sabato, 13 Dicembre 2025

News

Home News Pagina 115

I migliori costumi di Halloween (FOTO)

I migliori costumi di Halloween di sempre: mancano pochi giorni alla festa più “paurosa” del mondo, una tradizione che non ci appartiene, ma proviene da paesi stranieri (Inghilterra in primis), che sta assumendo, in Italia, una valenza sempre più grande.

Tra “dolcetto o scherzetto”, zucche e candele, la febbre di Halloween colpisce soprattutto la ricerca del vestito: cosa mi metto quest’anno? I classici vanno sempre: scheletri, streghe, mostri e fantasmi. Ma quest’anno più di tutti si cerca la novità. Ecco un serie di idee per essere impeccabili ad Halloween e avere addosso gli occhi di tutti.

Halloween e la festa della paura: un evento che in molti non amano festeggiare in Italia, perché è una realtà nata e sviluppata oltralpe. Tantissimi gli italiani che si “rifiutano” di accettare una festa come Halloween. Molti altri sono, però, soprattutto i più piccoli, coloro i quali aspettano proprio il 31 ottobre per questa festa. Aspettano la fine del mese per indossare il loro costume migliore, cercare trucchi particolari e colori macabri, mangiare tante prelibatezze zuccherate e divertirsi per le strade della città.
Non amata dai “deboli di cuore”, Halloween è una gara di dolci e costumi, trucchi e caramelle.
Tantissimi i nuovi costumi perfetti per la festa: ecco alcune idee per essere alla moda anche ad Halloween

Stéphanie Zwicky: la fashion blogger con qualche chilo in più (FOTO)

Fashion blogger curvy, con qualche chilo in più. Non è una nuova moda, ma semplicemente un modo di essere.
Si chiama Stéphanie Zwicky, è francese, e possiede un blog di moda di grandissimo successo che si chiama Le blog de BigBeauty.

È un blog di moda per tutte le donne, senza distinzioni di taglia. “Più forti, meglio è”, dice la fashion blogger più stylish del momento. Uno spazio per tutte quelle che pensano che la moda non possa essere una semplice e banale restrizione di campo tra la 34 e la taglia 44. Per chi ha di più, vale di più, chiede di più. Perché lo stile non è semplicemente questione di taglia. Lo stile è un attitudine.

Scrive così la bella fashion blogger Stéphanie sul suo sito. È un appello contro il conformismo, contro le modelle tutte alte e super magre, con le taglie troppo strette, i vecchi e ormai obsoleti canoni di bellezza, contro il “bello è il magro”, contro chi fa la moda con vestiti firmati dalla testa ai piedi e tacchi che sembrano trampoli. Si può fare moda anche con qualche rotolino di carne in più, anche con vestiti semplici, senza pretese, ma una sola passione. È facile parlare di fashion con una Gucci e un paio di Jimmy Choo ai piedi. La sfida è ben oltre e Stéph ce lo sta dimostrando con la sua simpatia. Una fashion blogger “oltre gli schemi”.

Se il @DIavolo avesse Twitter? (INTERVISTA)

Credit Photo: www.meltybuzz.it

Se il @DIavolo avesse Twitter deciderebbe di mantenere nascosta la sua identità. Sfrutterebbe una buona dose di ironia per apparire più simpatico ai nostri occhi e avrebbe più di 100 mila follower.
Quello che è dato sapere lo ha svelato in un’intervista a Blog di Lifestyle.

Premettendo che a chi punta ad essere una divinità scesa in terra preferisco le divinità 2.0, raccontaci: chi il @DIavolo?

Il mio Dlavolo è come io vedo il Diavolo. Colui che ha liberato Adamo ed Eva da quel giardino zoologico chiamato Eden. Quello che ha aggiunto una coppia di zanzare sull’arca perché Noè aveva dimenticato di farle salire a bordo. Il mio Diavolo è quello che quando perdi i chili per colpa di una dieta è talmente onesto che li ritrova e te li riporta fino all’ultimo grammo. Il mio Diavolo è quello che raccoglie rifiuti umani e li butta nelle bolge, in pratica il Diavolo è colui che ha inventato la raccolta differenziata. Il mio Diavolo ha organizzato l’Inferno in gironi per illudere i tifosi di calcio che ci siano partite anche all’inferno.

Creare un profilo social ad un personaggio inventato ti ha mai fatto sentire nella posizione di poter dire cose che altrimenti non diresti mai?

