venerdì, 22 Novembre 2024

La Serialist

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La Serialist parla con il lettore, in modo ironico, di serie tv in relazione alla società di oggi, per comprendere a fondo cosa vuol dire essere una telefilm dipendente.

Facebook non è la vita reale, le serie tv lo sono (LA SERIALIST)

Credits: zap2it.com

“Non è una serie tv. È uno stile di vita. Una religione”, così dicevano le Gilmore Girls quando veniva chiesto cosa stessero guardando così intensamente in televisione. All’epoca della messa in onda non conoscevamo ancora la magia dello streaming, ma il piccolo schermo ci forniva già un modo per svagarci ed isolarci dalla cosiddetta ‘vita sociale’.

Poi nel 2004, Mark Zuckerberg creò Facebook e cambiò tutto. Le persone si iscrissero per tenersi in contatto tra loro; poi subentrarono i giochi, le foto, i video, i commenti, i sospirati ‘mi piace’ per ottenere popolarità, e infine i selfie. Queste persone pensano che passare più tempo su Facebook li renda parte della vita sociale, ma forse a loro sfugge il fatto che stanno parlando tramite un computer. Almeno noi telefilm dipendenti, quando conversiamo con i nostri personaggi immaginari, a volte riceviamo risposte. Tranne quando diciamo loro di non morire e nella puntata successiva ci lasciano.

Non è vero che le serie tv non sono reali. Al contrario. Senza i telefilm post-apocalittici non sapremmo come comportarci in caso di un’invasione di zombie o di una vampirizzazione di massa; senza i medical drama non potremmo conoscere in anticipo le nostre diagnosi perché “L’ho visto fare in Grey’s Anatomy”; o ancora, saper risolvere un crimine prima ancora della polizia stessa grazie alle serie tv poliziesche.

Le serie tv sono vita reale: quando la nostra coppia preferita litiga o si separa, noi soffriamo con loro e il loro dolore diventa parte di noi. Ci chiedono: “Cos’è successo? È morto qualcuno?”, e noi scuotiamo la testa, trattenendo le lacrime e rispondiamo: “Peggio. La mia OTP (One true pairing) si è lasciata”. Quando invece veniamo a sapere che una coppia di amici ha divorziato, la nostra reazione è: “E allora?”

Cosa ci differenzia dai nostri amici che non guardano telefilm? Per loro Facebook è il posto dove sentirsi cool e condividere estratti della loro vita sociale. Per noi, Facebook è il luogo in cui possiamo parlare di cose con persone che la pensano come noi, annuire e rispondersi con citazioni dalle nostre serie tv che solo pochi eletti conoscono. I telefilm sono reali nella nostra mente perché creano dei legami con amici virtuali che non pensavamo di poter avere. E queste persone inaspettatamente possono diventare i nostri migliori amici.

Non è una serie tv, ma uno stile di vita.

I miei film mentali (LA SERIALIST)

Scrubs era un telefilm che parlava di un gruppo di medici alle prime armi in una grande struttura ospedaliera e ogni episodio aveva la caratteristica di essere narrato dal punto di vista del protagonista, J.D., che era una specie di Meredith Grey prima di Grey’s Anatomy. A differenza però di quest’ultima serie altamente distruttiva e depressiva per i suoi telespettatori, Scrubs era più leggera, divertente, ma al tempo stesso riflessiva.

Scrubs ci faceva ridere perché J.D. era un tipo strano: ad un certo punto di una conversazione noiosa, lui si assentava per un po’ e iniziava a viaggiare con la fantasia, cominciando a farsi i cosiddetti film mentali e a immaginarsi scene simpatiche e colorate ispirate a qualche dettaglio della situazione. Nessuno a parte il suo migliore amico Turk riusciva a capire cosa accadeva nella mente di J.D. Lui lo conosceva così bene che a volte era in grado di indovinare a cosa stava pensando e magari anche a far parte dello stesso film mentale.

Anche io sono un po’ come J.D. e non lo faccio per offendere. Quando ci sono i genitori che stressano con le solite domande “Hai mandato il curriculum lì?”, i nonni con “E il fidanzatino?” e gli amici che “Ma l’hai visto quel tipo? Sai chi è incinta adesso?”, ecco che mi estraneo dalle conversazioni e inizio a immaginare un mondo migliore in cui tutte le persone noiose non sono altro che nemici che devo combattere. A volte sono gli zombie di The Walking Dead, altre volte sono gli Estranei di Game Of Thrones. Generalmente riesco a sconfiggerli grazie ai miei super poteri che sviluppo durante la mia fantasia mentale.

