l’intervista a Flavio Alagia, che si occupa dei contenuti della pagina web, di questo diario di bordo che pullula di esperienze, di bellezze naturali, di amore, amore puro per la vita, una vita dedicata a viaggiare.

Vi presentate ai nostri lettori?

Mi chiamo Flavio Alagia, ho un’età compresa tra i 20 e i 40 anni che non intendo specificare, amo viaggiare e mettermi nei guai in modi originali e tragicomici in paesi che la maggior parte delle persone farebbe fatica a individuare sulla mappa. Dopo una laurea di dubbia utilità in giornalismo mi sono immolato in varia misura nell’ufficio stampa dell’Università degli Studi di Verona, in un quotidiano locale sempre nella città scaligera, in una rivista edita da una ONG in Sudafrica. Marco Allegri, il fondatore di NonSoloTuristi.it, mi ha adescato un paio d’anni fa. Da allora scarico le mie manie di protagonismo sul web e impongo la mia tracotante autorità sui nostri collaboratori. Insomma sono il responsabile dei contenuti di NonSoloTuristi.it.

Come nasce NonSoloTuristi.it?

NonSoloTuristi.it nasce come un diario di viaggio, un travel blog personale della coppia italo-britannica Marco e Felicity. I due-cuori-e-un-biglietto-aereo erano partiti nel 2010 per un viaggio intorno al mondo e ne narravano le tappe sul sito e sulla sua versione anglofona ThinkingNomads.com. Quando si sono accorti di avere un certo seguito – complici anche le loro esperienze passate nel marketing online e nel social media management – si sono detti “col cavolo che torniamo a lavorare in ufficio!”, e da allora hanno fatto della nostra piccola zattera virtuale un luogo in cui condividere esperienze, consigli, immagini, racconti e notizie.

Il successo sul web è notevole, quasi 12 mila mi piace: come vi spiegate questo successo?

Dei 12.000 contatti su Facebook siamo ovviamente molto orgogliosi, così come dei 3000 che ci seguono su G+ e degli 86.000 su Twitter. I numeri, però, servono solo per mandare avanti il carrozzone, senza di essi non potremmo presentarci ai nostri sponsor con il petto dovutamente in fuori per esigere le scarsissime risorse che ci consentono di andare avanti. Il vero successo è l’interazione con i nostri lettori, la fiducia che ci dimostrano quando ci chiedono consigli per i loro prossimi viaggi, l’affetto che ci sorprende nel leggere un commento ad un articolo appena pubblicato, il contributo generoso e spontaneo di decine e decine di viaggiatori.

Si tratta di un rapporto delicato ma molto importante che è stato costruito giorno dopo giorno puntando sulla passione che ci anima in viaggio e davanti alla tastiera; sulla coerenza e l’impegno nel cercare di dare voce a tutti; sulla trasparenza – mai abbastanza, ma sempre inseguita – nel riportare fatti e giudizi con onestà e coraggio; sulla scelta spesso criticata di favorire un approccio più professionale, che valorizzi anche linguaggio e forma, senza indulgere in toni troppo emotivi o accentuati personalismi.

Quali destinazioni, mete, Paesi vi hanno colpito maggiormente e perché?

Questa è l’eterna domanda a cui probabilmente non sapremo mai dare una risposta soddisfacente. Ogni luogo ha in sé un po’ di magia che si rivela al momento opportuno a chi ha gli occhi e il cuore per coglierla. Di recente Marco è stato nel freddo Nord, in Islanda e Norvegia, tra ghiacciai, aurora boreale, sole di mezzanotte ed altre incredibili meraviglie. Ci ha portato immagini e racconti capaci di far venire la pelle d’oca anche a Thor e a Ragnar Lothbrok. Io solitamente preferisco mete più calde, anche perché i giacconi nello zaino non troverebbero proprio posto.

Amo molto il mondo arabo, Paesi dal fascino inesplicabile che si caratterizzano con un profondo senso dell’ospitalità e – purtroppo – anche con profonde controversie che nei casi più drammatici portano a quei conflitti di cui abbiamo spesso notizia. Sono stato a lungo in Marocco, dove la cultura araba si confonde con quella berbera e sahrawi. Ho assistito alle elezioni presidenziali in Egitto, un altro Paese centrale nella cultura dei viaggiatori che in questi anni ha subito profonde e inquietanti trasformazioni. E ho raggiunto il Libano, dove la crisi siriana e l’occupazione israeliana continuano a tracciare segni profondi e dolorosi sulla società multietnica di questa incredibile nazione.

C’è un posto che consigliate di vedere almeno una volta nella vita?

Certo, molti a dire il vero. Ma invece di tediare inutilmente i lettori su questa pagina preferisco indicare un elenco dettagliato che include tutte le principali mete che andrebbero assolutamente viste almeno una volta nella vita. Si chiama atlante.

Meglio viaggiare da soli o in compagnia?

“Meglio” forse non è il termine più adatto. Ogni scelta ha i suoi vantaggi e svantaggi. Certo che viaggiare da soli è molto, molto più semplice. Viaggiare insieme è peggio di coabitare. In casa almeno ognuno ha i suoi spazi, esce per andare a scuola o al lavoro, si lascia ipnotizzare per ore dalla televisione. In viaggio invece si è davvero a contatto l’uno con l’altro per 24 ore su 24. Ogni scelta si ripercuote sul gruppo, e se l’esito non è quello sperato la frustrazione di uno alimenta quella degli altri. Io sono molto felice quando incontro qualche compagno di viaggio, ma sapere di poter tagliare la corda in qualunque momento è fondamentale.

Il giorno che troverò una persona con cui io possa viaggiare, non avrò altra scelta che sposarla. Inoltre viaggiare da soli rende più aperti e socievoli, ci si lascia più facilmente assorbire dalla cultura locale, si fanno incontri inaspettati e si vivono più avventure.

“Non solo turisti”: che differenza c’è tra un turista e un viaggiatore?

E chi lo sa? Di solito chi si definisce “viaggiatore” lo fa sempre con una punta di presunta superiorità, come se arrivato in un paese sconosciuto non debba anche lui superare barriere linguistiche e culturali, o non cercasse anche lui le attrazioni più popolari o i souvenir più bizzarri. Certo che se per qualcuno viaggiare significa prenotare una vacanza all inclusive sul Mar Rosso una volta l’anno, allora è davvero un turista e nient’altro.
Ecco perché “non solo turisti”. Turisti lo siamo tutti quando visitiamo per la prima volta un posto nuovo, non c’è niente di male. Ma sforzarsi di capire, di conoscere, avvicinarsi al diverso con rispetto e umiltà… ecco, questi atteggiamenti possono talvolta renderci qualcosa in più che semplici visitatori di passaggio, possono permetterci di catturare l’essenza di un luogo e portarne un pezzettino con noi. In modo che il viaggio fisico sia anche un viaggio interiore verso la persona in cui ci stiamo trasformando crescendo.

Ci lasci con tre consigli per chi si appresta a fare un viaggio importante?

Fare una copia digitale di tutti i documenti importanti e inviarsela per email; cenare un’ultima volta con tutti gli amici più cari, gustando i piatti preferiti della propria cucina regionale; se possibile, evitare di comprare il biglietto di ritorno.