domenica, 7 Dicembre 2025

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Lo shopping aiuta a vivere meglio e più a lungo

Lo shopping è terapeutico, aiuta a vivere meglio e più sereni: è quanto stabilisce la ricerca pubblicata on line dal “Journal of Epidemiology e Community Health”. La ricerca è stata effettuata su 1.850 anziani (over 65 anni). Ai partecipanti, tutti di Taiwan, è stato chiesto quanto spesso fanno shopping, con opzioni che vanno da “mai” a “tutti i giorni”. Lo studio ha dimostrato come la “shop therapy” aiuti soprattutto gli uomini, risultato alquanto strano, conoscendo i pensieri maschili in merito al “fare shopping” e vedendo le loro espressioni sofferenti al limite del suicidio davanti a vetrine e bancarelle, in contrasto con il sorriso 68 denti e occhi a cuoricino delle donne.

Capacità intellettuali e fisiche sono state misurate attraverso questionari validati per età, sesso, istruzione, etnia, finanziaria e status occupazionale, fattori di stile di vita. Una ricerca 360° per conoscere al meglio ogni aspetto e ottenere risultati certi. Uno su quattro degli intervistati (22%) ha dichiarato di acquistare da due a quattro volte a settimana. Un ulteriore 17% acquista ogni giorno, il resto solo una volta alla settimana. Quasi due terzi degli intervistati erano di età inferiore ai 75 anni. Poco più della metà (54%) erano uomini. La maggior parte ha avuto un stile di vita sano e tre su quattro erano finanziariamente autosufficienti.

La ricerca ha dimostrato che chi va a far shopping più di una volta a settimana tende ad essere più giovane, ha una migliore salute fisica e mentale, accompagnato da esercizio fisico regolare e ha un gruppo di amici forte. Insomma, uno stile di vita perfetto. I ricercatori hanno usato diversi approcci per tener conto delle limitazioni fisiche e cognitive, ma, anche nonostante tutti questi accorgimenti, gli anziani che fanno acquisti ogni giorno vivono più a lungo rispetto a quelli che acquistano meno frequentemente.

Perché lo shopping ha questi effetti positivi sulla salute? Garantisce movimento (fare acquisti vuol dire camminare a lungo, muoversi e tenere buste pesanti) e attenzione alla salute (con l’acquisto di cibo sempre fresco). Inoltre gli acquisti frequenti, soprattutto tra gli anziani, servono a stare in compagnia, scambiare quattro chiacchiere in una giornata calda e sentire meno la “solitudine”.

La dieta di Belen Rodriguez: ecco i segreti per essere come lei

Belen Rodriguez, come fare per essere in forma come lei? La bella showgirl argentina sfoggia sempre un fisico perfetto, frutto di una sana e particolare alimentazione ed attività fisica dura e assidua. Moltissimi sono i video sui social che mostrano Belen tra addominali e squat, salti, pesi e attrezzi in palestra. Ma come fa? La Rodriguez non ha mai svelato i suoi segreti di bellezza, ma questi possono essere dei consigli preziosi per essere come lei.

La dieta

Non si tratta di una vera e propria dieta; meglio parlare di regime alimentare molto ferreo. In particolare, Belen Rodriguez in cucina preferisce il “bollito” e la cottura a vapore. Per limitare condimenti e contenere le calorie, meglio cuocere tutti gli alimenti, dalla carne alla verdura. Limitare il consumo di caffè, zuccheri, sale e grassi è un ottimo modo per delineare un fisico perfetto stando attente anche alla salute. Evitare solitamente i dolci, anche se un “cioccolatino” ogni tanto ci sta.
L’unica dieta vera e propria che Belen ha dichiarato di aver seguito in questi anni è quella tisanoreica: si basa sulla riduzione massima dei carboidrati e sull’aumento del consumo di proteine con uno scopo preciso, quello di favorire la chetosi, cioè l’utilizzo da parte dell’organismo del grasso di riserva per produrre energia.