No assolutamente. Del mio profilo solo il nome e l’immagine sono inventati, tutto il resto sono io. Nella vita privata sono esattamente come sono su Twitter. Mi ritengo una persona abbastanza irriverente e dissacrante che dice sempre ciò che pensa e, spesso, mi faccio odiare proprio per questo. Credo di aver mantenuto lo stesso atteggiamento sui social.

Di fatti non hai mai svelato la tua vera identità in rete. Si è mai creata una situazione in cui avresti voluto dire: “Il Diavolo sono io”?

Sono contento di aver tenuto celata la mia vera identità. Mi piace usare il mio profilo. Mostrarmi lo rovinerebbe perché in fondo è bello poterlo immaginare come più si desidera.

Del resto hai un successo su Twitter da oltre 100 mila follower. Altro che diavolo, il dio dei social verrebbe da dire (se non ci fosse già pure lui su Twitter!). Qual’è la tua chiave vincente?

Ti sembrerà strano, ma un paio di anni fa, quando avevo molti meno follower, mi divertivo di più. Spesso mi sento chiamare Tweetstar e subito mi sento associato ad un dissociato. È un termine che faccio fatica a digerire. All’inizio, quando mi sono iscritto, mai avrei immaginato che qualcuno avrebbe riso ad una mia battuta. Ora le cose sono 2: o a volte sono divertente o su Twitter c’è gente che non sta tanto bene. A parte gli scherzi credo che tanti follower siano dovuti un po’ al nome e un po’, come detto qualche riga più su, al mio modo di essere dissacrante.

“All’inferno il Diavolo è un eroe positivo” (S.L).
Sui social? Come viene vista questa tua interpretazione del Signore del male?

Più che una interpretazione la considero una reinterpretazione. Mi sono divertito a prendere un personaggio notoriamente cattivo e ho tentato di renderlo simpatico, spero di esserci in parte riuscito.

Saluti i nostri lettori con il tuo Tweet preferito?

Tra quelli che ho scritto questo è quello che più mi piace:

Un saluto e grazie.

Scandalo H&M: ecco come vengono davvero prodotti gli abiti

H&M al centro dello scandalo: finalmente rivelato ufficialmente come vengono prodotti i famosissimi abiti della catena low cost. Il merito della “scoperta” è da attribuire a tre giovani fashion blogger norvegesi che hanno raccontato nel dettaglio come vengono prodotti i vestiti degli store H&M di tutto il mondo. Il risultato dell’esperimento ha dell’incredibile e noi abbiamo deciso di raccontarlo anche a voi.

H&M e l’ondata di polemiche: è stato realizzato un docu-reality dal titolo “Sweat Shop” dal quotidiano norvegese Aftenposten. Protagoniste della ricerca sono delle giovani fashion blogger norvegesi inviate in Cambogia, uno dei luoghi in cui l’azienda low cost produce gran parte dei suoi capi, e hanno lavorato per un mese intero nei laboratori tessili dove vengono realizzati gli abiti, vivendo nelle stesse – pessime – condizioni in cui vivono gli operai di H&M. Alloggi fatiscenti e turni di lavoro massacranti, una realtà senza paragone che viola qualsiasi diritto umano. Paghe al di sotto del minimo necessario per sopravvivere e condizioni pietose.

Lo scopo dell’esperimento su H&M è stato quello di dimostrare come dietro alla catena di moda conosciuta su tutto il globo ci sia gente sfruttata e trattata al limite del sopportabile. La giornata lavorativa si aggira tra le 16 e le 18 ore al giorno con uno stipendio minimo, in condizioni igienico-sanitarie molto precarie e senza nessun tipo di tutela. Moltissime le aziende presenti in questi territori, da Zara a Primark, da Gap a, appunto, Hennes &; Mauritz.

Anniken Jørgensen ha 17 anni ed è una delle tre blogger che ha partecipato al documentario. La sua denuncia all’azienda sta facendo il giro del web e, insieme a questo progetto, tantissime sono divenute le adesioni alla sua iniziativa di boicottare H&M e i suoi abiti. La stessa azienda low cost, visto lo scandalo in cui stava affondando, ha invitato la ragazza ad un colloquio personale a Stoccolma annunciando anche di aver preso provvedimenti nei confronti dei laboratori tessili a cui commissiona la realizzazione degli abiti.

[Fonte: ilmessaggero.it]