martedì, 7 Maggio 2024

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La sveglia presto da utopia a realtà

Se ogni mattina, al suono della sveglia sapete già che prima di uscire di casa dovrete affrontare una battaglia con il letto degna di un advenger, forse dovreste rivedere un pò le abitudini e giocare d’astuzia grazie a qualche trucco che aiuti ad alzarvi prima iniziando la giornata senza andare di corsa.

Posiziona la sveglia lontana dal comodino

Sembrerà assurdo, ma una delle cose che riesce a farvi essere sempre in ritardo è proprio la sveglia. Pochissime persone si alzano dal letto al primo suono di questa, la maggior parte infatti la spegne o rinvia quella dello smartphone all’infinito per dormire qualche minuto in più.
Secondo alcuni studi però, i famosi cinque minuti di sonno non fanno altro che peggiorare l’inizio della giornata, in quanto ci rendono meno svegli e più stanchi. Posizionando la sveglia o lo smartphone lontani dal comodino saremo costretti ad alzarci per interrompere il fastidioso suono, superando quindi il primo odioso step per svegliarsi presto.

Organizzati e prepara la moka

Al mattino,si sa, meno sforzi si compiono e più si è felici di svegliarci. Alzarsi evitando di dover sottoporre il cervello a dubbi amletici del tipo: “come mi vesto?” è sicuramente un grande passo verso il Nirvana mattutino. Scegliere i vestiti, preparare l’occorrente per il make-up e magari anche la moka del caffè la sera prima ci faranno impiegare meno tempo il mattino seguente e ci renderanno più tranquilli e propensi al risveglio.

Coccolati

Sì, avete capito bene. Anche se la routine mattutina si svolge solitamente in maniera veloce e incalzante, questo non vuol dire che non possiamo ritagliarci un piccolo spazio per dedicarci ad un qualcosa che ci faccia stare bene. Che sia un bagno caldo, un make-up sofisticato, una camminata all’aria aperta o la semplice lettura del quotidiano. Tutto può andar bene, l’importante è che ciò che facciamo abbia la funzione di renderci positivi ed allegri per la giornata che si prospetta davanti a noi.

Cosa aspettate a metterli in pratica?

Le cose da sapere sul virus Ebola

L’epidemia sta allarmando tutta l’Europa, come tutto il mondo da aprile 2014. La peggiore, da quando il virus Ebola è stato scoperto, nel 1976, in Congo e Sud Sudan. E oltre l’Europa e il resto del mondo, preoccupa coloro che si preparano all’arrivo del virus in Italia: secondo i dati, il rischio sarebbe del 5% circa.

Per questo serve avere maggiori certezze di fondo.

Cos’è il l’Ebola e come si manifesta?

È un virus molto aggressivo, che appartiene alla famiglia delle Filoviridiae, e che provoca svariati sintomi, come febbri emorragiche, dolori ai muscoli e disfunzioni del sistema nervoso centrale. Il periodo di incubazione (dal momento del contagio all’insorgenza dei primi sintomi) va da 2 a 21 giorni. La morte è fulminante e sopraggiunge con la stessa velocità.

Sono stati isolati finora cinque ceppi differenti del virus, quattro dei quali sono letali per l’uomo. Di solito il virus è molto infettivo e virulento, e quindi se colpisce una o due persone di un villaggio si diffonde con estrema rapidità.

Da dove proviene?

A trasportare il virus sarebbero le volpi volanti delle foreste tropicali, prive tuttavia di sintomi. Il passaggio a qualche altra specie e poi all’uomo attraverso il bush-meat, cioè la carne ricavata da animali selvatici come antilopi o scimpanzé, deve essere stato la causa e il principio dell’epidemia.

Come si trasmette?

Il virus Ebola si trasmette principalmente attraverso fluidi corporei, come muco, sangue, saliva, ma anche attraverso rapporti sessuali (sembra che il virus rimanga attivo nello sperma anche fino a tre mesi dopo la guarigione). È stata però confermata sugli scimpanzé la trasmissione aerea del virus. Nei villaggi la vicinanza dei vari membri della famiglia, favorisce la trasmissione del virus. Inoltre è contrai bile solo da persone che già hanno presentato i sintomi tipici.

Quanto è pericoloso?

La sua percentuale di fatalità è del 68%. Finora ha colpito piccoli agglomerati in posti remoti, sterminando gran parte della popolazione presente. Lo sbarco nelle grandi città, favorirebbe le condizioni per una epidemia.

Perché la scopriamo solo ora?

Probabilmente a causa dell’incremento della penetrazione nelle foreste da parte delle compagnie di legname e minerarie.

Esiste una cura?

Nonostante alcuni tentativi, non ci sono ancora metodi clinicamente riconosciuti. Con la somministrazione di antipiretici e del farmaco Zmapp, è possibile la sopravvivenza, come già avvenuto in due casi.

