giovedì, 26 Dicembre 2024

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Attenzione: il sushi fa ingrassare

Il sushi? Un piatto amato da milioni e milioni di persone in tutto il mondo – sopratutto dalla generazione femminile – che sta sbancando in tutte le città del pianeta (preparatevi, perché tra poco arriverà anche la versione con la frutta).
Quello stesso sushi che è generalmente considerato un piatto light e sano – oltre che delizioso – proprio perché a base di riso, pesce ed alghe. Quello stesso sushi che, in realtà, contiene parecchie calorie, soprattutto quando si tratta di piatti elaborati dal gusto occidentale.
Il pericolo di mettere su chili è dietro l’angolo.

Secondo la dietista Rachel Beller, autrice del libro “Eat to lose, Eat to win”, un pranzo – ritenuto dai più – leggero, a base di sushi, può rappresentare un’overdose di calorie e carboidrati.
Con una media di 1000 calorie a pasto, oltre che una buona dose di carboidrati e sale, è uno dei piatti meno sani che ci siano, pari quasi al junk food.
Il problema sta proprio nell’eccessiva quantità di carboidrati, e quindi di zuccheri, nell’elevata presenza di sale, e nei troppi pochi grammi di pesce, alghe e verdure. Per non parlare, poi, delle salse come la maionese o dei formaggi che, in tutti i ristoranti giapponesi aperti in occidente, vengono aggiunti a sproposito, quasi per peggiorare la situazione.

“Un rotolo di sushi tipico contiene 290-350 calorie e parlando di carboidrati ha l’equivalente di quattro fette di pane – afferma la Dottoressa Beller – Un California roll (cioè del sushi arrotolato che contiene un piccolo pezzo di pesce, maionese e avocado) è uguale a due panini farciti con bastoncini di granchio, una scheggia di avocado e un po’ di verdura”.
Il principale colpevole è il riso, che compone il 75% del piatto: non è bollito in acqua e viene insaporito con aceto di riso; è dunque particolarmente ricco di carboidrati e zuccheri.
Quanto al pesce contenuto nei sushi roll, spesso si tratta di nient’altro che polpa di granchio, un composto di pesce pieno di coloranti e conservanti.
Si arriva al peggio, poi, quando si intinge il sushi nella salsa di soia, che praticamente equivale a sale liquido.
Un altro problema è che il sushi non sazia: le persone dotate di grande appetito non potranno trovare in queste piccole porzioni un riempimento per tutta la giornata.

Ma non è detto che chi è attento alla propria linea deve per forza di cose rinunciare al sushi. Può concederselo ogni tanto come ricompensa, oppure mangiarlo più spesso, ma con moderazione, e preferibilmente nelle sue varianti poco elaborate.

[Credit: ilMessaggero]

Dove Unilever e l’esperimento del cerotto della bellezza (VIDEO)

E’ uscito il 9 Aprile, contemporaneamente in 65 paesi del mondo, Dove Patches il video di 4 minuti della nuova campagna pubblicitaria della Dove Unilever dove sette donne si sottopongono ad un esperimento di bellezza per aumentare la loro autostima. L’esperimento consiste nel portare al braccio per ben 15 giorni un cerotto che avrebbe la capacità di far vivere a queste donne un’esperienze unica che le aiuterà a migliorarsi e a sentirsi belle.

Prima di sottoporsi all’esperimento, le donne in un faccia a faccia con la psicologa Ann Kearney-Cookie hanno ammesso di non sentirsi al proprio agio con il loro corpo e di trovarvi parecchi difetti:

“Ultimamente evito quasi di guardarmi allo specchio” ammette una; “Quando mi guardo trovo molte imperfezioni” dichiara un’altra; “Tutti vogliono sembrare più giovani, perché non si può stare bene con la propria età?” conclude una terza.

La psicologa, dunque, dà il cerotto RB-X a ciascuna delle sette raccomandandole di filmarsi giorno per giorno al fine di raccontare, in una sorta di Video Diary, la loro esperienza.
Durante i primi giorni le donne ammettono di non notare la differenza, ma nel corso delle settimane iniziano a sentirsi più belle e a proprio agio grazie soprattutto all'(ipotetico) principio attivo del RB-X.

Terminata la terapia le donne scoprono, come prevedibile, che all’interno del cerotto non vi era nessun principio attivo, dunque era tutto un effetto della loro psyche.

La campagna di Dove mira a ricordare alle donne, e non solo, che bisogna avere più autostima di se stesse senza lasciarsi abbindolare da tutti mezzi più assurdi per apparire belli.
«La bellezza è uno stato della mente» è il messaggio che l’Unilever lancia a fine video.

Nonostante le buone intenzioni dell’azienda di cosmesi nell’aiutare le donne a ritrovare la propria autostima ed a sentirsi belle sempre, dal momento che la bellezza non è solo quella esteriore, la campagna pubblicitaria in sé non è stata esente da critiche, in quanto sembra voler fare apparire il genere femminile così ingenuo da credere che un cerotto possa fare miracoli sulla bellezza.