L’allenamento

Accompagnato ad un regime alimentare molto ferreo, sicuramente importante l’allenamento, il movimento e gli esercizi. Belen Rodriguez, secondo i ben informati, va in palestra almeno due volte a settimana e dedica qualche ora ad un programma di allenamento impegnativo, che comprende attività fisica aerobica, come la corsa sul tapis roulant, ma anche potenziamento muscolare della maggior parte dei distretti corporei, dalle braccia ai glutei, con i pesi, gli squat e gli esercizi specifici per gli addominali con la gymball.

I 10 falsi miti del sesso al cinema

L’eros per finta fa male al desiderio, soprattutto ai giovani. Le scene hot hanno fatto parecchi danni all’immaginario erotico, creando falsi miti e destabilizzando chi le guarda pensando che la realtà sia così. Questo il parere dell’esperta, la sessuologa Adele Fabrizi.

Alcune sequenze d’amore hot famosissime, ai limiti della censura, ci appassionano e sono entrate nel nostro immaginario. Dai baci sulla spiaggia di Da qui all’eternità alle scene esplicite di La vita di Adele, passando per lo scandaloso Ultimo tango a Parigi.

L’eros al cinema fa proprio crollare il desiderio perché vedere scene al limite della realtà, non ci aiuta assolutamente. Qui sotto, i dieci falsi miti sessuali spacciati dal cinema:

1. Il sesso è sempre travolgente

Al cinema, lo si fa d’impulso, di solito in ascensore o alla toilette. Scena iconica è nel Postino suona sempre due volte, quando Jessica Lange e Jack Nicholson si amano sul tavolo, tra gli sbuffi di farina. Capite che poi mettersi comodi a letto fa molto che barba che noia. Strapparsi i vestiti di dosso capita, forse la prima volta, e dopo scopriamo che lui era sposato. La dottoressa Fabrizi spiega a quelli che “la passione è finita” che “dopo un po’ l’intimità nasce da una cena a lume di candela, da una serata di carezze e chiacchiere sul divano…“.

2. Le donne eccitanti sono fisicamente perfette

Mai visto un buchetto di cellulite in una scena hot. E infatti le donne sono terrorizzate dalla prima volta: certissime che lui si ritrarrà a causa di un rotolino di troppo o qualche pelo dimenticato.

3. Lo strip riaccende la passione

Kim Basinger è arrivata con Joe Cocker in sottofondo e tutti ci siamo convinti che uno spogliarello fosse garanzia di successo. Al cinema, basta accennarlo per far esplodere gli ormoni, peccato che ormai non sia più così, visto che le donne vanno già in giro svestite. Lo strip funzionava ai tempi in cui la donna non mostrava le sue beltà così spudoratamente e quindi l’alone di mistero rendeva tutto più eccitante.

4. Tutto si risolve a letto

I peggiori guai si risolvono a letto. Vero per i maschi, nella vita, non per le donne “che prima devono spaccare il capello in quattro”. Nella scena finale di Eyes Wide Shut, Nicole Kidman e Tom Cruise sono coi figli in un negozio di giocattoli, dopo orge ed evasioni vere o sognate. Lei: “C’è una cosa che dobbiamo fare, Bill”. Lui: “Che cosa?”. Lei: “Sesso”.

5. Fare il primo passo è da donne speciali

Il primo passo viene concesso solo alle bad girl dei film e anche se noi ci siamo evolute, la sostanza rimane sempre quella. “I costumi sono cambiati, i sentimenti sono rimasti gli stessi” spiega la sessuologa, “e anzi tra i giovani, la ragazza troppo disinvolta viene stigmatizzata coi peggiori epiteti“. Mica ritenuta un’eroina alla Lara Croft o alla Charlie’s Angels.

6. Fare cilecca non è contemplato

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È una questione di tensione cinematografica: la scena d’amore è il clou della storia, perciò deve andare tutto liscio. Totalmente falso. In un episodio del cult di Woody Allen “Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso“, il cervello è la sala di comando di un’astronave, dove tutti sono impegnati nell’immane impresa di assicurare la performance sessuale, sabotata da vari piccoli problemini.

7. Alle donne piace sempre moltissimo

A cinema, gli intoppi non sono previsti. “Nella normalità fisiologica le donne possono avere rapporti gratificanti anche senza orgasmo“. Harry ti presento Sally, con la celebre scena al bar, non ci è servito a nulla?

