giovedì, 19 Dicembre 2024

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Animalismo, anticapitalismo o salutismo? Cosa si nasconde dietro alla scelta di astenersi dal consumo della carne? Lo scopriamo insieme con loVeg, la rubrica dedicata ai vegetariani e ai vegani, ma anche ai curiosi che, forse, lo saranno un domani

La Guinness lancia la birra vegan (IoVeg)

Dai vermetti nella tequila al sangue bovino in certi vini o alle uova in alcuni cocktail, anche le bevande possono presentare degli ingredienti che metterebbero in difficoltà qualsiasi vegano.

A partire dal 2016, però, ce ne sarà una che smetterà di dare problemi. All’inizio di Novembre, il Mese Vegano Internazionale, la Guinness, l’arci-nota distilleria irlandese con sede in Dublino da 246 anni, ha annunciato che non adotterà più un processo di rifinitura (una specie di procedimento di filtraggio) a base di colla di pesce, la proteina gelatinosa ricavata dalla vescica dei pesci.

La colla di pesce sarebbe l’ingrediente essenziale per rendere la birra schiumosa: le proteine in essa presenti, infatti, legano insieme quanto si accumula sul fondo del barile di birra agevolando lo scarto dei sedimenti, dando alla birra quella tipica chiarezza che è il marchio tipico di una pinta di qualità.

In realtà, però, tutto quel che la Guinness ha fatto è stato mettersi a giorno con l’intera produzione di birre nel Regno Unito, che da parecchio preferisce la birra priva di ingredienti animali.

In primis, per una questione di sapore: come è noto presso le più antiche distillerie, la birra non rifinita è ottima, perché la colla di pesce non rimuove quegli olii naturali che le conferiscono un gusto corposo e vellutato.

In secondo luogo, c’è da dire che la tecnologia è andata avanti: gli impianti delle distillerie moderne e una manutenzione accurata fanno sì che la birra possa risultare chiara già di per sé, senza nessun altro processo aggiuntivo.

Troppo spesso, le grandi distillerie commerciali, per le quali sono i costi quelli ad essere tenuti in considerazione per primi, utilizzano la colla di pesce e altri prodotti di derivazione animale come la gelatina, perché si tratta di alternative economiche all’attesa o all’uso di ingredienti veg come il Protofloc, una specie di muschio.

La LAV per i giovani con il Vegan Chef Contest (IoVeg)

Lanciato in tutta Italia dalla LAV il concorso Vegan Chef Contest, un’iniziativa rivolta nello specifico agli studenti degli Istituti Alberghieri ed Enogastronomici.

Ogni classe che parteciperà al concorso sarà tenuta a inviare entro il 15 marzo 2016 una ricetta che preveda ingredienti esclusivamente vegetali: tale ricetta andrà accompagnata dalle fotografie relative alla preparazione e da un’immagine che ritragga il piatto ultimato in ogni dettaglio. La fotografia che verrà ritenuta la migliore vincerà una sessione pratica di cucina vegana con uno Chef altamente qualificato, direttamente nella propria struttura scolastica.

Un’opportunità, perciò, non solo etica ma anche lavorativa, se pensiamo alle prospettive future dei nostri ragazzi: ormai i clienti vegetariani e vegani sono sempre di più e i ristoranti si stanno via via adeguando alle loro richieste.

La ristorazione sta subendo una grossa trasformazione e si trova davanti all’urgenza di doversi dotare di cuochi professionisti che siano pienamente in grado di far fronte a questo tipo di cucina, che non è più esclusiva come un tempo, ma si è ormai diffusa e radicata nel costume italiano ed estero.

Abbiamo pensato di offrire agli istituti che preparano i cuochi di domani un’occasione per sperimentare la cucina totalmente vegetale“, hanno detto i portavoce della LAV, la Lega Anti-Vivisezione, che supporta la scelta vegana per ragioni etiche e ambientali, ma anche per una più giusta distribuzione delle risorse.

E proseguono: “Sarà un modo per andare ad arricchire ulteriormente l’esperienza formativa dei loro giovani allievi, in un mondo del lavoro che, come quello di oggi, è decisamente competitivo“.

L’ex Blonde Vegan contro la dieta vegana (loVeg)

Un tempo blogger vegana convinta e fonte di ispirazione per centinaia di fan, la venticinquenne Jordan Younger oggi confessa che la dieta veg da lei seguita le ha fatto più male che bene. Dopo il successo conseguito grazie al suo blog The Blonde Vegan, dove mostrava fiera il suo lifestyle vegano ed elargiva consigli a quanti volessero intraprendere a propria volta questa scelta, la giovane californiana ha gradualmente abbandonato il veganismo per poi svelare, a un anno di distanza, i pericoli legati a un’alimentazione “così limitata” al New York Post, in un’intervista a proposito del suo ultimo libro in uscita dal titolo ‘Breaking Vegan’.