‘Come’n Kitchen’ la nuova tendenza: cene a sorpresa e nuove conoscenze

Si chiama “Come’n Kitchen” ed è il catering creativo più famoso sul web. L’idea è nata da quattro under 30: Jacopo, 27 anni e studi in economia, Erica, 26, laureata in comunicazione, Nicolò, 28 anni, cuoco e Davide, barman di 29 anni. In poco tempo ha ottenuto un successo stratosferico, soprattutto su Facebook, dove è nato e si è sviluppato: “Serve solo una casa libera, al resto pensiamo noi” è il motto dei quattro giovani organizzatori.

Come’n Kitchen è una vera è propria organizzazione perfetta di eventi: bisogna “arrivare da soli“, o al massimo in due, e avere tanta voglia di conoscere gente nuova. È tutta una sorpresa.

“Funziona così — spiegano i quattro creatori — prima troviamo qualcuno disposto a metterci la casa, e per lui la cena è ovviamente gratis, poi raccogliamo le adesioni su Facebook e arriviamo con un catering completo, dai tavoli alle posate”. L’appuntamento è due volte al mese, sempre il mercoledì. Sopresa fino all’ultimo istante: una settimana prima vengono comunicati gli ingredienti, qualche giorno prima il menù e solo la mattina stessa si svela ai partecipanti l’indirizzo a cui presentarsi. Ogni serata ha un tema ad hoc, sempre diverso ed originale. Costo sui 30 euro a testa.

Silvia, 38 anni, alla sua seconda partecipazione alla “Come’n Kitchen”, dice: “A me la cosa che piace di più è proprio il segreto, il fatto che fino alla mattina non sai dove devi presentarti”. “Quello che mi piace di queste cene — continua Lucia, argentinaè che ti permettono di conoscere davvero altre persone. Al bar o nei locali non funziona, si resta sempre in gruppetti. Io invece vengo qui e mi siedo al tavolo da sola, vicino a personeimprobabili, diversissime da me, e mi diverto un sacco. Non me ne perdo una!”. Fabio invece, a 29 anni, si è anche fidanzato. Tutto grazie alla sorpresa, al buon cibo e alla grande curiositas.

Hostess, le divise in volo tra eleganza e polemiche

Le divise delle hostess affascinano da sempre passeggeri e appassionati del mestiere. Il taglio impeccabile, il portamento delle dipendenti, ma anche l’unicità delle uniformi caratteristiche di ogni compagnia aerea, sono gli elementi che fanno di queste particolari divise esempi di stile ed eleganza. I tacchi bassi sono una priorità, poiché la comodità è necessaria a bordo, mentre l’abbigliamento varia per ogni compagnia, che ne determina modello e taglio, facendo riferimento a una diversa casa di moda.

Non mancano però nemmeno le polemiche per quanto riguarda il taglio delle divise. In Giappone infatti si è aperto il dibattito intorno alla decisione della compagnia aerea Skymark Airlines di vestire le assistenti di volo in maniera più attillata, accorciando le gonne in maniera a dir poco vertiginosa. L’accusa è quella di trattare le donne come degli oggetti, dal momento che questa uniforme rappresenta una pubblicità per attrarre i clienti.

hostess, le divise in volo tra eleganza e polemiche

Ma oltre a essere poco decorose, le divise costituiscono un problema anche per quanto riguarda la sicurezza a bordo. Infatti, in caso di emergenza, le divise attillate e corte potrebbero impedire la rapida attivazione delle hostess. C’è chi parla addirittura di un rischio di ‘molestie sessuali’ che diventerebbe molto più realistico e del disagio provocato quindi a chi dovrebbe svolgere il proprio lavoro nella massima tranquillità.

Ma è già successo che le divise in volo aprissero dibattiti e che le assistenti di volo si ribellassero, rifiutandosi di indossare le divise. Nel 2012 le assistenti di volo della compagnia aerea Meridiana Fly si erano ribellate alla taglia 42 disegnata e decisa da Cristina Coelin, ex modella e moglie dell’amministratore delegato della società. Una taglia considerata troppo stretta e altamente lesiva della dignità femminile, marcatamente sessista e discriminatoria. Così venne definita all’epoca dalle dipendenti della compagnia.

D’altra parte però, le divise fanno discutere soprattutto per la loro eleganza, al di là dei pochi casi in cui si scatenano polemiche a riguardo. Vi è un vero e proprio giro d’affari alla base, in cui vengono coinvolti grandi stilisti, incaricati di disegnare divise in grado di caratterizzare al meglio compagnie e paesi di provenienza.
Vivienne Westwood ha disegnato le uniformi della Virgin Atlantic, mentre la celebre Air France ha affidato il compito a Christian Lacroix che ha creato una divisa sofisticata, con dettagli recuperati dal passato e portati nell’era moderna, costruendo così un’uniforme unica sia per lui che per lei. Gianfranco Ferré ha disegnato nel 2005 quelle per la compagnia aerea vietnamita, caratterizzate da gonna a tubino e tailleur, decorose ed eleganti nella loro semplicità come le dipendenti che le indossano.

Banana Republic ha disegnato invece la collezione di divise per la Virgin America, dal taglio casual, con gonna nera a tubino e camicia nelle tonalità rosso e grigio. Una delle più particolari è quella disegnata da Pierre Balmain per la Singapore Airlines: le hostess indossano l’abito lungo e colorato tipico del Paese, evocandone così le tradizioni. Alcune compagnie aeree come quella indiana o araba si distinguono infatti proprio per aver creato divise che ricordano il paese d’origine, attraverso colori, forme e modelli particolari.