8. Le dimensioni sono essenziali

I nudi frontali maschili stupiscono sempre con effetti speciali o non, come Michael Fassbender in Shame, quindi non dobbiamo meravigliarci se gli uomini ne hanno fatto un problema esistenziale.

9. Tra la prima stretta di mano e il letto il passo è breve

Al cinema succede tutto in due ore, nella vita influiscono mille condizionamenti e riflessioni. Tipo, in Tutta colpa di Freud, lei dice: “Senti, io vorrei tanto farti salire e dartela subito, ma siccome il mio analista sostiene che voi uomini siete tutti str…zi, forse è meglio dartela la prossima volta“.

10. L’orgasmo è sempre simultaneo

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Mito falsissimo. Il solito Woody Allen ci fa tornare con i piedi per terra nel film Mariti e mogli: “La sola volta che Rifkin e sua moglie arrivarono a un orgasmo simultaneo fu quando il giudice porse loro la sentenza di divorzio“.

credits: www.iodonna.it

Quello che ho scoperto sulla felicità

Tutti ne parlano, nessuno sembra sapere esattamente cosa sia, come trovarla e dove. Una leggenda metropolitana, fino a quando non arriva l’amore, una proposta di lavoro, una bella notizia: allora sì, lo vogliamo urlare al mondo che la felicità esiste.

E basta poco a ritrovarla, magari anche per caso, come è capitato a me . Può bastare anche un laboratorio di cui lei è protagonista. “Un’idea di felicità-Laboratorio per il futuro“, questo è il nome della tre giorni, tenuta in seno ai Dialoghi di Trani e organizzata dall’associazione Faber. Così l’ho scoperta e riscoperta, la felicità. Così l’ho idealizzata, identificata, immaginata, toccata. Così l’ho condivisa.

Cosa saresti se fossi la felicità?“- mi è stato chiesto. Ho chiuso gli occhi e ho risposto, sicura: “Sarei una penna che scrive storie“. E in fin dei conti mi ritrovo qui, a raccontarvela questa storia. La storia di come ho capito che la felicità più che un obiettivo, un risultato, un premio, è un modo d’essere. È una scelta quotidiana.

Così andrò, felice, a elencare quello che ho scoperto su di me prima e sulla felicità poi. Perché a me è servito qualcuno che dicesse “chiediti come stai in questo momento” tanto quanto io spero serva a voi che state leggendo.

Ridi

Presentati al gruppo con nome e cognome e dopo prova a ridere“. Una richiesta spiazzante, insolita e a dir poco imbarazzante. Insomma, come si può ridere senza motivo o senza almeno un disturbo psichico degno di nota?

Provaci e basta“. E così il primo tentativo: una risata forzata, inibita, finta, imbarazzata. E poi l’imbarazzo che diventa contagioso e buffo, che genera altre risate, vere. E la tua, quella finta che si trasforma in lacrime di gioia.

Il nostro corpo non riesce a distinguere la risata vera dalla risata finta, è stata questa la scoperta. Così la sensazione di benessere, che sia spontanea o forzata, quella risata ce la libera dentro. Lascia che esploda in ogni cellula e il risultato straordinario è una persona che sta bene, per qualche minuto o per tutta la giornata.

La risata ha un potere enorme e non costa nulla. Ed è il primo passo verso la felicità.

Liberati del superfluo

La vita va affrontata a mani vuote. In caso di tempesta, come fai a reggere il timone con due valigie? E se fa bel tempo, sei più leggero a testa sgombra” – scrive Emmanuel Gallot-Lavallée in Clown Celeste.

Siamo partiti da questa riflessione, per il secondo esercizio. Presentarsi agli altri, solo con nome e cognome. “Il mio nome è Anita Casalino” – in apnea e con i pugni chiusi. Ma ero in dolce compagnia. Le valigie degli altri erano mani sudate, spalle basse, deglutizione, tic, iperventilazione.

Cose normali, a cui non facciamo neanche caso. Cose che in realtà sono le mille maschere che poniamo tra noi e gli altri, per apparire al meglio, strafighissimi nel nostro alone di mistero. Questo è il superfluo che aggiungiamo al “noi stessi” di base. Riconoscerlo è il primo passo per mollarlo via.