Preferisco tenere le fantasie per me, o al massimo condividerle con chi mi capisce meglio e sa cosa vuol dire estraniarsi in quel modo. Il problema è che finita la fantasia, quando i genitori si aspettano una risposta alle loro interminabili domande, io non ricordo nulla. Non è facile spiegare il significato di ‘film mentali’ a chi problemi non ne ha.

Ci piace immaginare le cose perché siamo dei sognatori ottimisti e speriamo che ci sia un futuro migliore. Magari con il lavoro dei sogni, accanto al tipo che è identico al nostro attore preferito (siamo realisti: non ci ritroveremo il nostro attore preferito ai nostri piedi, a meno che non siamo Katie Holmes e lui sia Tom Cruise). Per ora non possiamo che continuare a sognare ad occhi aperti e condividere le nostre fantasie con il nostro Turk di turno, che sarà il nostro più fedele spettatore.

Nei miei film mentali il lieto fine è sempre assicurato.

Benvenuti a Shondaland (LA SERIALIST)

Credits: The Hollywood Reporter

Il rapporto che i fan hanno con Shonda Rhimes è difficile da spiegare. Se avessero una relazione e la rendessero pubblica su Facebook, probabilmente risponderebbe allo status di “è complicato”. Ormai gli appassionati che seguono Grey’s Anatomy da undici stagioni lo sanno bene: odiano ed amano questa donna. La si odia per tutto il dolore che fa passare ai nostri personaggi preferiti, facendoli soffrire e talvolta (molto spesso) morire. E allo stesso tempo la si ama perché riesce a creare delle situazioni così perfette e reali che noi restiamo ad ascoltare lo stesso monologo incantati davanti allo schermo esclamando: “Shonda, sei un genio.”

Questa donna ha all’attivo tre serie tv e una quarta inizierà nell’autunno della nuova stagione televisiva, e si è guadagnata la sua serata sul piccolo schermo, tanto che ormai i fan lo dicono appena controllano il calendario: “Thank God it’s Thursday”. Il suo impero del giovedì sera si chiama Shondaland.

Ma cos’ha di speciale Shonda Rhimes? Sono le sue donne protagoniste. Personaggi apparentemente forti, ma che nascondono una fragilità interiore perché sono vittime del loro passato, che ritorna prepotentemente a disturbare il loro presente. Esse sono passionali, perché quando amano danno via anche l’anima; ma sopratutto sono così dolcemente complicate. Ci stupiscono di stagione in stagione, hanno i loro muri interiori che non aspettano altro di essere abbattuti. Ho tre nomi per voi: Meredith Grey, Oliva Pope e Annalise Keating.

Meredith Grey

Lei la conosciamo tutti. L’ex cupa e insicura Meredith Grey trova l’uomo della sua vita nel suo capo Derek Shepherd. Stanno insieme, si mollano quando torna la moglie di lui, tornano insieme, poi si lasciano di nuovo perché lui vuole metter su famiglia, lei ancora non è pronta ed è tormentata dalla madre malata di Alzheimer, che vorrebbe in lei qualcosa di straordinario, invece che di ordinario. Quando capisce di perdere Derek, Meredith arriva a un punto di svolta, e la cupa e insicura ragazza lascia lo spazio a una donna raggiante pronta per il suo scintillante futuro. Dopo la morte di Derek e le arrabbiature dei fan contro Shonda Rhimes, ricordiamoci chi è il fulcro di Grey’s Anatomy: è lei, Meredith Grey. Ha perso suo marito, ma ha ritrovato negli occhi della bimba appena nata quelli di Derek; è lei il sole, il punto fermo della storia, e ha dimostrato di non essere come sua madre, che alle prime difficoltà, fugge. Meredith è scappata all’inizio appena Derek è morto, ma è ritornata. Ha capito che è straordinaria e non ordinaria. Perché si può essere una donna felice senza un uomo al proprio fianco.