Potete seguirne gli sviluppi le informazioni di base, la storia del virus, gli aggiornamenti sull’epidemia, il punto sulla sperimentazione, attraverso la diffusione e dati dell’Oms, con gli aggiornamenti pubblicati nella pagina Speciale Virus Ebola.

Disordine da stress post-traumatico: la cura è la cannabis

La cannabis può aiutare a prevenire i sintomi del disordine da stress post-traumatico, parola di scienziati. Pare, infatti, che questa droga leggera agisca sulle aree del cervello legate ai ricordi traumatici: un ulteriore tassello della ricerca che dimostra gli effetti benefici della marijuana.

I ricercatori dell’Università di Haifa, nello Stato di Israele, hanno esaminato gli effetti dello WIN 55,212-2, una sostanza sintetica che produce effetti simili a quelli del tetraidrocannabinolo (THC) contenuto nella marijuana.

Durante lo studio, i ricercatori hanno analizzato come questa sostanza andasse a influenzare le reazioni che i soggetti studiati manifestavano quando messi di fronte a ricordi del proprio trauma: coloro che soffrono di disordine da stress post-traumatico tendono, infatti, a vedere certi eventi, posti o situazioni come strettamente legati a quanto gli è capitato, ingigantendo gli effetti negativi.

Fautrice principale dello studio, la Dottoressa Irit Akirav dell’Università of Haifa, ha affermato: “Le scoperte fatte grazie alla nostra ricerca suggeriscono che a breve sarà possibile prevenire lo sviluppo del disturbo da stress post-traumatico così come l’ansietà che insorge a seguito di un evento traumatico“.

Per simulare il trauma, gli scienziati hanno somministrato alle proprie cavie degli shock elettrici: subito dopo, a parte di esse è stata somministrata la sostanza sintetica simile al THC. Pochi giorni dopo le cavie sono state esposte a oggetti che ricordassero loro il trauma subito: e quelle a cui era stato iniettato il surrogato del THC non hanno mostrato sintomi da disturbo da sindrome post-traumatica, mentre quelle a cui erano stati dati – così come comunemente si fa – degli antidepressivi sì.

I ricercatori hanno così osservato che nelle cavie ri-esposte al trauma vi era maggiore espressione di due recettori del cervello associati ai processi emozionali, i cosiddetti ricettori CB1 e GR. Il composto sintetico sostitutivo del THC ha dunque mostrato di prevenire l’espressione di questi due recettori nell’ippocampo e nella corteccia pre-frontale, le aree del cervello in cui si formano e si archiviano i ricordi traumatici.

Il cervello dei maschi preferisce il sesso al cibo

Forse qualcuno aveva ancora dubbi in proposito e quindi l’University of Rochester Medical Centre ha pensato bene di risolvere tutti i dubbi con uno studio condotto sul cervello del maschio per dimostrare che questo sopprime la fame a favore della ricerca di un compagno.

Lo studio è stato svolto sul cervello di un verme, di sesso maschile, che è stato esaminato al microscopio. Gli scienziati hanno esaminato due generi, maschi e ermafroditi, che ha organi riproduttivi normalmente associati con il sesso sia maschile che femminile e può accoppiarsi con i maschi.

Hanno messo i vermi in una capsula con del cibo e hanno dato loro la possibilità di scegliere tra mangiare e andare alla ricerca di un compagno. Alcuni vermi erano stati geneticamente modificati per renderli più sensibili all’odore del cibo. Il risultato? I vermi non modificati hanno abbandonato il cibo alla ricerca di un compagno, quelli modificati hanno avuto meno successo nell’accoppiamento perchè tendevano a non allontanarsi dal cibo.
I vermi ermafroditi invece hanno preferito stare fermi in prossimità del cibo.

Lo studio pubblicato sulla rivista ‘Current Biology’ suggerisce che i vermi normali sono stati in grado di ignorare o addirittura sopprimere la fame in favore di trovare un compagno.
La ricerca della University of Rochester Medical Center indica come i cambiamenti sottili nei circuiti del cervello dettano le differenze di comportamento tra maschi e femmine.

Il professor Douglas Portman sostiene che “mentre sappiamo che il comportamento umano è influenzato da numerosi fattori, tra cui le norme culturali e sociali, questi risultati indicano meccanismi biologici di base che possono non solo aiutare a spiegare alcune differenze di comportamento tra maschi e femmine, ma anche aiutare a spiegare perché persone di sesso diverso possono essere più sensibili a determinate malattie neurologiche.”
“Questi risultati dimostrano che sintonizzando le proprietà di una singola cellula, possiamo cambiare il comportamento.” conclude il professor Portman.

Chiunque avesse ancora dubbi a riguardo, con molta probabilità il cervello del maschio umano funziona esattamente come quello del verme maschio, dunque, cambiando l’ordine degli addendi, si sa, il risultato non cambia.