Un respiro profondo, prima di parlare, prima di agire e poi, in scena.

Senti te stesso, senti gli altri

Ci siamo presentati ad un gruppo di persone. Ma cosa succede quando l’interlocutore è uno? Come rifuggiamo il contatto? Neghiamo parti del corpo, tendiamo la mano evitando uno sguardo diretto, non ricordiamo il nome dell’altro perché siamo troppo occupati a costruire la nostra immagine, facciamo un passo indietro. Siamo assenti, in parole povere.

Toccare fisicamente chi abbiamo di fronte, sentire la sua energia, parlare con gli occhi: così si è presenti, così si crea una storia, anche se brevissima, con l’altro. Perché la comunicazione vera non ha parole. Quelle usiamole dopo.

E poi chiediamoci, “cosa mi ha lasciato questo incontro? Quale sensazione? Come mi sento adesso? Cosa trasmetto?“. Domande piccole, che ci concederanno risposte inestimabili.

Agita il sedere

Provate a cantare col culo” – ci è stato detto. Sarebbe stato più facile chiedermi di arrivare puntuale ad un appuntamento o rinunciare al dessert dopo pranzo. Ma non sempre quello che si crede complicato lo è.

Sulla base di Micheal Jackson – riposi in pace – abbiamo agitato, a gruppi di cinque, il sedere. Eravamo buffi e ridicoli. Abbiamo esposto insieme la nostra goffaggine e la vulnerabilità che ne deriva. Ne abbiamo riso. Abbiamo riso di quel poliziotto, Flick, che si trova nella mente di ognuno e che interviene automaticamente a giudicarci e a giudicare gli altri. Abbiamo condiviso la gioia e sentito il nostro corpo.

Secondo le culture tribali, il centro delle emozioni si trova proprio nella zona del sedere. Confluiscono tutte lì: gioia, rabbia, delusione, tristezza, nervosismo, serenità. Dominare quell’area anatomica, lasciare che si scarichi, trasformare le emozioni in movimento: sarà incredibile, ma fa stare bene. E fa ridere a crepapelle.

Idealizza la felicità, costruiscila, comprendi cosa le manca

Spesso la identifichiamo in qualcuno o qualcosa, la felicità. Ma la più grande scoperta che ho fatto è che la felicità siamo noi. Così: “Immagina la felicità. Cosa saresti?” – Una nuvola, un sole, il mare, una stella, è venuto fuori da tutti. “Bene, ora disegnala la tua felicità“.

Così è nato il mio disegno, un libro con una penna e su una facciata, scritte in rosso, le cose che vorrei nella mia vita, quelle che compongono i miei sogni: amore, passione, gentilezza, famiglia.

La mia idea di felicità era lì, di fronte a me. E una volta costruita, la domanda che mi ha dato a sua volta LA risposta è stata: “cosa manca al tuo disegno?“. Mancava una mano che reggesse la penna. Mancava qualcuno che leggesse. Mancava una pagina bianca.

Il coraggio di guidare il mio percorso, qualcuno che mi ascolti, un nuovo inizio. Questo ostacola la mia felicità. Ed è bastato un disegno o forse solo un po’ di tempo, quello che non ritaglio mai, per rifletterci su.

La consapevolezza rende felici.

La perfezione non esiste

Ultimo step per provare a essere felici? Non farsi promesse. La promessa è l’anti qui e ora. Non prometterti di non rifare un errore. Prova a farne uno diverso.

Quante persone perfette conosci?” – è stato chiesto a una combattiva e stacanovista signora.
Nessuna” – ha risposto lei.
E vorresti davvero essere l’unica?

Siamo tutti imperfetti, viviamo nei tentativi di felicità. Il massimo che possiamo fare è augurarci un tentativo diverso, se il precedente non ci ha resi felici. E poi alla fine arriva, il benessere.

Scottarsi fa parte del gioco e la missione di questo videogioco è vivere gli anni che abbiamo a disposizione, nella maniera più serena possibile. “Siamo quello che siamo e non possiamo cambiarlo. Possiamo cambiare quello che facciamo“.

È stato augurato a me, io lo auguro a voi. Vi auguro di fare errori diversi.