Jordan era diventata vegana all’ultimo anno del college che frequentava a New York e all’epoca presentava dei dolori addominali per i quali non era riuscita ad ottenere una diagnosi medica, così intraprese un regime alimentare iper-sano che potesse aiutarla – e, in effetti, così fu sulle prime. “All’inizio, è stato un processo depurativo e disintossicante. Sentivo salire dentro di me una grande adrenalina e una grande energia, perché i miei problemi allo stomaco sembravano essersi risolti“, ha detto la Younger. Un mese dopo essersi diplomata, lanciò il suo sito e il suo account Instagram, raggiungendo una grande popolarità con più di 70.000 follower. In qualità di ‘Blonde Vegan’, documentava la sua alimentazione salutare e condivideva ricette e consigli, un hobby che la rese pian piano più attenta anche a ciò che lei stessa ingeriva.

L’ossessione per la mia dieta cominciava non appena mettevo piede giù dal letto. Mi impediva di vivere una vita normale, ricca di interazioni sociali e interessi di ogni sorta“, prosegue Jordan. All’epoca, la sua intera esistenza ruotava attorno a cosa potesse mangiare e cosa no. Divenne, allora, dipendente dalle tisane depuranti, mentre stava attenta a tenersi alla larga dai cibi fritti, dallo zucchero raffinato, dal glutine e da salse e condimenti. La rigidità con cui limitò le sue scelte alimentari significò cominciare a pianificare dettagliatamente ogni pasto: uscire a pranzo o a cena fuori era un’ipotesi del tutto irrealizzabile.

Più in là, spiegò sul suo blog: “Quando mia madre e mia sorella vengono a trovarmi, credo di non riuscire a godermi neanche un solo pasto assieme a loro. Mangio prima di vederle o dopo averle viste, perché vado in panico soltanto all’idea che il cibo servito nei ristoranti dove andremo a sederci possa farmi sentire da schifo e rovinare tutto quello a cui ho lavorato finora“. Nonostante non se fosse consapevole, Jordan all’epoca era ortoressica, una persona sostanzialemnte affetta da una rigorosa fissazione per il mangiar sano, cosa che provoca un’attenzione patologica nei confronti di cosa e quanto si mangia, così come rispetto ai propri ‘strappi alla regola’.

La cosa diventò un vero problema soltanto quando gli effetti benefici del suo stile di vita vegano cominciarono a svanire: i problemi allo stomaco riapparvero e, insieme con loro, molti altri fastidi. Si sentiva molto stanca e si affaticava in men che non si dica: una sola lezione di yoga bastava a farla sentire stanca per tutto il resto del giorno. Dopo qualche tempo anche i capelli cominciarono a caderle e iniziò a farsi male con più facilità. Dimagrì moltissimo: perse più di 11 kg, arrivando a pesarne 47, cosa che non fu troppo pericolosa ma le fece comunque cominciare a sentire freddo per la maggior parte del tempo.

Poi, a distanza di un anno da quando aveva deciso di darsi al veganismo, e dopo soli sei mesi dal lancio del suo blog, le si interruppe il ciclo. E continuava comunque a ignorare quello che il suo corpo tentava in tutti i modi di dirle: e che cioè ciò che pensava fosse salutare per lei in realtà non lo era affatto. Ci vollero altri sei mesi prima che lo realizzasse: parlando con un’amica ricoverata in clinica a causa di alcuni disturbi dell’alimentazione, Jordan iniziò a intravedere delle somiglianze con la sua stessa esperienza.

L’amica le suggerì di mangiare del pesce, cosa che fece con molta riluttanza. Due giorni dopo, le mestruazioni riapparvero facendole capire, chiaro e tondo, che il suo corpo moriva dalla voglia di rimettersi in sesto. Poco dopo, la Younger andò a farsi visitare da un medico, il quale le disse che i suoi valori nutrizionali erano decisamente bassi e che avrebbe dovuto re-introdurre pesce e uova nella sua dieta. Mentre ascoltava, però, pensava anche alle migliaia di persone che la ritenevano un’ispirazione per il proprio stile di vita vegano, cosa che le dava non poche preoccupazioni.

Fu a giugno dello scorso anno che Jordan scrisse un post intitolato “Perché sto gradualmente abbandonando il veganismo“: qui, la giovane spiegava come all’inizio aveva intrapreso questa strada, quanto inizialmente le sembrasse un bene per il suo organismo. Eppure, nel seguire attentamente le regole alimentari che si era imposta, aveva del tutto ignorato i segnali che il suo corpo cercava di darle per dirle che la dieta vegana non stava affatto funzionando. “Il mio corpo ha cercato di parlarmi per mesi – ha detto Jordan – ma io non ascoltavo. Il risultato è stato che ho sviluppato una grave carenza di tutta una serie di vitamine e di ormoni, provocandomi un grosso squilibrio“.