Oliva Pope

Olivia Pope è la protagonista di “Scandal” ed è una donna forte e decisa che ha scelto di allontanarsi dall’uomo che ama perché sarebbe andata incontro a una relazione impossibile – lui è il Presidente degli Stati Uniti, Fitzgerald Grant. Lei è una gladiator, combatte in un’arena di politici e sa fare bene il suo lavoro: alla Casa Bianca era direttore delle comunicazioni della Casa Bianca per il presidente repubblicano. Insieme a un gruppo di persone specializzate ai quali ha salvato la vita, Olivia fonda la una società tutta sua allo scopo di coprire gli scandali e le crisi politiche. Il destino per Olivia e Fitz è crudele: si incontrano, si scontrano, ma ogni volta che si guardano o si sfiorano accade la magia. Lui sembra rappresentare il suo punto debole, perché tra gli uomini di alto rango, Olivia sa come tenerli a bada con determinazione.

Annalise Keating

Annalise Keating è invece la protagonista di “How to get away with murder” e neanche qui Shonda Rhimes si smentisce presentando una donna forte, carismatica e determinata. Annalise è un avvocato difensore di successo nonché docente di diritto penale che insegna a un gruppo di studenti scelti tutte le regole del delitto perfetto. Ma come ogni donna, anche quella più forte ha le sue debolezze: il marito Sam, che l’ha tradita, e l’amante di lei. Simbolica la scelta di Shonda Rhimes nel mostrare la vera Annalise King sotto il trucco. La donna, infatti, durante il giorno indossa una mascara di bellezza e una parrucca per difendere i suoi clienti in tribunale. Un’altra guerriera anche qui, che in pubblico indossa una maschera per lottare, ma nel privato nasconde le ombre di un matrimonio che vacilla. Non sempre si può conciliare vita privata con vita pubblica.

Il successo delle serie tv di Shonda Rhimes si nasconde in queste tre donne: un medico, una crisi manager e un avvocato. Che siate donne di successo con o senza un uomo, non ha importanza:

Lui è un sognatore, ma non è il sole. Tu lo sei.

Non parlarmi, la mia serie tv è in pausa (LA SERIALIST)

C’è chi ha il colore bianco-studente, tipico di quelle persone che passano l’estate chiuse in casa per concentrarsi sui loro esami. E poi c’è il colore bianco-psycho che appartiene a quelle persone che hanno appena realizzato che la loro serie tv è andata in pausa e stanno impazzendo nell’attesa del suo ritorno.

Noi telefilm dipendenti facciamo parte di questa categoria che odia l’estate. Il motivo? Le nostre serie tv vanno nel cosiddetto ‘hiatus’ estivo. Dicasi ‘hiatus’ quella condizione di vuoto in cui i nostri show televisivi ci lasciano penare, mentre loro decidono di farsi una bella vacanza di tre mesi, consapevoli e soddisfatti, alla faccia dei loro fan che invece si strappano i capelli nel tentativo di sopravvivere al finale di stagione.

Ora, immaginate se dopo aver visto l’ultima puntata, la vostra serie tv vi lasciasse con un colpo di scena della serie “Morirà oppure no? E io come faccio ad aspettare tutta l’estate per sapere se sopravvivere all’Apocalisse?”. Aggiungete il vostro fidanzato che proprio in quella serata ha deciso di organizzare una sorpresa per voi. Ovviamente non siete dell’umore adatto e terrete il muso per tutto il tempo. Tanto per aumentare la dose, voi donne siete nel vostro periodo del mese.

E lui è lì che cerca di capire il vostro stato d’animo, ma ci sono cose che non possono essere spiegate. Per tutto il resto c’è Mastercard. Certo. Ma come spiegare l’ansia che segue dopo la realizzazione che la stagione televisiva è terminata, oppure il senso di inquietudine ogni volta che una tragedia colpisce Grey’s Anatomy, o ancora la morte di quel personaggio che amavate tanto. No, certe cose non possono essere spiegate a parole. Quindi tanto vale sfogarsi con foga.

Lo guardate in cagnesco appena risponde che “Ti stai disperando per una serie tv?”. Quindi partite all’attacco ruggendo “Non è una serie tv. È uno stile di vita.” Non ci possono capire.

Quando una donna risponde male, non sempre è per via delle sue cose.
Ma è perché è terminata la stagione di una serie tv e non vuole parlarne.