Allontanarsi dal veganismo e cercare una soluzione sottoponendosi a una giusta terapia, questo era quello che aveva intenzione di fare: molti dei suoi lettori, allora, le hanno dato grande supporto, anche se qualcun altro non è stato altrettanto gentile, e le ha lasciato commenti spiacevoli in cui l’accusava di fare del male agli animali. “Come si può smettere di mangiare cadaveri e poi, come se niente fosse, tornare a mangiarli?“, ha scritto uno di loro. Jordan ha rapidamente perso un migliaio di seguaci: “Questo mi ha fatto realizzare quanto snob possano arrivare a essere le persone che appartengono a questo mondo“.

Eppure, non è che non abbia mai vacillato nel prendere la sua decisione. Da quel momento, comunque, ha scelto di tenere aperto il suo blog, diventato oggi The Balance Blonde, sito incentrato su un’alimentazione complessivamente sana. Una scelta, questa, che l’ha ripagata: i lettori sono tornati ad aumentare, e adesso sono più di 121.000. Jordan ormai mangia pesce, uova e all’occasione persino carne rossa, pizza e pasta. È sempre molto attenta a seguire un’alimentazione sana e spesso posta foto in cui consuma prodotti privi di lattosio o integrali, ma è assolutamente meno rigorosa di prima e ha capito che quest’elasticità non può che giovarle. “Le etichette, così come le scelte alimentari, possono essere davvero molto pericolose: e io ne sono un esempio lampante“.

Come si festeggia il World Vegan Day in Italia (IoVeg)

Credits: zliving.com

Nasceva solo ventun anni fa e all’epoca la maggior parte della gente non aveva idea di cosa fosse uno stile di vita vegano, ma oggi il World Vegan Day viene festeggiato anche in Italia e rappresenta la dimostrazione lampante di quanto si sia diffusa la consapevolezza che un mondo privo di massacri e sfruttamento degli animali non sia così impossibile da realizzare. E il 1° novembre diventa, così, la giornata ufficiale per sperimentare quest’alternativa. In giro per l’Italia, moltissime sono le manifestazioni dedicate al cruelty-free: Blog di Lifestyle vi segnala allora quelle proprio da non perdere.

Nella capitale, la festa si terrà in largo di Torre Argentina dove la Lega Anti Vivisezione distribuirà gratuitamente ricettari vegan e l’opuscolo “Piccola guida pratica”, che fa luce sui motivi e i benefici di questa scelta etica. Sempre a Roma, in Largo dei Lombardi, Animal Equality porterà virtualmente i passanti nei posti in cui vivono gli animali da allevamento, per illustrargli quello che a tutti sarebbe visibile “se i macelli avessero le pareti di vetro“.

Ancora, a Padova i Vegan Days saranno due. Già da sabato 31 ottobre, a Tuttinfiera sono stati organizzati momenti di dibattito su etica, ambiente e salute con molteplici personalità dell’universo vegano: dalla dj e scrittrice Paola Maugeri ai cuochi Eduardo Ferrante e Annalisa Malerba, passando per medici e nutrizionisti, fino ad arrivare al filosofo a attivista Leonardo Caffo. Da non tralasciare, poi, il Vegan Bistrò, dove si potranno assaggiare tofu, tempeh, seitan e mozzarisella: l’obiettivo della giornata è quello di coinvolgere e incuriosire i non-veg, raccontando una scelta che molte volte l’ignoranza fa vedere come estrema, mentre nella vita di tutti i giorni si rivela facile e naturale.

Davvero spassoso il titolo scelto per l’evento di Settignano, a Firenze: “Cachi e macachi” sostiene non solo la scelta vegan, ma anche un progetto d’inserimento in condizioni di semilibertà all’interno di bioparchi europei dei 15 macachi attualmente ospitati presso il Parco di Cavriglia (Arezzo). I fondi ricavati mediante cene e brunch saranno devoluti proprio per la realizzazione di questo programma. Se, poi, ve la cavate bene a cucinare, perché non partecipare al concorso “La torta gentile”, che selezionerà il miglior dolce privo di derivati animali.

Non dimentichiamo che “antispecismo” vuol dire empatia nei confronti di tutte le creature esistenti, esseri umani compresi: ecco perché in questa giornata, Animal Amnesty ha deciso di dedicarsi all’emergenza rifugiati: così, il 1° novembre a Brescia, Modena, Bologna, Napoli e Cosenza avranno luogo svariati eventi per offrire piatti vegan, ma anche altri beni, da portare nei centri profughi di tutto lo Stivale, per metterli a disposizione di chi, per sfuggire alla guerra, ha dovuto abbandonare alle sue spalle tutta la propria vita. Nel World Vegan Day, il cibo, insomma, ritorna a farsi condivisione reale.